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Consumi e Comunicazione Familiare La socializzazione al consumo.

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Presentazione sul tema: "Consumi e Comunicazione Familiare La socializzazione al consumo."— Transcript della presentazione:

1 Consumi e Comunicazione Familiare La socializzazione al consumo

2 La costruzione dell’identità sociale  In un’ottica psico-sociale, il processo identitario in adolescenza avviene in un “contesto di sviluppo” che vede coinvolte diverse agenzie di socializzazione:  i rapporti con i pari,  gli interscambi nello spazio multimediale e nella scuola,  ma, soprattutto, le relazioni all’interno della famiglia che rivestono un ruolo di mediatori con il sociale e, dunque, orientano anche le relazioni con i pari e con i media.

3 La costruzione dell’identità sociale  La socializzazione è quel processo attraverso il quale gli adolescenti acquisiscono capacità, conoscenze e atteggiamenti rilevanti per il loro funzionamento come membri della società in cui vivono.  Da un punto di vista sociologico il processo di socializzazione consente il mantenimento delle tradizioni culturali di una società, cioè delle sue norme, dei suoi valori, delle sue credenze.

4 La Socializzazione al consumo  L’enorme quantità di oggetti di consumo e la precoce autonomia dei ragazzi negli acquisti, rendono i consumi un territorio primario per l’esercizio della nascente individualità adulta.  La socializzazione al consumo riunisce vari tipi di apprendimento che comportano l’acquisizione da parte di un adolescente delle conoscenze, preferenze e atteggiamenti necessari per adattarsi in maniera adeguata al ruolo di consumatore adulto.

5 La Socializzazione al Consumo  A guidare la socializzazione dei giovani concorrono sicuramente i canali tradizionali utilizzati dal marketing, ma anche la scuola e i mass media, i coetanei e la famiglia.  Per anni il mondo accademico ha praticamente ignorato la tematica della socializzazione al consumo e questo territorio è stato invece ampiamente occupato dai pubblicitari che hanno scorto in tale target un mercato molto proficuo.

6 La Socializzazione al consumo  La letteratura scientifica degli ultimi 20 anni, ha riconosciuto che il contesto e la comunicazione familiare, esercitano un impatto più forte dei media e della pubblicità sull’acquisizione delle capacità, delle conoscenze e degli atteggiamenti di consumo. (Peterson & Rollins 1987).

7 Ruolo della famiglia nelle condotte di consumo  La famiglia risulta il fattore più importante per quanto concerne gli aspetti “razionali” delle condotte di consumo.  Questi aspetti costituiscono un fattore facilitante dell’interazione degli adolescenti con gli altri agenti di socializzazione, in particolare con i mass media (Moschis e Churchill, 1978).

8 Il modello di socializzazione al consumo di Moschis et al.

9 Gli stili familiari  Un tema di ricerca che ha acquisito un’importanza centrale negli ultimi anni è quello dei diversi stili familiari e di come questi medino i processi di fruizione della pubblicità e di conoscenza del mercato.  Lo stile comunicazionale in famiglia è correlato con gli stili parentali, ed è stato concettualizzato da Ritchie e da Carlson et al., con il modello definito Family Communication Patterns-FCP.

10 FCC - Family Communication about Consuption  Il modello, denominato FCC (Moschis, 1978; Moschis, et al., 1983), è centrato su due dimensioni ortogonali:  uno stile orientato al sociale (social-oriented)  e uno stile orientato al concetto (concept- oriented)

11 La comunicazione orientata al sociale  La Comunicazione orientata al sociale tende alla creazione e al mantenimento delle relazioni in famiglia e a promuovere la deferenza verso l’autorità.  Di conseguenza prevale il controllo e il monitoraggio genitoriale sulle attività di consumo dei ragazzi e ci si aspetta che essi si conformino alle decisioni degli adulti.  Un ambiente caratterizzato da questo pattern comunicazionale favorisce in adolescenza l’influenza normativa dei pari età e le pressioni esterne sulle scelte di consumo (Bristol & Mangleburg 2005).

12 La comunicazione orientata al concetto  La Comunicazione orientata al concetto è incentrata sull’incoraggiare i bambini a sviluppare una propria visione del mondo.  E’ correlata con la tendenza a creare relazioni familiari paritarie e a sollecitare i figli a prendere decisioni personali anche sui consumi, favorendo un senso critico nei confronti della pubblicità.  Un ambiente caratterizzato da questo pattern comunicazionale è risultato correlato positivamente con un alto grado di competenza al consumo da parte degli adolescenti.

13 Consensual Autonomia controllata Protective Protezione-obbedienza e dipendenza Lassez faire Scarsa comunicazione e nessuna influenza Pluralistic Informazione e autonomia Social Concept 4 famiglie idealtipiche

14 Influenze di genere  Numerose ricerche evidenziano come la madre abbia con i figli una comunicazione più frequente e di migliore qualità e come questo spieghi il suo ruolo maggiore, rispetto al padre, nei processi di socializzazione ai consumi degli adolescenti (Barnes & Olson, 1985; Noller & Callan, 1990).

15 Una ricerca del 2009 Kim et al. hanno verificato:  l’influenza del pattern comunicazionale di ciascun genitore sulla capacità dei figli di influenzare gli acquisti familiari e sui loro stili decisionali.  Eventuali differenze nell’influenza sulla socializzazione ai consumi dei pattern comunicazionali del genitore del proprio sesso in adolescenti maschi e femmine (same-gender effect).

16 Influenza della madre  I risultati della ricerca confermano che i pattern di comunicazione materni risultano significativamente associati con gli stili decisionali degli adolescenti e con la loro capacità di influenzare gli acquisti familiari:  Stile concept-oriented = approccio alle decisioni di acquisti utilitaristico e socialmente rilevante  Stile socio-oriented = stili decisionali incongrui, marcati da decisioni di acquisto confuse, impulsive e disattente.

17 Influenza del padre  Emerge al contrario che lo stile di comunicazione paterno ha un’influenza irrilevante sulle decisioni di acquisto dei figli e sulla loro capacità di influire sulle scelte d’acquisto della famiglia.  Una possibile spiegazione di ciò può risiedere nel basso livello di coinvolgimento dei padri nell’intero processo di socializzazione ai consumi dei figli. (Carlson et al., 1994).

18 Same-gender effect  Dalla ricerca non è emerso inoltre un maggiore impatto significativo della comunicazione del genitore dello stesso sesso sull’autonomia e sull’influenza degli adolescenti negli acquisti familiari.  Le numerose correlazioni emerse tra lo stile di comunicazione materna e la socializzazione ai consumi dei figli non indicano, infatti, un’influenza maggiore sulle figlie femmine piuttosto che sui maschi. (Kim, Lee, Tomiuk, 2009)

19 Consumi e Comunicazione Familiare Il Parental monitoring

20 Tra Controllo e Autonomia  La maggior parte degli studi sull’adolescenza concorda nel rilevare le difficoltà che i genitori incontrano nel mantenere il controllo sul comportamento dell’adolescente e nel concedergli gradualmente più libertà d’azione.  Su questa base numerosi autori hanno messo in evidenza le varie strategie educative adottate dai genitori nel far fronte a tali difficoltà.

21 Le due principali strategie educative considerate in letteratura CONTROLLO Strategie attraverso cui il genitore supervisiona il comportamento dei figli.Regole, compiti. SOSTEGNO Sensibilità e adattamento genitoriale nei confronti di segnali, stati e bisogniCapacità di ascolto, di responsività emotiva e di dialogo.

22 Abbastanza supportivo AutorevoleSupportivo AutoritarioPermissivo inesist. SOSTEGNO CONTROLLO Abbastanza autoritario Suff. Buono Stili di parenting

23 Parental Monitoring  E’ stata definita parental monitoring, o monitoraggio genitoriale, la componente del parenting tesa alla conoscenza e al controllo da parte dei genitori sui comportamenti dei figli.

24 Parental Monitoring  Tale costrutto sottende tre dimensioni:  Sorveglianza e controllo diretto (raccolta info, regole, disciplina…)  Consapevolezza genitoriale (osservazione, comunicazione, interesse)  Comunicazione spontanea dei figli (self disclosure) (Stattin e Kerr, 2000)

25 Self-disclosure in adolescenza  Stattin e Kerr (2000) hanno verificato l’influenza dell’apertura al dialogo dei figli, indipendentemente dalla sollecitazione e dal controllo genitoriale  Hanno visto che i ragazzi che tendono a parlare spontaneamente con i loro genitori sono quelli che presentano un minore coinvolgimento in atti antisociali.

26 Una relazione interdipendente  Il modello di Stattin e Kerr sottolinea l’importanza del contributo del figlio all’interno del processo di acquisizione di consapevolezza dei suoi genitori.  In questa ottica il parental monitoring va considerato in rapporto alla complessa relazione di interdipendenza tra genitori e figli.

27 Il PM in letteratura  Molti autori hanno rilevato che uno scarso monitoraggio genitoriale è legato a un maggiore comportamento di trasgressione delle norme. (Patterson, 1980)  In generale, questi autori hanno rilevato che il parental monitoring è un fattore protettivo nei confronti dello sviluppo di comportamenti a rischio e di abuso di sostanze.

28 PM e comportamenti a rischio  In uno studio longitudinale Rai et al. (2003), considerando il parental monitoring in relazione con il livello di abuso di droga dei ragazzi, hanno osservato una forte correlazione tra il grado di monitoraggio percepito dai ragazzi e un decremento nell’uso di sostanze (fumo, alcol e marijuana).

29 PM e comportamenti a rischio  Dishion et al. (1995) hanno verificato che la correlazione tra l’uso di sostanze degli adolescenti e l’uso di sostanze dei loro amici risultava modesta per quei ragazzi con genitori consapevoli e fortemente positiva per quei ragazzi con genitori poco consapevoli.  Fattori come il monitoraggio e la consapevolezza genitoriali, potrebbero quindi avere un forte impatto sia diretto che indiretto sul processo di iniziazione alle sostanze.  Essi mediano infatti l’influenza dei pari sui figli.

30 PM e comportamenti a rischio  Cattelino et al. (2001) hanno rilevato che solo nella fascia d’età 14-15 anni ad elevati livelli di controllo corrisponde un basso coinvolgimento in comportamenti a rischio.  Mentre con il crescere dell’età dei figli (18-19 anni), un elevato controllo incrementa il livello di coinvolgimento in comportamenti problematici.

31 La funzione del controllo  Secondo gli autori, nella fascia d’età dei 18-19 anni i figli, che hanno già interiorizzato le norme genitoriali e hanno sviluppato capacità di autoregolazione del proprio comportamento, percepiscono un controllo eccessivo come un indebito ostacolo alla loro autonomia.

32 Non solo controllo …  Per la maggior parte delle ricerche, un adeguato monitoraggio delle attività dei figli può essere considerato uno dei fattori associati negativamente con il coinvolgimento degli adolescenti in attività rischiose legate all’alcol.  E’ tuttavia fondamentale evidenziare la sua stretta relazione con altrettante importanti caratteristiche familiari quali, ad esempio, la presenza di una disciplina coerente, di una buona comunicazione all’interno del nucleo familiare e di sostegno emotivo.

33 La nostra ricerca I comportamenti a rischio nell’ uso di bevande alcoliche sono un fenomeno in via di espansione che oggi sta diventando una vera emergenza in tutti i paesi occidentali compreso il nostro, per i danni che l’alcol etilico procura a livello organico e psichico e per la sua spiccata capacità di indurre dipendenza.

34 Il perché della ricerca  In Italia l’età media del primo approccio all’alcol è 12 anni contro i 14 della media europea.  Dal 2002 è sceso il numero dei consumatori di alcol giornalieri, mentre è aumentato quello dei consumatori occasionali e fuori dai pasti (dal 36% al 42%).  La popolazione più a rischio è quella adolescenziale (18-24 anni) dove il 14,8 adotta il binge drinking, nei momenti di socializzazione e nei week end (Istat 2012).

35 Il perché della ricerca  Molti studi (soprattutto statunitensi) hanno rilevato che nelle famiglie dove i genitori svolgono un monitoraggio attivo delle attività e dei comportamenti dei figli, è meno frequente che questi facciano uso regolare di alcol. (Beck, Ko e Scaffa,1997; Beck, Shattuck e Haynie, Mariland, 1999).

36 Il perché della ricerca  Non è stato tuttavia ad oggi sufficientemente approfondita l’influenza della qualità affettiva dei legami familiari e inoltre pochi studi hanno considerato stime indipendenti per i genitori e per gli adolescenti, con un’analisi delle eventuali discordanze (R. Trincas, et al., 2008).

37 Obiettivi Abbiamo quindi svolto una ricerca esplorativa su 57 adolescenti romani e su 57 genitori con i seguenti obiettivi : 1. Analizzare la congruenza delle percezioni di genitori e figli adolescenti rispetto  all’abuso di alcol da parte dei ragazzi;  al parental monitoring esercitato dai genitori;  alla qualità delle relazioni affettive; 2. Indagare il contributo della qualità affettiva delle relazioni genitori figli sia sul parental monitoring sia sul rischio di abuso di alcol da parte dei figli e verificare l’ associazione tra parental monitoring e abuso di alcol. 3. Analizzare eventuali differenze nell’influenza sull’uso di alcol, delle tre sottodimensioni del parental monitoring: Controllo normativo dei genitori, Consapevolezza genitoriale, Comunicazione spontanea dei figli.

38 Strumenti  Scala AUDIT sviluppata dall’OMS per l’individuazione dei bevitori a rischio.  Questionario sul Parental Monitoring di Kerr e Stattin (2000)  Network Relationships Inventory di Furman e Buhrmester, versione ridotta su Intimità e Conflitto.

39 Risultati Obiettivo 1  Divergenza significativa dell’intensità della supervisione genitoriale, con una significativa sottovalutazione da parte dei figli.  Sostanziale congruità nei giudizi sulla qualità affettiva della relazione (intimità, conflitto). Divergenza significativa tra genitori figli circa la percezione dell’abuso di alcol dei figli (5% vs 23% di punteggi a rischio) con una significativa sottovalutazione da parte dei genitori.

40 Risultati Obiettivo 2  L’analisi delle interazioni tra qualità affettive – parental monitoring - binge drinking, fa emergere un’influenza preponderante della dimensione dell’intimità materna, che risulta correlata positivamente con il parental monitoring e negativamente con l’abuso di alcol.  Il parental monitoring media completamente l’effetto dell’intimità nella relazione materna sul comportamento di uso/abuso di alcol, con una significatività del test di Sobel di.05.

41 Risultati Obiettivo 3  La consapevolezza genitoriale, è legata all’intimità materna, ed entrambe sono correlate negativamente con l’uso di alcol.  La dimensione del controllo genitoriale di tipo normativo, come autodichiarato dai genitori, correla in maniera significativamente positiva con l’uso di alcol dei figli over 17 (r =.699 p =.004) mentre è ininfluente per i più piccoli.

42 Discussione  Questo studio rileva numerosi dati a conferma del ruolo protettivo verso il rischio di abuso di alcol rivestito dal monitoraggio genitoriale sui comportamenti dei figli.  Emerge tuttavia che tra le diverse variabili che entrano a far parte del concetto più generale di parental monitoring, le attività di pura e semplice sorveglianza, se non accompagnate da intimità e fiducia, e quindi da una comunicazione aperta e da una reale consapevolezza dei genitori circa le attività dei figli, possono risultare inefficaci prima dei 17 anni e addirittura controproducenti in una fase più avanzata dell’adolescenza (come già affermato da Cattelino et al. 2001).

43 Discussione  Dallo studio emerge quindi chiaramente che tra “sostegno” e “controllo”, identificate in letteratura come le due strategie educative fondamentali in adolescenza, esista in realtà un rapporto di interdipendenza che le vede strettamente connesse e inscindibili.  L’imposizione di regole e compiti acquista senso evolutivo nel momento in cui è innervata da capacità di ascolto, responsività emotiva e apertura al dialogo.

44 ESEMPI DI DOMANDE D’ESAME Esercitazione

45 Che cosa significa comprensione empatica? L’empatia è forse il più importante degli elementi dell’ascolto attivo: ci si immedesima nell’altra persona per coglierne i pensieri e gli stati d’animo. Questo permette di condividere emotivamente la sua esperienza pur non perdendo il senso della propria identità. L’empatia non va intesa come una semplice capacità di comprensione dell’oggettività dell’altro, ma piuttosto come una capacità di penetrazione affettiva che conduce a cogliere l’intimità delle sue reazioni. L’assunzione della prospettiva altrui, in una situazione di conflitto, può portare ad una migliore comprensione delle emozioni dell’altro che favorisce la risoluzione del conflitto. Non è possibile apprendere l’empatia, ma è possibile sviluppare la capacità empatica.

46 Indicare le caratteristiche del livello «eroico» dell’esperienza comunicativa. La Gestalt psicosociale sottolinea che nell’ascolto relazionale l’attenzione va posta sull’esperienza presente e fenomenologica e in particolare sui 6 livelli dell’esperienza (cognitivo – immaginativo - corporeo - emozionale - sensorio – eroico) che rappresentano i modi possibili attraverso i quali entriamo in relazione con noi stessi, con l’altro o con l’ambiente. Il livello eroico fa riferimento a una modalità in cui il soggetto amplifica il proprio potere d’influenza e comunica un messaggio che punta a soddisfare l’interesse comune, travalicando il suo interesse personale, che comunque riconosce e tiene in conto. E’ un’attitudine tesa a collaborare, a organizzare il salvataggio, a infondere energia e coraggio, indipendentemente dai vantaggi personali che questo comporta.

47 Descrivere due delle dodici barriere dell’ascolto attivo. Per Carl Rogers la strategia dell’’aiutante, nel colloquio di aiuto classico, è quella di “fare da specchio” all’aiutato, rimandandogli, attraverso la tecnica della riformulazione, pensieri ed emozioni inespresse o sottintese, aiutandolo così a metterle meglio a fuoco. Quando, invece, l’aiutante dà consigli, giudica, rassicura, egli si pone come esperto e l’aiutato viene relegato in un ruolo tendenzialmente passivo. «Interpretare» e «offrire soluzioni» sono appunto due ostacoli alla comunicazione efficace che fanno riferimento a questa dinamica. Solitamente provocano nell’interlocutore un atteggiamento di passività o di resistenza.


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