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Gli esclusi Freedom Writers Riferimenti a Agosti A., 2013, Pratiche didattiche sullo schermo. Per un pensare riflessivo sull’insegnamento, FrancoAngeli,

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1 Gli esclusi Freedom Writers Riferimenti a Agosti A., 2013, Pratiche didattiche sullo schermo. Per un pensare riflessivo sull’insegnamento, FrancoAngeli, Milano

2 Gli esclusi (1963)

3 presentazione Il montaggio del film fu ultimato, d’autorità, dal produttore del film, Stanley Kramer, per divergenze di vedute, e non dal regista, John Cassavetes, che lo aveva girato e che non lo riconobbe; in una intervista Cassavetes dice: «per quattro mesi ho lavorato su questo film con Stanley Kramer come produttore; poi Kramer mi ha fatto sostituire e ha rimontato il film come gli piaceva. Non trovo che il suo film – è cosi che considero gli Esclusi, un suo film- sia tanto brutto, ma solo più sentimentale del mio. La filosofia del suo film è che i ritardati siano emarginati e soli, e quindi dovrebbero vivere in istituti appositi insieme ad altri come loro. Il mio film invece sosteneva che i bambini ritardati potrebbero vivere ovunque, sempre, e che il problema è che noi siamo una massa di idioti, che il problema è più nostro che loro»

4 In italiano Gli esclusi, invece il titolo originale in inglese è A Child is Waiting: il protagonista in perenne attesa; il titolo italiano punta a una problematizzazione sociale dei soggetti come quelli del film; A davanti a Child universalizza la figura di Reuben, dandole il significato di portavoce di bambini in situazioni analoghe (di abbandono e di attesa) presentazione

5 La storia termina con la consapevolezza dell’assistente Jean Hansen di aver acquisito un profilo e un ruolo nell’istituto attraverso la padronanza di strumenti che possano permetterle di svolgere un proficuo lavoro educativo (Reuben parla ed è aiutato dagli altri bambini in una recita; inoltre il dottor Clark la invita ad accogliere un nuovo arrivato [1.29]). presentazione

6 due visioni Esiste una contrapposizione fra i metodi rigorosi del dottor Clark per ottenere lo sviluppo delle capacità degli ospiti e l’atteggiamento troppo materno della Hansen che rischia di ostacolare il percorso verso un’autonomia (quella possibile) di Reuben. Da ribadire che entrambi partono da buone intenzioni, però divergono nei metodi: l’uno centrato sulla disciplina, sul rispetto delle regole (approccio comportamentale), mentre l’altro sull’affetto, sull’amore incondizionato, sul coinvolgimento a tutti i costi dei genitori [40m; 58m] (sembra un inconsapevole e puerile approccio sistemico-relazionale (?!) tuttavia senza consapevolezza da parte della Hansen!! Anzi, il suo tentativo di coinvolgere la mamma di Reuben si rivelerà disastroso [59]).

7 Dottor Clark Il film fa dire al dottor Clark che le regole sono importanti per salvaguardare la dignità dei bambini, per non farli sentire diversi, ma integrati nel gruppo; tutto sembra voler dire che l’istituto è l’unico luogo in cui gli ospiti si possono sentire normali, o almeno non diversi, e quindi se uno di loro usufruisce di un trattamento di favore, questa serenità tende a svanire: in questo luogo una preferenza tende a distinguere, isola il soggetto [52], e tende a differenziare due volte (rispetto all’esterno e, all’interno, fra gli ospiti);

8 ass. Hansen Il film racconta che tutta l’azione dell’assistente Hansen è improntata a una pedagogia basata sul buon senso, senza una linea di condotta; ciò che la Hansen sa mettere in campo è l’affetto, l’amore verso Reuben; ma il suo operato rischia di rendere non autonomo il bambino che si affida al suo affetto per agire; tende a un rapporto diadico che lo isola dagli altri e non lo rende autonomo;

9 I compagni lamentano che si comporti in modo diverso dagli altri; solo in occasione dello spettacolo del Giorno del Ringraziamento, dopo che la Hansen ha assunto un diverso atteggiamento verso Reuben, un atteggiamento uguale a quello che ha con gli altri, i bambini sono disponibili ad aiutarlo e lui ad ascoltarli; solo dopo aver accettato le regole riesce a vivere nell’ambiente e impara a svolgere i suoi compiti; ass. Hansen

10 Probabilmente ciò che muove la Hansen è la paura di un suo ulteriore fallimento, così è spinta, quasi per necessità, a comportarsi attraverso l’unico approccio che conosce, quello degli affetti. Da un lato il suo tentativo sembra che le sia necessario per evitare un ulteriore fallimento personale, dall’altro è improntato a una pedagogia domestica. ass. Hansen

11 Parallelamente la Hansen è mossa da un senso di onnipotenza: è convinta che il suo (non) metodo possa servire a Reuben e che sia l’unico possibile; Mentre Clark le ricorda che le buone intenzioni non bastano per ottenere dei risultati positivi e sicuramente non bastano a creare una solida ed efficace professionalità; ass. Hansen

12 Un enorme errore è compiuto dalla Hansen quando con un sotterfugio convoca la madre di Reuben in istituto [58m]; alla fine del colloquio la madre se ne va, ma è vista dal bambino; lei però sale in macchina e fugge via; il bambino prova ancora una volta il dolore dell’abbandono, dopo quello vissuto con il padre che fuggì via dopo averlo accompagnato presso l’istituto. ass. Hansen

13 Ma commette un altro errore, che è lo stesso degli spettatori prima di assistere alla scena del colloquio della mamma con la Hansen prima che vada via; in questa scena la madre, in modo drammatico ma convincente, spiega che ha abbandonato il figlio per amore, per non farlo trovare, una volta morta lei, a dover entrare in un istituto ad età avanzata con relativa impossibilità di adattarsi ; La Hansen commette l’errore di giudicare il comportamento della mamma che non andava mai a trovare Reuben; ass. Hansen

14 Probabilmente allo stesso modi gli spettatori giudicano la mamma: viene accusata di aver abbandonato il figlio per egoismo, quando invece lo ha fatto per disperazione e con un grosso atto di amore. Spesso si giudicano gli altri con i propri schemi, le proprie esperienze e valori e si decide cosa sia meglio per loro ass. Hansen

15 Approccio didattico Dal punto di vista didattico si attua un insegnamento trasmissivo, finalizzato all’apprendimento di abilità e conoscenze di base; durante le lezioni la disposizione degli allievi è frontale (gli insegnanti sono sempre alla cattedra o alla lavagna); Durante le attività manuali i bambini sono liberi di lavorare soli, però isolatamente, ciascuno nel suo banco e le maestre si muovono fra loro

16 Il dottor Clark è tenace, interroga con rigore ma non con autoritarismo; gratifica e dà fiducia; Nel dottor Clark c’è la convinzione che con piccoli passi, accumulando piccole conquiste conoscitive, si può determinare il progressivo potenziamento delle capacità

17 concetti chiave del comportamentismo: – condizionamento classico: un cane saliva sentendo uno scampanellio se, in precedenza, a quello scampanellio è seguito il cibo (Pavlov) – la legge dell’effetto: l’azione che è seguita da effetti positivi viene ripetuta, quella che è seguita da effetti negativi viene abbandonata (Thorndike) – condizionamento operante: il ratto impara a tirare una leva se ne ricava qualcosa da mangiare (Skinner) comportamentismo

18 La teoria del rinforzo è costante ed è ribadita anche dalla scelta di far lavorare i bambini con le teaching machines (di Skinner): – in una scena si osserva un bambino che opera con una di queste (il bambino è inquadrato di spalle ed è solo nella stanza, a rimarcare l’isolamento) e il dottor Clark ne osserva le azioni (18.30s)

19 punizioni E’ opportuno punire un bambino quando non vuole eseguire un compito? Il dottor Clark punisce Reuben perché non vuole fare un disegno La volontà di Clark non è dettata da improvvisazione e tantomeno da sadismo; vuole sfidare Reuben per farlo reagire positivamente, per fargli accettare le cure che l’istituto è in grado di offrirgli; La scelta di punire a volte può essere necessaria, non è un segno di sciatteria educativa, di incuria o di crudeltà (sfuggita) ma un gesto teso verso a una responsabilizzazione: Reuben sa che se accetta il patto verrà riammesso [15m; 53m].

20 Freedom Writers (2007)

21 Avvenimenti occorsi a una classe e alla sua insegnante nell’a.s. 1992; Erin Gruwell è una docente di lettere al primo incarico in una classe con elementi problematici; La scuola fa parte di un programma di integrazione che ha prodotto la perdita del 75% di studenti più validi in due anni (lo afferma il capo dipartimento dell’istituto)

22 Nella classe ci sono diversi gruppi etnici: latinoamericani, cambogiani, afroamericani, cinesi e un solo studente di pelle bianca Tale presenza multietnica genera dei territori divisi in classe nei quali gli studenti si raggruppano per etnia, riflettendo la loro presenza nel territorio della città; La scuola si conferma come perpetuazione dell’assetto sociale, invece di rappresentare opportuna di crescita e di superamento di barriere (tutto ciò all’inizio della storia)

23 La scuola è vista come parcheggio in attesa che gli studenti ne escano per le classi superiori o che rinuncino autonomamente e, nel frattempo, l’unica preoccupazione è quella di evitare che si verifichino incidenti; I ragazzi percepiscono tale situazione e stentano a capire che la docente (Erin) prende a cuore le loro situazioni e che è interessata ai loro vissuti

24 Il film presenta come la docente, anche compromettendo la sua vita familiare (si separerà dal marito), si guadagnerà il rispetto e la considerazione degli studenti: trovano in lei qualcuno disposto ad ascoltare le loro voci e storie; Mette in atto pratiche didattiche opportune e propone ai ragazzi di scrivere quaderni-diario che gli studenti accettano e riempiono con gli spaccati della loro vita; Questo dispositivo narrativo cementa il rapporto e permette alla classe di divenire e schierarsi come tale

25 Erin inizia il suo percorso con un incontro con il capo dipartimento che la mette in guardia e dichiara lo sguardo della scuola sugli studenti ed Erin dichiara i suoi intenti diametralmente opposti [3.50m] Anche un collega esprime lo stato d’animo dei docenti di quella scuola: in un primo colloquio [11.10m] e anche in seguito [35.50m] Dopo un inizio poco promettente, una prima svolta si ha quando la docente propone un brano di un rapper di successo che gli studenti mostrano di conoscere e sembrano voler dire che non cadono all’amo; lei reagisce e, “finalmente” per gli studenti, mostra il suo vero volto; gli studenti l’hanno smascherata; fin da subito non credevano e non volevano accettare un docente che cercava di dimostrare che fosse a suo agio e con il sorriso sulla bocca; Erano abituati a vedere docenti demotivati, forse “avversari”, e pensano che anche Erin sia così, solo che cerca di reprimersi;

26 Un’altra svolta [27m-34m] si ha quando la docente, in risposta a un foglietto con la caricatura di un ragazzo afroamericano con le labbra ingigantite disegnato da uno studente e fatto girare fra i banchi, sfida gli studenti sul loro terreno dicendo che esisteva una banda molto più potente delle loro che, nel passato, facendo anche girare immagini simili (con ebrei con il naso grande e anche con africani con labbra grandi) per istigare al diverso, aveva prodotto un sterminio quasi totale di una razza; introduce, prendendo la palla al balzo, il tema dell’olocausto come esplicitazione al massimo livello di avversione razziale; Nella discussione che espliciterà, in seguito, il tema dell’olocausto, è anche occasione per ribadire, da parte dei ragazzi, che non si fidano di lei, che deve smetterla di fare finta di essere una persona che capisce le loro situazioni

27 Si apre una discussione, dura, ma vera che scuote gli studenti; Erin veste anche il ruolo di persona che ragione/discute con loro; Erin: “quando sei morto guadagni rispetto forse?” Uno studente: “Si” Erin: “sai quando muori che cosa succede? che marcisci sotto terra …..” ………….. Alla fine un ragazzo chiede cosa sia l’olocausto e si scopre che nessuno ne conosce il significato

28 Da qui in poi inizia tutto il percorso che avvicinerà la docente ai ragazzi La docente sa sfruttare in modo appropriato un fatto spiacevole (la caricatura) per proporre un itinerario di studio e approfondimento che porterà i ragazzi alla scoperta dell’olocausto e alla costruzione di cosa ciò significa; Invece di raccontare e trasmettere, si può interagire per costruire; Ciò è una prerogativa non solo di un docente, ma anche di un educatore (non che un docente non sia un educatore) durante la sua attività, ad esempio, in una comunità per minori;

29 Una didattica dell’inaspettato/una educazione dell’inaspettato; Ricordiamo che “nella quotidianità, l’educatore non fornisce soluzioni, ma aiuta a trovarle; il nascere di un problema, rappresenta l’occasione per discuterne: non occorre dare risposte che risolvano e che veicolano la regola sottesa e la impongono; occorre argomentare fino a giungere a quella regola, però attraverso una sua costruzione” (lucidi su “comunità per minori”);

30 “Ogni formatore che proceda in modo non dogmatico sa quanto sia importante aspettarsi qualcosa di inaspettato. L’imprevisto non è un ostacolo, un incidente, un elemento di disturbo o il frutto di un errore come potrebbe essere giudicato da una logica rigidamente programmatoria. […]. Quando […] la situazione si presenta con elementi inaspettati, l’applicazione degli schemi pre-formulati è inadeguata e va messa da parte […]; si dovrà allora far riferimento alle conoscenze e all’esperienza, ma soprattutto alla creatività o artisticità per inventare una nuova contromossa” (A. Agosti, Pratiche didattiche sullo schermo, pp. 52-52)

31 Erin riesce a cogliere l’opportunità della curiosità sul tema dell’olocausto per condurre i ragazzi verso nuovi significati e valori

32 Durante le discussioni, non c’è nel comportamento di Erin la rivendicazione del ruolo del docente; sicuramente lei giudica e non approva i modi degli studenti; spesso è ferita e rimane in silenzio, però non si preoccupa della difesa del ruolo come succede, invece, nel film La scuola, sia da parte del docente protagonista che dei suoi colleghi.

33 Un altro momento [39m] significativo per cercare di far superare agli studenti i loro steccati, che portano anche in aula, si ha quando Erin fa giocare al gioco della linea. Gli studenti debbono avvicinarsi alla linea e rimanerci in base alle domande del docente. Su temi che li toccano da vicino e che ruotano su significati che li coinvolgono emotivamente, essi si ritrovano faccia a faccia e soffrono allo stesso modo al di là di appartenenze a etnie e gang diverse; Gli studenti si guardano molto e in quei momenti perdono la maschera e diventano veri

34 Erin propone quindi di scrivere dei diari personali [43.30] che, se loro lo permetteranno, potranno essere letti dalla docente; La scrittura come rielaborazione di se stessi e mezzo per farsi, eventualmente, conoscere dalla docente La scrittura ricorre molto nel film: gli studenti scriveranno a Miep Gies, che poi inviteranno nella loro scuola, che è una delle persone che hanno nascosto Anna Frank Scriveranno ancora per pubblicare in un libro i loro diari Notare anche qui la diversità della gestione dei diari da parte di Erin e da parte del docente di La classe

35 Dopo il secondo anno Erin dovrà abbandonare la classe, come previsto dal regolamento scolastico; Si apre un dibattito, in sedi istituzionali, fra Erin e il capo dipartimento dell’istituto [1.42.15m e 1.49m] (in un colloquio emerge in tutta la sua maestosità la grettezza di un collega della docente che dice, rivolgendosi alla Erin: “e sta anche per divorziare”), condotto spesso, da parte di quest’ultima, sulla linea di un livore personale

36 Dall’ultimo colloquio si può tratte spunto sulla ripetibilità o meno di pratiche educative/didattiche, quando il capo dipartimento dice sarcasticamente “ I suoi metodi sono impraticabili, impossibile da applicare con regolarità. Che succederebbe se tutti insegnassero in questo modo? Abbiamo milioni di ragazzi che ogni anno entrano nel sistema di istruzione di questo paese, e abbiamo bisogno di garantire al maggior numero di studenti di beneficiarne, non solo a casi speciali. E lei crede di poter creare questa famiglia ad ogni corso, ogni anno? Con ogni studente che avrà?” e Erin risponde “non lo so ”.

37 Una pratica educativa che si è dimostrata efficace, può essere ripetuta in altre situazioni con educandi diversi? Esistono buone pratiche confezionate e pronte da riutilizzare? Possono discendere da queste delle strategie universali? Possono sicuramente servire come canovaccio iniziale, avendo studiato e compreso bene la situazione educativa che si sta affrontando, ma poi durante l’itinerario si dovrà essere pronti nel sentire gli accadimenti e piegare, modificare, ristrutturare l’azione intrapresa. L’agire educativo è complesso, non (solo) complicato!

38 Quello della Erin può essere considerato un approccio affine a quello sistemico- relazionale?


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