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Il Business Plan.

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Presentazione sul tema: "Il Business Plan."— Transcript della presentazione:

1 Il Business Plan

2 definizione Business plan Uno studio che include:
l’analisi di mercato, del settore e della concorrenza il piano sviluppato dell’azienda su come presentarsi, con quali prodotti/servizi, perseguendo quali strategie, attraverso quale organizzazione.

3 introduzione Business plan…
…uno strumento di pianificazione operativa e al contempo strategica necessario a: definizione di visione e obiettivi imprenditoriali comprensione ambiente esterno all’impresa analisi della fattibilità economica e finanziaria del progetto pianificazione delle strategie e determinazione del piano operativo utilizzo del budgeting e analisi degli scostamenti per il controllo dei risultati dell’investimento definizione dell’assetto organizzativo necessario accesso alle fonti di finanziamento

4 accezione di un piano Comprendere l’estensione e i citati ambiti applicativi di un piano d’impresa significa andare al di là dell’accezione ristretta che comunemente viene assegnata ad un business plan, ossia di… strumento di presentazione di un progetto finalizzata al reperimento dei capitali mentre in realtà si pone come strumento gestionale, che accompagna la vita di una impresa anche ben oltre le fasi di start-up

5 fasi di un piano Business Plan (accezione allargata)
Nella sua accezione allargata, infatti, il business plan ha al contempo la natura di: Piano di fattibilità economico-finanziaria Piano di presentazione e sviluppo del progetto (accezione ristretta di business plan) Piano operativo Business Plan (accezione allargata)

6 a chi si rivolge FUNZIONE INTERNA
Il business plan è strumento con due funzioni: 1 Valutazione delle potenzialità di un progetto di investimento (per una start-up) o supporto alla gestione corrente del business (per aziende avviate). Misurando la sostenibilità finanziaria ed economica dell’attività, guidando l’implementazione del piano operativo d’impresa e stimolando il contributo e l’adesione alla mission aziendale di tutto il personale FUNZIONE INTERNA

7 a chi si rivolge FUNZIONE ESTERNA
2 Presentazione del progetto ad interlocutori esterni per l’ottenimento dei fondi necessari all’avvio delle operazioni. Il concetto di “esterni” si riferisce a persone che non hanno seguito il piano e che devono valutarlo al fine di un apporto di capitali (può infatti capitare che gli interlocutori appartengano alla medesima impresa, come nei casi di sottoposizione di business plan “interni” al Consiglio di amministrazione di grandi società). FUNZIONE ESTERNA

8 tipologie di business plan
Alla luce delle considerazioni su funzione e ambiti di applicazione, il business plan è strumento utile alle seguenti attività di analisi aziendale: Fattibilità di un investimento Richiesta di finanziamento Analisi di mercato (domanda e offerta) Valutazione di azienda Pianificazione strategica Budgeting Pianificazione operativa

9 cosa cambia con la new economy
Il business plan, o meglio l’attività di business planning, non viene a modificarsi di fronte ad iniziative Internet based. La percezione dell’esigenza di un diverso modo di pianificare è erroneamente indotta dal fatto che: le attività digitali richiedono un approccio gestionale differente, sotteso ai cambiamenti di logiche competitive e di consumo; le varie sezioni di cui si compone un business plan possono assumere importanza diversa rispetto ad una analoga attività off-line (la struttura stessa del piano, come vedremo, si modifica lievemente nella sezione dedicata al piano operativo).

10 alcune regole di redazione
A prescindere dalla bontà del progetto, un business plan, che si rivolga ad un pubblico “interno” (strumento di guida gestionale) o “esterno” (biglietto da visita di un progetto), deve rispettare alcune semplici regole di redazione: uno stile semplice ed essenziale un dosato impiego di grafici e tabelle rimandare in allegato documenti che descrivono in modo esteso alcuni aspetti (in genere tecnici), sempre che la loro presenza sia ritenuta fondamentale esplicitare sempre le ipotesi su cui si fonda il piano coinvolgimento diretto di imprenditore/manager contenere informazioni veritiere, accurate ed utili

11 la struttura di un business plan
Un piano di impresa si compone di due macro-aree: la parte descrittiva e quella economico-finanziaria. Sezione descrittiva: oltre alla presentazione della natura e finalità del progetto, deve comprendere elementi quali la visione imprenditoriale di fondo, l’analisi del mercato e della concorrenza, la descrizione dei prodotti/servizi offerti, il piano strategico ed operativo dell’investimento; Sezione economico-finanziaria: contiene le proiezioni di calcolo, ossia le stime di rendimento economico e di performance finanziaria del progetto. In ultimo, il ritorno atteso del capitale investito sia per i promotori dell’iniziativa che per gli eventuali finanziatori.

12 executive summary Nel caso di predisposizione di un piano economico-finanziario da presentare ad interlocutori esterni, può risultare utile redigere altresì un sintetico (due/tre pagine) documento che anticipi le linee essenziali di contenuto e finalità del business plan. Occorre prestare molta cura nella preparazione dell’executive summary, in quanto costituisce la prima “vetrina” del progetto e trasmettere così da subito una buona o cattiva impressione dello stesso. Inoltre, poiché ha l’obiettivo di riportare i tratti salienti del business, può servire come guida durante la redazione, una sorta di indice da usare durante la stesura del piano.

13 introduzione al piano e mission
E’ il modo corretto per partire. Descrivere la finalità del piano, l’obiettivo che si prefigge chi scrive nel presentare i risultati dello studio effettuato. Facendo seguire a questa breve introduzione quello che nei paesi anglosassoni si definisce mission statement, ossia il messaggio contenente natura e finalità dell’attività aziendale. Anche se non esiste una formula standard, questa definizione dell’obbiettivo deve contenere: benefici dell’offerta (per il consumatore) target di clientela politica di pricing adottata

14 Capitolo 1 1. Descrizione del business
Obiettivo di questa sezione è quello di descrivere l’ambiente in cui l’azienda opera o andrà ad operare da un lato, e di come la stessa intenda posizionarsi nel mercato in termini di offerta e posizionamento competitivo. Affrontando, in quest’ordine, i seguenti temi: analisi dell’azienda analisi del prodotto/mercato analisi del settore le strategie aziendali

15 Capitolo 1 1.1 analisi dell’azienda
Qualora il piano sia riferito ad una impresa già operante sul mercato, occorre da subito introdurre il lettore alla sua storia, fornendo elementi quali l’anno di avvio, l’assetto proprietario (nel tempo), la forma legale, le competenze maturate, l’attività tipica, etc… Non dimenticando altresì di citare eventi di carattere straordinario (cessioni, cambi direttivi…) che hanno interessato l’azienda, e se e in che modi la stessa appartenga ad un gruppo industriale e/o finanziario. Nei casi invece di una nuova realtà, occorre descrivere i partecipanti all’iniziativa e lo stadio di sviluppo delle attività in corso.

16 Capitolo 1 1.2 analisi del prodotto/mercato
Dopo aver tracciato il profilo dell’azienda o dei promotori dell’investimento, si passa a descrivere l’offerta alla base dell’idea di business. Occorre tuttavia associare i prodotti/servizi al target cui gli stessi sono indirizzati. Con il vantaggio di considerare l’offerta come strumento di soddisfazione di un bisogno di mercato. Oltre a evitare una defocalizzazione della propria azione imprenditoriale, nel comune errore di considerare la propria offerta valida “per tutte le stagioni”. In altri termini, attrattiva per molti consumatori con caratteristiche e bisogni differenti tra loro.

17 Capitolo 1 1.2 analisi del prodotto/mercato
Occorre così procedere alla segmentazione della domanda, ossia analizzare il bacino dei consumatori ed individuare dei parametri utili ad una analisi dei loro bisogni e motivazioni di acquisto. Per i beni di consumo, si fa riferimento ad una classificazione basata sui quattro livelli: socio-demografico, allorché siano considerate caratteristiche demografiche, quali età o sesso, econo-miche, quali il reddito, o geografiche, quali aree territoriali; psicografico, se l’analisi del target si concentra su elementi quali bisogni, motivazioni di acquisto, valori; vantaggi perseguiti, basata sulla valutazione dei vantaggi percepiti dal prodotto da parte del consumatore; comportamentale, basa sul comportamento di acquisto manifestato dai diversi gruppi di consumatori.

18 Capitolo 1 1.2 analisi del prodotto/mercato
Il processo di analisi ed individuazione del target consente di studiare come la propria offerta è in grado di soddisfare le attese del mercato (la domanda) ed esattamente a chi è rivolta (il target). Dall’associazione di prodotti/servizi ad una determinata fascia di clientela nascono le aree di affari, ossia le aree con cui è possibile scomporre l’attività d’impresa. Per essere efficaci, tuttavia, è necessario che le stesse siano: significative, ossia di dimensioni economiche tali da giustificare la focalizzazione aziendale; accessibili, vale a dire efficacemente (economicamente) raggiungibili dall’impresa.

19 Capitolo 1 1.3 analisi del settore
Il focus dell’indagine si sposta ora sulle caratteristiche dell’offerta, cioè sui competitori, sulla struttura dei canali distributivi e sul mercato di approvvigionamento. L’analisi deve svolgersi sia in chiave storica che prospettica: anzi è proprio lo studio dell’evoluzione dell’offerta (in relazione alla domanda) a fornire utili indicazioni sugli scenari competitivi attesi. In questo senso, occorre innanzitutto domandarsi in quale settore si opera o si va ad operare, per capirne il ciclo di vita. Come per i prodotti, infatti, anche i settori conoscono fasi di vita quali la nascita, lo sviluppo, la maturità e il declino. Ogni fase impone infatti logiche competitive differenti.

20 Capitolo 1 1.3 analisi del settore
In merito allo studio delle caratteristiche dell’offerta, occorre affrontare uno studio sul posizionamento delle imprese utilizzando: variabili di analisi che segmentino in questo caso la struttura dell’offerta (specializzazione, marca commerciale, integrazione verticale, etc., si veda Paragrafo 1.3.2) una matrice (pervasività tecnologica/valenza commerciale, riportata nella slide successiva) che chiarisca l’impatto delle nuove tecnologie sui player esistenti e sulle reali barriere di ingresso dell’arena competitiva.

21 Capitolo 1 1.3 analisi del settore
Matrice Pervasività delle tecnologie (produzione, logistica, marketing, vendita) Valenza commerciale (motivazioni di acquisto, fiducia, caratteristiche dell’offerta)

22 Capitolo 1 1.3 analisi del settore
Dopo aver esaminato la struttura e le caratteristiche del settore, occorre passare all’analisi dei competitori, suddividendoli in funzione della vicinanza al mercato target della propria iniziativa. Avremo così: concorrenti diretti / indiretti, a seconda che mirino a soddisfare esigenze di consumo simili o meno del target; concorrenti diretti primari, secondari… classificati in funzione della vicinanza al mercato di utenza; concorrenti inter o intra-channel, ossia tra player più o meno focalizzati su attività fisiche o digitali.

23 Capitolo 1 1.3 analisi del settore
In ultimo, per completare l’analisi, bisogna concentrarsi sui mercati di approvvigionamento da un lato, e quelli di sbocco dall’altro. Studiando in definitiva struttura e caratteristiche dei fornitori a monte e dei canali distributivi a valle. E’ possibile a questo punto procedere alla costruzione di mappe competitive, con la scelta di opportune variabili di classificazione in grado di determinare le caratteristiche della strategia di mercato dei concorrenti l’impresa può così verificare l’adeguatezza e l’efficacia di una determinata strategia, oltre all’esistenza di opportunità di mercato latenti

24 ORIENTAMENTO STRATEGICO
Capitolo le strategie Un’impresa deve esplicitare in questa sezione l’insieme delle strategie esplicite o implicite che adotta o intende adottare sul mercato come al suo interno (organizzazione). In genere, strategia più o meno implicita è quella che attiene ai valori, le idee e gli atteggiamenti del suo personale, ossia la cultura aziendale. Definita dalla dottrina come ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO

25 L’orientamento strategico di fondo si compone di tre aree interagenti:
Capitolo le strategie L’orientamento strategico di fondo si compone di tre aree interagenti: Impostazione organizzativa: il peso assegnato alle risorse umane, la definizione di funzioni e ruoli organizzativi, i meccanismi organizzativi di riconoscimento; Filosofia gestionale: la sfera di idee, atteggiamenti e motivazioni che guidano gli uomini d’impresa nelle relazioni aziendali interne ed esterne; Obiettivi di fondo: ossia le ambizioni e aspirazioni in termini di performance qualitativa e quantitativa e il bilanciamento tra i due obiettivi aziendali di successo sociale e reddituale.

26 Capitolo le strategie Le strategie aziendali sono individuate da quel connubio di azioni ed atteggiamenti volti a conseguire il successo aziendale in senso esteso (e dunque non solo in termini di profitto). Occorre così esplicitare il piano di impresa circa: le strategie sociali, ossia fini ed obiettivi delle politiche di relazioni interne ed esterne all’impresa; le strategie competitive, in termini di posizionamento rispetto ai competitori, di ricerca di leve di differenziazione, di ottenimento di vantaggi concorrenziali sostenibili e durevoli.

27 Capitolo le strategie Le strategie competitive, a loro volta, si dividono tra strategie a livello azienda e a livello di area di affari . Tra le prime abbiamo: le strategie organizzative, attinenti alla definizione della struttura aziendale adeguata alle esigenze di mercato; le strategie produttive, con scelte in tema di make or buy, tecnologia adottata, processi, logistica; le strategie economico-finanziarie, miranti ad obiettivi di razionalizzazione patrimoniale, di ottimizzazione della struttura del capitale, bilanciamento finanziario; le strategie di Comunicazione, consistenti nella strategia di comunicazione verso l’esterno, suddividibile tra comunicazione di azienda e quella di offerta (in realtà quest’ultima appartiene al livello di area di affari).

28 STRATEGIE DI AREE DI AFFARI
Capitolo le strategie Coerentemente alla individuazione delle aree di affari, e dunque alla scomposizione dell’azione imprenditoriale a livello di sotto-unità di business, le strategie competitive devono essere “segmentate”. Occorre, in altri termini, esporre in ultimo come l’iniziativa intenda sviluppare la sovraordinata strategia competitiva aziendale nelle singole aree di affari, con il risultato di evidenziare le sue STRATEGIE DI AREE DI AFFARI utili per la traduzione della visione strategica in piani operativi concreti oltre che a porsi in grado di misurarne l’efficacia

29 Capitolo le strategie Le strategie di aree di affari, invece, si possono ricondurre alle seguenti strategie: le strategie copertura del mercato, attinenti alla definizione dei confini dell’azione commerciale di ciascuna linea di business, attraverso attività e scelte di segmentazione e presidio territoriale; le strategie di offerta, che fa leva su due dimensioni dell’offerta, le funzioni di prodotto e il livello di servizio, attraverso le quali definire il livello di personalizzazione dell’offerta rispetto alle esigenze della clientela target.

30 Capitolo 2 2. Il piano operativo
Completata la presentazione ed analisi dello studio sulla propria offerta, sul settore, sulle proprie strategie, il piano di impresa deve ora abbandonare la dimensione strategica per passare alla dimensione operativa. In pratica, deve esplicitare le modalità concrete del suo piano di sviluppo sul mercato su temi quali: localizzazione produzione & macchinari logistica piano di marketing break-even operativo budget di marketing

31 Capitolo 2 2.1 la localizzazione
A seconda dell’attività, l’impresa deve esporre le scelte di localizzazione commerciale e produttiva, sottolineando le motivazioni che hanno determinato la soluzione adottata. Tra queste possiamo annoverare, rispettivamente: scelte commerciali - vicinanza al mercato di consumo, coerenza con le esigenze del target, pubblicità indotta, etc.. scelte produttive - esigenze di approvvigionamento, disponibilità di manodopera, vicinanza ad infrastrutture di comunicazione o a fonti di know-how, etc.. Precisando che questa analisi deve considerare, oltre alla situazione esistente, anche la prevedibile evoluzione dei fattori esterni in grado di modificare il contesto.

32 Capitolo 2 2.2 la produzione
Altro tema è quello della produzione, in cui l’obiettivo di analisi si deve soffermare su aspetti quali: la descrizione del processo di trasformazione adottato le caratteristiche in termini di benefici ma anche di complessità (ed eventuale rischiosità) del processo i previsti meccanismi di controllo qualitativo il lay-out produttivo i macchinari necessari al raggiungimento degli obiettivi quali-quantitativi dell’output

33 Capitolo 2 2.1-2* localizzazione e produz.
Una peculiarità deve essere evidenziata in questa sezione per attività Internet based, tale per cui è forse l’unico punto del processo di pianificazione che può seguire una struttura di analisi oltre che espositiva differente. Localizzazione e produzione sono infatti temi specifici alla tipologia di attività svolta, e così per le realtà on-line, dove: i locali fisici lasciano (anche se talvolta non completamente) lo spazio ai locali virtuali (front-end); l’impianto di produzione alla infrastruttura tecnologica del sito (back-end).

34 Capitolo 2 2.1-2* localizzazione e produz.
In merito al front-end l’imprenditore deve descrivere l’ambientazione del luogo virtuale che costituirà il punto di vendita della sua offerta. In particolare, si dovrà soffermare su: contenuto, in termini di mera esposizione dei prodotti/servizi offerti, raggruppati in categorie omogenee e all’interno di una mappa; stile, coerente all’immagine e agli obiettivi di marketing; funzionalità, come insieme delle caratteristiche grafiche e tecniche che consentono di massimizzare aspetti quali la facilità di accesso, di navigazione, di trasmissione e scarico di informazioni.

35 Capitolo 2 2.1-2* localizzazione e produz.
Il back-end, invece, al par dell’area produttiva di una società industriale, comporta uno studio a livello: tecnologico, volto a definire hardware e software necessari all’attività aziendale e il supporto per la gestione corrente; produttivo, mirante ad analizzare il flusso di erogazione dei prodotti/servizi; informativo, per temi quali l’implementazione e l’utilizzo di database di dati. Inoltre, l’analisi deve chiarire l’attitudine dell’infrastruttura ad essere ampliata nel tempo (scalability tecnologica), il piano di protezione tecnologico ed organizzativo adottato e i sistemi di pagamento previsti per le transazioni monetarie.

36 la distribuzione, ossia la scelta dei canali distributivi adottata.
Capitolo la logistica Altro tema che deve essere affrontato è la logistica, in una analisi che dovrà concentrarsi su aspetti quali: la movimentazione, ossia i mezzi impiegati nel trasporto, le risorse umane dedicate, la gestione dei flussi informativi, la velocità di consegna,… il magazzino, tra cui descrizione e caratteristiche dei locali dedicati e della merce stoccata, la capacità residua in ipotesi di crescita… la distribuzione, ossia la scelta dei canali distributivi adottata.

37 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
In questa sezione, compito di chi effettua questo processo di pianificazione è quello di dimostrare come intende tradurre le strategie competitive in un concreto piano delle vendite. Per ottenere questo risultato, occorre affrontare le seguenti fasi: 1) Esplicitare gli obiettivi di marketing, ossia chiarire gli obiettivi quali-quantitativi della politica commerciale, anche al fine di utilizzarli come dati comparativi per il rilevamento della performance di mercato (in questo senso dovrebbero essere esplicitati a livello di area di affari). Nelle Internet companies, obiettivi di marketing critici al raggiungimento delle economie di scala (della rete) sono la dimensione dell’attività e il tasso di fidelizzazione della clientela.

38 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
2) Verificare la coerenza delle strategie commerciali correnti non solamente con la politica di marketing ma soprattutto con le complessive strategie aziendali, da quella competitiva a quella sociale. 3) Definire le leve di marketing-mix, dal prodotto (servizio) al prezzo, promozione / pubblicità e canali di distribuzione / vendita. Vediamole distintamente. Prodotto/servizio Al di là di quanto enucleato circa l’offerta nel capitolo 1, si tratta di approfondire aspetti quali la produzione fisica, la creazione degli accessori di prodotto (es., assistenza post-vendita) e la commercializzazione.

39 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Prezzo Elemento fondamentale nella politica di marketing, per essere correttamente determinato deve tenere in considerazione i seguenti aspetti: A livello di prodotto elasticità/rigidità della domanda percezione della componente prezzo A livello di azienda struttura dei costi piano delle vendite e livello di profitto atteso

40 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Prezzo (segue) Per il prezzo esiste un limite inferiore al di sotto del quale l’azienda non dovrebbe spingersi se non vuole incorrere in sicure perdite economiche. Ossia il costo variabile totale. Tuttavia, si possono riscontrare casi estremi in cui l’impresa evidenzi nel piano come intenda spingersi al di sotto di questa soglia, ed operare così in perdita. Ad esempio, per motivi di redditività complessiva (ossia incorrere in perdite con un prodotto per spingere le vendite di un altro prodotto ad offerta complementare), o infine per motivi strategici (innalzare barriere all’ingresso).

41 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Pubblicità/promozione Ossia la complessiva politica di comunicazione volta ad influenzare le attitudini di consumo. Tra esse, il piano deve esplicitare come l’impresa intende muoversi in termini di: Pubblicità diretta - ossia la comunicazione che ha per tema l’azienda e i suoi prodotti, e che sfrutta i media (radio, Tv, giornali, riviste), i canali diretti (volantini, posta, telefono) o una forma ibrida quale il Web. Pubblicità indiretta - forma di comunicazione che si indirizza all’oggetto da promuovere come riflesso di un evento esterno (il caso classico è la sponsorizzazione).

42 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Promozione - circoscritta a tutte quelle forme di incentivazione non ordinarie, quali sconti di lancio di prodotto, coupon di acquisto, campioni gratuiti.. Merchandising - nell’accezione di strumenti volti a valorizzare la visibilità dell’offerta e l’esposizione dei prodotti in vendita. Canali di distribuzione/vendita Esplicitando non più la scelta del canale distributivo, ma illustrando come tale scelta sia coerente al target, alla politica commerciale e agli obiettivi economici prefissati. Operazione possibile affrontando le seguenti tematiche:

43 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Canali di distribuzione/vendita (segue) Costo/benefici - ossia soppesando i benefici commerciali di una determinata scelta con i relativi costi; Caratteristiche del prodotto - idoneità della soluzione distributiva rispetto alla proprietà dei prodotti; Caratteristiche del mercato - situazione di contesto e verifica della disponibilità/accesso ad un canale; Strategia di marketing-mix - coerenza della scelta rispetto alle altre leve di marketing.

44 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
3bis) Definire le leve di marketing-mix per le attività Internet, riassunte in prodotto (servizio), assistenza all’utenza, prezzo, promozione / pubblicità, accessibilità / navigazione, personalizzazione / interazione. Prodotto/servizio Rispetto alle realtà off-line, in genere il peso delle componenti accessorie diviene più rilevante: per es., i prodotti e servizi liberamente erogati per attrarre traffico o per ottenere informazioni sui consumatori. Assistenza all’utenza Occorre illustrare gli strumenti studiati per assistere in ogni fase di interazione i clienti e i navigatori (FAQ, , numero verde o chat, formazione del personale..)

45 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Prezzo Verifica della strategia di prezzo rispetto alla sovraordinata politica di marketing, alla luce di una elasticità media dei prodotti offerti in rete in genere più alta. Promozione / pubblicità Si tratta di esplicitare le azioni pubblicitarie on-line che si intendono perseguire unitamente o meno all’impiego di canali off-line. Per es., motori di ricerca, messaggi , link da siti web, segnalazione a comunità, pubblicità cartello (banner). Oltre ad eventuali iniziative promozionali descritte in precedenza nelle leve off-line.

46 Capitolo 2 2.4 il piano di marketing
Accessibilità / navigazione Studio della struttura del sito, livelli di accesso, ambientazione e profili di navigazione, coerentemente ad aspetti quali design/posizionamento offerta e funzionalità. Personalizzazione / interazione L’imprenditore deve chiarire se e in che modo intende perseguire una politica di personalizzazione dell’offerta (mediante la quale individuare profilo ed attitudini del consumatore) offrendo leve di erogazione di servizio taragettizzate. Inoltre, se sarà data la possibilità a chi naviga di interagire e di comunicare attivamente.

47 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
4) Occorre a questo punto sviluppare un piano delle vendite, operando una scelta in termini di TECNICA di INDAGINE e LIVELLO di ANALISI

48 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
Tecnica di indagine Differenti metodologie di analisi utili al calcolo delle previsioni di vendita, riassumibili nel seguente schema: Natura* Base di indagine* Tecniche Qualitativa Quantitativa Passato Futuro Estrapolazione storica x Trend settoriale Fattori di mercato Ritorno di marketing Indagini di mercato Stime di manag., dip. e esperti * prevalenti

49 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel passato Si tratta di metodi di stima che fanno riferimento all’andamento passato di variabili interne o esterne, quali: i dati aziendali (estrapolazione storica), nella considerazione dei tre elementi di trend di base, ciclicità e stagionalità; i dati di settore (trend settoriale), parametrando i passati tassi di crescita del mercato dell’offerta allo sviluppo atteso nel futuro (formula del CAGR); i fattori di mercato, ove si possa correlare il fatturato a dati esterni acquisibili sul mercato; il ritorno di marketing, stimando i ricavi in funzione del budget pubblicitario.

50 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel futuro Metodi alternativi possono basarsi più direttamente su dati di stima futuri, come nel caso di: indagini di mercato, ove disponibili. Si tratta di studi ad hoc sul mercato dove possono essere già presenti previsioni e scenari di evoluzione. stime e pareri di manager, dipendenti ed esperti, nel caso in cui vi sia il coinvolgimento di personale interno od esterno in grado di effettuare stime di mercato basandosi sull’esperienza oltre che su contatti e conoscenze personali con clienti / fornitori (tecnica PERT).

51 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
Livello di analisi Una volta ottenute le stime di vendita per prodotto (o per lotto minimo di vendita), occorre scegliere a quale livello di indagine è utile schematizzarne i risultati: per esempio, per prodotto / linea / lotto, classe merceologica, area di affari, canale di vendita…. Oltre a decidere l’orizzonte temporale ed il grado di periodicità. Non dimenticando che, ai fini di controllo, il livello di esposizione del dato di vendita deve coincidere con il livello di cui si dispongono i dati di costo industriale, al fine di un efficace confronto di costo-ricavi.

52 Capitolo 2 2.4 il piano delle vendite
4bis) Relativamente alle attività Internet, un modello diffuso nella costruzione del piano delle vendite è quello che si basa sulle tre fasi di attrazione conversione ritenzione usando altresì come fonti di ricavo le tre leve di pubblicità transazione accesso

53 Capitolo 2 2.5 il break-even operativo
Sia all’imprenditore (per la verifica della sostenibilità economica delle scelte operate) che all’interlocutore esterno (per un giudizio sui valori attesi di ritorno economico) è importante determinare il break-even operativo, ossia il punto di pareggio tra costi totali e ricavi totali dato dalla formula: Q = Cf / (Pr - Cvt)

54 Capitolo 2 2.5 il break-even operativo

55 Capitolo 2 2.5 il break-even operativo
Valgono alcune considerazioni: nel procedimento di calcolo la capacità teorica va confrontata con le stime di vendita e la capacità effettiva; nel caso in cui ci si riferisca ad una azienda multiprodotto (a vendite non correlate), occorre adottare soluzioni basate sul punto di pareggio: per scelte di produzione, selezionando i prodotti a margine di contribuzione assoluto più alto per competenza, ripartendo i costi fissi per prodotto e attuando analisi separate temporale, determinando il tempo di BEP sulla base delle stime di vendita effettuate

56 Capitolo 2 2.6 il budget di marketing
In questo paragrafo, occorre esplicitare l’approccio adottato nella determinazione del budget assegnato alle iniziative di marketing. Tra le alternative, i metodi di: % sulle vendite, correlando le risorse a una percentuale del volume (atteso o passato) delle vendite Disponibilità di risorse, semplicemente stanziando i capitali disponibili per questa area della gestione Perseguimento degli obiettivi, calcolando il volume delle risorse necessarie al perseguimento degli obiettivi di marketing prefissati

57 Capitolo 3 3. Struttura e management
Sia per l’importanza della tematica nel processo di pianificazione, sia per la rilevanza assegnata alle risorse umane da parte di interlocutori esterni, la definizione della struttura aziendale e dell’organizzazione delle risorse umane è parte fondamentale in un business plan. Dividiamo questa sezione del piano in due aree: l’organizzazione la struttura

58 Capitolo 3 3.1 l’organizzazione
Viene qui presentato: il management della società, evidenziando expertise e se del caso i passi ancora da compiere nella preparazione, e come il team si sia organizzato per raggiungere un elevato livello di know-how; l’organigramma, con la definizione precisa di ruoli e responsabilità gestionali; il piano di motivazione, ossia di come la cultura aziendale intenda agire per avvicinarsi ai bisogni e le aspettative del suo personale interno e dei collaboratori (es. piano degli incentivi).

59 In questa parte vengono esplicitate le scelte in termini di:
Capitolo la struttura La struttura In questa parte vengono esplicitate le scelte in termini di: forma giuridica, avendo cura di esplicitare gli accordi sottoscritti dai soci (in genere vincolanti per un certo periodo di tempo), i riflessi fiscali, amministrativi e legali. Tutti aspetti rilevanti, con un impatto sulla gestione corrente spesso sottovalutato; servizi esterni, presentando i professionisti collaboratori nell’iniziativa (gestione attività on-line ove non sia core-business, assistenza legale-fiscale, assicurazione); Licenze, concessioni e autorizzazioni.

60 Capitolo 4 4. Le risorse di finanziamento
In questa sezione, l’imprenditore deve illustrare le forme di finanziamento con cui intende sostenere l’attività. Affrontando temi quali: il capitale investito (il totale delle risorse necessarie all’avvio e alla gestione del business); le fonti (ossia le forme di finanziamento previste); il piano di ammortamento e remunerazione del capitale (come si prevede avverrà il rimborso dei capitali di prestito e con quale ritorno economico); la valutazione del credito (una riprova indiretta della validità del progetto basata sul confronto capitali assorbiti-capitali generati).

61 Capitolo 4 4.1 il capitale investito
Rappresenta il fabbisogno finanziario dell’attività, e al di là del suo ammontare, è interessante anche alla luce di: 1) ammontare e composizione dell’attivo, del capitale netto e del capitale di debito esistente o previsto

62 Capitolo 4 4.1 il capitale investito
Il capitale investito (segue) 2) tipologia dell’attività svolta, con i riflessi sulla composizione del capitale investito (attività industriali capital intensive, di servizi…) 3) situazione del mercato, implicanti tutti quei fattori socio/economici e politici a carattere esogeno che impattano non solo sulla quantità ma anche qualità dei capitali che è possibile raccogliere

63 capitale sociale, utili e prestito soci
Capitolo le fonti Si dividono in fonti interne e esterne a seconda della natura (capitale di investimento v/s di debito) e di chi eroga il denaro (socio v/s finanziatore). Sono ulteriormente disaggregabili in: Fonti interne capitale sociale, utili e prestito soci modifiche alla struttura del capitale esistente Fonti esterne finanziamento commerciale debiti verso banche e istituti finanziari collocamenti azionari/obbligazionari leasing e pagamenti rateali fondi pubblici ed agevolazioni finanziarie o fiscali

64 Capitolo 4 4.3 ammort. e remun.del capitale
L’imprenditore deve presentare i risultati circa la redditività offerta garantita ai vari investitori e finanziatori, unitamente ad una proposta del piano di rientro degli eventuali capitali presi a prestito (modalità di rimborso). Il primo punto si chiarisce evidenziando essenzialmente il valore dell’impresa e delle sue quote da un lato, e dal tasso di interesse e il suo metodo di calcolo (es., base annuale, trimestrale…) dall’altro. Il secondo, invece, si definisce attraverso un piano di rientro del capitale, con ammontare e distribuzione di rate di rimborso, in quota interessi e di capitale. Si può far riferimento a due metodi alternativi diffusi, quello a rate costanti (“alla francese”) o decrescenti.

65 Capitolo 4 4.4 valutazione del credito
Esistono alcuni metodi di calcolo che consentono di verificare la validità economica e finanziaria del piano oggetto di studio. Si basano sulla costruzione di indicatori il cui valore “preditivo” non deve però essere interpretato prescindendo dal contesto e dalla dimensione qualitativa del piano. Tra di essi: Indicatori di copertura finanziaria Modello zeta scoring Modello DRL

66 Capitolo 4 4.4 valutazione del credito
Indicatori di copertura finanziaria Autofinanziamento sul debito = Debiti finanziari / EBITDA Copertura degli interessi = EBIT / Oneri finanziari Zeta scoring Modello che rileva la solidità finanziaria dell’iniziativa attraverso la determinazione di un valore dato dalla somma di cinque indicatori. DRL Al pari dello Zeta scoring, è modello che mira a indagare la solidità della gestione finanziaria del progetto, con la costruzione dell’indicatore DRL = Potenziale di Cassa / Uscite Correnti

67 Capitolo 4 nota: quantif. capitale di debito
Infine una nota. Per determinare l’esatto capitale di prestito che occorre reperire per lanciare l’iniziativa in ipotesi di insufficiente finanziamento “interno”, occorre procedere costruendo uno schema previsionale di cash-flow (budget di tesoreria) omettendo la voce <capitali di debito> e <interessi (su tali capitali)> e verificare l’andamento della liquidità su base mensile. Individuato il picco minimo atteso, occorre calcolare un capitale di debito che sia in grado di: coprire il fabbisogno emerso garantire un margine di liquidità alla gestione considerare l’effetto dell’inserimento delle rate di ammortamento del capitale e dei relativi interessi

68 Capitolo 5 5. Schemi economico-finanziari
Passando alla seconda parte del piano, quella relativa agli schemi economico-finanziari, occorre definire la struttura di calcolo da seguire al fine di raggiungere obiettivi di chiarezza ed efficacia espositiva. Un suggerimento è quello di ordinare gli schemi e le informazioni attraverso una esposizione dei dati in questo modo: Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati Area finanziaria Area economica

69 Capitolo 5 ipotesi alla base dei dati
Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati Occorre, prima di introdurre il lettore ai calcoli, comporre la lista delle principali assunzioni che sono state decise per la proiezione dei risultati economico-finanziari. In realtà, ogni singolo calcolo parte da una ipotesi; il fine tuttavia non è quello di elencare minuziosamente tutte le assunzioni contenute nel piano, ma di evidenziare semplicemente quelle principali, che rivestono cioè un impatto significativo nei numeri. In genere queste variabili coincidono con quelle che sono alla base dell’analisi di sensitività (vedi in prosieguo).

70 Capitolo 5 area economica e finanziaria
Area finanziaria ed area economica Nonostante vi siano schemi contenenti dati sia patrimoniali / reddituali che finanziari, è utile cercare di suddividere gli schemi nelle due aree, Economica e Finanziaria, a seconda della loro natura prevalente, come nello schema di pagina successiva. In termini di ordine nella costruzione degli schemi, si suggerisce di seguire quanto indicato nell’allegato CD-Rom, che costituisce una guida nella fase di redazione della sezione di calcolo di un business plan.

71 Capitolo 5 area economica e finanziaria
Area finanziaria Area economica Materiali di supporto all’analisi di cash-flow Proiezione di vendite e magazzino Cash-flow Costi di start-up Break-even finanziario Break-even economico Ammortamenti Conti economici Bilanci Indici

72 Capitolo 5 analisi di sensitività
L’analisi di sensitività è quella tecnica manageriale che cerca di individuare le variabili critiche alla performance reddituale o finanziaria di un progetto. Lo scopo è quello di costruire più scenari economici assegnando a queste variabili valori di massima e di minima al fine di verificare lo scostamento nella performance imprenditoriale indotta da tali cambiamenti. Si indaga così la sensibilità del business al variare di alcune ipotesi di calcolo, e dunque, indirettamente, l’attendibilità (o rischiosità) dei risultati economico-finanziari esposti. Inoltre, è utile che l’individuazione delle variabili critiche anteceda la costruzione di fogli elettronici di calcolo, affinché il management abbia a disposizione una visione organica di queste ipotesi di base.

73 Capitolo 8 8. Il controllo gestionale
Un progetto di investimento deve prevedere sin dalle sue origini meccanismi di controllo in grado di fornire informazioni di performance con l’obiettivo di un costante miglioramento gestionale. Oltre alla natura del controllo (qualitativo, quantitativo), il livello di indagine può riferirsi ad una dimensione: strategica, indirizzata all’esame dell’andamento dell’impresa, delle aree di affari o dei prodotti / servizi; operativa, mirata all’esame delle aree gestionali o delle leve manageriali.

74 Capitolo 8 8. Il controllo gestionale
Inoltre, le due tipologie di controllo sono: controllo operativo, ossia legato ai risultati delle azioni gestionali correnti; economico-finanziario, il cui obiettivo consiste nell’analisi della complessiva performance reddituale e finanziaria dell’impresa e della sua origine. A sua volta, il controllo operativo si divide in controllo: dei costi della qualità commerciale.

75 Capitolo 8 8.1 il controllo commerciale
Una parte rilevante del controllo operativo è rappresentata dal controllo commerciale, che mira a misurare il ritorno delle politiche di marketing. In particolare attraverso: il ritorno informativo la raccolta, la rielaborazione e l’analisi delle informazioni di natura qualitativa provenienti dal mercato (consumatori, distributori, agenti, studi sul comportamento di acquisto,…) il controllo del budget analisi della performance conseguita rispetto al budget delle vendite, volto a determinare altresì l’efficacia degli investimenti di marketing scomponendo il risultato di ogni singola azione commerciale (profitto di marketing)

76 Capitolo 8 8.1 il controllo commerciale
Relativamente al ritorno informativo per le imprese Internet, esistono strumenti di indagine e metodologie di analisi caratteristiche della rete. Dati quali…numero di accesi, pagine viste, percorsi di navigazione, tempi di collegamento, etc… forniscono informazioni quali atteggiamento, profilo, bisogni espressi degli utenti che possono efficacemente indirizzare la politica commerciale dell’azienda l’imprenditore deve tuttavia chiarire non tanto la quantità e la qualità dei dati che saranno disponibili, quanto quelle su cui si concentrerà l’indagine e la finalità di questo utilizzo

77 Capitolo 8 8.2 il controllo economico-finanz.
La performance economica e finanziaria dell’impresa e unità di business viene invece indagata con l’ausilio di strumenti interpretativi quali gli indicatori di bilancio. Tra di essi: Indicatori di liquidità liquidità primaria (Att. Corr. - Magazzino) / Pass. Corr. liquidità secondaria Att. Corr. / Pass. Corr. Indicatori del ciclo commerciale rotazione dei crediti (Crediti netti/Vendite) * 360 rotazione del magazzino (Magazzino/Vendite) * 360 rotazione debiti comm (Debiti vs fornit./Acq. beni e serv.) * 360

78 Capitolo 8 8.2 il controllo economico-finanz.
Indicatori di indebitamento debt ratio Totale Indebit. / Cap. Investito debt equity ratio Totale Indebit. / Cap. Netto long term debt ratio Pass. Consolidate / Cap. Investito Indicatori di redditività Roi Reddito operativo / Cap. Investito Roe Reddito netto / Cap. proprio

79 Capitolo 9 9. Valutazione degli investimenti
Scopo di questa sezione è quella di esporre alcuni strumenti che consentano di integrare con metodi di calcolo l’analisi sulla redditività e solidità finanziaria del progetto. Ossia supportando il processo valutativo con tecniche di analisi degli investimenti. Tuttavia, prima di passare ad alcuni dei più diffusi metodi di valutazione, occorre chiarire natura ed elementi di una variabile che sta alla base di queste tecniche di analisi IL TASSO DI SCONTO

80 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Il profilo finanziario di una operazione di investimento viene giudicato in base a: entità dei flussi associati all’investimento “migliore l’investimento che produce il maggior flusso di entrate” la loro distribuzione temporale “migliore l’investimento che produce flussi finanziari più a breve termine” Tuttavia, nell’ipotesi in cui due alternative di investimento producano risultati controversi (una migliore distribuzione temporale e una minore entità dei flussi o viceversa), il parametro di valutazione diviene il valore finanziario del tempo

81 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Secondo il principio del valore finanziario del tempo, il valore di una somma di denaro decresce nel tempo, e ciò a causa del concorrere di tre fattori: Inflazione Preferenza per la liquidità Rischio del progetto Ossia l’incremento generale dei prezzi che diminuisce il potere di acquisto del denaro, che induce l’investitore a desiderare un rientro dei capitali investiti nel più breve tempo possibile Al di là dell’effetto inflattivo, veloci rientri di capitale consentono l’impiego in continue opportunità di investimento

82 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto Fattori di varia natura che possono costituire una minaccia per la remunerazione del capitale se non il capitale stesso: inflazione (già considerata come variabile indipendente) congiuntura economica (andamento espansivo v/s recessivo) caratteristiche del settore (ciclo di vita, azioni della concorrenza, grado di evoluzione tecnologica,…) posizione dell’impresa (punti di forza e di debolezza) profilo del progetto (grado di innovatività, capacità del management..) rischio paese (stabilità istituzionale e socio-economica del paese di investimento)

83 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue) Tutti i fattori citati vengono espressi nella valorizzazione di un tasso di interesse, che equivale al tasso di remunerazione ritenuto soddisfacente da parte degli investitori. L’operazione avviene attualizzando i flussi finanziari di un investimento attraverso la formula: Valore dei flussi (al tempo 0) =  Flusso n * 1/ (1+i n) dove i è pari al tasso di interesse richiesto.

84 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue) Nella formula del wacc, considerazioni e metodi di calcolo particolarmente complessi valgono per la determinazione del tasso Ke, o costo del capitale di rischio. Alcuni dei metodi impiegati sono: Capital Asset Pricing Model (CAPM) tasso di distribuzione / ritenzione degli utili costo opportunità

85 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Capital Asset Pricing Model Secondo il CAPM, il costo del capitale viene determinato dalla formula Ke = Rf + MPR *  Rf = rendimento di titoli privi di rischio MPR = premio per il rischio di mercato  = sensibilità del titolo dell’impresa al rischio medio di mercato

86 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Tasso di distribuzione /ritenzione degli utili E’ un approccio adatto a calcolare Ke nell’ipotesi di emissione di nuovo capitale o di utilizzo del capitale derivante dal reinvestimento degli utili. Nella prima ipotesi: Ke = Do * (1+g) / P (1-f) + g Do = dividendo (supposto costante nel tempo) g = tasso di crescita attesa del dividendo f = costo % di collocamento di nuove azioni Nella seconda ipotesi, la formula rimane identica con l’unica eccezione della omissione del fattore (1-f) al denominatore.

87 Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto
Costo opportunità Metodo empirico che suggerisce di adottare nella selezione del tasso ke il saggio di remunerazione ottenibile da investimenti alternativi. Alla semplicità di questo metodo fa da contrappeso il fatto che non prende in considerazione gli aspetti peculiari di rischio del progetto oggetto di valutazione. In pratica, non fornendo un giudizio sulla effettiva redditività dell’investimento.

88 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Tra metodi di valutazione di un progetto di investimento che possono efficacemente integrare l’attività di business planning con risultati di performance finanziaria, considereremo i seguenti: Valore Attuale Netto Indice di Rendimento Attualizzato Tasso Interno di Rendimento Valore Economico Aggiunto Break-even finanziario

89 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (1/2) Metodo che determina il valore di un investimento attraverso la somma algebrica dei flussi finanziari in entrata e in uscita generati dall’investimento stesso. Flussi che vengono debitamente attualizzati al tasso di sconto o remunerazione i: VAN (al tempo 0) =  Flusso n * 1/ (1+i n) - C C = costo dell’investimento iniziale (al tempo 0) Progetti con un VAN positivo sono giudicati remunerativi.

90 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (2/2) Tuttavia, soprattutto negli start-up imprenditoriali, la fase di impianto, in cui gli investimenti vengono realizzati, è spesso superiore al periodo di avvio, il che rende più corretta l’applicazione della formula che contrappone il valore attuale delle entrate e delle uscite considerate separatamente: VAN =

91 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (1/2) Concettualmente simile al metodo del VAN, se ne discosta semplicemente perché il confronto fra esborso iniziale e flussi futuri non avviene per somma algebrica ma attraverso il rapporto fra i valori: IRA = [  Flusso n * 1/ (1+i n) ] / C Progetti con un IRA maggiore all’unità sono giudicati remunerativi. A differenza del VAN, che classifica i progetti per valore assoluto di remunerazione, l’IRA li classifica per tasso % di redditività (ossia di rendimento del capitale).

92 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (2/2) Tuttavia, analogamente a quanto avviene per il VAN, anche la formula dell’IRA si modifica nelle ipotesi di periodi di impianto successivi al tempo iniziale t0: IRA =

93 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (1/2) Il TIR è quel tasso di sconto r che, nella formula del VAN, rende la sommatoria dei flussi di ritorno pari all’investimento iniziale C: C =  Flusso n * 1/ (1+r n) In pratica r è il tasso lordo (rispetto agli oneri finanziari) di rendimento complessivo dell’investimento, che deve essere confrontato con il tasso di remunerazione richiesto i al fine di pervenire alla valutazione del progetto: per valori superiori ad i il progetto è positivo, per valori inferiori invece non assicura il tasso di redditività richiesto dagli investitori.

94 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (2/2) Sempre sulla base di una dinamica di flussi in uscita in periodi temporali estesi (in contrapposizione all’ipotesi di un unico investimento C effettuato al tempo t0) , modifichiamo la formula nel seguente modo: Σ Flusso (uscite) n * 1/(1+i) n = Σ Flusso (entrate) n * 1/(1+r) n

95 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Valore Economico Aggiunto (EVA©) A differenza dei metodi esposti in precedenza, focalizzati su valori finanziari, EVA è un approccio che valuta la performance economica di una impresa o di un singolo progetto. In sintesi, misura il ritorno di un investimento attraverso la formazione nel tempo di un sovrareddito che supera il costo medio del capitale secondo la formula: Valore prodotto =  EVA n * 1/ (1+c)n EVA = NOPAT - (Cap. Investito Netto * c) c = costo medio del capitale

96 Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione
Break-even finanziario Si quantifica nel numero di periodi (in genere anni o mesi) necessari ad arrivare al punto di equilibrio finanziario, ossia il break-even tra i flussi in uscita e in entrata generati da un investimento. Coerentemente al principio della preferenza per la liquidità espressa dagli investitori, il break-even finanziario fornisce così una ulteriore informazione sul progetto, che integra, più che sostituire, il giudizio sulla validità finanziaria ed economica degli altri indicatori. Al fine di considerare il valore finanziario del tempo, è utile, soprattutto per progetti con piani lunghi di rientro, attualizzare i flussi (break-even finanziario attualizzato).

97 allegati Costituiti da tutta quella serie di documenti utili a descrivere caratteristiche e natura del progetto, fornendo elementi ed informazioni che supportano o integrano quanto viene esplicitato nel piano. Alcuni esempi: piantine dei locali commerciali e/o produttivi curricula del management profilo dei collaboratori principali documenti legali (statuto, atto costitutivo, licenze..) struttura del sito Internet demo del prodotto (ove riproducibile o raffigurabile) informazioni economiche consolidate (bilanci es. precedenti)


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