PASSIONI e ATTEGGIAMENTI
La passione: timia creativa Quando un’emozione perdura oltre la presenza dello stimolo che l’ha generata, pervadendo con significativa intensità il campo ed il continuum timici, allora si tratta di passione, la quale altro non è che un’emozione che dura nel tempo. La sequenza di flusso è la seguente: input iperfocalizzato ipervalutazione attivazione esaltante output finalizzati .
Il sistema di flusso della passione ha in input gli stessi stimoli dell’emozione, i quali però vengono caricati di un’attrattiva o d’una repulsività accentuate da l’iperfocalizzazione, cioè una forte attenzione che si prolunga nel tempo anche in assenza dell’input stesso, alla quale fa da sostegno un’ipervalutazione che sconfina fino nella cecità passionale. Ne consegue che l’attivazione venga esaltata sia tropicamente e sia edonicamente in vista di un output carico di finalità forti da realizzare.
L’esaltazione tropico/edonica della passione è l’aspetto più caratterizzante al punto che l’input esterno nella passione venga progressivamente sostituito da tutte le sensazioni provenienti dal corpo. Si assiste ad un effetto moltiplicatorio, per cui il semplice input viene enormemente amplificato dall’ipervalutazione, a cui segue l’attivazione di un’interazione prolungata nel tempo che pervade e sequestra il corpo e lo rende capace della realizzazione finalizzata.
La passione si attiva per compiti che non sono quelli immediati e risolvibili con le stereotipie della emozione. Ogni progetto o desiderio che preveda una meta ardua e lontana nel tempo necessità di passione, in assenza della quale si rischierebbe il fallimento o l’esaurimento delle energie. La passione necessita d’essere plastica e tenace per le mete complesse che si prefigge di raggiungere.
La passione è creativa poiché inventa nuove strategie e genera nuovi atteggiamenti. Per lo più è attivata da un sentire somatico che determina un campo timico intenso, strettamente individuale e fortemente motivato, con una percezione di intensità e significato unici e singolari.
Oltre a ciò la pervasività svolge a favore della passione un’azione di sequestro delle emozioni, si direbbe che le assoggetti e le includa ai propri fini rendendole subalterne. Nasce dall’inclusività passionale il fatto che sia chiamata anche sentimento, giacché è fortemente totalizzante il campo timico.
La passione pur prolungandosi nel tempo, in effetti va progressivamente attenuando le caratteristiche di eccitazione per confluire nell’atteggiamento, poiché calando la consapevolezza, confluisce nell’abitudine, secondo un sentire che non si alimenta più alle afferenze, ma alla fonte della motivazione.
L’atteggiamento: timia appresa e/o culturale Input categorizzato Valutazione preclusiva Attivazione propensiva Output consuetudinario Categorizzare un input vuol dire attribuirgli un senso, un significato e una finalità.
I processi di significazione o categorizzazione avvengono per via emotiva/passionale, esperienziale o per apprendimento e/o condivisione culturale. Ogni atteggiamento è frutto del doppio processo di categorizzazione logico o analogico.
La specificità degli input dell’atteggiamento è determinata dalla categorizzazione e perciò non è naturale, ma culturale. La valutazione è di tipo preclusivo, altrimenti l’atteggiamento non sarebbe stabile e trasmissibile. Sebbene esistano atteggiamenti contrapposti (binarietà), la preclusività vieta di accettarlo inibendo il senso critico. La valutazione preclusiva attiva una propensione sempre pronta a mettere in atto le azioni attese di difficile modificazione, perciò abitudinarie.
Gli atteggiamenti che seguono a processi di generalizzazione di tipo analogico sono: I pregiudizi di questo tipo, cioè emici, nascono da processi di attribuzione di tipo infraculturale, convinzioni che assegnano arbitrariamente un valore ed un significato diverso e/o accrescitivo tanto positivo che negativo ad un dato input: vedi gli atteggiamenti razzisti, xenofobi o sessisti.
L’atteggiamento razzista attribuisce una caratteristica di disvalore o di pericolo, senza alcuna comprova, al diverso di turno che può essere il nero, piuttosto che l’ebreo o il diverso.
La visione del mondo, le strutture e strategie sociali, le modalità affettive, le abitudini alimentari ecc. sono tutti atteggiamenti appresi e partecipati, che strutturano l’appartenenza e l’identità culturale.
Provare a contraddire e a cambiare gli atteggiamenti comporta resistenze emotive fortissime. Ogni area culturale si avvale di atteggiamenti collaudati e condivisi che danno prevedibilità, sicurezza e rapidità di lettura degli avvenimenti, talché si può parlare di antropologia emotiva. Da qui discende la competenza culturale. Possedere infatti un corpo di atteggiamenti condivisi che guidi l’individuo nel proprio ambiente dà sicurezza ed accettazione sociale.
Anche la storia della scienza ha evidenziato come le teorie tendano a diventare atteggiamenti mentali strenuamente difesi. Non è che la teoria einsteiniana della relatività sia stata prontamente accettata dal mondo scientifico. Bruno, Galileo, Darwin e tanti altri illustri pensatori e scienziati hanno dovuto far i conti con le resistenze timiche. Come è stato affermato, una teoria non muore mai. Sono i seguaci, che muoiono!
Creare paradigmi nuovi può minacciare il sistema degli atteggiamenti condivisi con reazioni sproporzionate e poco prevedibili. Ogni nuova teoria può rivestire una minaccia alla cultura corrente e attivare le difese antropologiche. O molto più prosaicamente minacciare posizioni acquisite: tutti tengono famiglia!
Le categorizzazioni sono i muri entro i quali custodiamo la nostra visione del mondo o imprigioniamo tutta la realtà, salvo poi scontare la vendetta dell’oggetto, perché nessuna descrizione potrà mai sostituire il paesaggio, sebbene il cervello corto si incarichi volentieri, ma a specificatamente, a difenderla.
La conoscenza umana è limitata dalla struttura del proprio sistema nervoso e dalla struttura del linguaggio, il quale si incarica di condensare le conoscenze dentro le parole, le quali categorizzano la realtà, così come fa ogni mappa con tutti i limiti proprio dello strumento concettuale.
Gli esseri umani non sono in grado di avere esperienza diretta del mondo, se non attraverso le astrazioni derivanti dalle impressioni non verbali, fornite dal sistema nervoso o dagli indicatori verbali che la lingua d’appartenenza mette loro a disposizione. Cultura e lingua sono potenti motori di trasmissione di atteggiamenti.
Le sensazioni sono universali, ma quando diventano passioni ed atteggiamenti, accedono alla pensabilità diventando parole, le quali trasportano l’orizzonte dei significati e delle convinzioni della cultura da cui provengono, con tutta la ricchezza e tutti i limiti antropologici connessi.
L’atteggiamento può essere definito come il sentire culturale essendo dotato delle funzioni e del flusso timici come ogni altro sentire. Di differente ha che l’afferenza di riferimento è soprattutto la memoria come sede degli apprendimenti e dei ricordi. E la memoria vive dei suoi contenuti anche se nel contempo la realtà di riferimento è modificata.
Un grosso botto fa automaticamente trasalire (emozione), l’innamoramento continua anche in assenza dell’amata/o (passione), mentre il bloccarsi davanti ad un semaforo rosso è dato dal fatto che nella nostra memoria il rosso sta per pericolo. E nella religione l’inginocchiarsi davanti ad un’icona sta per adorazione di un’immagine sacra che rimanda al divino (atteggiamenti).
Laboratorio Scegliete una passione, descrivetela dal punto di vista timologico, cioè nei suoi tropismi e nelle sue edonie. Stessa cosa fate per un atteggiamento.