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La Fede: aspetti biblici Formazione Permanente 2008-09.

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Presentazione sul tema: "La Fede: aspetti biblici Formazione Permanente 2008-09."— Transcript della presentazione:

1 La Fede: aspetti biblici Formazione Permanente 2008-09

2 Struttura I La terminologia II Fede e incredulità – –1. Aspetti soggettivi della fede:1. Aspetti soggettivi della fede: a. La fiducia b. La fedeltà c. L'ascolto/obbedienza – –2. L'incredulità2. L'incredulità III Deposito della fede – –1. Atteggiamenti positivi verso il deposito1. Atteggiamenti positivi verso il deposito – –2. Situazioni contrarie alla fede2. Situazioni contrarie alla fede IV Gnosi/conoscenza V Fede e visione VI Fede e opere – –1. Fede e salvezza1. Fede e salvezza – –2. La giustificazione per fede esige le opere2. La giustificazione per fede esige le opere VII Dono e ricerca

3 Prescindendo dall'ambito profano, giuridico e puramente religioso, per fede intendiamo il totale riferirsi a Dio, conosciuto nella rivelazione, da parte dell'uomo il quale, nell'analisi delle proprie dimensioni fondamentali col mondo, la morte, gli uomini e la storia (Cf. GS 4-22), si scopre aperto alla trascendenza e dotato di libertà che si esplicita nella responsabilità e nella speranza.

4 La terminologia ’mn batah, hasah, hakah, jahal, qawah Amen pistéuō/pístis

5 ’mn La radice fondamentale ’mn, presente nella forma hifil 52 volte, indica stabilità e sicurezza derivanti dall'appoggiarsi a qualcuno. Ciò comporta primariamente il senso di abbandono e fiducia. Fede allora è l’affidarsi a Dio da parte di Abramo (Gen 15,6) nel momento in cui sembravano scaduti i tempi di realizzazione della promessa di una posterità; è l'accettazione della parola riguardante la sua esperienza con Jhwh che gli aveva promesso la liberazione.

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7 ’mn Di fronte a Dio che gli promette una discendenza numerosa come le stelle del cielo «Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» [Gn 15,6]. L'ebraico usa qui il verbo 'mn nella forma causativa seguito da be e il nome di persona. Traduciamo con credette al o nel Signore; sciolto nel suo significato più pregnante il verbo dice molto di più: di fronte a una promessa strabiliante, ma senza indizi concreti (non ha un figlio e non sa come lo potrà avere), Abramo decide comunque di dare credito al Signore e si fida di lui. Dunque Abramo è l'uomo del rischio, della scommessa, che gioca tutta la sua esistenza sul suo Dio.

8 batah, hasah, jahal, qawah Altri termini come batah (confidare), tipico delle preghiere e degli inni (Sal 13,6; 25,2; 26,1), hasah (rifugiarsi) come ricerca reale o figurata di una protezione da parte del singolo (Sal 64,11; Is 57,13) o della comunità (Sal 2,12; 5,12; 17,7; 18,31), hasah (attendere), jahal (aspettare) con qawah (sperare), relativi a un auspicato intervento di Dio, rientrano nel più vasto campo di 'mn, di cui evidenziano l'aspetto di fiducia e confidenza.

9 batah, hasah, hakah, jahal, qawah La terminologia veterotestamentaria descrive pertanto la fede come conoscenza-riconoscimento di Jhwh, della sua potenza salvatrice e dominatrice rivelata nella storia, come fiducia nelle sue promesse, come obbedienza verso i comandamenti di Jhwh.

10 Amen Dicendo amen, che è una forma participiale, si ritiene che quanto esce dalla bocca di Dio è sicuro da meritare fiducia, vero da essere creduto e solido da indirizzare bene la vita. `Amen’ sancisce perciò un impegno solenne, preciso e irrevocabile, rafforzato dalla ripetizione, solennizzato dal rinnovamento dell'alleanza (Ne 8,6) e reso sacro in quell'inizio del culto a Gerusalemme (1Cr 16,36), ufficializzato poi nelle singole parti del salterio (Sal 41,14; 72,19; 89,53; 106,48).

11 Amen Più che un semplice desiderio o un debole assentire (Ger 28,6), dire amen comporta una responsabilità giurata (Nm 5,22), un rinnovo pubblico, comunitario, liturgico dell'impegno di osservare i comandamenti (Dt 27,15-26) o di praticare la giustizia sociale (Ne 5,13). Inscindibile dalla fiducia l’amen diventa acclamazione liturgica (1Cr 16,36).

12 pistéuō/pístis La varietà di terminologia dell'AT si condensa in un unico, frequentissimo termine nel NT: pistéuò/pístis (credere/fede), collegato al miracolo nei sinottici (Mc 2,5; 5,36) che conservano il senso prevalente di fiducia. Credere è anche riconoscere Gesù come il messia (Mc 15,32) attraverso la sua morte e risurrezione (At 2,14-36), così che viene a qualificare semplicemente il cristiano come "il credente" (At 2,44; 4,32; 11,21). Collegata intimamente al mistero della salvezza, la fede - il vocabolo più usato (242 volte) dopo Dio, Cristo, Signore, Gesù, Spirito - diventa in Paolo conoscenza e accettazione del mistero pasquale (Rm 10,9.14; Cf. 1Pt 1,8.21; Gc 2,5), della persona di Cristo (Rom 1,17; Gal 2,16; Ef 2,8; Fil 3,9).

13 pistéuō/pístis Si opera così un'evoluzione da un senso soggettivo (l'atto del credere) a un senso oggettivo (il contenuto creduto), giungendo ad identificarsi con il kerygma (Rm 10,8; Gal 1,23; 3,2.5; Ef 4,5), come avviene negli Atti (6,7) e più ampiamente nelle lettere pastorali (1 Tess. 1,19; 4,1; 6,10.21). Una tale linea di pensiero si ritrova nel credere giovanneo (usato 98 volte in forma assoluta o con preposizioni, in contrasto con l'unica attestazione del sostantivo fede in 1Gv 5,4) come accettazione della persona e della missione del Figlio.

14 pistéuō/pístis Densa di significato è infine la definizione della fede, accentuante l'aspetto soggettivo, nella lettera agli Ebrei (11,1) come certezza dell'invisibile, fiducia nelle promesse di Dio e impegno di fedeltà dell'uomo: la limitazione al solo elemento intellettivo privo di fiducia è la fede insufficiente condannata dalla lettera di Giacomo (2,14). Pertanto fede è la risposta integrale dell'uomo a Dio che si rivela come suo salvatore e include l'accettazione del messaggio salvifico e la fiduciosa sottomissione alla sua parola. Nella fede veterotestamentaria l'accento cade sull'aspetto di fiducia; in quella neotestamentaria risalta l'aspetto di assenso al messaggio cristiano.

15 Fede e incredulità Essenziale per la fede è la dimensione soggettiva che si manifesta come fiducia, fedeltà, ascolto/obbedienza, la cui mancanza rivela l'incredulità del soggetto.

16 Fede e incredulità La fede è una reazione all'azione primaria di Dio (A. Weiser). All'interno dell'apertura totale del proprio essere a Dio, la fede assume tante componenti quanti sono gli aspetti di Dio rivelante: timore, riverenza, culto, obbedienza, amore, confidenza, fedeltà, speranza, attesa, pazienza, adesione, riconoscenza, per cui essa «si assicura in Dio» (cf. J. Pfammatter, 380).

17 Fede e incredulità a. La fiducia - Pur presente in personaggi - Abele, Enoch, Noè, Giacobbe, Mosè, Giosuè - e in parti narrative e profetiche, la fede, nella dimensione soggettiva di abbandono, appoggio sicuro, affidamento pieno, dedizione illimitata, slancio, attesa, risalta particolarmente in Abramo, il padre dei credenti. «Egli credette al Signore che glielo accreditò a giustizia» (Gen 15,6). Il fidarsi di Dio lo spinge ad attendersi l'impossibile, un figlio cioè in vecchiaia (Gen 18,14).

18 Fede e incredulità La situazione di morte del suo corpo privo di vitalità, come il seno di Sara (Eb 11,12), si trasforma in vita per quel fondarsi sulla promessa, per quel proiettarsi oltre ogni speranza umana, per quel non vacillare, per quel ritenere con ferma persuasione che Dio è potente a realizzare quanto ha promesso, così che Abramo diventa l'amico di Dio (cf. Rm 4,18-22; Gc 2,25).

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20 Fede e incredulità La fiducia in Dio supera i limiti e le obiezioni della ragione umana, rinunciando a contare su di sé. Cosciente della propria incapacità, dell'insufficienza di qualsiasi garanzia umana, anche miracolosa - suscettibile sempre di seducenti spiegazioni razionali - dubita di sé e si apre all'intervento divino.

21 Fede e incredulità b. La fedeltà - Una fiducia piena conduce alla fedeltà che è imitazione e partecipazione della fedeltà di Dio. Venuto più volte incontro all'uomo, Dio è rimasto fedele all'alleanza (Dt 7,9), alle promesse (2Sam 7,28; Os 2,22; Sal 132,11; Tb 14,4) e realizza le sue opere nonostante il peccato: Dio è definito frequentemente 'fedeltà' nel Deuteronomio, nel Salterio e nei profeti. «La roccia: perfetta è la sua opera, tutte le sue vie sono giustizia. È Dio di fedeltà» (Dt 32,4). L'uomo partecipa con la sua fiducia alla stabilità di Dio e delle sue opere, come Mosè, fedele nella sua casa (Nm 12,7) - quanto le sue braccia piene di fedeltà fino al tramonto durante la battaglia contro Amalek (Es 17,12) - in una comunanza di vedute, di pensieri e di responsabilità; come il sacerdote fedele (1Sam 2,35); come Davide (1Sam 22,14) nel suo regno stabile (2Sam 7,16). Senza la fedeltà l'uomo diventa vuoto, vanità, niente, simile agli idoli (Is 19,1.3; Ez 30,13; Ab 2,19; Sal 96,5; 97,7).

22 Fede e incredulità È necessario proclamare la fedeltà di Dio (Sal 36,6), invocarla (1Re 8,56-58), perché faccia germinare nella nostra terra la fedeltà a Lui. In una economia dell'alleanza, Dio esige la nostra fedeltà (Gs 24,14), anche come condizione per una fedeltà degli uomini verso gli uomini, che ne sono spesso privi (Ger 9,2-5). Ad imitazione del servo fedele che porta a termine la sua missione tra contrasti - tipo di Cristo che dà compimento alla fedeltà di Dio (2Cor 1,20), quale sacerdote fedele (Eb 2,17) -, i "fedeli" (At 10,45; 2Cor 6,15; Ef 1,1) si preoccuperanno di considerare la fedeltà tra i massimi comandamenti (Mt 23,23), una costante in tutti i momenti della vita (Lc 16,10-12). Se tale fedeltà comporta una continua lotta contro il maligno, specialmente negli ultimi tempi (Ap 13,10; 14,12), ha come premio la gioia del Signore (Mt 25,21.23) ed è assicurata quale dono dello Spirito (Gal 5,22) e del sangue di Cristo (Ap 12,11).

23 Fede e incredulità c. L'ascolto/obbedienza Al prossimo incontro (ndR)

24 Fede e incredulità L'incredulità è la tentazione continua dell'uomo destinatario della rivelazione, come l'idolatria è la condizione permanente del pagano. Dinanzi a meraviglie sempre nuove dell'amore di Dio sottratto ad ogni controllo o verifica, il credente è posto ogni giorno davanti al dilemma: fidarsi unicamente di Dio o cadere nell'incredulità che diventa la radice di ogni peccato.

25 Fede e incredulità L'incredulità è non prendere Dio come appoggio, (Sal 78,8.37), è appoggiarsi sulla propria vita (Cf. Dt 28,66), come fa il cattivo. È ritenere Jhwh incapace di comprendere e di liberare dal bisogno l'uomo, che conseguentemente ‘mormora’ come la generazione del deserto, presa dalla fame e dalla sete (Es 16,2-3; 17,2-3; Nm 11,4-5; 20,2-3), dalla paura davanti al nemico (Nm 14,3).

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27 Fede e incredulità È dimenticanza dei prodigi operati nel passato (Dt 8,14-16; Sal 78,1), è incomprensione dei segni in ordine a una conversione (Nm 14,11; Am 4,6ss), è negazione dell'esistenza di un piano divino. «Si affretti, acceleri l'opera sua affinché la possiamo vedere, si avvicini, si realizzi il progetto del Santo d'Israele e lo riconosceremo» (Is 5,19). È dare l'ultimatum a Dio perché si decida a compiere le sue promesse, è l'infantilismo religioso di Acaz (Is 7,12).

28 Fede e incredulità L'incredulità si fa acuta davanti a Gesù, che chiede verso la propria persona (Mt 11,6) quanto il pio israelita riconosceva a Jhwh. L'obiezione della razionalità avanzata da Zaccaria, resa più evidente dalla fede di Maria (Lc 1,18.38), continua in quella dei concittadini di Gesù (Mc 6,6), dei farisei (Mt 15,7), delle città del lago e dei giudei (Mt 8,10).

29 Deposito della Fede Questa espressione introduce la considerazione dell'aspetto oggettivo della fede: anche nei rapporti con Dio, l'atteggiamento essenziale dell'affidarsi a lui porta conseguentemente all'affermazione dei contenuti, degli eventi della rivelazione. Questi sono accettati non perché l'uomo li comprenda nella loro evidenza razionale od esperienza diretta, ma per la fiducia in Chi li propone. La fede in Dio è anche fede di ciò che egli rivela: il NT parla, accanto a pistis (pistéuein) eis, di pistéuein hoti, espressioni che la riflessione teologica tradurrà in fide qua e fides quae.

30 Deposito della Fede Questo secondo aspetto, già presente nell'AT nella necessità di riconoscere gli interventi salvifici di Jhwh nella storia, riflessi nelle formule di fede, è sottolineato fino a diventare preminente nel NT. Ciò è dovuto alla novità dell'evento 'Cristo' che, dopo aver esigito di ritenere imminente la venuta del regno, domanda di accettare il valore messianico della sua persona.

31 Deposito della Fede Il contenuto della fede ha un nucleo attorno al quale ruota come esplicitazione, sviluppo, approfondimento e attualizzazione tutto quello che Dio ha rivelato. Lo si può enunciare come la volontà assoluta del Padre di salvare ogni uomo attraverso il Figlio Gesù Cristo nel dono dello Spirito. Questa volontà si rivela in una dimensione storica che ha il suo inizio nell'alleanza veterotestamentaria (Dt 26,5-9; Gs 24,2-13) e il suo compimento nell'incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo.

32 Deposito della Fede Nella sua vita di fede come dialogo personale con Cristo, in analogia al continuo dialogo di Gesù col Padre, il cristiano estende, per il nesso inscindibile, il suo atto di fede alla chiesa "corpo e pienezza" di Cristo, istituita quale «sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1).

33 Atteggiamenti positivi verso il deposito della Fede Confessione di fede Confessione di fede Testimonianza/martirio Unità nella fede Unità nella fede

34 Confessione di fede Confessare la fede, che nell'AT si restringe a riconoscere Jhwh come «Dio salvatore» (cf. Os 12,10; 13,4; Dt 32,12; Gs 24,16-18), diventa nel NT confessione (homologhía/homologhéin) di «Gesù Cristo» (Rm 10,9; 1Cor 12,3), la cui liberazione tocca tutta l'umanità, riguarda il nemico più temibile (il peccato), è definitiva: la confessione di Pietro (Mt 16,16; Gv 6,68-69), come quella del cieco nato (Gv 9,17.36-38), ritrova l'origine della fede nel contatto personale con Gesù.

35 Testimonianza/martirio Quando la confessione della fede è diretta in primo luogo agli uomini, in forma solenne, durante un processo o una contestazione, diventa testimonianza (o martirio: dal greco martyría/martyrion), creando il testimone (o martire, dal greco martys). A differenza del confessare, testimoniare è un concetto neotestamentario, essendo limitato nell'AT a Israele «testimone di Jhwh» tra le genti (Is 43, 9.10.12).

36 Unità nella fede Particolare testimonianza a Cristo è data dalla chiesa quando si trova unita nella fede. La principale unità nella fede è di tipo esperienziale vissuto: l'essere e rimanere in Cristo (Gv 15,4) - il quale vive (Gal 2,20), abita (Ef 3,17) nell'uomo che mangia e beve il suo sangue (Gv 6,54) - così da divenire una cosa sola con il Padre e i fratelli, perché «il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). L'unità di fede, conciliabile con la pluralità di indirizzi teologici, riguarda soprattutto le verità essenziali: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti e dimora in tutti» (Ef 4,5- 6), «un solo pane» (1Cor 10,17), «un solo pastore, un solo gregge» (Gv 10,16).

37 Situazioni contrarie alla Fede Lo scisma Lo scisma L’eresia La bestemmia La bestemmia

38 Lo scisma Pur non compromettendo l'unità della fede, lo scisma rompe la carità, rende la chiesa meno credibile davanti al mondo (cf. Gv 17,21). Come la separazione del regno del nord per motivi religiosi (1Re 11,33) produsse confusioni idolatriche (1Re 12,28.32), impedendo la forza della testimonianza presso le nazioni, così le divisioni turbano l'armonia del corpo di Cristo, che è la chiesa (1Cor 12,25). Esse provengono dalla ‘carne’ (Gal 5,20; cf. 1Cor 3,3-4), sono segno dell'incomprensione della vera sapienza della croce (1Cor 1,10.18), stanno in stridente contrasto con il significato della cena (1Cor 11,18) e con l'unità d'origine e di finalità dei carismi (12,11).

39 L’eresia Più grave dello scisma, che si limita a una incrinatura, a un crepaccio nella comunione ecclesiale, l'eresia tocca direttamente la fede coscientemente negata in qualche verità rivelata. Sconosciuta all'AT per il suo limitato contenuto intellettuale, l'eresia, già prevista da Gesù (Mt 24,5.11), è delineata negli scritti paolini come cristallizzazione di tensioni in partiti analoghi a quelli giudei (1Cor 11,19); essa attacca la dottrina (Rm 16,17) e viene così caratterizzata negli ultimi scritti neotestamentari: «Falsi maestri introdurranno eresie (hairéseis) perniciose e, rinnegando il loro padrone che li riscattò, attireranno su se stessi una rovina veloce» (2Pt 2,1).

40 La bestemmia L'insulto alla persona di Gesù, come un tempo al nome di Jhwh (Lv 24,16) attraverso la bestemmia, si oppone direttamente alla fede. Essa infatti non accetta Gesù come «Figlio di Dio» (Mt 26,63-65; Mc 15,29; Gv 10,33). Non si tratta di semplice ignoranza, ma di volontario rifiuto della rivelazione divina, illustrata dai miracoli: attribuirli al demonio è una bestemmia contro lo Spirito Santo (Mt 12,31), irremissibile, perché all'origine di reazioni a catena che fissano situazioni di totale chiusura alla parola. Si rifiuta infatti non un Dio lontano, ma già sperimentato nella sua opera di grazia e di luce: questo stato di cose si ripeterà nel tempo della chiesa (Ap 2,9).

41 Gnosi/conoscenza La possibilità di confessare o testimoniare, come anche di limitare il contenuto della fede, deriva dal suo carattere conoscitivo o di gnosi. Questa parola evoca spontaneamente la complessa e non del tutto chiarita corrente spirituale (gnosticismo) fiorente nel II sec. d.C., che dalla «conoscenza di sé, cioè dell'uomo in quanto Dio» (H. Schlier), «reso partecipe della stessa natura divina, ossia anzitutto dell'immortalità» (R. Bultmann), pretende di raggiungere la salvezza nel ritorno alle sue origini. Espressione di un'autosufficienza umana, la gnosi è negazione della fede e va quindi combattuta in tutte le iniziali manifestazioni (1Cor 1,17-21; 1Tm 6,20).

42 Fede e visione A differenza del conoscere, usato in parallelo con credere (Gv 6,69), il vedere ha una vasta gamma di significati, indicando ora un di meno ora un di più della fede. C'è infatti un vedere che non conduce alla fede e aumenta la responsabilità. Avvicinarsi a Gesù solo esteriormente (6,2) senza un impegno morale, costituisce un vedere che non è un credere (6,36). I segni sono un mezzo per la fede, ma l'uomo che si limita al loro carattere prodigioso e spettacolare non merita la fiducia di Gesù che, conoscendo l'intimo dell'uomo (2,25), avverte la superficialità del rapporto con lui.

43 Duccio di Boninsegna Gesù guarisce il cieco nato National Gallery - Londra

44 Fede e opere L'analisi delle varie dimensioni della fede pone l'interrogativo sui rapporti con le capacità umane, con l'agire dell'uomo. Tra i vari aspetti di questa problematica, ci limitiamo a chiederci se Dio è raggiunto dalla sola fede o se sono necessarie le opere dell'uomo. Se questi cioè è autosufficiente nei riguardi della salvezza o si trova in una radicale incapacità a raggiungerla. Procediamo in due momenti. Innanzitutto vediamo come la Bibbia colleghi alla fede la conoscenza e l'acquisizione della salvezza totale quale autorealizzazione terrena dell'uomo e unione piena con Dio; poi vedremo come il momento salvifico iniziale o giustificazione sia impossibile senza la fiducia e l'obbedienza al Signore: da ciò scaturirà il senso delle opere dell'uomo.

45 Fede e salvezza Il primo gesto salvifico è colto dalla fede nella creazione, «formata per una parola di Dio, di modo che da cose non visibili è derivato ciò che si vede» (Eb 11,3). Questa prima architettura (Gb 38,4-7) di Dio, «dal quale tutto proviene» (1Cor 8,6), svela la tenerezza divina e diventa il primo segno dell'opera redentrice di Cristo, «primogenito di tutta la creazione» (Col 1,15), compimento quale nuovo Adamo (1Cor 15,45) di quel tutto che è stato fatto attraverso lui (cf. Gv 1,3).

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47 Fede e salvezza La salvezza dell'ottavo giorno è vista nella scoperta di un Dio che provoca e accompagna il peregrinare di Abramo, vede la miseria del suo popolo in Egitto, lo trae fuori con mano forte e braccio disteso e lo conduce in un paese dove scorre latte e miele: la fede fa emergere cioè la fedeltà divina nell'eleggere, liberare e stabilire nella terra il suo popolo, nel conservare la dinastia, il tempio e i profeti. Permette poi ai poveri di Jhwh, dalle confessioni di Geremia alla contestazione di Giobbe ai salmi degli ‘anawim’, di scoprire nel fallimento un doloroso mezzo di salvezza, attraverso il grido d'invocazione a Dio che riempie il vuoto più assoluto. «Buona cosa è attendere, e in silenzio, la salvezza del Signore... Forse vi è ancora speranza» (Lam 3,26.29).

48 Bronzino Passaggio del Mar Rosso National Gallery - Londra

49 Fede e salvezza Solo in presenza della fede Gesù opera miracoli: «Non poté compiere molti prodigi a causa della loro incredulità» (Mt 13,58); «"Credete che possa fare ciò?". Gli risposero: "Sì, Signore". Allora toccò loro gli occhi e disse: "Avvenga a voi secondo la vostra fede"» (Mt 9,28- 29). La fede ottiene anche quella guarigione spirituale che è la remissione dei peccati: «Vedendo la loro fede, Gesù disse al paralitico: "Coraggio, figliolo, sono rimessi i tuoi peccati"» (Mt 9,2); ne beneficiano i samaritani (Lc 17,16), i cananei (Mc 7,26), i pagani. La potenza che esce da Gesù ha una sola causa: «La tua fede ti ha salvata» (Mc 5,34; 10,52). Credere infatti alla parola di Gesù è partecipare alla potenza che proviene dal Padre e quindi ricevere una salvezza totale che raggiunge il corpo, l'anima, la natura.

50 Guarigione del paralitico di Cafarnao Ravenna – Sant’Apollinare Nuovo

51 Fede e salvezza È Paolo che presenta dalla prima all'ultima lettera la fede quale condizione indispensabile per la salvezza: «Dio vi ha scelti fin da principio per la salvezza nella santificazione dello Spirito e nella fede della verità» (2Ts 2,13). Fin da ora la salvezza comporta la graduale liberazione dei nostri corpi dalla schiavitù della corruzione (cf. Rm 8,20) mediante la fede nella risurrezione di Cristo. «Se crederai nel tuo cuore che Dio ha risuscitato Gesù da morte sarai salvato. Col cuore infatti si crede per ottenere la giustificazione, con la bocca si fa la professione per ottenere la salvezza» (Rm 10,9-10). «Siete stati anche risuscitati in virtù della fede nella potenza di Dio» (Col 2,12). È una potenza che la fede attinge dalla 'parola', realtà inseparabile dallo Spirito (Rm 1,16; 8,11).

52 La giustificazione e le opere È particolarmente nel momento iniziale che l'uomo è salvato dalla fede. «Pensiamo che l'uomo viene giustificato per mezzo della fede senza le opere della legge» (Rm 3,28). L'esclusione non riguarda soltanto l'operare in conformità alla legge mosaica intesa come insieme di norme giuridiche, rituali, etiche, ma qualsiasi azione o desiderio dell'uomo. Pur mancando materialmente l'aggettivo, il pensiero di Paolo si può tradurre come giustificazione per la sola fede, come più chiaramente si trova in Galati: «Sapendo che non è giustificato alcun uomo per le opere della legge, ma solo in forza della fede in Gesù Cristo, credemmo anche noi in Gesù Cristo, appunto per essere giustificati per la fede di Cristo e non per le opere della legge, poiché per le opere della legge non sarà giustificato nessun mortale» (Gal 2,16).

53 La giustificazione e le opere La giustificazione causata dalla fede consiste in una vera trasformazione interiore dell'uomo, che crea un dinamismo nuovo, una spinta a «camminare in maniera degna di Dio» (1Ts 2,12), ad esercitare l'amore fraterno, a conservare la santità del corpo (1Ts 2,14; 4,1-12; cf. 5,23). Accanto alla fede Paolo nomina spesso la carità e la speranza (1Ts 1,3; 5,8) e usa formule che uniscono fede e azione, come quando parla di «opera della vostra fede» (1Ts 1,3) o di «fede che opera mediante la carità» (Gal 5,6). La `sola fede’, non certo contraria alle opere, le esige per essere ritrovati irreprensibili al giorno del giudizio (1Ts 5,23; cf. Mt 25,34ss). La costante sottolineatura del valore e dell'esigenza della prassi avvicina Paolo a Giacomo (cf. Gc 1,22 e Rm 2,13).

54 La giustificazione e le opere L'accordo sostanziale va ricercato nella diversa prospettiva dei due scrittori. Se Paolo, trattando sistematicamente della giustificazione, ha ragione di attribuirla alla fede, Giacomo, partendo da una tradizione sapienziale sensibile all'esaltazione dell'azione dell'uomo, da una cristologia al servizio dell'etica, in presenza forse di certe deviazioni già rigettate da Paolo (Rm 3,8), si preoccupa giustamente di evitare l'immobilismo e l'inattività. Anche se persiste una qualche difficoltà, il fatto che Giacomo per 'giustificazione' intenda non il primo momento della salvezza, ma il secondo, quello della testimonianza vissuta, l'accordo sul valore della parola e il vasto campo della `diversità’ espressiva della fede permettono di concludere che non siamo nella `contrarietà’, anche se in `contrapposizione’, in `lotta’.

55 Dono e ricerca Da tutto ciò risulta che la fede è puro dono di Dio, è grazia. Se Dio non si apre all'uomo attirandolo a sé, credere rimane impossibile. Solo se Dio «apre il cuore» (At 16,14) l'uomo diventa capace di «vincere il mondo» (1 Gv 5,4): la fede è infatti opera di Dio (Gv 6,29), non proviene da «carne e sangue» (Mt 16,17). «Siete salvi per grazia... ciò non proviene da voi, ma è dono di Dio» (Ef 2,8). Se riducessimo la fede a un'opera umana, introdurremmo di nuovo quel `gloriarsi’ che pone un diaframma tra Dio e l'uomo: solo il riconoscimento della fede quale dono di Dio permette all'uomo di affermare la propria radicale incapacità alla salvezza.

56 Dono e ricerca È necessario però che l’uomo si ponga in atteggiamento di ricerca. Anche se nell'AT soggetto del ricercare è Dio e nel NT non si parla di una ricerca della fede (cf. At 13,8), Gesù assicura l'uomo che troverà quanto desidera (Mt 7,7-8), come Zaccheo che riuscì a vederlo (Lc 19,3), essendo stabilito che gli uomini «cerchino Dio e come a tastoni si sforzino di trovarlo» (At 17,27), per cercare la giustificazione in Cristo (Gal 2,17). La ricerca umana veramente è già una risposta a una precedente azione di Dio che la purifica, la indirizza verso l'ascolto della parola, la conversione, l'accoglienza della fede. La ricerca dell'uomo allora si concretizza nel lasciarsi ricercare da Dio.


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