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10° Il talento sregolato di "Paul Varina" Caniggia

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Presentazione sul tema: "10° Il talento sregolato di "Paul Varina" Caniggia"— Transcript della presentazione:

1 10° Il talento sregolato di "Paul Varina" Caniggia
Il giovane talento argentino si fa ben presto notare e non solo per il suo look appariscente (con un volto efebico circondato da una foltissima chioma bionda ossigenata): presentato ai tifosi come «un Fanna coi capelli», Caniggia mette in mostra doti straordinarie abbinate a una velocità impressionante. Ad ogni falcata sembra quasi sul punto di cadere, salvo poi riuscire miracolosamente a stare in piedi per completare la corsa con invitantissimi cross o conclusioni a rete di rara freddezza. Eccezionale il suo debutto in Coppa Italia con il Torino: in occasione del terzo gol della vittoria (4-0), egli percorre palla al piede tutta la linea laterale sinistra seminando avversari: poi, arrivato alla bandierina del calcio d'angolo, svolta incredibilmente ad angolo retto verso la porta avversaria e, in equilibrio sulla linea di fondo, solo a due passi dal palo mette all'indietro per Pacione un pallone facili facile da trasformare in gol. Alla fine il pubblico gli tributa una meritata ovazione. Caniggia si disimpegna con onore per tutta la prima parte del campionato decollando più volte per voli promettenti all'attacco. Ma, quando i difensori riescono a prenderlo, subisce solenni randellate, talora impunite da arbitri poco propensi a proteggerlo. L'ennesima scarpata lo blocca definitivamente a Bologna procurandogli una dolorosa frattura. L'infortunio gli fa perdere praticamente tutto il campionato, dedicandosi con maggior agio a coltivare quelle stupide sregolatezze che ne hanno poi indubbiamente guastato la carriera. E per i tifosi più sarcastici diviene definitivamente «Claudio Paul Varina». 

2 9° La retrocessione 2001-02 e quell’assurdo gol di Franco
La retrocessione del Verona di Malesani rimane ancora oggi, a più di dieci anni di distanza uno degli eventi più disgraziatamente folli della storia del Verona. E’ infatti la storia di come una squadra ricca di talento ed in grado di esprimere nel girone di andata un ottimo calcio e di piazzarsi a ridosso delle grandi del campionato (seppure con qualche rimonta di troppo subita nei finali di gara, segno premonitore di una debolezza caratteriale di fondo), si sia letteralmente disintegrata nel ritorno, finendo per la prima volta in zona retrocessione proprio nell’ultima gara di campionato, l’unica che realmente contasse. In questa storia folle non si può non partire da lì: 5 Maggio Scende a Piacenza, la banda Malesani (con 2 futuri campioni del mondo in campo, uno in panchina e un fuoriclasse romeno). Bisogna muovere una classifica asfittica per non cadere tra i cadetti. Fino a quel punto, nel girone di ritorno, Il Verona ha conquistato la miseria di 14 punti in 16 partite. L’Hellas che va in Emilia, però, è una squadra praticamente già condannata. Lo «spareggio» non ha storia e si conclude con un 3 a 0 senza possibilità di appello. Il tutto, davanti a migliaia di tifosi veronesi accorsi, con la consueta devozione, a sostenere i propri beniamini. Nella memoria dei tifosi, però, il ricordo del momento più assurdo di quel convulso girone di ritorno è un altro: il gol preso in casa dal Torino a pochi minuti dalla fine su un micidiale contropiede di Franco, con la squadra inspiegabilmente sbilanciata in avanti e Teodorani che con un tiro sciagurata spalanca la via del gol al veloce attaccante uruguagio. Per salvarsi ai gialloblu sarebbe bastato evitare quel gol.

3 8° I dribbling a centrocampo di Gregori
Era la prima metà degli anni ’90, in europa in pochi conoscevano Chilavert e non era ancora l’epoca dei portieri goleador eppure sui campi di gioco in Italia c’era un estremo difensore che, pur senza segnare, si divertiva ad abbandonare la porta per avventurarsi in folli e rischiosi dribbling fino a metà campo. Quel portiere era Attilio Gregori, la maglia (anche) gialloblu. Il motivo di quelle sortite un po’ pazze? Lo troviamo nelle parole del diretto interessato, rilasciate a qualche anno di distanza. “E del goal fatto alla Lodigiani cosa hai da dire? Sei entrato di diritto nell’Olimpo dei portieri goleador oppure sei solo un pazzo?” “Prima di smettere volevo provare ad ogni costo la sensazione di segnare un goal. Ho provato a Verona, ma mi è andata male perché ho sbagliato un rigore. Nella partita Frosinone Lodigiani, campionato di C2, ci ho riprovato: ho battuto un calcio di punizione e mi è andata bene; penso che in Italia gli altri portieri goleador abbiano segnato solo di testa e mai di piede, quanto meno mai su tiro piazzato”. “Ti piaceva anche fare dei dribling ai tuoi avversari…”“Si. Mi fai tornare in mente Messina Verona: stavamo perdendo due a uno; eravamo nei minuti di recupero: sono partito dal mio centrocampo e mi sono messo a dribblare i Messinesi; li avevo dribblati tutti tranne uno; era Ficcadenti… Lui mi tolse la palla e il Messina con tre passaggi, approfittando della porta lasciata da me vuota, con Cambiaghi segnò il terzo goal”.

4 7° La telefonata di Garonzi che costò la retrocessione in B d'ufficio
Due campionati in uno, succede anche questo. Estate del '74: la stagione "regolare" � finita da un pezzo, quando comincia il crudele torneo delle carte bollate, delle denunce e delle confessioni. Un altro torneo: tutti contro tutti con sfide a eliminazione diretta. E' il Foggia, retrocesso sul campo insieme a Sampdoria e Genoa, a dare il calcio d'inizio. Basta spedire all'Ufficio Indagini la copia di un articolo apparso su un quotidiano napoletano: nel pezzo si accenna a una telefonata sospetta che il presidente del Verona, Garonzi, avrebbe fatto al suo ex calciatore Clerici, ora in forza al Napoli, proprio alla vigilia del match tra i veneti e i campani. Partita che si era giocata il 21 aprile - era la quintultima giornata - e che si era conclusa con la vittoria del Verona per 1-0. Due punti pesantissimi che alla fine avevano consentito ai gialloblu di sopravanzare (25 a 24) proprio il Foggia, terzultimo. Ma cosa si erano detti Garonzi e Clerici durante l'inopportuna conversazione? Gringo non ha problemi a raccontare tutto per filo e per segno: "E' stata solo una telefonata tra vecchi amici. Garonzi sa che a fine carriera mi piacerebbe tornare in Brasile e mi ha promesso un interessamento per aiutarmi ad aprire una concessionaria Fiat". Che l'idea al presidente sia venuta proprio alla vigilia di Verona-Napoli, per Clerici evidentemente è un particolare secondario. Garonzi deve avere la coscienza meno tranquilla, se � vero che al primo interrogatorio nega tutto: "Clerici? E' una vita che non lo sento". Posizione difficile da sostenere, vista l'ammissione del giocatore. E infatti, al secondo interrogatorio il presidente corregge il tiro: "Si, gli ho telefonato, ma non avevo nessuna intenzione di corromperlo". Peccato che agli inquirenti le intenzioni interessino il giusto: la telefonata c'è stata e fare certe promesse a un giocatore avversario pochi giorni prima della partita non è fatto catalogabile tra le coincidenze sfortunate. Il destino del Verona è segnato: � il Foggia a vincere la prima partita del torneo dei tribunali. 

5 6° L’ esultanza di Malesani dopo Verona-Chievo 3-2
La metamorfosi di Alberto Malesani, allenatore che improvvisamente diventa ultrà, si materializza agli occhi del mondo appena Trentalange fischia la fine di Verona-Chievo. Il Verona vince 3-2 dopo essere stato sotto di due gol, in settimana Malesani si è caricato di tensioni sparse ("I notabili della città stanno tutti col Chievo", aveva detto) e anche durante la partita certi insulti dei tifosi del Chievo non gli hanno fatto piacere. La gara, per giunta, è vissuta su emozioni intense, all'inglese, con tanti gol ed eccitazioni in serie. Così l'uomo, alla fine della partita, esplode. Salta su dalla panchina e inizia una corsa verso la curva sud, quella dei tifosi del Verona. L'occhio è spiritato, l'esultanza totale, qualcuno la definirà sguaiata e inopportuna: "Me me frego, potevo fare anche di peggio", non fa altro che ripetere lui dopo, di fronte a telecamere e taccuini. Braccia al cielo, l'ultrà Malesani si inginocchia sotto la curva, i tifosi sono impazziti più di lui. Che decide di esagerare: via il giaccone, lanciato verso la gente, via il maglione. Rimane in canottiera, chissenefrega del mondo, e urla la sua gioia sotto la pioggia, chissenefrega anche della pioggia, questa è la mia serata. La metamorfosi è completa.

6 5° La presidenza di Mirzakhanian ed il fallimento del 1991
Era il 1991 quando il Verona toccò uno dei punti più assurdi della sua tribolata storia. Nel suo non breve periodo di reggenza, Uzzo fece a turno apparire e scomparire intorno alla società, come in un colorato gioco di bussolotti, la più sgangherata carovana di personaggi che mai si fosse vista nel pur popoloso sottobosco del grande calcio. Egli presentò per primo come presidente, dopo aver scartato - disse - prestigiose candidature, tale Angelo Di Palermo, avvocato milanese che si presentò alla vigilia del campionato con queste due singolari referenze: "1) Non capisco niente di calcio; 2) tutt'al più, faccio il tifo per la Juventus". Dopo poche settimane, scomparve improvvisamente dalla circolazione senza lasciare più traccia. La poltrona presidenziale venne affidata a un giovane iraniano che vendeva tappeti, tale Emil Mirzakhanian, nome impronunciabile pure per i tifosi di Villimpenta e Michellorie. Un certo Roberto Pini, noto nell'ambiente per essere l'autista di Uzzo, venne pomposamente presentato dopo qualche mese come il nuovo amministratore delegato. A fare il direttore sportivo fu chiamato a metà campionato tale Galigani, la cui fama era talmente specchiata che, quando il Verona andò a giocare a Pescara, trovò una folla di tifosi locali ad aspettarlo fuori intonando compatti il coro: "Galigani, rendici i denari". Nel frattempo in campo la squadra otteneva a dispetto di tutto una meritata promozione in Serie A grazie alla guida esperta di Eugenio Fascetti. La società, di lì a poco sarebbe invece fallita, chiusura inevitabile di una fase dimenticabilissima e folle della storia gialloblu.

7 4° Quella volta che Zigoni andò in panchina in pelliccia
“Giocavamo in casa con il Verona ma non ricordo contro chi. Negli spogliatoi prima della gara Valcareggi mi dice: «Zigo, oggi non giochi». «Come, non fa giocare il giocatore più forte del mondo? Sta scherzando spero!», gli risposi molto sorpreso. Ma lui replicò sottolineandomi che la domenica precedente nonostante io fossi squalificato, la squadra aveva vinto anche senza di me e lui non aveva alcuna intenzione di cambiare quella formazione vincente. (N.d.R.: questo non corrisponde a verità perché la partita in questione è Torino-Verona 4-2 giocata il 25/01/1976). Non c'era nulla da fare, dovevo andarmene in panchina e visto che era una giornata molto fredda decido di entrare in campo con la pelliccia ed il cappello. I miei compagni di squadra, alcuni di loro abbastanza tirchi, quasi sfidando la mia follia mi dicono: «Se entri in campo conciato così, facciamo una colletta e ti diamo lire». Non furono le ma il mio cervello che aveva già deciso. Entrai in campo e ci fu un boato. Poi mi girai verso il pubblico con lo sguardo feroce. Tutto lo stadio zittì».

8 3° Il tentativo di truffa ad Arvedi con tanto di finto cardinale
Siamo sul finire del 2007; il Verona è clamorosamente invischiato nelle zone basse della prima divisione di Lega Pro e (tanto per cambiare) la società è in vendita. Il sedicente «Cardinal Visco» accompagna Lancini dal presidente gialloblu Arvedi e con la sua «benedizione» le parti trovano l'accordo per la cessione; Lancini firma un contratto preliminare di acquisto dell'Hellas sulla base di 5 milioni di euro. Il pagamento - prima anomalia - avviene in contanti con pacchi di banconote chiusi in una borsa sigillata con un lucchetto. Verificata l'entità della somma, Arvedi e Lancini vanno in una banca cittadina e depositano la borsa in una cassetta di sicurezza: la chiave di accesso, in duplice copia, è a disposizione di entrambe le parti coinvolte nella compravendita, con l'accordo, anomalo, che il denaro resti al sicuro per alcune settimane. Poco dopo Lancini raggiunge nuovamente Arvedi, sempre con il «Cardinal Visco»: il conte, a quel punto, vuole mostrare al prelato la cappella di famiglia della villa di Cavalcaselle. E qui l'attore commette una leggerezza imperdonabile: si «dimentica» del segno della croce quando varca la soglia della chiesetta privata. Una dimenticanza che alimenta sospetti latenti e che convince Arvedi e i suoi collaboratori a controllare il contenuto della borsa chiusa in banca: la sorpresa, tale fino a un certo punto, racconta di 5 milioni di euro falsi e di un contratto ormai firmato. A quel punto Lancini, forte del preliminare d'acquisto, ha già contattato un bergamasco per cedergli la sua «posizione» per soli 2 milioni di euro. Soldi veri in cambio di soldi falsi, un guadagno alla vendita e all'acquisto che avrebbe soddisfatto entrambi. Ma l'arresto di Lancini, a marzo 2008, fa saltare tutta l'operazione. E mette alla fine a quello che forse rimane l’episodio più surreale dell’intera storia gialloblu.

9 2° L’assist di Rafael in Verona-Ternana
Quinta giornata del campionato , il Verona è impegnato in casa in una tesissima gara con la Ternana. Dopo un primo tempo giocato a grande ritmo, e con un vantaggio (1-0) risicato da gestire, i gialloblu rallentano nella frazione di gioco. La squadra di Remondina fa un passo indietro, lasciando a tratti l'iniziativa agli ospiti che però, a parte qualche buon dialogo sulla fasce e qualche spunto personale, impensieriscono davvero la retroguardia gialloblu solo in pieno recupero, quando Ceccarelli manda in angolo una conclusione in piena area. Proprio sugli sviluppi dell'angolo Rafael abbranca la palla e anziché temporeggiare in attesa del fischio finale, con una gesto folle e rischiosissimo di stile quasi rugbistico getta il pallone in avanti ed esce impetuosamente dall’area servendo poi con un preciso passaggio il compagno Farias per la rete del 2-0. Il geniale assist del portiere gialloblu, malgrado il modesto palcoscenico della Prima Divisione di Lega Pro in cui è stato compiuto, fa presto il giro del mondo. E così a 3 anni di distanza il video “la pazzia di Rafael” conta più di trecentomila visualizzazioni, che ne fanno probabilmente il filmato Internet più visto di sempre tra quelli attinenti al mondo gialloblu. Video del gol:

10 1° Il gol senza scarpa di Elkjaer
Verona-Juventus 2-0 del è forse la partita che più è rimasta impressa nella mente dei tifosi gialloblu, un'indimenticabile beffa alla vecchia signora con lo straordinario gol senza scarpa di Preben Larsen Elkjaer. All'82' avviene infatti l'incredibile: Preben Elkjaer, lanciato direttamente da calcio di rinvio, prende a volare zigzagando verso la porta nemica seminando gli avversari come birilli. L'ultimo difensore bianconero davanti al portiere cerca di fermarlo arpionandone il piede, ma riesce "solo" a strappargli di dosso la scarpa. L'indomito vichingo prosegue come se nulla fosse la sua corsa e, benchè mezzo scalzo, conclude imparabilmente alla sinistra di Tacconi. Un grido di festa esplode all'unisono tra i tifosi gialloblu, tutti in piedi ad applaudire, mentre ai compagni che corrono ad abbracciarlo Preben mostra sghignazzando il piede scalzo su cui saltella come un "bociassa" barbariano. Una storia bellissima ed un po’ folle da tramandare per sempre alle generazioni di tifosi gialloblu! Videro del gol::


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