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TRASMISSIONE CULTURALE

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Presentazione sul tema: "TRASMISSIONE CULTURALE"— Transcript della presentazione:

1 TRASMISSIONE CULTURALE

2 Guinea (Guinea-Conakri)
1 Guinea Guinea Equatoriale Guinea Bissau Guinea (Guinea-Conakri) Papua Nuova Guinea

3 Guinea (Guinea-Conakri)
1 Guinea Guinea Equatoriale Guinea Bissau Guinea (Guinea-Conakri) Papua Nuova Guinea

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6 Tribù dei Fore

7 Nel 1953, una giovane ragazza del gruppo Fore consumò una porzione del cervello di sua nonna, appena defunta. La donna era morta a seguito di una malattia caratterizzata dai seguenti sintomi: 1) tremore degli arti, 2) perdita di coordinazione, 3) paralisi, e 4) demenza. Quattro anni più tardi la ragazza cominciò ad esibire gli stessi sintomi della donna di cui aveva consumato il cervello. Nello stesso periodo, un giovane virologo di nome Carleton Gajdusek raggiunse il villaggio dei Fore negli altopiani orientali della PNG e stabilì una connessione tra il partecipare ai riti funerari ed esserne il protagonista principale! Quando divenne chiaro che mangiare materia cerebrale era la causa di una qualche forma di infezione, la pratica (nota come kuru) venne abbandonata.

8 Daniel Carleton Gajdusek
( ) Stanley B. Prusiner (1942-)

9 Carleton Gajdusek, premio Nobel per la medicina (1967).
Gajdusek dimostrò che il fattore caratterizzante del kuru è costituito dallo sviluppo di replicatori parassitari. Notò la presenza di placche anomale nel tessuto cerebrale delle persone vittime del kuru. Postulò l’idea di un nuovo tipo di virus (la cui strategia è di long-term dormancy), ma dopo vent’anni di ricerca attiva sul kuru la comunità scientifica non riuscì a isolare il virus ipotizzato da Gajdusek. Stanley Prusiner, premio Nobel per la medicina (1997). Prusiner produsse una seconda spiegazione per il kuru e per le patologia ad esso relazionate (Encefalite Bovina Spongiforme e morbo di Creutzfeldt-Jakob). Ipotizzò l’esistenza di un nuovo tipo di replicatori: i proni (“particelle protinacee infettive”). I proni non sono formati da acidi nucleici (DNA o RNA)! l’evoluzione dei proni è totalmente diversa da quella dei virus; non c’è codifica genetica; i proni possono trasferirsi rapidamente da un ospite di tipo A (es. vacca) ad un ospite di tipo B (es. essere umano); una nuova specie può diventare infetta se raggiunta da una quantità sufficiente di queste molecole proteiche (vd. morbo “mad cow”: “sheep scrapie” > “mad cow” > human CJD) conseguemente, agenti anti-virali sono inutili;

10 2 Thomas & Charles

11 Nel 1838, un giovane uomo di nome Charles, appena rientrato da un lungo viaggio in mare, è divorato dalle idee di un altro uomo di nome Thomas. Thomas non è più in vita, ma ha pubblicato le sue idee in un libro, ed è questo libro che innescherà nella mente di Charles una tra le più importanti rivoluzioni del pensiero della storia dell’umanità. Charles Darwin Thomas Malthus

12 Di ritorno dal suo viaggio a bordo del Beagle, Darwin fu profondamente influenzato dalle idee di Thomas Malthus: il tema della competizione tra individui per l’acquisizione di una quantità limitata di risorse e il problema del cambiamento nella composizione della popolazione nell’arco del tempo, attrassero l’attenzione di Darwin e stimolarono la connessione all’idea di ereditarietà, e quindi alla teoria dell’evoluzione tramite selezione naturale di tratti alternativi. Ben presto Darwin iniziò ad abbozzare The Origin of Species. competizione ereditarietà selezione darwinismo neo-darwinismo

13 (e il ragazzo di Cincinnati)
3 Michelangelo (e il ragazzo di Cincinnati)

14 6 marzo 1992

15 codice del virus Michelangelo

16 pacchetti d’informazione di natura non genetica:
PRONI IDEE PROGRAMMI pacchetti d’informazione di natura non genetica: proni, idee e codici informatici possono essere duplicati, ma sono essi stessi dei replicatori? Secondo la teoria classica della comunicazione, l’organizzazione dell’interazione sociale e delle informazioni scambiate durante tale interazione (anche tramite artefatti come libri e computer) dipende esclusivamente dalle parti coinvolte. La trasmissione sociale presuppone che le persone siano gli unici agenti del passaggio d’informazioni. E’ Darwin che, leggendo Malthus, avvia il processo di duplicazione – e manipolazione dell’informazione duplicata.

17 indipendente dalla volontà dei comunicatori
Il processo di replicazione implica la presenza di una forza causale addizionale indipendente dalla volontà dei comunicatori L’ipotesi dell’esistenza di entità corrispondenti alla nozione di meme è proprio questa: esiste un replicatore soggiacente alla comunicazione ignorato dall’approccio tradizionale. Tale replicatore dirige il processo di comunicazione e consente la propagazione delle informazioni. QUALI FORZE CAUSALI DIRIGONO LA COMUNICAZIONE DI INFORMAZIONI? I MEMI?

18 IL PRINCIPIO DELL’EVOLUZIONE
BIOLOGICA EVOLUZIONE CULTURALE IL PRINCIPIO DELL’EVOLUZIONE ereditarietà: entità di tipo A danno origine a entità di tipo A, entità di tipo B a entità di tipo B, ecc. variazione: l’ereditarietà non è esatta – A può dare origine a B, ecc. Ogni prodotto evolutivo (copia esatta o variazione) ha la capacità di promuovere copie di se stesso. adeguatezza [fitness]: la variazione deve essere associata a differenze relazionate alla probabilità di sopravvivenza a fini riproduttivi– su tali differenze agisce la selezione. Per fitness si intende la capacità di un tratto di propagarsi in una popolazione ed è misurato dalla sua affermazione nel corso delle generazioni a discapito di altri tratti concorrenti. EVOLUZIONE CULTURALE: la cultura utilizza replicatori o esibisce ereditarietà (duplicazione senza replicazione)?

19 COS’E’ LA CULTURA? Visione olistica: la cultura è tutto. Edward Tylor (antropologo, ) includeva nella nozione di cultura artefatti, sistemi di parentela e di matrimonio, rituali e credenze religiose. Rivoluzione cognitivista (’60): la cultura composta da mentifatti [mentifacts] La cultura è composta da cose presenti esclusivamente nalla mente degli appartenenti ad un determinato gruppo: idee, valori, credenze, ecc. La visione cognitivista ha posto le basi per la nozione di cultura sviluppata nei decenni successivi. La cultura è concepita come un set coerente e coeso di rappresentazioni mentali che viene riprodotto di generazione in generazione. Una definizione più operativa di cultura usa l’espressione ‘cultura del momento’: l’insieme di idee, credenze e valori che possono essere astratti dagli individui in un dato momento e considerati come pool di informazioni produttive in seno alla popolazione

20 Pratica o idea?

21 SELEZIONISMO CULTURALE
“Apprendimento” e “Natura” La definizione cognitivista tende a separare determinismo genetico e apprendimento. L’essere umano è una specie culturale: la lunga fase di dipendenza dei neonati, l’esposizione a norme culturali e comportamentali e l’estrema plasticità dell’apprendimento possono neutralizzare predisposizioni genetiche. Tuttavia i tratti culturali si evolvono. Le questioni sono: In che modo? Qual è la relazione tra il nostro stato di natura (biologico, genetico) e l’apprendimento (apprendimento sociale, imitazione, ecc.)? SOCIOBIOLOGIA PSICOLOGIA EVOLUTIVA SELEZIONISMO CULTURALE

22 SOCIOBIOLOGIA E.O. Wilson. 1975. Sociobiology
Prima teoria moderna ad affrontare secondo una prospettiva evolutiva cultura e società. il comportamento umano può esser compreso in termini di propensione all’apprendimento e calcolo razionale geneticamente acquisiti; il comportamento è di natura fenotipica (ovvero attiene all’insieme di tratti di un organismo) ed è un modo per rendere più flessibili le nostre risposte all’ambiente che ci circonda; l’apprendimento di nuovi comportamenti rientra in questo tipo di plasticità fenotipica; il solo principio necessario per spiegare i comportamenti degli organismi, Homo sapiens incluso, è l’ottimizzazione dell’adeguatezza [fitness maximization]; Come spiegano i sociobiologi il fatto, ad esempio, che un membro del gruppo Pirahã (Amazzonia) si comporta diversamente rispetto a un Tuareg del Niger? Non si tratta di una differenza prettamente culturale? La cultura, dicono i sociobiolgi, non è rilevante – e non è nemmeno necessaria. Le differenze di comportamento sono dovute alla variazione del tipo di stimoli a cui sono sottoposti i gruppi umani nelle diverse regioni del globo.

23 la cosiddetta ‘variazione culturale’ è dovuta all’interazione dei geni con l’ambiente;
nella sua visione più morbida, la sociobiologia ammette l’esistenza della trasmissione sociale dell’informazione, ma suggerisce che questa può essere ignorata poiché non produce alcuna nuova dinamica evolutiva; la sociobiologia rifiuta l’esistenza di un replicatore culturale: a) esisteva un mondo senza cultura, un mondo precedente alla comparsa di Homo sapiens, da cui noi deriviamo; b) La sociobiologia rifiuta l’esistenza di un replicatore culturale: perché? esisteva un mondo senza cultura, un mondo precedente alla comparsa di Homo sapiens, da cui noi deriviamo; la cultura si è formata a seguito di un processo biologico, poiché i nostri predecessori (come del resto gli altri membri del regno animale) ne erano sprovvisti; non c’è motivo di pensare che essere dotati di cultura sia in qualche modo diverso dal possedere qualsiasi altro tratto frutto del processo evolutivo; cultura e apprendimento sociale sono dunque ricondotti alla normale attività di selezione operante sui geni;

24 Un po’ di contesto: l’esperimento di John Garcia
PSICOLOGIA EVOLUTIVA Un po’ di contesto: l’esperimento di John Garcia OBIETTIVO: indurre avversione per certi tipi di cibo procuratevi un numero significativo di topi munitevi di un’apparecchiatura in grado di produrre radiazioni a raggi X bombardate di raggi X i topi mentre stanno consumando un certo tipo di cibo, in modo tale che i ratti associno la sensazione di dolore a quel tipo di cibo; prima di nutrire i ratti con il cibo per il quale si vuole creare avversione, avvisateli dell’imminente pericolo attivando dei segnali luminosi (ad es. flash) spingetevi oltre: quando attivate i segnali luminosi, elettrizzate i topi, e poi offrite loro il cibo RISULTATI i ratti impareranno ad associare gli elettroshock ai segnali luminosi; i ratti impareranno ad associare il dolore (es. nausea causata dalle radiazioni) al consumo di certi tipi di cibo; i ratti non impareranno ad associare i segnali luminosi al cibo offerto dopo la loro attivazione;

25 Perché i ratti ignorano i segnali luminosi che li dovrebbero mettere in guardia?
Perché segnali luminosi di quel tipo non rientrano nella storia evolutiva dei ratti, ovvero sono del tutto innaturali. Il ratto non può quindi associare quel tipo di evento alla sensazione di nausea - un’esperienza naturale - causata dalle radiazioni. Questa conclusione fu osteggiata dalla scuola comportamentista: secondo il behaviorism, allora dominante, i cervelli sono formati dall’esperienza e non c’è necessità di invocare una qualche struttura interna per spiegare il comportamento. Il comportamentismo andò declinando e la ricerca iniziò a concentrarsi sulla necessità di prendere in considerazione la biologia degli organismi, e in particolare di riconoscere le condizioni evolutive soggiacenti al lavoro del complesso cerebrale. La psicologia evolutiva considera l’organismo come un semplice “esecutore adattivo” limitato da quello che può apprendere in base alle strutture innate del cervello.

26 Psicologia evolutiva: punti teorici
il comportamento, inteso come evento accidentale, non può essere il focus delle forze selettive; la selezione agisce sul cervello: è il cervello il target della selezione. Gli attributi della mente responsabili della produzione di comportamenti di successo sono premati da un punto di vista selettivo; il cervello umano consiste di una serie di meccanismi prodotti attraverso la selezione naturale. Tali meccanismi sono atti a risolvere problemi adattivi, gli stessi problemi che i nostri antenati ancestrali affrontarono con una certa frequenza nel corso della storia evolutiva della nostra specie. questi meccanismi vanno rintracciati nella nostra storia, e gran parte della storia evolutiva della nostra specie è stata spesa vivendo in piccoli gruppi di cacciatori raccoglitori (Plio-pleistocene, iniziato milioni d’anni fa e terminato da soli anni); procurarsi il cibo, evitare i predatori, cercare opportunità riproduttive attraverso la scelta di partner appropriati, proteggere il patrimonio riproduttivo con una efficace cura genitoriale, ecc. i meccanismi di cui disponiamo sono modulari: circuiti neurologici distinti sono impiegati nella risoluzione di problemi distinti, ogni meccanismo essendo capace di rispondere solo ad un certo tipo di stimolo.

27 Steven Pinker: I MODULI SONO ISTINTI
Esempio: riconoscere la faccia di una persona il riconoscimento avviene tramite una sequenza di eventi mentali inconsci; riconoscere qualcosa o qualcuno sembra facile ed evidente, ma è un’operazione molto complessa la cui apparente facilità è dovuta al fatto che applichiamo il meccanismo in maniera del tutto inconscia – ovvero non esercitiamo alcun controllo; l’esistenza di meccanismi “invisibili” – di cui noi non ci rendiamo conto – è il risultato di un percorso adattivo: riconoscere un essere pericoloso senza pensarci consente all’uomo di reagire in tempi tali da consentirgli la sopravvivenza; non tutti i moduli sono “istinti”. Tra i meccanismi di base isolati dalla scuola che fa capo a Pinker ricordiamo i seguenti: a) interpretare il comportamento degli oggetti (causalità fisica), b) riconoscere esseri viventi in base al movimento, c) riconoscere diversi tipi umani e d) motivazioni e idee altrui (Theory of Mind) Siamo tutti caratterizzati dalla stessa struttura mentale: ogni differenza psicologica esistente tra gli individui è causata dalle condizioni idiosincratiche delle vite individuali.

28 la nozione di ‘universali psicologici’ – punto centrale della psicologia evolutiva – lascia intendere che la variazione di performance, compresa la variazione culturale, può essere ignorata come risolve la psicologia evolutiva il conflitto tra questa ‘ unità psichica del genere umano’ e le evidenti differenze culturali e individuali? La psicologia evolutiva non sostiene che tutti gli esseri umani si comportano allo stesso modo in ogni tempo e in ogni dove: tutti gli esseri umani condividono meccanismi psicologici comuni che generano differenze di comportamento in risposta a specifiche circostanze storiche e di sviluppo dei gruppi umani. la variazione osservabile tra diverse culture e tra individui non è il risultato di un adattamento psicologico, quanto piuttosto un set di norme universali applicate in diverse fasi della vita; tali norme rispondono in modo contingente a nuovi set di stimoli. La sociobiologia considera l’idea di cultura come non necessaria. Qual è l’approccio della psicologia evolutiva? Cos’è la cultura?

29 CULTURA EPIDEMIOLOGICA CULTURA EVOCATA apprendimento sociale propagazione ‘virale’ della cultura informazione innata informazione espressa in modo diverso a seconda delle condizioni ambientali, storiche, ecc. Informazioni apparentemente apprese vanno intese come conoscenza evocata da stimoli ambientali. Il ‘deposito di informazioni’ – il luogo da cui noi prendiamo i pezzi di conoscenza da usare – è situato nel nosro cervello ed è un deposito di fabbricazione genetica.

30 Psicologia evolutiva estrema
nasciamo con tutte le informazioni di cui avremo bisogno nel corso della nostra vita; non apprendiamo nulla dall’ambiente: richiamiamo le informazioni dalla nostra memoria evolutiva; culture simili non condividono ‘memi’ o unità di trasmissione culturale di successo (pezzi di informazione duplicata e propagata): esse sono semplicemente evocate da stimoli ambientali simili;

31 L’ipotesi del jukebox in cifre
(Robert Aunger The Electric Meme) il genoma umano consiste di 1.5 miliardi di paia di nucleotidi; questo numero di nucleotidi occupa 150 MB di informazione; il 97.5% del nostro genoma è uguale a quello degli scimpanzè, il che significa che è il rimanente 2.5% a definire la nostra specie; il 2.5% del nostro genoma equivale a 3.75x107 paia di nucleotidi, ovvero una quantità di informazioni corrispondente a 4 MB (1 bit = 1 paio di nucleotidi, 8 bits = 1 byte) gli scimpanzè hanno cultura, ma non tanta quanto gli esseri umani; se gli psicologi evolutivi hanno ragione, tutti dischi del nostro jukebox dovrebbero essere contenuti in quei 4 MB Human Relations Area File (HRAF): database etnografico 1 milione di pagine, voci per 365 culture 5 bit per lettera - parola media di 5 lettere (25 bit, circa 3 bytes) – 700 parole per pagina MB di informazioni!

32 ANTROPOLOGIA CULTURALE
Gli esseri umani devono essere considerati come formanti una specie totalmente dipendente dallo scambio di informazione sociale: siamo nati senza nessuna conoscenza fondamentale, apprendiamo tutto dal gruppo sociale in cui ci troviamo inseriti. IL GRAFICO AD “ESSE” Consideriamo la diffusione di una nuova pratica all’interno di una popolazione di riferimento: nella fase iniziale, la diffusione dell’innovazione presenta una frequenza piuttosto bassa; l’innovazione, ovvero il tratto, inizia ad essere adottato da sempre più persone, con una velocità di diffusione sempre più alta la velocità di diffusione rallenta; il tratto non si diffonde quasi più; il tratto non si diffonde più (forse perché già acquisito dalla totalità della popolazione);

33 ANALISI COSTI-BENEFICI
Quale strategia impieghiamo nell’adottare un nuovo tratto? ANALISI COSTI-BENEFICI PROVA-ERRORE EMULAZIONE La strategia adottata è quella della “trasmissione conformista”: emulare gli altri, copiare ciò che fa la maggioranza e/o i membri prestigiosi del gruppo.

34 GENI AMBIENTE CULTURA SELZIONISMO CULTURALE
La cultura è informazione capace di agire sui fenotipi degli individui. Acquisiamo fenotipi da altri individui per mezzo di un processo di apprendimento o imitazione. A livello di popolazione, la cultura può essere considerata come un pool di informazioni che vengono modificate man mano che gli individui apprendono cose nuove. Il luogo della selezione sono le abilità cognitive, esse producono variazione e diffusione di tratti culturali, non biologici. GENI AMBIENTE CULTURA SELEZIONISMO BIOLOGICO GENOTIPO FENOTIPO SELEZIONISMO CULTURALE IDEE COMPORTAMENTO

35 i selezionisti culturali pensano che l’evoluzione culturale presenti le tre caratteristiche fondamentali del principio evolutivo: variazione, ereditarietà e selezione; la “rivoluzione darwiniana” attiene più alla trasmissione di un pool di informazioni nel corso del tempo che non al meccanismo specifico soggiacente a tale trasmissione (ad es. la selezione naturale) La teoria dell’evoluzione, per essere valida sia in senso strettamente biologico che dal punto di vista della trasmissione culturale, dovrà essere formulata in modo generale. Essa diventa dunque un sistema per tracciare le informazioni diffuse nel corso del tempo con qualsiasi mezzo e interagendo con l’ambiente in qualsiasi modo

36 5. La comunità linguistica
William Labov (1972) “The speech community is not defined by any marked agreement in the use of language elements, so much as by participation in a set of shared norms. These norms may be observed in overt types of evaluative behavior, and by the uniformity of abstract patterns of variation which are invariant in respect to particular levels of usage.” La comunità linguistica come insieme di norme condivise: presenza di diversi socioletti; struttura dei socioletti è uniforme; partecipazione alle stesse norme; uniformità dei modelli astratti di variazione; (Sociolinguistic patterns. Philadelphia: Univ. of Pennsylvania Press)

37 Gumperz 1 (1968/71): un approccio sociale
“a social group which may be either mono-lingual or multilingual, held together by frequency of social interaction patterns and set off from the surrounding areas by weaknesses in the lines of communication.” [...] “may consist of small groups bound together by face-to-face contact or may cover large regions, depending on the level of abstraction we wish to achieve.” (1971. Language in social groups. Stanford: Stanford University Press) Gumperz 2 (1982): “A system of organized diversity held together by common norms and aspirations. Members of such a community typically vary with respect to certain beliefs and other aspects of behavior. Such variation, which seems irregular when observed at the level of the individual, nonetheless shows systematic regularities at the statistical level of social facts.” (1982. Language and social identity. Cambridge: CUP)

38 Hymes (1967/72) “A community sharing rules for the conduct and interpretation of speech, and rules for the interpretation of at least one linguistic variety” la comunità è un’entità sociale; si può partecipare alla comunità L anche senza farne parte; (1972.‘Models of the interaction of language and social life’) Corder (1973) “A speech community is made up of individuals who regard themselves as speaking the same language; it need have no other defining attributes.” (1973. Introducing applied linguistics. Harmondsworth: Penguin) Romaine (1994) “A speech community is a group of people who do not necessarily share the same language, but share a set of norms and rules for the use of language. The boundaries between speech communities are essentially social rather than linguistic [...]” (1994.Language in society: An introduction to sociolinguistics. London.)

39 Duranti I (1988) “The widest context of verbal interaction for sociolinguistic research is usually taken to be the speech community [...] Any notion of speech community depends on two sets of phenomena: patterns of variation in a group of speakers also definable on grounds other than linguistic homogeneity [...] and emergent and cooperatively achieved aspects of human behavior as strategies for establishing co-membership in the conduct of social life. The ability to explain (1) ultimately relies on our success in understanding (2)” (1988. Ethnography of speaking: Towards a linguistics of the praxis.) Duranti II (1997) “[…] the product of the communicative activities engaged in by a given group of people” (1997. Linguistic anthropology. Cambridge: CUP)

40 6. LINGUE E GRUPPI MINORITARI
l’interesse attivo per il fenomeno della scomparsa della lingue ha inizio negli anni 90; 65th Annual Meeting of the Linguistic Society of America e numeri successivi di Language; Ken Hale (1992): “la scomparsa delle lingue esistenti comporta una diminuzione della diversità culturale e intellettuale del mondo”; Preliminari: CONTARE LE LINGUE LINGUE MAGGIORITARIE E LINGUE MINORITARIE LA NOZIONE DI DIVERSITÀ LINGUISTICA

41 CATALOGO (DEI NOMI) DELLE LINGUE ESISTENTI
CONTARE LE LINGUE mole di materiale di diversa natura raccolto nel corso dei decenni: (a) descrizioni grammaticali; (b) note di campo; (c) liste di parole; diversa competenza della fonte: (a) linguista; (b) antropologo; (c) missionario; (d) ufficiale (periodo coloniale); cosa contare? (a) lingue; (b) dialetti; (c) catene di dialetti; la considerazione della lingua da parte dei parlanti; CATALOGO (DEI NOMI) DELLE LINGUE ESISTENTI ETHNOLOGUE (<Summer Institute of Linguistics)

42 LINGUE MAGGIORITARIE E LINGUE MINORITARIE
esistono lingue con un gran numero di parlanti e lingue con un numero di parlanti esiguo; il contatto tra una lingua ‘maggioritaria’ e una lingua ‘minoritaria’ può determinare un rapporto di dominanza; una lingua è dominante quando esercita una pressione tale da indurre i parlanti di una lingua minoritaria ad adottare la lingua maggioritaria; le lingue minoritarie sono spesso minacciate da lingue veicolari 2. LA NOZIONE DI DIVERSITÀ LINGUISTICA la diversità linguistica è determinata dalla distanza genetica delle lingue presenti (ovvero delle famiglie di appartenenza di queste lingue) su uno stesso territorio; le lingue isolate sono considerate come famiglie composte da un’unica lingua; le regioni con il più alto indice di diversità linguistica sono l’Amazzonia, Papua Nuova Guinea e la Nigeria.

43 6.1 Fattori UNESCO (2003) TRASMISSIONE INTERGENERAZIONALE
NUMERO ASSOLUTO DEI PARLANTI PROPORZIONE DI PARLANTI NELLA POPOLAZIONE DI RIF. CAMBIAMENTO NEI DOMINI DI USO DELLA LINGUA RISPOSTA A NUOVI DOMINI E MEDIA DISPONIBILITÀ DI MATERIALE PER INSEGNAMENTO E ALFABETIZZAZIONE POLITICHE E ATTITUDINE ISTITUZIONALE ATTITUDINE DELLA COMUNITÀ NATURA E QUALITÀ DELLA DOCUMENTAZIONE

44 FATTORE 1: TRASMISSIONE INTERGENERAZIONALE
GRADO DI RISCHIO SCALA POPOLAZIONE PARLANTI al sicuro 5 la lingua è usata in tutte le fasce d’età. non al sicuro 4 La lingua è usata da tutti i bambini in tutti i domini; è usata da tutti i bambini in domini limitati. minacciata 3 La lingua è usata soprattutto dalla generazione dei genitori e superiori. gravemente minacciata 2 La lingua è usata soprattutto dalla generazione dei nonni. criticamente minacciata 1 La lingua è usata da poche persone (generazione bisnonni) estinta Non ci sono parlanti.

45 PROPORZIONE PARLANTI NELLA POPOLAZIONE DI RIF.
FATTORE 3: PROPORZIONE DI PARLANTI NELLA POPOLAZIONE DI RIF. GRADO DI RISCHIO SCALA PROPORZIONE PARLANTI NELLA POPOLAZIONE DI RIF. al sicuro 5 Tutti parlano la lingua. non al sicuro 4 Quasi tutti parlano la lingua. minacciata 3 La maggioranza usa la lingua. gravemente minacciata 2 La lingua è parlata da una minoranza. criticamente minacciata 1 Pochi parlano la lingua. estinta Nessuno parla la lingua.

46 FATTORE 4: CAMBIAMENTO NEI DOMINI DI USO DELLA LINGUA
GRADO DI RISCHIO SCALA DOMINI E FUNZIONI uso universale 5 La lingua è usata in tutti i domini e per tutte le funzioni. parità multilingue 4 Due o più lingue possono essere impiegate nella maggior parte dei domini sociali e per la maggior parte delle funzioni. domini in calo 3 La lingua è usata in domini domestici a per un certo numero di funzioni, ma la lingua dominante inizia a intaccare la sfera domestica domini limitati o formali 2 Limitati domini sociali per un certo numero di funzioni. domini fortemente limitati 1 Numero limitato di domini e poche funzioni. estinta Nessun dominio+nessuna funzione.

47 NUOVI DOMINI E MEDIA ACCETTATI NELLA LINGUA
FATTORE 5: RISPOSTA AI NUOVI DOMINI E AI MEDIA GRADO DI RISCHIO SCALA NUOVI DOMINI E MEDIA ACCETTATI NELLA LINGUA dinamico 5 La lingua è usata in tutti i nuovi domini. solido/attivo 4 La lingua è usata nella maggior parte dei domini. recettivo 3 La lingua è usata in un numero alto di nuovi domini. attivato 2 La lingua è usata in alcuni nuovi domini. minimo 1 La lingua è usata in un numero ristretto di nuovi domini. inattivo La lingua non è usata .

48 DISPONIBILITÀ DI MATERIALE SCRITTO
FATTORE 6: DISPONIBILITÀ DI MATERIALE PER INSEGNAMENTO DELLA LINGUA E ALFABETIZZAZIONE SCALA DISPONIBILITÀ DI MATERIALE SCRITTO 5 Ortografia stabilita; tradizione letteraria: grammatiche, testi, dizionari, ecc. Lingua scritta usata nell’amministrazione e nell’insegnamento. 4 Material scritto esiste e i bambini vengono alfabetizzati nella lingua. La lingua non viene impiegata nell’amministrazione. 3 Materiale scritto esiste e i bambini possono essere stimolati all’apprendimento a scuola. 2 Poco materiale, usato solo da alcuni membri della comunità. L’insegnamento della lingua non rientra nel curriculum scolastico. 1 Ortografia di base con qualche materiale scritto. Nessuna ortografia è disponibile.

49 FATTORE 7: POLITICHE UFFICIALI E ATTITUDINI ISTITUZIONALI
GRADO DI SOSTEGNO SCALA ATTITUDINE UFFICIALE supporto egalitario 5 Tutte le lingue sono protette. sostegno differenziato 4 Lingua minoritaria è protetta come lingua della sfera privata. L’uso della lingua è prestigioso. assimilazione passiva 3 Non esiste una politica linguistica. assimilazione attiva 2 Il governo incoraggia l’assimilazione. assimilazione forzata 1 La lingua dominante è la sola lingua ufficiale. proibizione Le lingue minoritarie sono proibite.

50 FATTORE 8: ATTITUDINE DEI MEMBRI DELLA COMUNITÀ
SCALA ATTITUDINE DEI MEMBRI 5 Tutti i membri credono nel valore della lingua minoritaria. 4 La maggior parte dei membri sostiene il mantenimento della lingua. 3 Molti membri sotengono il mantenimento; altri dimostrano indifferenza. 2 Alcuni membri sostengono il mantenimento della lingua: altri dimostrano indifferenza. 1 Solo pochi membri sostengono il mantenimento della lingua; altri dimostrano indifferenza o sono favorevoli alla perdita. La scomparsa della lingua non importa ad alcun membro; tutti preferiscono usare la lingua dominante.

51 FATTORE 9: NATURA E QUALITÀ DELLA DOCUMENTAZIONE
NATURA DELLA DOCUMENTAZIONE SCALA NUOVI DOMINI E MEDIA ACCETTATI NELLA LINGUA eccellente 5 Grammatiche, dizionari, testi, audio, video, ecc. buona 4 Un’unica grammatica di referenza e un certo numero di grammatiche, tesi, ecc. Materiale annotato. discreta 3 Buona documentazione, ma non mezzi di comunicazione. fremmentaria 2 Brevi descrizioni grammaticali, liste di parole. Audio e video, annotati o no, possono esistere inadeguata 1 Qualche sketch grammaticale+materiale non annotato. inesistente Non esiste materiale documentale/descrittivo.

52 VERSO UNA TIPOLOGIA DEI GRUPPI MINORITARI (John Edwards. 2010)
DISCIPLINE demografia geografia economia sociologia linguistica psicologia storia politica educazione religione media SOGGETTO PARLANTE LINGUA INSEDIAMENTO

53 6.2 Linguisti e lingue minoritarie
DESCRIZIONE linguistica descrittiva; Basic Linguistic Theory (RMW Dixon) DOCUMENTAZIONE linguistica descrittiva; etnobotanica; documentazione etnografica; sociolinguistica; ARCHIVIAZIONE rendere fruibile il materiale; strutture accademiche + fondi (privati e non) RIVITALIZZAZIONE partecipazione della comunità; linguista come promotore? collaboratore?

54 “[…] it is always been natural in our sublunar realm for societies and their languages to falter, to decline and to pass from the scene. It is also entirely understandable that the speakers of those languages - some more than others, of course - will rail against this process. The decline, the protest and the shift are all predictable. These are contextual variations on the theme, and there are some few outright exceptions, but the general pattern is a robust and enduring one” John Edwards Minority Languages and Group Identity. Cases and Categories: 15. PREVENZIONE Identità è mantenuta attraverso la lingua, ma non vice versa Partecipazione della comunità (es. creazione di Language Board) C. Coinvolgimento delle istituzioni accademiche locali C1. ortografia C2. testi C3. standardizzazione Visibilità internazionale delle istituzioni coinvolte: Incoraggiare politiche di protezione linguistica?

55 THE HANS RAUSING ENDANGERED LANGUAGES PROJECT
“Languages are always changing but in many cases the life of a language ends. In many areas of the world, economic, military, social and other pressures are causing communities to stop speaking their traditional languages, and turn to other, typically more dominant, languages. This can be a social, cultural and scientific disaster because languages express the unique knowledge, history and worldview of their communities; and each language is a specially evolved variation of the human capacity for communication. Today, there are about 6,500 languages and at least half of those are under threat of extinction within 50 to 100 years. Responses to this problem include local language maintenance and revival programmes, and language documentation. See our Projects page for information about the documentation projects supported by ELDP, the granting component of the Hans Rausing Endangered Languages Project.”

56 SOCIETY FOR ENDANGERED LANGUAGES
“One third of the approximately 6500 languages that are still being spoken in the world today will become extinct over the course of the next decades. According to pessimistic estimates, up to 90% of the languages still spoken today will die out within this century. Languages and dialects are not only the means through which we communicate with others and seek ways of explaining the world in which we live, they are also expressions of human culture and the human mind itself. They are of value in and of themselves and should be preserved and documented as manifestations of the creativity and diversity of the human mind. The Society for Endangered Languages (GBS) was founded in November 1997 by a group of German linguists together with the members of the "Endangered Languages" work group of the German Society for Linguistics in Cologne. The goal of this non-profit organization is to further the use, preservation, and documentation of endangered languages and dialects.” (

57 FOUNDATION FOR ENDANGERED LANGUAGES
“The aims of the Foundation are: to raise awareness of endangered languages, both inside and outside the communities where they are spoken, through all channels and media to support the use of endangered languages in all contexts: at home, in education, in the media, and in social, cultural and economic life to monitor linguistic policies and practices, and to seek to influence the appropriate authorities where necessary to support the documentation of endangered languages, by offering financial assistance, training, or facilities for the publication of results to collect and make available information of use in the preservation of endangered languages; to disseminate information on all of the above activities as widely as possible” (

58 THE ENDANGERED LANGUAGES FUND
“ELF was founded in 1996 with the goal of supporting endangered language preservation and documentation projects. Our main mechanism for supporting work on endangered languages has been funding grants to individuals, tribes, and museums. ELF’s grants have promoted work in over 30 countries and have seen a wide range of projects, from the development indigenous radio programs in South Dakota, to recording of the last living oral historian of the Shor language of western Siberia, to the establishment of orthographies and literacy materials to be used by endangered language teaching programs all over the world.” (


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