DIOCLEZIANO
LA CRISI DELL’IMPERO Gaio Aurelio Valerio Diocleziano nacque nella regione illirica (Dalmazia) nel 247 e morì presso l'odierna Spalato, a Salona, nel 313, dopo aver abdicato al trono imperiale nel 305. Di umili origini, Diocleziano raggiunse il potere in un momento molto difficile per l'Impero, proprio mentre il mondo romano si trovava sottoposto a fortissime pressioni sia esterne, con le minacce delle popolazioni barbariche, sia interne, con una profonda crisi economica che dilaniava la società romana. Il decennio precedente alla sua salita al trono imperiale era stato infatti contraddistinto dall'avvicendarsi al trono imperiale di una lunga serie di imperatori, tutti finiti vittime di omicidi.
Acclamato imperatore dalle truppe il 17 novembre del 284, Diocleziano giustiziò l'autore dell'ultimo di questi omicidi, Arrio Apro, accusato dell'assassinio dell'imperatore Numeriano. Diocleziano si rese immediatamente conto che un solo imperatore non poteva più governare uno Stato immenso qual era l'Impero Romano. Decise, pertanto, di affiancarsi un collega, Massimiano, che venne elevato al rango di Augusto, cioè di imperatore, già al principio del 286. Costui aveva lo stesso potere di Diocleziano ma un po' meno autorità: la preminenza di Diocleziano era testimoniata dall'epiteto Giovio, mentre Massimiano venne appellato solamente Erculio. Diocleziano si era riservato l'incarico di difendere l'Oriente, mentre a Massimiano era stato affidato l'Occidente: questa suddivisione permise di controllare a Oriente i minacciosi Persiani, mentre a Occidente consentì la sconfitta di pericolosi ribelli.
LA TETRARCHIA Per risolvere il problema della successione imperiale, che negli anni di crisi precedenti il suo impero aveva provocato sempre gravissimi problemi, Diocleziano ideò un sistema successorio piuttosto complicato che, alla prova dei fatti, fallì miseramente. I due Augusti dovevano scegliersi ognuno un successore, designato con il titolo di Cesare; alla morte degli Augusti i Cesari sarebbero dovuti subentrare nel potere, scegliendosi a loro volta altri Cesari. Poiché in questo modo il potere imperiale si divideva tra quattro persone ‒ i due Augusti e i due Cesari, appunto ‒, questo sistema si chiamò tetrarchia (in greco "potere diviso in quattro"). Così, nel 293, Diocleziano come Cesare scelse Galerio, mentre Massimiano scelse Costanzo Cloro.
Nel 305 Diocleziano, ormai stanco, decise che era venuto il tempo di abdicare e di passare il comando al suo Cesare, costringendo Massimiano a fare altrettanto. I due nuovi Augusti scelsero a loro volta immediatamente due nuovi Cesari, secondo lo schema tetrarchico. Tuttavia, soprattutto la scelta da parte di Costanzo Cloro del nobile Severo fu destinata a creare scontento. Il risultato fu che, in seguito alle abdicazioni del 305, seguì un lungo periodo di guerre civili, con addirittura sei imperatori contemporaneamente in campo. Da questa situazione, alla fine, emerse vittoriosa la figura del figlio di Costanzo Cloro, COSTANTINO IL GRANDE.
LA RIFORMA Quella della tetrarchia non fu l'unica riforma di Diocleziano. Poiché egli prese il potere in un'età di forte crisi, tutta la sua azione fu mirata a restituire allo Stato il suo antico splendore, attraverso provvedimenti molto conservatori. In questo quadro si colloca la grande persecuzione che egli scatenò contro il cristianesimo e il manicheismo nel 303. La restaurazione del potere di Roma non poteva fare a meno anche della restaurazione dei culti pagani sempre più minacciati.
Ai confini la difesa dello Stato prese la forma di grandi opere di fortificazione; fu anche stabilita una diversa organizzazione e dislocazione dell'esercito, che venne massicciamente utilizzato per la guardia dei confini. Sul piano economico e fiscale la crisi che infuriava nell'Impero venne fronteggiata con un calmiere dei prezzi che venne emesso nel 301, e tramite una grandiosa riforma fiscale che colpiva i contadini in proporzione alla terra che avevano da coltivare: quest'ultima riforma ebbe un'importanza economica e sociale straordinaria.