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La vita come malattia, la letteratura come terapia

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Presentazione sul tema: "La vita come malattia, la letteratura come terapia"— Transcript della presentazione:

1 La vita come malattia, la letteratura come terapia
Italo Svevo La vita come malattia, la letteratura come terapia «Fuori della penna non c'è salvezza.» (Racconti, saggi e pagine sparse) Italo Svevo

2 «La malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione.»
Italo Svevo «La malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione.» (La coscienza di Zeno) Nasce a Trieste il 19 dicembre • Emilio Treves ( ) EDITORE • Pietro Marussig ( ) PITTORE • Umberto Saba ( ) POETA • Scipio Slataper ( ) SCRITTORE • Edoardo Weiss ( ) PSICANALISTA Inizia gli studi in Baviera Torna a Trieste Collabora con «L’indipendente»; è assunto in banca Avvia la stesura di Una vita Pubblicazione senza successo Si sposa con rito civile (un anno dopo con rito religioso) Senilità esce a puntate su rivista Raccolto subito in volume senza successo Lascia l’impiego in banca e lavora nella ditta del suocero Incontra James Joyce ( )

3 Italo Svevo Italo Svevo James Joyce Sigmund Freud Eugenio Montale
Desta l’attenzione di Viene a conoscenza di Freud e della psicoanalisi Trascorre gli anni di guerra a Trieste Inizia la stesura di La coscienza di Zeno Pubblicazione La rivista parigina «Le Navire d’argent» gli dedica un fascicolo Nuova edizione di Senilità; conferenza su Joyce a Milano Inizia Le confessioni di un vegliardo; muore in seguito a un incidente d’auto

4 Tema dell’inettitudine
Italo Svevo Non rinuncia all’ironia neppure in punto di morte. Secondo il racconto della moglie, chiede al nipote medico una sigaretta. Sentendosela rifiutare, ribatte: «Questa sarebbe davvero l’ultima sigaretta!». Il vizio del fumo è una chiave interpretativa efficacissima, perché sta a indicare: • La nevrosi dell’uomo moderno • La malattia come scelta deliberata • L’odio dell’uomo verso se stesso • Il bisogno di un obiettivo da perseguire • Il bisogno di un obiettivo cui trasgredire • La nocività della vita moderna Tema dell’inettitudine Alfonso Nitti (Una vita), Emilio Brentani (Senilità)

5 Tradizionale romanzo borghese
Italo Svevo Una vita (1892) Alfonso Nitti: intellettuale fallito di 35 anni; lavora come corrispondente di banca. Annetta Maller: giovane piena di velleità, anche letterarie. Maller: padre di Annetta, banchiere; rappresenta la borghesia appagata. Macario: antitesi di Alfonso, giovane sicuro di sé e determinato. Tradizionale romanzo borghese • Narrazione in terza persona • Rappresentazione naturalistica • Intreccio sentimentale • Ambientazione borghese • Suicidio finale Identificazione narratore-personaggio Tendenza allo psicologismo Sentimentalismo ironico Satira sociale Rovesciamento del gesto eroico

6 Pubblicazione a puntate su «L’indipendente»
Italo Svevo Senilità (1898) 1892 Inizio stesura col titolo: Il carnevale di Emilio 1897 Dopo il matrimonio, il romanzo è concluso 1898 Pubblicazione a puntate su «L’indipendente» Stefano Balli Amelia Emilio Brentani Angiolina Trentacinquenne con velleità letterarie, inerte, debole, perso in continui auto-inganni La «donna del popolo» amata da Emilio; vitale, sensuale, libera, l’oggetto del desiderio Amico del protagonista, suo alter ego: volitivo, solido, efficiente, il borghese di successo Sorella del protagonista, condannata all’inerzia sentimentale e dedita alla vita domestica

7 Italo Svevo I primi due romanzi di Svevo presentano significativi elementi di affinità Annetta Angiolina Alfonso Nitti Amalia Stefano Balli Macario Alfonso Nitti Emilio Brentani Alfonso Nitti Emilio Brentani Impossibile oggetto del desiderio Ma almeno Emilio trova conforto nella manomissione della memoria Alter ego positivo allinettitudine del protagonista Inetti persi fra sentimenti e velleità intellettuali Suicidio come atto antieroico

8 Senilità termina con un accenno alla “scoperta” dell’inconscio
Italo Svevo «Anni dopo egli s’incantò ad ammirare quel periodo della sua vita, il più importante, il più luminoso. Ne visse come un vecchio del ricordo della gioventù. Nella sua mente di letterato ozioso, Angiolina subì una metamorfosi strana. Conservò inalterata la sua bellezza, ma acquistò anche tutte le qualità d’Amalia che morì in lei una seconda volta. Divenne triste, sconsolantemente inerte, ed ebbe l’occhio limpido ed intellettuale. Egli la vide dinanzi a sé come su un altare, la personificazione del pensiero e del dolore e l’amò sempre, se amore è ammirazione e desiderio. Ella rappresentava tutto quello di nobile ch’egli in quel periodo avesse pensato od osservato. Quella figura divenne persino un simbolo.» (Senilità, finale) Senilità termina con un accenno alla “scoperta” dell’inconscio L’inconscio distorce i ricordi di Emilio consolandolo dei suoi fallimenti

9 La vita come malattia, la letteratura come terapia
Italo Svevo La coscienza di Zeno «La malattia, è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione.» (La coscienza di Zeno) La vita come malattia, la letteratura come terapia Lo psicologo che pubblica Zeno che racconta La vita di Zeno Confusione dei punti di vista

10 La coscienza di Zeno (1923) Italo Svevo 1925
Montale pubblica su «L’esame» un Omaggio a Italo Svevo 1919 Inizia la stesura 1922 Dopo varie interruzioni, il romanzo è concluso 1923 Svevo pubblica il romanzo a proprie spese 1926 Esce un saggio francese su «Le Navire d’argent» • uso della terza persona • narratore onnisciente • impianto tradizionale • stile naturalistico-realista • uso della prima persona • narratore inattendibile • impianto innovativo: continui slittamenti di tempo • salta l’equazione realtà-rappresentazione

11 Inettitudine / successo
Italo Svevo Indice 1. Prefazione 2. Preambolo 3. Il fumo 4. La morte di mio padre 5. La storia del mio matrimonio 6. La moglie e l’amante 7. Storia di un’associazione commerciale 8. Psico-analisi • Narrazione episodica della vita di Zeno • Scelta di temi “forti” il vizio / la nevrosi amore / sesso complesso edipico Inettitudine / successo • Ironia e cinismo • Inattendibilità del narratore • La scrittura, unica salvezza • Zeno come specchio dell’umanità

12 «Qualunque sforzo di darci la salute è vano
«Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. Allorché la rondinella comprese che per essa non c'era altra possibile vita fuori dell'emigrazione, essa ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo. La talpa s'interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. Il cavallo s'ingrandì e trasformò il suo piede. Di alcuni animali non sappiamo il progresso, ma ci sarà stato e non avrà mai leso la loro salute. Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l'ordigno non ha più alcuna relazione con l'arto. Ed è l'ordigno che crea la malattia con l'abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati. Forse traverso18 una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.» (La coscienza di Zeno, finale) Italo Svevo


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