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Neuroma di Morton Iperproduzione di tessuto fibroso sotto le teste metatarsali. (da sovraccarico su base predispositiva). “ingabbiamento” del fascio neurovascolare.

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1 Neuroma di Morton Iperproduzione di tessuto fibroso sotto le teste metatarsali. (da sovraccarico su base predispositiva). “ingabbiamento” del fascio neurovascolare con esito fibrotico. Neurite con irritazione dell’area intermetatarsale. Non confondere con la metatarsalgia. Sintomatologia: esordio brutale che sotto carico in deambulazione si irradia nell’area interessata. Profilassi medica: ortesi plantare (se forma lieve), altrimenti intervento chirurgico.

2 Metatarsalgia: Termine generico indicante sofferenza a livello dei metatarsi (diffusa o localizzata ad un singolo). L’origine: biomeccanica, secondaria, mista.

3 Cause primarie: Alterazione nell’azione delle forze che agiscono sui distretti metatarsali (per volume o intensità). Conseguenza di: Predisposizione congenita: alterazioni nell’allineamento spaziale dei metatarsi, differenza di lunghezza tra metatarsi. Secondarie di tipo biomeccanico: successivamente a traumi (fratture), interventi o per alterazioni neuromuscolari (dita griffe, piede cavo), di tipo capsulolegamentose (alluce valgo) o ancora per alterazioni osteocondrali (alluce rigido o sesamoiditi). Secondarie a malattie: malattie articolari (artrosi, artrite deformante), malattie vascolari (gotta, diabete) neurologiche (algodistrofie riflesse). Miste: impossibilità nel definire la causa primaria.

4 Sintomatologia: Dolore alternante, continuo, progressivo a livello dell’avampiede in statica eretta e durante la deambulazione. Spesso per evitare il dolore si alterano i normali appoggi plantari con conseguenza di iperattività in zone specifiche e susseguente comparsa di fenomeni di ipercheratosi (callosità sulla regione calcaneare), borsiti sierose, dita a griffe…

5 Alluce valgo: Progressiva deviazione della 1° artic. Metatarso – falangea con intersezione del 1° sul 2° dito nella fase più evoluta. Le cause: Ipermobilità del 1° raggio nella deambulazione con un aggravamento dato da un’alterata postura plantare. Malattie reumatiche: l’artrite provoca un’infiammazione con tumefazione che altera i rapporti muscoli – tendini (flessori ed estensori dell’alluce). Patologie neuromuscolari: portano a squilibri muscolari con conseguente alterazione della normale fisiologia del passo. Alterazioni post-intervento. Nei casi di 2° - 3° il 1° dito perde la funzione di dito propulsore nella fase di spinta del passo, che viene trasferita alla 2° - 3° testa metatarsale. Piede normale Alluce valgo di 3°

6 Piede reumatico: Il 10% ( ) di persone soffrono di patologie reumatiche. Distingui tra malattie infiammatorie (es. artrite reumatoide) e degenerative (es. artrosi). L’artrite reumatoide: malattia ad andamento cronico colpisce le articolazioni, spesso i piedi deformandoli. La gotta malattia spesso ereditaria (> a.urico nel sangue); la forma che colpisce il piede è una forma acuta con coinvolgimento dell’alluce che appare gonfio, dolente, arrossato e caldo. L’artrosi è la più diffusa tra le patologie reumatiche che colpiscono i piedi, è un processo degenerativo inizialmente della cartilagine successivamente anche a livello del tessuto osseo.

7 Il piede diabetico: Complicanza cronica del diabete; due gli elementi distintivi: vasculopatia periferica (art. poplitea, pedidia, tibiale). Il piede risulta freddo alla palpazione, privo di polsi, alterazioni trofiche della cute fino alla necrosi. Dolori riferiti al polpaccio, pelle assottigliata e priva di peli. Spesso sono presenti fissurazioni sui talloni, macchie necrotiche, ischemia dell’arto inferiore.

8 Il piede diabetico: Neuropatia). In questo caso il piede risulta invece caldo con polsi palpabili, secco e la cute spesso è screpolata. La perdita di sensibilità spesso collegata alla progressiva atrofia muscolare comporta processi di ulcerazioni. La neuropatia può essere sensitiva (insensibilità dolorifica) o motoria cioè con alterazioni dell’arco riflesso limitata alla denervazione muscolare fino all’atrofia dei muscoli intrinseci del piede. La conseguenza è la diversa distribuzione del peso corporeo sulla superficie plantare durante la deambulazione

9 Fascite Plantare Infiammazione dell’aponeurosi plantare (dal calcagno ai legamenti delle falangi). Questa fascia, durante ciascun passo, sopporta due volte il peso dell’intero corpo. L’infiammazione è spesso conseguenza di un sovraccarico sportivo o posturale. 1) Fascite plantare distale 2) Fascite plantare prossimale 3) Sindrome dolorosa del cuscinetto adiposo del calcagno 4) Intrappolamento del nervo

10 Sintomatologia L’esordio è solitamente legato alla fase iniziale del gesto sportivo (corsa). A riposo scompare completamente. Zoppia nei primi passi della giornata, accompagnata da rigidità, scompare dopo un breve riscaldamento. Dolore alla marcia sulle punte o sui talloni. Il dolore è spesso associato a rigidità del tendine di Achille.

11 Intervento: Spesso basta il riposo dall’attività.
Applicazioni di ghiaccio. Si sconsiglia il caldo (dilatazione della fascia connettiva compressione nervosa). Utilizzare eventuale supporto ortopedico per limitare il carico. Sostituire gli esercizi di impatto con altri in scarico (nuoto – bici). Effettuare esercizi di allungamento per l’aponeurosi plantare, il tendine di Achille, i muscoli del polpaccio. Possono venire prescritti tutori notturni (di allungamento per la fascia). Può essere previsto l’intervento chirurgico (risolve il 75 – 80% dei casi).

12 Piede cavo: Accentuazione della volta plantare: l’appoggio plantare è scompensato a carico delle teste metatarsali. (spesso si associano le dita a martello). Di origine: Congenita (rare). Acquisita (cause neurogene, miopatiche, post-traumatiche, degenerative, secondarie a patologie delle parti molli. Essenziale (tutte le altre cause).

13 Piede cavo Varismo del retropiede. L’evoluzione prevede:
1° stadio: abbassamento della testa del 1° MT. sovraccarico, ipercheratosi, griffe dell’alluce. 2° stadio: appoggio spostato nel 5° MT durante la marcia, a livello antalgico, ipercheratosi sotto la 1° e 5° Testa MT 3° stadio: in presenza di varismo del 1° MT o griffe accentuata  ripartizione sulle teste centrali (avampiede piatto trasverso) Piede cavo talo: paralisi del tricipite, abbassamento della tuberosità calcaneale presenza importante di talismo separato dal tallone anteriore da una profonda fenditura e conseguente squilibrio del sistema Achilleo-Calcaneo-Plantare. Piede cavo misto (piede cubico).

14 Classificazione in funzione del piano trasversale:
Secondo la direzione del tallone: Varismo (per verticalizz. 1° MT, conseguente supinazione del retropiede). Valgismo (pronazione del calcagno e cuboide). L’immagine podografica evidenzia il piede cavo ma il comportamento è da piede piatto.

15 Esame della marcia: Nel piede modicamente strutturato risulta normale.
Nei casi gravi, la deambulazione avverrà in extra-intra rotazione. In caso di slivellamento notevole, la marcia avviene invertendo i punti di appoggio plantare (prima avampiede poi tallone). In questo caso i piedi sono particolarmente instabili con frequenti distorsioni della tibia tarsica (piede cavo neurologico).

16 Trattamento: terapia fisica
Manipolazioni quotidiane (nel soggetto giovane) atte a ridurre la verticalizzazione della paletta metatarsale e ridurre il difetto del retropiede. Insistere su stretching di tipo fasciale per allungare l’aponeurosi plantare. È importante anche sviluppare gli interossei ed i lombricali con esercizi attivi (raccogliere oggetti con le dita dei piedi…)

17 Piede piatto: Abbassamento della volta plantare alla quale si associa spesso un valgismo del retropiede e abd dell’avampiede. Per diagnosticare il piattismo, puoi chiedere al soggetto di elevare il corpo sulle punte e verificare se si cavizza la volta plantare, se si sorregge il valgismo del calcagno. Il piattismo è considerato una condizione pre-artrosica. Per correggere il piattismo nel soggetto giovane (dopo i tre anni) sono consigliati una serie di esercizi utili a “cavizzare”. Raramente il piattismo appare in età adulta (esempio per l’obesità) o per squilibri muscolari.

18 Distorsione della caviglia:
L’inversione è la più frequente. L’entità è misurabile dal grado di interessamento delle strutture adiacenti (legamenti, capsula, tessuto osseo). Anche dopo il recupero rimane spesso un dolore significativo che comporta dolore e limitazione funzionale. Importante il protocollo di rieducazione.

19 5000 traumi distorsivi ogni giorno in Italia
20% traumi sportivi disfunzione cronica nel 30% dei casi e frequenti recidive costi sociali elevati "Una caviglia lesa e instabile rappresenta il presupposto di distorsioni recidivanti, si comprende quindi l'importanza di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo"

20 CLASSIFICAZIONE DELLE DISTORSIONI
Grado 0: tilt astragalico inferiore a 8°, non rotture legamentose; Grado 1: tilt astragalico (10°-20°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore; Grado 2: tilt astragalico (20°-30°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore e peroneo calcaneare; Grado 3: tilt astragalico superiore a 30°, rottura di tre legamenti

21 IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO
E’ diviso in 3 fasi : Acuta Sub-acuta Di Rieducazione Funzionale   FASE ACUTA   Il protocollo più accreditato per le lesioni acute è il P.R.I.C.E. Protection Rest Ice Compression Elevation   In fase acuta gli obiettivi sono:   a) L’immobilizzazione;   b) Diminuzione degli “irritanti chimici” che causano dolore e favoriscono la “stasi tissutale” (ovvero l’edema);   c) La prevenzione di ulteriori sollecitazioni meccaniche della struttura lesa.  FASE SUBACUTA In fase sub-acuta lo scopo del trattamento è quello di sottoporre il tessuto leso ad una serie di sollecitazioni meccaniche, utili per promuovere l’orientamento fisiologico delle fibre collagene.   Gli obbiettivi in questa fase sono: a) L’eliminazione del dolore; b) Il recupero della particolarità; c) L’eliminazione dello spasmo muscolare; d) L’eliminazione dell’edema; e) Il recupero della forza muscolare.   Per raggiungere questi obbiettivi si utilizzano massaggi, terapie fisiche, tecniche di mobilizzazione e la cinesiterapia. FASE DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE Nella fase di rieducazione funzionale si mira al:   a) Recupero della propriocettività   b) Recupero della forza; c) Prevenzione delle recidive.  

22 Propriocettiva: Con essa alleni i recettori nervosi principalmente presenti nelle strutture articolari. Essi inviano informazioni sullo stato di stiramento dei tessuti per permettere al sistema nervoso di reagire in modo adeguato ed estremamente rapido con contrazioni della muscolatura, idonee a stabilizzare l'articolazione e quindi conservare i rapporti articolari stessi, anche in situazioni dinamiche particolarmente stressanti per la caviglia. Tali recettori forniscono anche informazioni al cervelletto, insieme ai recettori visivi, vestibolari e uditivi, necessarie per il mantenimento dell'equilibrio nello spazio. Nel piede i propriocettori si situano in particolare sulla capsula e sui legamenti dell'articolazione tibiotarsica, sottoastragalica e metatarso-falangee del primo dito: zone "fondamentali" per una dinamica ottimale in stazione eretta.

23 FASE INIZIALE La rieducazione propriocettiva deve essere iniziata precocemente, anche quando ancora al paziente non è concesso il carico sull'arto traumatizzato. In questa fase gli esercizi sono eseguiti da seduto, ad arto quasi completamente "scarico". FASE INTERMEDIA A CARICO LIMITATO In questa fase gli esercizi (1 e 2) proposti in precedenza, vengono eseguiti dall'atleta in piedi, con il piede sano poggiato al suolo e quello infortunato sulla tavoletta. Il carico sul piede traumatizzato viene aumentato progressivamente sempre comunque in un range di assenza di dolore. FASE FINALE A questo punto vengono proposti esercizi con carico sugli arti inferiori sempre maggiore e introdotti esercizi dinamici, dove oltre ai movimenti attivi e precisi eseguiti in precedenza, viene chiesto all'atleta di mantenere l'equilibrio in situazioni di sempre maggiore "instabilità".


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