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Comunicare nel terzo millennio: perché? Dobbiaco 31 luglio 2010 Chiara Giaccardi, Università Cattolica Milano.

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Presentazione sul tema: "Comunicare nel terzo millennio: perché? Dobbiaco 31 luglio 2010 Chiara Giaccardi, Università Cattolica Milano."— Transcript della presentazione:

1 Comunicare nel terzo millennio: perché? Dobbiaco 31 luglio 2010 Chiara Giaccardi, Università Cattolica Milano

2 La comunicazione è necessaria “Il carattere più ovvio della comunicazione è la sua estrema necessità: essa sola rende possibile la vita dell’individuo, cioè l’addestramento, costitutivo della natura umana, e l’inserimento del vivente nei molteplici sistemi di interazione che consentono ai gruppi e all’insieme del corpo sociale di assumere forma e identità. In relazione a questa caratteristica primaria, i modi e gli strumenti della comunicazione sono secondari” (M. De Certeau, La presa della parola)

3 La comunicazione è inevitabile Watzlawick: assioma metacomunicativo (non si può non comunicare): anche il silenzio comunica, così come tutto il linguaggio del corpo, la distanza che teniamo dagli altri etc. L’essere umano è un essere relazionale Potere è dovere: potenzialità tecniche e pratiche relazionali (perpetual contact) “I media non producono da soli il miracolo della comunicazione” (De Certeau)

4 Centralità e difficoltà della comunicazione “La comunicazione è il mito centrale delle nostre società (…) Da un lato, l’accento è posto su tutto ciò che circola (gente, cose e saperi), sui viaggi, i trasporti e questi grandi luoghi di scambio di idee e immagini che sono le scuole e i media. Dall’altro, la nostra organizzazione sociale non cessa di sparpagliare e frammentare gruppi, individui e tradizioni, disfacendo la logica interna che strutturava i saperi passati, l’abitudine alle relazioni, la lingua del quotidiano e della memoria, adatta a ospitare gesti e parole. Nella misura in cui cresce la distribuzione di informazione in tutto lo spazio sociale, diminuiscono le relazioni tra coloro che lo praticano. La comunicazione diventa così l’incrocio, paradossale e sistematico, di informazione e relazione: la distribuzione della comunicazione aumenta, ma la sua realtà diminuisce” (M. De Certeau, La presa della Parola)

5 Comunicare: perché? 1) Cos’è la comunicazione (e cosa non è) 2) Cosa sono i media 3) In quale contesto culturale comunichiamo oggi (tattilità e immersività della cultura contemporanea) 4) Comunicare: perché? Molti buoni motivi

6 1. La comunicazione: cosa non è Trasmissione, informazione Contatto, con-sentire

7 La comunicazione: def. etimologica Communis (collettività) Cum-munus (dono, apertura all’alterità) Cum-moenia (comunità)

8 La comunicazione: def. antropologica Comunicazione = accoglienza dell’alterità; scambio di esperienze; ricerca e costruzione comune di un senso sempre in divenire “La prossimità all’altro, si scopre nella possibilità di elaborare con lui, o lei, un mondo comune che non distrugga il mondo proprio a ciascuno. Questo mondo comune è sempre in divenire” (Irigaray).  Senza l’altro esistono solo monologhi  Senza l’Altro, l’altro è un mio strumento o un mio nemico

9 2. I media: da strumento ad ambiente Medium come milieu (senso spaziale/ambientale): stare nel mezzo  visibilità  No strumenti  No neutralità  Invisibilità

10 I media non sono strumenti - Strumento = “mezzo plasmato per uno scopo”. E’ un oggetto con una forma e una funzione precise; viene usato quando serve e riposto quando non serve ( I media non sono mai “deposti”: oggi viviamo in un perpetual contact, in un ambiente fortemente mediatizzato). - Lo stesso concetto di “strumento” è storicamente collocabile e denota la fase di inizio dell’espansione tecnologica. Per Aristotele gli utensili erano “organa”, indistinguibili da chi li usava, quasi delle protesi del soggetto (delle estensioni, dirà McLuhan). A partire dal XII secolo: fase di forte espansione tecnologica ( mulini, tecniche per irrigare i campi etc.)  dall’idea di cosmo come qualcosa che sta nelle mani di Dio a quella di mondo che sta nelle mani dell’uomo. Con l’inizio della società tecnologica nasce anche l’idea di strumento, di medium.

11 I media non sono strumenti Lo strumento ha una forma precisa e una funzione/ Oggi i media sono multifunzionali e hanno perso i confini: ° tra loro: convergenza (grazie al digitale); crossmedialità (migrazione di contenuti e linguaggi, ibridazioni) e ri- mediazione (Bolter e Grusin: il contenuto di un medium è sempre un altro medium) ° con l’ambiente: condizione post-mediale bene espressa dall’idea di “continente digitale”  viviamo in una condizione post-mediale, in cui i media sono “sciolti” nell’ambiente e ne sono parte costitutiva

12 I media non sono neutrali I media “metafore attive” (da meta-ferein, trasportare), che trasportano l’esperienza e la “traducono” da un ambito a un altro, da un sensorio gerarchizzato in un certo modo a un altro. E tradurre significa, per McLuhan, “lasciar andare l’esperienza per riafferrarla in modo nuovo”. “il medium è il messaggio”: critica della presunta neutralità dei media, che non hanno influenza tanto per i contenuti che ci comunicano, quanto per “mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introducono nei rapporti umani”(Gli strumenti del comunicare)

13 I media non sono neutrali “Ciascun mezzo di comunicazione è un’unica forma d’arte, che dà prominenza a un gruppo di possibilità umane a scapito di un altro. Ciascun mezzo d’espressione modifica profondamente la sensibilità umana in modi principalmente inconsci e imprevedibili” (McLuhan, Il paesaggio interiore) “Il punto è che ogni volta che usiamo un’estensione tecnologica di noi stessi, necessariamente la abbracciamo. Ogni volta che guardiamo la TV o leggiamo un libro, assorbiamo queste estensioni di noi stessi nel nostro sistema individuale, e sperimentiamo una automatica ‘chiusura’ o uno spostamento della percezione; non possiamo sfuggire a questo continuo abbraccio delle nostre tecnologie quotidiane, a meno che non sfuggiamo alle tecnologie stesse e ci ritiriamo in una caverna come eremiti” (McLuhan, Intervista a Playboy).

14 I media come ambiente (invisibile) Etimologicamente ambiens è “la materia fluida che gira intorno alla cosa, l’aria che la circonda” L’aria è invisibile: rischio dell’ “idiota tecnologico”

15 L’ambiente è invisibile “Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve ragazzi. Com’è l’acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: - Che cavolo è l’acqua?” (David Foster Wallace, Questa è l’acqua)

16 Sfuggire al determinismo e all’idiozia tecnologica “Comprendere è aver vinto mezza battaglia. Lo scopo fondamentale del mio lavoro è veicolare questo messaggio, che solo comprendendo come i media estendono l’essere umano, possiamo guadagnare controllo su di essi (…) Nessuno può sfuggire a questo attacco ambientale, perché, letteralmente, non c’è un posto dove nascondersi. Ma se riusciamo a diagnosticare cosa sta accadendo, possiamo ridurre la violenza del vento del cambiamento e portare gli aspetti migliori della vecchia cultura visuale, in questa fase di transizione, in pacifica coesistenza con la nuova società retribalizzata”. (McLuhan)

17 3. La cultura contemporanea: immersività e tattilità L’ambiente è tanto più invisibile, quanto più la cultura è immersiva: più siamo dentro, meno vediamo (  ruolo degli “immigrati digitali”) Le tre ere di McLuhan: – era tribale (oralità e coinvolgimento) – era visiva (astrazione e distacco) – era tattile (immersione e annullamento distanze)

18 Svolta tattile della tecnologie

19 Svolta tattile delle tecnologie “Fisicizzazione” del rapporto con le tecnologie: miniaturizzazione portabilità  mobilità (rivoluzione della radio a transistor e del walkman) individualizzazione convergenza interfacce user friendly e tattilità (magia: un “tocco” fa accadere le cose”)

20 Tattilità Estensione vs localizzazione Riduzione distanza, autoreferenzialità vs conoscenza (Kant) Sinestesia (convergenza sensoriale) (Magia)

21 “Vero è ciò che mi tocca”/ vero è ciò che mi piace Nancy: vero è ciò che mi tocca (La verità ci tocca, ma non tutto ciò che ci tocca è vero!) Kant (Antropologia pragmatica): capacità di alcuni sensi (l’udito, l’olfatto), di darci una percezione della realtà senza rappresentazione: ci dicono qualcosa sull’esistenza, ma non sulla forma Il tatto ci consente di conoscere la forma, ma nella “convergenza sensoriale” sta diventando sempre meno strumento di conoscenza dell’oggetto e sempre più fonte di piacere/dispiacere per il soggetto.  rischio che il vero diventi “ciò che mi tocca piacevolmente”

22 Dall’occhio “scopico” all’occhio “fagico”

23 Augmented senses, cultura immersiva e verità Dal senso come significato (dimensione semantica; direzione visuale) al senso come coinvolgimento sensoriale (la verità è ciò che mi tocca) Dal voler dire al saper sentire Dalla verità come evidenza di “altro” all’autenticità come sentire intensificato di sè

24 Sinestesia: musica dipinta (Kandinsky)

25 Tattilità dell’arte: informale materico (Burri)

26 Sinestesia: spazialismo (Fontana)

27 Tattilità e sensibilità

28 Tattilità e incorporazione

29 Neoralità e luoghi di parola: potere topogenetico del “visible speech”

30 4. Comunicare: perché? Liberarsi dal determinismo tecnologico e realizzare la vocazione relazionale umana (intenzionalità e libertà) Estendere i nostri spazi di esperienza e relazione, di conoscenza di sé e incontro con l’altro (opportunità di incontro e vicinanza) Ritessere la socialità e il “luoghi comuni” in un mondo frammentato e sfilacciato (gestione della complessità e manutenzione delle relazioni) Rigenerare l’esperienza e la riflessività attraverso il “giro lungo” della condivisione (estroflessione; ruolo dell’altro) Riattualizzare la questione del senso (significato/direzione) Rispondere al bisogno di realtà e di pienezza Connettere particolare-unico (testimonianza) e universale (verità) Abbattere la prigione dell’immanenza e aprirsi alla trascendenza e all’Altro che ci libera ……

31 Dall’ambiente mediale all’ambiente divino “Stabiliamoci nell’ambiente divino. Lo troveremo nella zona più intima delle anime, e nella parte più consistente della materia. Vi scopriremo, insieme alla confluenza di tutte le bellezze, il punto ultra-vivo, il punto ultra-sensibile, il punto ultra-attivo dell’universo, E, ad un tempo, sperimenteremo come si organizzi senza sforzo, nel profondo di noi stessi, la pienezza delle nostre capacità di agire e di adorare”. (Teilhard de Chardin)

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