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I parte. Intenzionalità e formazione Lo studio dei processi di formazione umana non è di per sé peculiare esclusivamente della disciplina pedagogica.

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Presentazione sul tema: "I parte. Intenzionalità e formazione Lo studio dei processi di formazione umana non è di per sé peculiare esclusivamente della disciplina pedagogica."— Transcript della presentazione:

1 I parte

2 Intenzionalità e formazione Lo studio dei processi di formazione umana non è di per sé peculiare esclusivamente della disciplina pedagogica.

3 -la pedagogia “si rivolge a indicare azioni da compiere in vista della realizzazione di scopi e valori” - la specificità dell’azione educativa, sussiste necessariamente nell’intenzione che la muove

4 tre momenti di analisi teorica: studio dell’intenzionalità in chiave educativa, segnato da una tradizione filosofico/educativa che si è aperta solo di recente a nuove prospettive di indagine; studio dell’intenzionalità in chiave neurofenomenologica; suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità.

5 1. Lo studio dell’intenzionalità in chiave educativa il nesso tra educazione ed intenzionalità, tra l’azione educativa e la “motivazione più profonda” di tale azione, “quella che ne sostiene la capacità di significato”, è stato considerato quasi sempre privo di contropartita osservativa e si è aperto in pedagogia ad approcci di natura eminentemente filosofico/teorica.

6 1. Lo studio dell’intenzionalità in chiave educativa Solo a partire dagli anni ’70 si comincia ad intravedere la possibilità di una feconda integrazione tra la riflessione sulle “costanti biologiche” e la riflessione più marcatamente speculativa Su questa scia si collocano gli studi biopedagogici sui processi apprenditivi elaborati prevalentemente in Italia ed in Francia

7 Un collegamento immediato del discorso educativo a quello neuroscientifico, se può avere sostegno qualora ci si ponga obiettivi di natura didattica, strettamente connessi alla gestione delle dinamiche di istruzione, non appare praticabile nell’ambito del discorso pedagogico, allorché ci troviamo di fronte ad un oggetto di ricerca i cui aspetti rilevanti sono molteplici, complessi e mutevoli perché storicamente e culturalmente determinati: il pensiero circa l’azione educativa, in quanto intenzionalmente orientato, “ha bisogno di essere demarcato e «recintato», allo scopo di mettere a fuoco ciò che ne costituisce le componenti essenziali, di base. Abbiamo cioè bisogno della filosofia soprattutto per analizzare il sub-strato dell’educazione.” (Demetrio)

8 Il percorso di ricerca che affronta la deriva delle scienze bio-cognitive si mostra infatti impervio dal punto di vista dello studio dell’intenzionalità in generale, e dunque anche dell’intenzionalità in chiave educativa, dal momento che queste scienze, per quanto riguarda la natura della coscienza e dell’intenzionalità, si trovano sprovviste di una risposta univoca e sempre convincente.

9 Lo studio della coscienza costituisce un “hard problem” in primis metodologico, in quanto in esso gli eventi cognitivi osservati si associano e si intrecciano con elementi esperienziali dell’osservatore, e molto spesso lo studio di questo intreccio viene addirittura tralasciato riducendo la coscienza ai soli dati osservati: “In realtà il problema più difficile (the hard problem) della coscienza è il problema dell’esperienza. Quando noi pensiamo o percepiamo c’è un’enorme attività di elaborazione dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Si prova qualcosa a essere un organismo cosciente. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza” (Chalmers)

10 Gli studi neuroscientifici intendono la coscienza per lo più in termini di «consapevolezza», «attenzione», «immagine mentale della realtà» (representation), esplicitabile e condivisibile, piuttosto che in termini di «intenzione», «motivazione profonda» non totalmente comunicabile. Quanto a quest’ultima accezione dell’intenzionalità e della coscienza, essa è spesso ritenuta dalle scienze cognitive priva di contropartita osservativa, e, pertanto, suscettibile di uno studio teorico/speculativo piuttosto che empirico/sperimentale.

11 Giovanni Piana “sarebbe del tutto inesatto contrapporre il soggetto riflessivo al soggetto percettivo presentando il primo come soggetto astratto e il secondo come soggetto concreto. […] bisogna rifiutare una contrapposizione ingenua tra astratto e concreto e sapere invece cogliere i diversi piani delle nostre astrazioni tematiche e definire con precisione il loro senso.

12 1. Lo studio dell’intenzionalità in chiave educativa Solo di recente si è esplorata la possibilità che, anche nello studio dell’intenzionalità, una integrazione tra l’approccio oggettivante delle scienze cognitive con il punto di vista dell’ “esperienza soggettiva vissuta” in senso fenomenologico possa costituire nuovi e fecondi percorsi d’indagine pedagogica.

13 2. Lo studio dell’intenzionalità in chiave neurofenomenologica La nuova chiave di ricerca è stata suggerita dalla rilettura di alcuni autori che, come l’Husserl delle Meditazioni Cartesiane o Merleau Ponty di Fenomenologia della percezione, sostengono la possibilità di allargare gli studi sull’intenzionalità, radicata nella corporeità, attraverso contributi maturati nell’ambito delle discipline che studiano i processi cognitivi

14 2. Lo studio dell’intenzionalità in chiave neurofenomenologica In un rapporto di scambio aperto e reciproco la fenomenologia può quindi offrire alle scienze cognitive un “procedimento di esplorazione dell’esperienza”, laddove queste ultime potrebbero confermare o rivedere alcune intuizioni relative alla coscienza “fenomenica”, in particolare al suo essere - secondo le definizioni che, pur con sfumature diverse, ne hanno dato Husserl e Merleau Ponty – costitutiva (costruttiva), anonima (implicita) ed intersoggettiva.

15 costitutiva/costruttiva “la percezione è appunto quell’atto che in un sol tratto crea, con la costellazione dei dati, il senso che li collega – quell’atto che non si limita a scoprire il senso che essi hanno, ma fa sì che abbiano un senso.”; “L’oggetto percepito e il soggetto percipiente devono il loro spessore al sentire. Esso è il tessuto intenzionale che lo sforzo di conoscenza cercherà di scomporre” (Merleau Ponty)

16 Merleau Ponty “il corpo proprio è nel mondo come il cuore nell’organismo: mantiene continuamente in vita lo spettacolo visibile, lo anima e lo alimenta internamente, forma con esso un sistema” “in quanto ho un corpo e in quanto agisco nel mondo attraverso questo corpo, lo spazio e il tempo non sono per me una somma di punti giustapposti, né d’altra parte una infinità di relazioni di cui la mia coscienza effettuerebbe la sintesi e nella quale essa implicherebbe il mio corpo; io sono nello spazio e nel tempo, non penso lo spazio e il tempo: inerisco allo spazio e al tempo, il mio corpo si applica a essi e li abbraccia.”

17 Merleau Ponty l’ambiente “pone al mio corpo una specie di problema confuso. È necessario che io trovi l’atteggiamento che gli darà modo di determinarsi […]. E tuttavia io lo faccio solo dietro la sua sollecitazione.” Pertanto analisi empirica ed analisi trascendentale non si possono considerare come due tipi opposti di analisi, ma piuttosto come un’unica analisi “rivolta a rendere possibile la comprensione della totalità del fenomeno assoluto, ossia del vissuto concreto dell’autenticamente «umano».” (Masullo)

18 Anonima/implicita Masullo: “in ogni esperienza l’intenzionalità funge come progetto implicito e insieme come sguardo retrospettivo” Giovanni Piana – “quando diciamo che ogni atto soggettivo ha una struttura intenzionale, intendiamo comprendere anche gli atti che io compio «inavvertitamente», «senza rendermene conto», e così via.”

19 Merleau Ponty “In ciò che in ogni momento chiamo la mia ragione o le mie idee, troveremmo sempre, se potessimo svilupparne tutti i presupposti, esperienze che non sono state esplicitate, apporti massicci del passato e del presente, tutta una storia sedimentata che non concerne solamente la genesi del mio pensiero, ma ne determina il senso.”

20 Entropatia/intersoggettività Centrale nella fenomenologia husserliana è, inoltre, la nozione di entropatia (Einfühlung) che richiama la capacità di operare un “trasferimento” su un corpo organico estraneo ma riconosciuto come analogo al proprio la “localizzazione” dei propri atti psichici.

21 Su quest’aspetto in particolare si è focalizzata l’attenzione degli studi pedagogici ispirati alla fenomenologia affermando che “scopo del rapporto educativo è anche quello che l’educando stesso riesca a mettere in atto progressivamente un movimento di Einfühlung nei confronti dell’educatore, e più in generale nei confronti dell’altro da sé: ben sapendo peraltro che una tale prospettiva è possibile solo se l’educatore sarà stato in grado di «parlare il linguaggio dell’educando» e di partire dal suo stesso vissuto, ovvero se avrà saputo assumere, lui per primo, l’iniziativa.” Bertolini P.

22 La dimensione intersoggettiva, ad ogni modo, è strettamente connessa alla dimensione anonima come emerge ad esempio dall’analisi condotta da Merleau Ponty a proposito delle espressioni emozionali: “Orbene, di fatto la mimica della collera o quella dell’amore non è la medesima in un giapponese e in un occidentale. Per essere più precisi, la differenza delle mimiche nasconde una differenza delle emozioni stesse. Non solo il gesto è contingente rispetto all’organizzazione corporea, ma lo è pure il modo stesso di accogliere la situazione e di viverla. Il giapponese in collera sorride, l’occidentale arrossisce e batte il piede, oppure impallidisce e parla con voce stridente.

23 Non è sufficiente che due soggetti coscienti abbiano gli stessi organi e lo stesso sistema nervoso perché le medesime emozioni diano in entrambi i medesimi segni. Ciò che importa è il modo in cui essi fanno uso del loro corpo, è la strutturazione simultanea del loro corpo e del loro mondo nell’emozione.”. L’uso che l’uomo fa del proprio corpo non è, dunque, direttamente correlato al suo sistema biologico: “in lui tutto è fabbricato e tutto è naturale”

24 Scienze Cognitive Gli studi empirici condotti nell’ambito di questo filone delle scienze cognitive sembrano offrire alla riflessione bio-pedagogica un significativo contributo interpretativo, in quanto consentono di individuare nella particolare e dinamica conformazione del sistema biologico umano le radici del carattere costitutivo, anonimo ed intersoggettivo dell’intenzionalità, rintracciabili nei principi di enazione, emergenza e coevoluzione.

25 Enazione, emergenza, coevoluzione L’enazione indica che ogni azione umana (e ogni azione umana è esperienza intenzionale) si produce unicamente attraverso atti manipolatori senso-motori. il principio di emergenza introduce la possibilità di considerare ogni azione come caratterizzata dalla co-partecipazione tra diverse regioni del cervello il principio della coevoluzione, elaborato nell’ambito degli studi bio- cognitivi sull’evoluzione umana, consente di chiarire il ruolo della intersoggettività nei processi di formazione umana

26 Francisco Varela nel rifiuto della riduzione della coscienza a spiegazioni dimentiche della possibilità di una dialettica interno/esterno, a cui contrappone una lettura in termini di processo quale esito di un accoppiamento strutturale (o, per riprendere la terminologia husserliana, associazione accoppiante) tra l’organismo nella sua totalità (percezione, memoria, emozione) e l’ambiente- introduce a pieno titolo l’intenzionalità al centro della ricerca sui processi cognitivi.

27 Francisco Varela Il concetto di “input perturbante” supera la visione dell’apprendimento in termini meccanicistici aprendosi ad una interpretazione maggiormente problematica della relazione individuo-ambiente, secondo la quale l’ambiente, che pure innesca con forza le dinamiche di cambiamento, viene “metabolizzato attraverso un congegno certamente molto più intricato e complesso dell’operazione adattiva”

28 Merleau Ponty L’esterno, l’ambiente “pone al mio corpo una specie di problema confuso. È necessario che io trovi l’atteggiamento che gli darà modo di determinarsi […]. E tuttavia io lo faccio solo dietro la sua sollecitazione.”

29 Enazione/costruzione L’enazione indica che ogni azione umana (e ogni azione umana è esperienza intenzionale) si produce unicamente attraverso atti manipolatori senso-motori. Nell’approccio enattivo la percezione non è solo vincolata dall’ambiente circostante, ma contribuisce ad una sua effettiva attivazione, cosicché l’organismo al contempo “dà il via ed è formato dall’ambiente”.

30 L’esterno, l’ambiente, riveste sì una funzione perturbante che risiede all’origine dell’attivazione della percezione, ma dal momento che si realizza in situazioni locali e queste ultime mutano costantemente proprio in virtù del soggetto della percezione, è la struttura senso-motoria che determina come tale soggetto può agire e come può essere modulato da eventi ambientali.

31 Nella percezione visiva, ad esempio, ciò che il soggetto vede “dipende più dal modo in cui è fatto che da come è fatto il mondo”; “la percezione non è semplicemente compresa nel mondo circostante e da esso vincolata, ma contribuisce anche alla sua enazione/produzione”

32 Emergenza/implicito il principio di emergenza introduce la possibilità di considerare ogni azione come caratterizzata dalla co-partecipazione tra diverse regioni del cervello passaggio da una concezione del cervello come modulare, sia dal punto di vista topologico che funzionale, ad una che lo intende come operante attraverso l’azione simultanea di frammenti di moduli tra loro comunicanti per fenomeni di “risonanza”

33 il verificarsi di una risonanza tra sottoinsiemi cognitivi che agiscono simultaneamente, pur se deputati a funzioni specifiche differenziate, fa emergere “la configurazione cognitiva del soggetto in quel preciso momento”

34 l’emergenza, ovvero la configurazione cognitiva specifica, si manifesta come costruzione dipendente da una relazione tra l’organismo nella sua totalità e l’ambiente

35 Di conseguenza, la nozione tradizionale di un agente cognitivo, che raccoglie le informazioni e prende decisioni per le azioni successive viene sostituita dal concetto di configurazione transitoria che emerge “in un momento e scompare nel momento seguente, e questo per ogni frazione di secondo”.

36 Dire che l’azione è emergente equivale, dunque, a dire che si tratta di una struttura in continuo mutamento, risultato provvisorio di una codeterminazione di elementi neurali e soggetto cognitivo globale e proprio in quanto prodotto di un processo globale essa non ammette di essere scomposta analiticamente in elementi separati (memoria, emozione, ragione)

37 Da ciò deriva che la ragione non può essere più considerata il motore centrale della cognizione, mentre assume rilievo ogni aspetto preriflessivo, affettivo, non concettuale, prenoetico dell’esperienza umana. Tutti i fenomeni cognitivi sono, pertanto, anche fenomeni emozionali-affettivi.

38 Coevoluzione/intersoggettività Azione reattivaAzione edonistaAzione eduttiva non richiede l’utilizzo di particolari strategie cognitive e consente di adattarsi ad ambienti complessi esclusivamente per dei compiti molto semplici Azioni più sofisticate richiedono di elaborare l’azione a partire dalla propria esperienza, facendo riferimento ad un principio di piacere/dispiacere. In virtù di processi di autorinforzo, l’agente opera delle anticipazioni ed è in grado di costruire delle nuove strategie capacità di simulare mentalmente le azioni future a partire da modelli delle proprie dinamiche cognitive e simboliche funzionali alle strategie da mettere in atto


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