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L’intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli Imperi centrali

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Presentazione sul tema: "L’intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli Imperi centrali"— Transcript della presentazione:

1 L’intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli Imperi centrali
L’intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli Imperi centrali. Le conferenze di pace. La Germania affronta la flotta britannica in mare aperto una sola volta, a metà del 1916, nella battaglia dello Jutland. L’esito è incerto dal punto di vista delle perdite, ma il risultato strategico è a vantaggio dell’Inghilterra che mantiene il controllo del mare e impedisce ai tedeschi di uscire all’aperto. Inizia il forte impegno tedesco nella guerra sottomarina. La Germania, strangolata dal blocco inglese, inizia ad affondare qualunque nave mercantile in qualunque parte del mondo, in particolare navi americane. Era chiaro che avrebbe provocato l’intervento in guerra degli Stati Uniti, ma i tedeschi fanno lo stesso errore che avevano fatto nel 1914 con l’Inghilterra: pensano di vincere la guerra, grazie alla sconfitta della Russia, prima che gli americani si decidano ad intervenire. Il presidente democratico Wilson è rieletto nel 1916 con un programma pacifista. L’opinione pubblica è molto avversa ai tedeschi, ma anche alla Russia zarista, e nel complesso isolazionista. Il continuo affondamento di navi americane da parte dei tedeschi determina un rovesciamento dell’opinione pubblica, e la caduta dello zar rende plausibile una dichiarazione di guerra a fianco delle democrazie occidentali. I grandi istituti finanziari americani sono consapevoli che i paesi dell’Intesa, in caso di sconfitta, non avrebbero potuto pagare i debiti e che i capitalismo tedesco si era rafforzato. Gli USA entrano in guerra nell’aprile Solo nella primavera del 1918 i soldati dell’esercito americano cominciano ad arrivare sul teatro di guerra la ritmo di 300’00 mila al mese. In tutto gli USA portano in guerra quasi 5 milioni di uomini, partecipando agli ultimi quattro o cinque mesi di guerra. Le perdite: poco più di centromila morti e duecentomila feriti.

2 L’ultima fase della guerra –Il fronte occidentale
In agosto soldati inglesi, francesi e truppe americane lanciano l’offensiva in direzione del Belgio con 400 carri armati e travolgono le divisioni avanzate tedesche. A inizio settembre, dopo il crollo delle linee fortificate, la Germania avvia trattative per l’armistizio, firmato l’11 novembre. Pochi giorni prima, il 4 novembre, era stato siglato quello fra Italia e Austria, dopo la battaglia di Vittorio Veneto e l’avanzata dell’esercito italiano fino a superare le linee precedenti la rotta di Caporetto. La Germania è in preda a fermenti rivoluzionari. L’Impero austro-ungarico si sta dissolvendo, per la proclamazione di indipendenza delle varie nazionalità. La prima guerra mondiale è così terminata. Primavera 1918: i tedeschi spostano le truppe dal fronte orientale e passano all’offensiva in Francia con impeto e notevoli successi. Sfondano le linee fino alla Marna, come nel 1914, ma i francesi contrattaccano. Lo sfondamento dei fronti francese e italiano da parte delle truppe degli Imperi centrali ha un effetto negativo sul morale dei loro soldati che si rendono conto che le retrovie dei paesi dell’Intesa sono ricche rispetto alla situazione disperata in cui sono ridotte le loro. Il cedimento psicologico, il rifiuto di combattere, è una componente notevole della sconfitta austro-tedesca. Una novità importante è l’impiego, soprattutto inglese, dei primi carri armati, insieme al perfezionamento degli aerei. Dopo anni di prevalenza della difesa, l’attacco diventa di nuovo dinamico.

3 Gli Stati Uniti, vero vincitore del conflitto
Gli Stati Uniti sono il vero vincitore del conflitto. Pagando un costo relativamente modesto , hanno determinato la vitttoria dell’Intesa. Hanno prestato capitali necessari alla vittoria, di cui avrebbero incassato per anni i benefici. I paesi vinti sono distrutti; i vincitori europei sono gravemente indebitati, mentre gli americani si sono arricchiti, soprattutto nel confronto con gli altri. Tolta di mezzo la Russia, gli Stati Uniti hanno gettato il loro peso dalla parte delle democrazie contro i regimi autoritari; possono presentare la guerra non come uno scontro tra nazionalismi o fra imperialismi, come era stata, ma come una vittoria del «bene sul male», di un cpaitalismo mirante alla convivenza pacifica delle nazionalistà e al progresso comune, sulle sopravvivenze del vecchio autoritarismo illiberale e militarista. Wilson sottolinea questo aspetto nel gennaio del 1918, in una dichiarazione in cui si enunciano i Quattordici punti che gli Stati Uniti intendono difendere. «In questa guerra non domandiamo nulla per noi. Ma il mondo deve poter vivere, e ogni nazione pacifica che, come la nostra, desidera veder garantita la propria esistenza e vuole stabilire pacificamente le sue istituzioni deve essere sicura della giustizia e correttezza da parte degli altri popoli. E deve essere protetta contro la forza e le aggressioni egoistiche. Tutti i popoli del mondo hanno il nostro stesso interesse e, da parte nostra, sappiamo che se non sarà fatta giustizia agli altri, non verrà fatta neppure a noi». I 14 punti elencano il principio della trasparenza dell’azione diplomatica, la soppressione delle barriere alla navigazione e al commercio, il disarmo, il rispetto del principio di nazionalità e la creazione di una struttura internazionale di garanzia «allo scopo di procurare a tutti gli Stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie di indipendenza e di integrità territoriale».

4 Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
La Germania restituisce l’Alsazia-Lorena alla Francia e una parte dei propri territori orientali alla ricostituita Polonia. Il porto di Danzica sul Baltico diventa una «città libera», punto di arrivo di un corridoio che costituisce lo sbocco polacco al mare e interrompe la continuità del suolo tedesco. La zona mineraria della Saar viene temporaneamente occupata dai francesi. Il trattato proclama l’esclusiva responsabilità tedesca per lo scoppio della guerra, e pertanto la Germania perde il diritto di ricostituire un vero esercito; è tenuta a pagare un’indennità enorme (risarcimenti in denaro, forniture di carbone, cessione di navi, bestiame …) da renderle impossibile per due o tre generazioni qualunque sviluppo economico. Gennaio 1919: a Parigi si riuniscono le conferenze di pace. I diversi trattati vengono firmati in diverse sedi della periferia parigina nel 1919 e nel 1920, fra i vincitori e ciascuna delle potenze sconfitte. A Versailles viene firmato quello con la Germania, là dove cinquant’anni prima i tedeschi avevano umiliato la Francia e proclamato la propria unità.

5 Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
La Turchia perde con il trattato di Sèvres tutta la penisola balcanica tranne Istanbul, e subisce la smilitarizzazione degli stretti. Perde l’Armenia e tutto il mondo arabo, che viene spartito sotto forma di protettorati fra Inghilterra e Francia: Siria, Palestina, Transgiordania, Iraq, Arabia, Yemen. Avrebbe dovuto perdere la città di Smirne, sull’Egeo, a favore della Grecia, e il Kurdistan, nell’Anatolia orientale, abitata da popolazioni di lingua persiana, che doveva diventare uno stato indipendente. L’Italia, rispetto alle aspettative create dai patti segreti di Londra, guadagna meno del previsto. In Dalmazia ottiene solo la città di Zara, l’unica in cui la comunità italiana fosse consistente, e in Turchia non ottiene niente, a parte il Dodecaneso e la Libia già conquistati nel Fiume è dichiarata, come Danzica, città libera. Gli Imperi austro-ungarico, ottomano e russo cessano di esistere; sul loro territorio nascono nuovi Stati nazionali: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Austria, Ungheria. L’Austria firma il trattato di Saint-Germain che riduce la sua estensione territoriale a un ottavo del vecchio Impero, la priva di uno sbocco sul mare, per la cessione dell’Istria all’Italia. L’Ungheria, con il trattato di Trianon, si vede imporre pesanti amputazioni territoriali e ingenti riparazioni di guerra.

6 Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
L’autodeterminazione dei popoli proclamata nei 14 punti di Wilson vale a favore dei vincitori, ma non dei vinti, e tanto meno dei colonizzati. La Cecoslovacchia ingloba due milioni di tedeschi, la Romania una notevole minoranza ungherese, l’Italia 250’000 tirolesi. All’Italia, che inizia a sentirsi maltrattata, viene negata la Dalmazia di lingua croata. La Francia rientra in possesso dell’Alsazia-Lorena profondamente germanizzate. Agli austriaci viene negata l’ozione di unirsi alla Germania: sarebbe stato intollerabile che la Germania uscisse dalla guerra più grande di prima. Soprattutto la Francia, che aveva pagato i costi più alti, è determinata a imporre indennità di guerra tali alla Germania da causarne la rovina per decenni. Al governo in Francia c’è il vecchio Clemenceau che non intende transigere sul fatto che il suo paese è nel giusto perché aveva combattuto per i vecchi e nobili principi della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità; e che la Germania ha tutta la colpa della guerra e deve pagarne integralmente i danni. Non si rende conto del pericolo che rappresenta per l’equilibrio europeo una Germania a cui non si lascia alcuna possibilità di riprendersi pacificamente; che sarebbe stato più saggio e prudente aiutare una repubblica tedesca pacifica e democratica a risollevarsi e a chiudere con i fantasmi del passato.

7 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
La guerra aveva trasformato la geopolitica e l’equilibrio fra le classi sociali nei paesi vincitori e in quelli vinti. L’Europa si era fortemente impoverita: si era gravemente indebitata nei confronti dell’America, aveva perso molti milioni di uomini giovani, aveva distrutto la propria ricchezza, aveva dovuto rinunciare per quattro anni a crearne di nuova, ad ammodernare i propri impianti, aveva dovuto rinunciare a far nascere milioni di bambini. Indebolita dalle privazioni della guerra, l’Europa subisce l’ultima terribile epidemia della sua storia, la spagnola, in realtà una pandemia, cioè un’epidemia estesa a tutta la terra, che si calcola abbia falciato una ventina di milioni di persone nel mondo intero. Le forme politiche di antico regime sopravvissute fino al Novecento erano distrutte. L’idea che alla guida della nazione dovesse esserci il re o l’imperatore, suo capo naturale voluto da Dio, che questo capo dovesse essere attorniato dalla sua Chiesa e da un’aristocrazia di nascita, proprietaria terriera, era ormai sconfitta. Il crollo della Russia zarista e deli imperi centrali rappreentava la fine di quel modello politico. Si rafforzava invece la democrazia delle potenze che avevano vinto la guerra, malgrado il progressivo logoramento e la stanchezza accumulata dall’ideologia liberale. I Parlamenti erano ormai eletti ovunque a suffragio universale maschile, i governi controllati dal potere legislativo, la libertà di organizzazione sindacale e politica veniva riconosciuta. Ma si apriva anche un nuovo spazio per due nuovi modelli politici, simili fra di loro perché entrambi antidemocratici, ma opposti perché il primo sovversivo dei rapporti sociali e il secondo conservatore: il comunismo e il fascismo.

8 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
L’idea di progresso armonioso era colpita a morte. La violenza dello scontro fra le parti sociali e politiche aveva ricevuto ampia legittimazione. L’enorme sofferenza della guerra aveva segnato in maniera drammatica la convivenza civile. L’Europa era piena di sbandati, di persone traumatizzate dalla guerra, incapaci di riprendere la vita normale; piena di classi operaie he avevano imparato a combattere e che non intendevano tollerare che tutto tornasse come prima. L’apparato statale aveva subito ovunque un enorme sviluppo. Aveva dovuto invadere campi dai quali la cultura liberale lo aveva escluso: la direzione dell’economia, la pianificzaione delle risorse, il controllo dell’opinione pubblica. I piccoli stati nuovi, privi di una tradizione di autogoverno e di una classe politica, erano esposti all’indebolimento delle relazioni sociali e all’ipertrofia autoritaria delle funzioni statali. I ricchi che avevano saputo speculare sulle forniture belliche, i pescecani, si erano ulteriormente arricchiti. I giovani più fortunati e abili si erano sottratti alla guerra: si erano imboscati. In molti casi anche operai dell’industria, soprattutto bellica, erano stati esentati dal servizio militare; anche loro potevano passare per imboscati. I contadini avevano pagato il tributo di sangue più alto, benché in alcuni casi fossero riusciti ad acquisire una certa promozione sociale. In generale i poveri si erano impoveriti. Le piccole borghesie, dai cui ranghi erano stati presi il grosso degli ufficiali, avevano acquisito un prestigio che non avevano mai avuto. Le vecchie classi dirigenti invece avevano complessivamente perso il loro ruolo: non avevano saputo prevedere le dimensioni e le conseguenze della guerra, non avevano saputo difendere la società, avevano fatto fare la loro guerra ai popoli sfruttati. In particolare gli agrari erano colpiti, economiciamente e socialmente, mentre i settori industriali che avevano lavorato per la guerra si erano rafforzati.

9 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
Le relazioni commerciali fra le varie zone d’Europa, centrorientale e occidentale, erano distrutte. I paesi dell’Europa occidentale non si approvvigionavano più nell’area danubiana e in Russia, ma in Canada, in Argentina, negli Stati Uniti o in Giappone. Questi ultimi furono i grandi beneficiari della prima Guerra mondiale: si arricchirono, trasformarono i loro saldi commerciali da passivi in attivi e accrebbero la loro produzione per supplire alla carenza di prodotti europei. In particolare per gli Stati Uniti la guerra e il dopoguerra furono causa di progressi inauditi. Gli indici della produzione in tutti i settori subirono un enorme incremento, arrivando a raddoppiare. Soprattutto il dollaro divenne la valuta di riferimento, riuscendo a spodestare la sterlina. Le banche americane, che avevano appena 12 succursali all’estero nel 1913, ne avevano 238 nel L’enorme eccedenza della bilancia dei pagamenti permise di finanziare un’ampia politica di investimenti all’estero. Analogamente il Giappone fu tra i grandi beneficiari della congiuntura, e così il Canada, l’Australia e il Sudafrica. Anche il Brasile e l’Argentina conobbero un periodo di reale prosperità, pur non riuscendo a consolidare in maniera durevole le loro prospettive di sviluppo. I nuovi venuti nel club delle potenze industriali crearono impianti molti moderni e competitivi, dando un vigoroso impulso alla seconda rivoluzione industriale, all’elettrificazione del pianeta, alla diffusione del motore a scoppio. Ne derivarono enormi stimoli alla razionalizzaioni generale, alla diffusione delle macchine capaci di sostituire il lavoro umano, all’eliminazione degli sprechi, alla standardizzazione della produzione, cioè all’unificazione dei format, delle tecniche produttive, delle caratteristiche dei prodotti.

10 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
La stabilità monetaria di tutti i paesi europei, Inghilterra esclusa, era totalmente distrutta. Ad essere colpiti furono i paesi sconfitti. In Germania la fuga di capitali, l’enorme aumento delle importazioni e il crollo della fiducia generarono una spirale inflattiva che divenne rapidamente vertiginosa. Al valore di un marco di prima della guerra corrispondevano 45 marchi all’inizio del 1922, 4’300 all’inizio del 1923, 6 miliardi in ottobre, 520 miliardi in novembre, mille miliardi in dicembre. I prezzi variavano di ora in ora. Gli operai compravano il pasto di mezzogiorno al mattino perché lo avrebbero pagato molto di più all’ora della pausa. Anche gli altri paesi europei, in misura minore, furono sconvolti dall’inflazione. Le classi abbienti, prese dal panico, cercarono di mettere al sicuro i loro soldi acquistando valori reali: oro, quadri, oggetti d’arte, o portandoli in Svizzera o negli Stati Uniti. I creditori, titolari di rendite monetarie, furono rovinati, e con loro i proprietari di casa che riscuotevano affitti in denaro che non valeva piû niente. I salariati, le cui entrate crescevano molto più lentamente dell’inflazione, si impoverirono ulteriormente. Viceversa i debitori videro estinguersi i loro debiti, e gli imprenditori capaci di spostare rapidamente i propri capitali riuscirono a realizzare profitti vantaggiosi.

11 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
Lo sviluppo generale dell’Europa era stato stroncato. Il commercio mondiale, triplicato nei quarant’anni precedenti la guerra non cresceva più, e la parte dell’Europa diminuiva in maniera consistente. Il livello di vita degli europei era seriamente minacciato o poteva essere mantenuto solo grazie alle rendite dei capitali investiti all’estero. In particolare la Germania aveva perso enormemente terreno. La sua produzione industriale, che rappresentava il 40% di quella europea nel 1913, scendeva al 29% nel E il trauma subito con l’enorme inflazione del 1923 rendeva difficile e costoso il reperimento di capitali, che dovevano essere presi all’estero, con una conseguenze dipendenza crescente del paese dai mercati finanziari stranieri. La Germania stava diventando un paese dipendente, con tutto quello che ciò rappresentava in termini di umiliazione dell’orgoglio nazionale. L’apparato produttivo, colpito dalla guerra, era capace di riprendersi, ma il mercato molto meno, perché la stagione dell’espansione illimitata dei paesi dominanti era tramontata. Quindi la capacità produttiva risultava eccessiva rispetto ai possibili sbocchi. Lo spezzettamento dei flussi commerciali, le chiusure nazionaliste, le razionalizzazioni produttive aumentavano la portata di questo fenomeno, e per la prima volta nella storia del mondo faceva la sua comparsa la disoccupazione come caratteristica permanente dei paesi industrializzati. I paesi europei furono colpiti più duramente e i giovani in particolare. Un’intera generazione trovava enormi difficoltà a procurarsi un lavoro stabile. Questa situazione creava una situazione di sofferenza sociale e di instabilità psicologica cronica. Inoltre dava nuovi compiti alle istituzioni pubbliche, costrette ad intervenire nel mercato del lavoro, a tentare di rimediare con politiche costosissime di assistenza alla caduta del potere d’acquisto delle classi lavoratrici.

12 Il dopoguerra. I costi sociali e politici
Nel complesso il panorama sociale e politico risultava sconvolto dalla guerra e dal dopoguerra. La piccola borghesia si era largamente emancipata dalle vecchie dipendenze culturali gerarchiche della società paternalista, ma era impoverita e minacciata dalla disoccupazione. Il proletariato urbano era spesso in miseria. Le classi dirigenti incapaci di far fronte alle trasformazioni dei modelli di vita. Gli apparati statali si erano enormemente sviluppati rispetto al passato e con tendenze pericolosamente autoritarie. Tutte queste novità rappresentavano elementi di profonda instabilità politica e sociale.

13 La Società delle Nazioni – Il progretto di Wilson
Fra i 14 punti di Wilson era inclusa la costituzione di un organismo internazionale incaricato di garantire la pace «allo scopo di procurare a tutti gli stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie di indipendenza e di integrità territoriale». Questo principio fu sancito dalla conferenza di Parigi che pose fine alla guerra, e venne incluso come preambolo a tutti i trattati di pace. L’idea di Wilson era che si dovesse creare un’istituzione capace di impedire nel futuro lo scoppio di una nuova guerra. Nulla di simile era esistito in passato, se non l’ottocentesco «concerto delle nazioni». Si pensava dunque a un «concerto» permanente e strutturato, in cui i primi ministri si consultassero stabilmente per risolvere pacificamente le vertenze. Il nuovo organismo fu in realtà qualcosa di più innovativo, che si chiamò Società delle Nazioni, con sede a Ginevra, e cominciò a lavorare dal gennaio Si componeva di un’Assemblea formata dai rappresentanti di tutti gli stati membri, che doveva riunirsi una volta l’anno, e di un Consiglio, i cui membri permanenti sarebbero state le cinque potenze che avevano vinto la guerra: USA, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone. In pratica i vincitori della guerra avrebbero dovuto garantire nel futuro la pace mondiale. La Società delle Nazioni si diede uno Statuto che all’articolo 10 l’autorizzava ad intervenire militarmente contro gli stati che fossero stati dichiarati colpevoli di aggressione nei confronti di un membro della Società. Era questo un punto centrale, al quale il presidente degli Stati Uniti teneva molto, e senza il quale tutto il progetto avrebbe avuto scarsa efficacia. In ogni caso Wilson fu battuto dal Parlamento del suo stesso paese, fortemente isolazionista, che rifiutò sia di ratificare i trattati di pace, che l’ingresso degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni.

14 La Società delle Nazioni
Senza la partecipazione americana l’intero progetto partiva molto indebolito. Né la Germania, sconfitta, né la Russia sovietica erano entrate a far parte della Società delle Nazioni. Tuttavia il nuovo organismo era qualcosa di diverso da una conferenza permanente delle grandi potenze, e la sua grande carica innovativa consisteva nel fatto di possedere un suo segretariato, una sua burocrazia che rispondeva all’organizzazione stessa e non agli ambasciatori degli stati membri. Le grandi potenze avrebbero dovuto d’ora in poi agire attraverso una burocrazia indipendente, che aveva una sua propria professionalità, una sua propria lealtà di organismo internazionale in cui tutti gli stati avevano, almeno nominalmente, lo stesso peso. Inoltre l’Assemblea finì coll’acquistare un ruolo in qualche misura prevalente rispetto al Consiglio, se non altro dal punto di vista dell’impatto sull’opinione pubblica internazionale. E quindi per la prima volta il mondo possedeva un consesso di piccoli stati in grado di farsi ascoltare dalle potenze maggiori.

15 La Società delle Nazioni
La prima crisi che la Società delle Nazioni dovette affrontare fu facile: fra due piccole potenze, Svezia e Finlandia, che si contendevano un arcipelago in mezzo al Baltico. Più complicato fu quando un ufficiale italiano fu ucciso in Albania da una pattuglia greca, e l’Italia per ritorsione occupò l’isola di Corfù. Ma anche in quel caso il nuovo organismo internazionale aiutò a garantire il mantenimento della pace. In generale le grandi potenze accettavano solo con difficoltà di lasciare un ruolo alla Società delle Nazioni, ma il nuovo organismo progressivamente si ritagliava uno spazio notevole nella diplomazia internazionale. Il suo ruolo fu accresciuto dalla stipulazione del trattato di Locarno, nel 1924, con il quale la Germania riconosceva la propria situazione in rapporto alla Francia. Non riconosceva invece le proprie frontiere orientali con la Polonia, ma si impegnava lo stesso a non ricorrere alla forza per modificarle. Le truppe di occupazione francesi sarebbero state ritirate e in cambio la Germania avrebbe garantito la smilitarizzazione di tutta la zona confinante con la Francia. Gran Bretagna e Italia si assumevano la garanzia internazionale di questo importante accordo, che sembrava aprire la strada a una pacificazione reale. Negli anni seguenti la Germania e la Russia sovietica entrarono nella Società delle Nazioni, e per una breve stagione sembrò che il mondo avesse superato il trauma della guerra , addirittura che si arrivasse ad un accordo di disarmo, che la Società della Nazioni potesse accrescere il proprio peso internazionale.

16 La Società delle Nazioni
Ma non fu così: la crisi economica internazionale, l’avvento del nazismo in Germania, il ruolo sempre più aggressivo dei regimi autoritari italiano e giapponese fecero rapidamente peggiorare la situazione. Nel 1931 il Giappone aggredì la Cina, occupando la provincia settentrionale della Manciuria. La Società delle Nazioni si rivelò incapace di proteggere in maniera efficace i l paese aggredito, e il Giappone abbandonò la Società. Lo stesso copione si ripeté nel 1935 quando l’Italia attaccò l’Etiopia, che si rivolse inutilmente alla Società. E anche l’italia diede le dimissioni dall’organimso internazionale. Era ormai chiaro che la pacificazione del dopoguerra, le garanzie cercate attraverso i trattati di pace e gli organismi internazionali stavano fallendo; che i motivi che avevano spinto il mondo nella tragedia della prima Guerra mondiale, i nazionalismi e gli imperailsimi, erano ancora irrisolti; e che altre frustrazioni e brutalità si erano aggiunte a sospingere il mondo verso una nuova guerra ancora peggiore.


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