Capitolo 4 Corpi rivestiti: la moda e il ruolo dell’estetica Di Patrizia Calefato R. Curci / E. Sharka Buonsante / G. Ventesimo a. Lanotte / A. Lenoci
Introduzione Il corpo come identità di genere e culturale, all’interno della società che viviamo (società contemporanea globale): il segno di vestire è segno di conflitto o modificazione della cultura. Quali i significati sociali che deriviamo dalla modificazione del corpo? A partire dalla chirurgia estetica e continuando con modificazioni permanenti o anche temporanee (abbronzatura) – Instagram (cit. Curci) Fino a dove si spinge il corpo della modella o il corpo alla moda? Può comportare anche patologie eccessive come l’anoressia?
1. Rivestire di Segni Possiamo subito affermare che non esiste un corpo << nudo>>, perché ciò che lo veste lo rappresenta come un testo culturale, racchiudendo significati di ogni genere, come anche racconti di vita: il corpo è ciò che noi vogliamo e forniamo agli altri, una sorta di immagine: ci depiliamo, ci tatuiamo, il tempo ci porta via la giovinezza e ci segna con delle rughe, ci segniamo/segnano con delle cicatrici, e al contempo decidiamo come vestirlo di abiti e accessori. Roland Gérard Barthes spiega come il vestito sia un’articolazione: 1. del costume: una realtà sociale, che comprende ad esempio colori ritualizzati (nero per il lutto), o anche a differenza di abito tra bambino e adulto, o ancora differenza tra abito sociale maschile e femminile. 2. dell’abbigliamento: una realtà individuale, ossia ciò che serve all’individuo per fornire un’ «identità» del suo essere. Tutto ciò che ha a che vedere con il modo di indossare il vestito: Sgualcito o stirato? Sporco o candido? Le maniche sono infilate o no? E i bottoni? Può però un costume (sociale), essere anche un fenomeno di abbigliamento (individuale)? La risposta non può che essere positiva, infatti la moda si ripropone come parte dei fenomeni di costume, ma paradossalmente si è impadronita anche di quegli usi e forme che Barthes aveva riproposto nel campo dell’abbigliamento: - DIMENSIONI DI UNA PERSONA (ABBIGLIAMENTO) – TAGLIA (COSTUME) - GRADO DI USURA – VINTAGE - DISORDINE/SPORCIZIA – HIPPIE/PUNK - CARENZA DI INDUMENTI – REGGISENI BRUCIATI (anni ‘60)
VESTITO o status? La storia del «vestito» corrisponde a quella del corpo, della sua funzione sociale. Il valore di segno lo assume, infatti, mediante la sua collocazione: sul corpo e in relazione con altri corpi. Tutti i segni si collegano fino a formare una ragnatela, dando al corpo, un senso complessivo, una vera e propria identità/ status sociale. Pensiamo all’uniforme che non solo indica la mansione (pubblicamente) riconosciuta, ma anche il grado, la qualità e i doveri di chi la indossa. Il costume per secoli ha rappresentato con forza i ranghi sociali, la disparità tra classi, il potere attraverso simboli come la corona, lo scettro e gli indumenti di lusso. NASCE LA MODA Il vestito non riesce più a saldarsi in maniera permanente, perché la moda è: instabilità, incertezza, è in costante cambiamento. Questo, quindi, non permette di dare una rappresentazione, né individuale né sociale. È COSMOPOLITA: sistema globale e traduttivo di segni e culture, tendendo a tagliare di traverso le appartenenze a comunità separate. Tende ad andare nel senso opposto alla quotidianità: introduce il principio dinamico delle sfere del quotidiano in apparenza immobili (Jurij Lotman). Entra a far parte dell’immagine del <<mondo capovolto>> dove si denota da un lato novità e stravaganza, dall’altro stabilità del quotidiano.
2. Corpo, moda, genere COSA È REALMENTE LA MODA? Origine della moda: deriva dal latino modus, significante maniera, norma, modalità, discrezione . Nasce dalla necessità dell’uomo di coprirsi. Nel tempo ha assunto una funzione sociale, distinguendosi per classi sociali e mansioni. Diventa aspetto, comportamento di una comunità sociale in un dato momento. COSA È REALMENTE LA MODA? Fino dall’antichità è stato un codice comunicativo, basato sui propri simboli oltre che su una propria grammatica. Ad esempio le armature: facevano parte dell’abbigliamento quotidiano, e quindi rappresentavano il simbolo di chi le indossava. Gli elementi comunicativi: stoffa, colori, il taglio. È un sistema di segni, e rappresenta anche il genere (M-F), il gusto, l’etnicità e la sessualità.
E l’abito? Indica il sesso biologico. Cento anni fa non si dava peso a questa categoria, soffermandosi esclusivamente su specifici segni, ad esempio gli orecchini d’oro i quali rappresentavano un simbolo che distingueva i generi. Nella seconda metà del Novecento, la moda ha inventato il casual e l’unisex: rispettivamente si intende quel tipo di vestiario che rappresenta semplicità d’uso, adatto ad essere indossato in ogni occasione, e indicante sia il sesso maschile che quello femminile. Da tutto questo rimane fuori quell’insieme di persone la cui identità sessuale non corrisponde a quella biologica: i Transgender, in breve trans. L’identità di genere: l’appartenenza di una persona a un genere con il quale si identifica il percepire l’uomo o la donna. Oggi la percezione di tale fenomeno riguarda anche uomini pubblici: politici, attori, calciatori. Givenchy, ha lasciato come testimoniale della sua campagna (2010-2011) la modella brasiliana LEA, nato uomo come Leandro Medeiros, figlio del noto calciatore Toninho Cereza, diventato donna.
Un altro classico è lo Spot Glamour del Campari, in cui viene messa in scena un’attrice che, togliendosi l’abito, si rivelerà non essere affatto una donna. Questo però non preclude che la coppia che viene a formarsi, sia di tipo eterosessuale. È QUINDI L’ABITO AD AVERE L’ULTIMA PAROLA? La risposta sembra essere positiva, e inoltre si nota come risulti esservi un rapporto tra CORPO e ABITO: L’abito è un valido alleato per esprimere la nostra identità. Foucault: afferma che la nostra natura non è trovare noi stessi ma inventare noi stessi.
QUEer e velo islamico Genere sessuale come tema determinante per affrontare i fenomeni vestImentari CORPO RIVESTITO: ESTERNA LA NOSTRA PERFORMANCE E RENDE VISIBILE LA NOSTRA IDENTITÀ ESTERIORE L’IDENTITÀ ESTERIORE: Mix di tratti individuali e sociali (Modelli radicati e/o totalmente mutati come l’abito da sposa, che per motivi culturali e tradizionali, si trova sempre a concludere le sfilate di moda) TRADIZIONE RIBALTATA 2011- SFILATA ALTAROMA: le spose erano «in coppia» con abiti del tutto diversi dal «bianco» tradizionale. Una provocazione «contemporanea e storia». Storia: Tamara de Lempicka Contemporanea: diritti degli omosessuali di avere una famiglia, dei figli. La Moda: donna androgina Attraverso l’abito, il trucco, la posa, si ribaltano le tradizionali raffigurazioni femminili Il c.d. fascino del queer: strano, ambiguo, estranei della donna «mascolina»; il fascino dai tratti letterari ed artistici. Tamara de Lempicka: ritratti ed autoritratti Queer. Gabriele d’Annunzio: descrizioni della figura Queer (Silva)
CINEMA: GRETA GARBO/MARLENE DIETRICH CINEMA: GRETA GARBO/MARLENE DIETRICH. Vestiti in abito da uomo e celebre bacio lesbo Target: in aspetti «maschili» enfatizzare quelli femminili, come ad esempio nei telefilm con donne poliziotto, figure noir. VELI ISLAMICI CORPO RIVESTITO: ESTERNA E CONDIVIDE I VALORI, I GUSTI, I DESIDERI, IL POTERE. Parlando di potere, il corpo dell’uomo potrebbe diventare sede di conflitto, specie sui corpi femminili. IL VELO ISLAMICO: velo come copertura del volto nelle sue diverse forme: HIJAB-copre i capelli; NIQAB-lascia scoperti gli occhi; BURQA-copre tutto. È UN SEGNO DEL CORPO CON ELEMENTI COMPLESSI DA INTERPRETARE BURQA E NIQAB: doppio significato, in quanto coprono il corpo, ma sono anche segno della sottomissione delle donne. L’Europa, spasso pretende di «salvare» le donne dall’integralismo islamico. Il concetto è sbagliato, dato che l’ISLAM non è sempre questo. RISLAMIZZAZIONE DEL MEDIO ORIENTE/COSTUME COME COESIONE SOCIALE NEI REGIMI TOTALITARI. TARGET STUDIOSE MEDIORIENTALI: SOTTRARRE L’AGGETTIVO ISLAMICO da ogni interpretazione. Ciocca dei capelli visibile: nuove forme di resistenza. Il Velo come lusso e moda: il velo colorato indossato anche da cittadini europei. Il velo come segno di libertà (blog di Dina Torkia): - globalizzazione: diviene un oggetto «cool»; - dall’obbligo alla moda; - alta moda in vesti modeste
3. Dallo stereotipo all’ arte Il linguaggio delle arti riesce a caricarsi di una forza che eccede l’ordine del discorso, mostrando il corpo nelle sue contaminazioni, nelle sue maschere o anche nelle sue mostruosità. Ad esempio, la fotografa Cindy Sherman nei suoi film stills accentua gli stereotipi femminili. Infatti lei è protagonista di ritratti che raffigurano personaggi immaginari ,il quale con una strategia mnemotecnica richiama immagini-tipo tipiche del cinema degli anni Cinquanta-Sessanta dell’alta moda e della vita quotidiana. Gli stereotipi esagerati rendono il corpo grottesco, che come lo definisce Bachtin, risulta dall’esagerazione di alcuni gesti e di accentuazioni di espressioni facciali. Grottesco può diventare un corpo che si sottopone alla chirurgia estetica, come dimostra l’artista francese Orlan nelle sue performances dove mette in mostra il suo corpo. Il suo volto è nel tempo mutato sulla scia di suggestioni delle opere della storia dell’arte(Es: Gioconda di Leonardo) ma anche di autoibridazioni che trasformano il suo volto.
Abbronzato? Questo mostra che noi siamo attraversati da linguaggi che ci segnano. Infatti l’artista cerca di capovolgere la situazione. Infatti lei non somiglia ai modelli artistici delle sue operazioni, ma queste immagini sono scelte per il carattere di tempo non finito e per la metastabilità, che lascia a segni interpretativi. E la metastabilità è una caratteristica dei grandi artisti. Nell’ambito dell’abbronzatura l’Europa bianca e colonialista teneva ben distante dai suoi ideali di corporeità quello dell’uomo o della donna neri, il cui colore della pelle poteva al massimo essere riprodotto , ad opera del sole, dai braccianti dei campi, da operai delle ferrovie, o da marinai. I segni del sole sulla pelle nelle società agricole sono la norma. Le spiagge nei primi del Novecento accolsero la voglia di mare e di sole delle nuove masse urbane, ma le donne non si potevano scoprire troppo e infatti erano ricoperti da costumoni da bagno. I grandi cappelli e il cappello di paglia inventato nel 1928 dal futurista Thayaht ci dicono come la moda tenesse alla larga il sole per evitare colpi nefasti. Le smanie per l’abbronzatura avvennero nel secondo dopoguerra in seguito da Cuba e dalla California insieme alla danza e alla musica. Infatti le spiagge della Costa Azzurra, del Mediterraneo fino ad andare al golfo di Napoli divennero protagoniste di questa nuova moda di scoprirsi e di lasciar largo spazio all’abbronzatura considerata bella, sensuale e vacanziera. Nel film di Dino Risi il Sorpasso erano le spiagge della Toscana ad offrire spazio libero all’equivalenza tra abbronzatura e gioventù, di cui in quel film è simbolo la diciassettenne Catherine Spaak in shorts e bikini. Si credette anche all’equivalenza tra abbronzatura e salute, negli anni in cui il sole non era gravato dal buco dell’ozono. Poi l’abbronzatura è stata guardata con sospetto con l’uso di creme protettive per proteggere da eventuali tumori e dall’invecchiamento precoce della pelle. Adesso le abbronzature artificiali sono di moda e hanno larghissimi clienti.
PELLE E CHIRURGIA ESTETICA La pelle è una frontiera, materiale ma anche simbolica, tra il corpo e il mondo. Infatti la pelle si segna nel tempo. Il linguaggio infatti spesso ricorre a metafore che contengono la parola pelle come ad esempio sulla mia pelle, amici per la pelle, certe ingiustizie si compiono sulla pelle dei più deboli… Queste metafore dimostrano come la pelle rappresenti un elemento di sensibilità primaria del nostro essere nel mondo. Nel 2012 la Procura di Torino aprì un’inchiesta sull’eccessivo uso improprio e sull’abuso del botulino a scopi estetici. In Italia la legge prevede che le infiltrazioni di questa tossina siano lecite solo tra le sopracciglia, allo scopo di distendere le rughe di espressione e di vecchiaia che si formano in quella zona del corpo. Il suo eccessivo uso può creare effetti devastanti per la nostra salute e per la nostra personalità, aprendo a scenari terribili come difficoltà nella masticazione, problemi di vista e paralisi muscolari. I prodotti a base di botulino vengono utilizzati illegalmente oggi allo scopo di paralizzare le terminazioni nervose e distendere quelle parti del viso che vengono ritenute sfatte, rugose, appese.
La pelle come protagonista indiscussa Il filosofo Efeso (VI-V secolo) ed il concetto di ‘’bios’’. Introduzione di ‘’piccole morti’’ da parte dell’uomo all’interno del proprio corpo per rallentare l’inesorabile avanzare del tempo. (botulino, chirurgia plastica). Botulino come dipendenza , e intesa come arma a doppio taglio.
Il tatuaggio Il tatuaggio al contrario del botulino tende ad evidenziare lo scorrere del tempo, quasi attribuendone un valore simbolico. La funzione del laser: rimozione o mutamento permanente della nostra pelle? ‘’ La Mosca di Cronenberg’’ (1986) IL CONNUBIO TRA TATUAGGIO E MODA È POSSIBILE? Non è possibile poiché la moda tende e si dirige verso un cambiamento, mentre il tatuaggio è un segno che resta in maniera permanente sulla nostra pelle, diventandone parte integrante. Non costituisce pertanto una visione dinamica, bensì statica.
il tatuaggio tra simbolismo ed esclusione sociale Nella cultura maori il tatuaggio ha una funzione decorativa e sociale. Svolge una funzione spirituale ed educativa. Scopo : designare uno status . Visione nobilitante del tatuaggio ‘’ritratti dei notabili maori di Gottried Lindauer’’ in contrasto con la funzione di segno id esclusione come gli schiavi nell’antica Roma sino agli ebrei nei campi di concentramento.
I piercing: cultura e moda Precedentemente in alcune culture identificavano una persona all’interno della società attribuendone un ruolo preciso Il processo di perforazione è strettamente legato alla moda: ci si perfora per indossare orecchini, diamanti . Bisogna considerare la componente sensuale legata al dolore, seppur minima nel casi delle perforazione alle orecchie e all’ombelico. ‘’BRICOLAGE’’- LEVI STRAUSS Egli intende pratiche in cui un insieme di segni costituisce un senso proprio, unico, indipendente da ragioni funzionali, estetiche. Attraverso le perforazioni il nostro corpo diventa una pagina di scrittura. IL RUOLO DELLE CICATRICI Evidenziano la resistenza del nostro corpo, e la propria autonomia rispetto al volere del soggetto cui appartiene. Il corpo si ammala, cade , si ferisce e muore al suo limite . In realtà quindi, possiamo dire che è il corpo che possiede il soggetto che lo abita.
4. Modelle/i, anoressia e limiti del corpo Con la nascita del mondo della moda, la figura della cover-girl si impone come un corpo che viene deformato e snaturato al fine di significare l’abito. Barthes formula questa tesi La bellezza e le caratteristiche del corpo non vengono messe in risalto: la referenza temporale è quella di metà XX secolo (anni ’50-60) Il paradosso di Barthes viene smentito nei decenni successivi, dagli anni ‘80 in poi. La figura della cover-girl viene sostituita da quella della top-model. La figura della modella non è più vista come un corpo messo al servizio dell’abito, ma assume uno status via via più simile a quello delle dive di Hollywood (esemplari i casi di Naomi Campbell e Linda Evangelista). La top-model diventa una figura lontana dalla gente comune, idolatrata e il cui corpo è identificato nel personaggio
LA MODELLA QUOTIDIANA E L’INCUBO DELL’ANORESSIA Alla fine del XX secolo, vi è un ulteriore cambiamento, a causa di cui la modella da una dimensione hollywoodiana passa ad una più quotidiana. Dunque la top-model diventa pop-model e perde quelle che erano le proprie caratteristiche principali. Si passa sostanzialmente a modelle che non sono più VIP ma ragazze in cerca di fortuna. Pochissime riescono ad accumulare introiti economici ragguardevoli, a differenza delle colleghe che le hanno precedute, e molte spesso rinunciano al proprio sogno sentendosi sconfitte. Questo porta ad un aumento della ricerca del modello del corpo che viene richiesto alla modella professionista ed ha portato, in questo mondo, ad un vertiginoso aumento dei casi di anoressia. E’ tristemente famoso il servizio di Oliviero Toscani con Isabelle Caro, modella anoressica morta 3 anni dopo la realizzazione di quel set fotografico col quale Toscani voleva dare un monito alle nuove generazioni di modelle.
Xxi secolo: un nuovo modello estetico Queste situazioni drammatiche hanno portato ad una presa di coscienza collettiva, grazie alla quale il modello grissino, perfettamente incarnato negli anni ‘90 da Kate Moss, è stato sostituito da una generale accettazione delle modelle curvy. Si tratta di un riscontro positivo a modelli di corpi più aderenti a quelli che sono gli standard della realtà. In contrasto con questa linea di ricerca di standard più vicini a situazioni salutari per il corpo, aumentano vertiginosamente i casi di obesità nel mondo, legati anche ad un costo irrisorio del junk food. Tra abito ed alimentazione c’è infatti una stretta correlazione: ciò che si indossa è necessariamente legato a quanto e come si mangia. La moda si sta adattando a un progressivo abbandono dei concetti di eterna giovinezza ed eterna bellezza, che sono spesso violenti e totalitari ed hanno portato all’imporsi di situazioni critiche dal punto di vista alimentare ed estetico.