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CRISTIANIZZAZIONE CRISTIANESIMI ALTOMEDIEVALI. I cristiani nel mondo pagano Lettera a Diogneto, cap. V: I cristiani né per regione, né per voce, né per.

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1 CRISTIANIZZAZIONE CRISTIANESIMI ALTOMEDIEVALI

2 I cristiani nel mondo pagano Lettera a Diogneto, cap. V: I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri.

3 Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.

4 la svolta di Costantino (313 d.C.) Eusebio di Cesarea: “Dio stesso, Re di tutto, dona all’amato sovrano l’aumento di anni e di figli e stabilisce per lui un potere fiorente e vigoroso sui popoli della terra … Dio celebra la festa con l’imperatore, che ha reso vittorioso su tutti i suoi nemici e che ha mostrato come un modello di pietà e di verità per tutti sulla terra. L’imperatore, come la luce del sole, illumina, attraverso i raggi di cui risplendono i cesari, coloro che abitano i luoghi più remoti con i bagliori emanati a distanza da esso”. Elogio di Costantino, p. 117

5 . Sin qui abbiamo visto: a)Impero e sua decadenza (compreso lo sfilacciamento «culturale» e giuridico) b)Regni romano-barbarici Affrontando il tema della Chiesa altomedievale, come si rapporta la storiografia rispetto a questi temi?

6 . - è da evitare la proiezione sul passato del modello di chiesa cattolica del secondo millennio (dal XI secolo in poi). Ciò che si rischia di “proiettare” - anche nell’insegnamento – è un modello ‘monarchico’, papalista, omogeneizzante. La ricerca storica recente ha dimostrato al contrario che molti aspetti di questa prospettiva (il “primato petrino”, la centralità romana, ecc.) hanno una loro storicità, sono stati in lenta incubazione nel corso del primo millennio, e si sono manifestati in pieno soltanto nel secondo millennio. (RIFORMA DELLA CHIESA NEL XI SECOLO)

7 . Rispetto a questa prospettiva, le diverse tradizioni storiografiche delle nazioni europee corrono rischi diversi: in particolare, la storiografia italiana è stata più direttamente interessata da questo rischio “Roma- centrico”, che ha due versanti (minimizzare, come ora accennato, le varietà e le pluralità del millennio precedente; sopravvalutare, nel giudizio sugli avvenimenti del XI secolo, il peso della curia romana).

8 . Questo discorso si può articolare in vari sotto-punti: 1) la sottovalutazione del pluralismo istituzionale delle chiese nell’alto e nel pieno medioevo. Nell’alto medioevo esistono più sedi patriarcali, cioè sedi vescovili di fondazione apostolica, di pari dignità; esiste certamente una superiorità della Chiesa di Roma, ma è una superiorità «d’onore» e non «gerarchica», di «autorità». C’è poi una forte varietà e non coerenza delle strutture organizzative; le chiese locali hanno larga autonomia, al di là del dato ecclesiologico della pari dignità dei vescovi, tutti a pari titolo «successori degli apostoli»;

9 . 2) c’è una forte varietà e «storicità» dell’impianto dottrinale e teologico [si pensi alle controversie dogmatiche e al dibattito sulla natura di Cristo]). E ancora: c’è varieta e pluralità delle regole monastiche, ecc. Insomma: la visione di una chiesa altomedievale unitaria che procede trionfalmente dal centro alla periferia, da Roma all’Europa, dal vertice alla base, è assolutamente poco rispondente alla realtà dell' alto medioevo.

10 . 3) Un terzo rischio è la sopravvalutazione nella omogeneità e nella completezza della cristianizzazione. Il fenomeno dell’«inculturazione cristiana» nelle culture tradizionali barbariche è lento e accidentato, sia in riferimento alle diverse etnie e alle diverse aree geografiche, sia rispetto ai diversi ambienti sociali (resistenze pagane e substrato di culti “naturalistici” nel mondo rurale).

11 . La diffusione del cristianesimo si compì sia grazie alla spinta evangelizzatrice delle prime comunità e all’iniziativa dei monaci inviati dal papato di Roma, sia attraverso le costanti relazioni politiche e diplomatiche stabilitesi tra il ceto vescovile, di matrice e origine senatoria, e i capi militari germanici..

12 . Tale processo – che portò complessivamente all’omogeneizzazione della cultura e delle pratiche religiose dell’Europa occidentale e favorì il ruolo incontrastato di chierici e di monaci nel disciplinamento della vita dei laici – fu tutt’altro che lineare e omogeneo. Un primo punto d’arrivo fu l’età carolingia, con lo sforzo di Carlomagno di costruire un impero unitario

13 .  Lo sforzo di omogeneizzazione comincia con Costantino, punto di svolta rispetto al rapporto contrastato tra la Chiesa e i poteri statali che aveva avuto vigore sino ad allora  313. Editto di Costantino (o editto di Milano): la professione della religione cristiana viene dichiarata licita entro i confini dell’Impero e quindi si sospendono ufficialmente le persecuzioni dei cristiani

14 I. Impero e Chiesa in età tardo antica  325. Il Concilio di Nicea, convocato da Costantino, raggiunge lo scopo di unire la cristianità dal punto di vista dottrinale affrontando lo scisma donatista e l’eresia ariana  la chiesa si autoafferma nei confronti dell’eresia mediante la precisazione del dogma (contro la differente natura di Padre e Figlio sostenuta da Ario)  la chiesa conferma la sua immissione nel corpo dell’Impero come istituzione pubblica (rifiuta quindi la dottrina donatista, basata su un rigorismo intransigente: Chiesa formata da eletti, rifiuto dei sacramenti amministrati da soggetti indegni, esaltazione del martirio, condanna dell’Impero in quanto “vecchio persecutore”)

15 , 380. Editto di Tessalonica: Teodosio I dichiara la religione cristiana, nella professione cattolica, culto ufficiale dell’Impero e condanna tutte le altre religioni  da ora la Chiesa può fondare il proprio prestigio sul “braccio secolare”, contando sul consenso e sul sostegno che lo Stato le assicura  piena fondazione di una tradizione latino-cristiana

16 I. Impero e Chiesa in età tardo antica  cesaropapismo  494. papa Gelasio I (492-496), in una lettera all’imperatore d’Oriente Anastasio (491-518), formula il principio dualistico: il mondo è governato da due autorità separate (sacerdotium e imperium: l’autorità del papa per l’ambito spirituale e l’autorità dell’imperatore per quello temporale), l’una chiamata da Cristo a guidare le anime, l’altra a governare i negozi secolari (Vicarius Christi, potestates distinctae: auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas)  nel secolo è il sacerdote a seguire le leggi imperiali, ma nelle cose divine è l’imperatore a obbedire al sacerdote

17 .  Il rapporto «di vertice» prosegue: il patriarca di Costantinopoli, per esempio, stringe sempre più i legami e i rapporti con l’imperatore……  Ma questa è solo UNA faccia della realtà.  A livello delle singole diocesi, delle singole chiese cittadine, il ruolo dei vescovi è profondamente diverso. Si può definire in generale come un ruolo di SUPPLENZA di poteri amministrativi e politici che nelle singole città sono in difficoltà grave, rispetto ai regni romano barbarici, ecc. Monarchia dei vescovi

18 Episcopalis audientia Una delle manifestazioni più significative è il fenomeno della Fenomeno della episcopalis audientia: il vescovo poteva sostituirsi alle magistrature laiche nell’esercizio della giurisdizione civile, quando gli ufficiali pubblici latitavano, su base volontaria. Fino all’età costantiniana non si può parlare della posizione giuridica del vescovo in rapporto alla città e allo stato. Età costantiniana: da una religione e da una chiesa fuori e contro lo stato, a una religione e ad una chiesa dentro lo stato.

19 . VARI AMBITI DI INTERVENTO «CIVILE» E GIUDIZIARIO DI UN VESCOVO la presenza del vescovo è condizione necessaria per la validità della manomissione di un servo. (316) si delibera la sospensione di un processo qualora ambedue le parti decidano di ricorrere all’arbitrato del vescovo Le costituzioni degli imperatori del V secolo prevedono per i vescovi il potere di intervenire a favore delle donne costrette alla prostituzione, dei servi minacciati di prostituzione, in alternativa al magistrato cittadino; di controllare le visite ai carcerati; di portare a termine le esecuzioni testamentarie; di assistere gli orfani e le vedove (età gota, VI sec. in.); di distribuire il grano conservato nei magazzini regi a prezzo politico

20 .. NASCE IL TRIBUNALE ECCLESIASTICO, LA GIURISDIZIONE SEPARATA PER IL VESCOVO E PER I CHIERICI il vescovo è esentato dall’essere convenuto di fronte ad un magistrato ordinario il vescovo è esentato dal testimoniare in giudizio: nam et persona dehonoratur et dignitas sacerdotis confunditur.

21 . DEL RESTO…. Il vescovo è nominato dalla cittadinanza oltre che dal clero, dunque è la città che lo esprime. Lo stato tende ad avvalersi, come controllo locale, di questi elementi indipendenti dalla propria gerarchia. E’ cosciente della insufficienza della sua burocrazia. Vescovo come defensor civitatis (365), magistrato dell’ordinamento statuale a tutela dei poveri (con azione di controllo su altre magistrature ordinarie).

22 ,  In questo ambito, nelle diverse chiese, i vescovi producono sentenze, accumulano materiali, trattati, esperienze di carattere amministrativo e giuridico, che sono talvolta recepite dalla (morente, esangue) tradizione del diritto romano  la Chiesa assume come diritto personale il diritto romano e diviene nel tempo il principale custode delle tradizioni giuridiche romane  già la legge dei Franchi Ripuarii, e quindi una legge barbarica ricorda che “la Chiesa vive secondo la legge romana”  le fonti giuridiche romane riguardanti la Chiesa vengono riunite in particolari collezioni come la Lex Romana canonice compta (IX sec.)

23 Diocesi, città, impianto urbano romano: l’talia del nord

24 Diocesi, città, Italia meridionale: l’antico impianto dei municipia romani

25 Diocesi in Italia e in Europa attorno all’anno 1000


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