La fenomenologia: P. Berger – D.E. Smith

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Transcript della presentazione:

La fenomenologia: P. Berger – D.E. Smith VI. La fenomenologia: P. Berger – D.E. Smith

Peter Berger (1929-2017) Nasce a Vienna, nel 1929. Studia con Alfred Schutz alla New School for Social Research di New York. La sua opera più importante è La realtà come costruzione sociale (1966), scritta con Thomas Luckmann.

La costruzione sociale della realtà Berger e Luckmann sostengono che la realtà sociale sia costruita socialmente. La costruzione della realtà è quel processo attraverso il quale le persone, con le loro azioni e interazioni, creano continuamente una realtà condivisa. Tale realtà condivisa è allo stesso tempo oggettiva e soggettiva. È oggettiva perché fa riferimento alle istituzioni e all’ordine sociali, considerati come elementi reali e prodotti dagli uomini. È soggettiva perché è significativa per ogni singolo individuo.

La costruzione sociale della realtà La domanda a cui Berger e Luckmann cercano di rispondere è: «Come è possibile che i significati soggettivi diventino fattualità ogggettive?» (Berger e Luckmann 1966, p. 18). Berger e Luckmann si concentrano sullo studio dell’esperienza soggettiva della realtà quotidiana. La realtà della vita quotidiana non è una realtà isolata, bensì è una realtà intersoggettiva, condivisa con gli altri e costruita attraverso l’interazione con altri. È l’INTERAZIONE FACCIA A FACCIA il più importante contesto dell’agire, da cui derivano tutti gli altri tipi di interazione sociale. Nell’interazione sociale convergono realtà oggettiva e soggettiva. Perciò, la teoria dei due autori cerca di congiungere la dimensione micro (soggettiva) e quella macro (oggettiva)

Come si costruisce socialmente la realtà? ESTERIORIZZAZIONE LA SOCIETÀ È UN PRODOTTO UMANO Gli individui creano nuove realtà sociali (es. due persone formano una nuova famiglia) e le riproducono (interagendo, le due persone ricreano il legame familiare). Gli uomini, dunque, possono creare le istituzioni sociali e riprodurle nel tempo OGGETTIVAZIONE LA SOCIETÀ È UNA REALTÀ OGGETTIVA La realtà quotidiana viene vissuta come un insieme di elementi oggettivati (cioè esterni, preordinati e autonomi rispetto agli individui). Tali elementi sono oggettivati principalmente attraverso il linguaggio condiviso. Dunque, la realtà oggettiva ha effetti sugli individui, in quanto retroagisce sugli stessi individui che l’hanno creata (es. la famiglia che due persone creano diventa una realtà sociale che si «impone» ai suoi componenti e può modificare conseguentemente il loro comportamento) INTERIORIZZAZIONE L’UOMO È UN PRODOTTO SOCIALE L’interiorizzazione è una specie di socializzazione. Le persone fanno propria la realtà sociale oggettivata. «L’oggettivazione implica la produzione di un mondo sociale reale, esterno agli individui che lo popolano, l’interiorizzazione implica che questo stesso mondo sociale avrà lo status di realtà nella coscienza di tali individui (Berger 1969, p. 83)

Reificazione Se il processo dialettico di esteriorizzazione, oggettivazione e interiorizzazione si interrompe, si può avere il fenomeno della reificazione. Con reificazione, Berger intende il fatto che gli uomini possono arrivare a percepire gli elementi prodotti dall’attività umana come se fossero prodotti da altre forze (ad es. la natura, le divinità, ecc.). La realtà reificata è, dunque, «disumanizzata». L’attore sociale diventa colui che subisce l’azione, non riconoscendo più il fatto che la realtà sociale è un prodotto umano. Nell’opera La sacra volta, Berger esamina il ruolo della religione nel processo di reificazione. Finchè la religione riuscirà a convincere gli uomini che essi non sono padroni del proprio destino e che devono rispettare imperativi morali, la religione stessa sarà un veicolo del processo di reificazione. Nella realtà quotidiana, molte persone sono esposte al processo di reificazione. Ruoli sociali e istituzioni possono essere reificati e condizionare l’agire umano. Es. una donna che ha un figlio e rinuncia a lavorare o riduce il proprio orario di lavoro perchè lavorando pensa che non potrà assolvere pienamente al proprio ruolo di madre, mostra la reificazione del ruolo di madre. La donna ritiene di non avere scelta, altrimenti non potrà essere una buona madre; tuttavia, ella sottovaluta la capacità che gli uomini hanno di scegliere il proprio destino e di essere i creatori del mondo che li circonda.

Nasce il Gran Bretagna, nel 1926. Dorothy E. Smith (1926-) Nasce il Gran Bretagna, nel 1926. Studia alla London School of Economics, poi si trasferisce negli Stati Uniti e ottiene il dottorato all’Università della California a Berkley. Le idee di D. Smith hanno posto le basi della macro-teoria femminista, della teoria integrata femminista e del femminismo socialista.

Teoria del punto di vista femminile La teoria di Smith cerca di unire la dimensione macro-strutturale e micro- soggettiva. L’oggetto di studio su cui si concentra è rappresentato dalle strutture di dominio maschile, che danno origine ad un sistema patriarcale che influenza l’agire delle donne. Smith sviluppa la teoria del punto di vista, con la quale tenta di comprendere la vita quotidiana di individui che occupano una posizione subordinata nella società (in particolare, Smith si occupa delle donne). La teoria femminista di Smith si basa sulla credenza che tutti gli individui agiscano nel mondo sociale a partire da un particolare punto di vista, vale a dire dalla prospettiva delle posizioni assunte da attori collocati in gruppi sociali che hanno posizioni differenti nella struttura sociale (es. gruppi subordinati e gruppi dominanti). Perciò, ciò che ogni individuo sperimenta e conosce è sempre parziale, mai totale e oggettivo. La conoscenza è prodotta entro i gruppi ed è sempre interessata da relazioni di potere.

Teoria del punto di vista femminile Un punto di vista è il prodotto di un gruppo sociale o di una collettività che perdura per un certo periodo storico e che è in grado di sviluppare una conoscenza condivisa di relazioni sociali. Ad es., nelle società fondate sul sistema patriarcale, la collettività degli uomini ha assegnato alle donne la funzione della riproduzione sociale (allevare i figli, occuparsi della casa, curare i membri deboli della famiglia, ecc.). Il patriarcato è un’organizzazione del potere che identifica, dunque, le relazioni intime e pubbliche tra uomini e donne. Le donne, ridotte ad una posizione di impotenza, percepiscono una linea di faglia tra ciò la loro vita quotidiana e il sistema di conoscenza prodotto dall’ordine patriarcale e incarnato in simboli, in ruoli sociali, nel linguaggio, ecc. Lo sforzo euristico di Smith è quello di decodificare quell’insieme di conoscenze e di assunti impliciti a ruoli e istituzioni sociali.

Teoria del punto di vista femminile Secondo Smith, nella struttura sociale si costituiscono apparati di dominio, ovverosia istituzioni in cui si concentra il potere, come lo Stato, le organizzazioni burocratiche, i gruppi professionali, ecc. Negli apparati di dominio, i gruppi subalterni (ad es. donne, omosessuali, persone di colore, operai) non hanno potere o assumono soltanto posizioni marginali. Gli apparati di dominio sono controllati dai gruppi dominanti. Prendere coscienza dei meccanismi di potere che governano gli apparati di dominio e smascherare la loro «oggettività» è – ad avviso di Smith – un modo per dare e senso al proprio mondo sociale ed avviare un processo di cambiamento. Lo scienziato sociale non può mettere tra parentesi la propria esperienza biografica, ma deve invece assumere la prospettiva dell’insider. Detto altrimenti, il sociologo deve partire ad esaminare le sue stesse pratiche sociali, allo scopo di problematizzare la propria realtà quotidiana e scoprire i condizionamenti a cui siamo soggetti. Smith, infatti, attinge alle proprie esperienze di vita per comprendere meglio le forme di potere dell’ordine patriarcale.