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GLI SVAGHI PREFERITI DEI ROMANI

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Presentazione sul tema: "GLI SVAGHI PREFERITI DEI ROMANI"— Transcript della presentazione:

1 GLI SVAGHI PREFERITI DEI ROMANI
LUDI E THERMAE GLI SVAGHI PREFERITI DEI ROMANI

2 Le Thermae Nei primi secoli della loro storia i Romani curavano molto sommariamente la pulizia personale, limitandosi alle fondamentali norme igieniche. Scrive infatti Seneca: Ut aiunt qui priscos mores urbis tradiderunt, brachia et crura cotidie abluebant, quae scilicet sordes opere collegerant, ceterum toti nundinis lavabantur, “Come sostengono coloro che hanno tramandato gli antichi costumi della città [di Roma], i nostri avi si lavavano ogni giorno braccia e gambe, che avevano accumulato sporcizia durante il lavoro, mentre si lavavano completamente ogni otto giorni”. Il sapone era allora sconosciuto e in sua vece si usava la soda, ossia del carbonato di calcio. Il termine latino sapo (di origine celtica) designava, come scrive Plinio il Vecchio, una tintura rossastra per i capelli. I Romani di età repubblicana, soprattutto a partire dal II secolo a.C., svilupparono una vera e propria passione per i bagni, sia per motivi di igiene e di decoro personale, sia per il desiderio di godersi un po’ di relax e praticare esercizi ginnici. In epoca più antica l’usanza dei bagni caldi era molto rara e ci si lavava in una piccola stanza (lavatrina) attigua alla cucina; ma con il tempo l’abitudine di un bagno caldo ristoratore diventò quotidiana e sempre più diffusa, tanto che le case sìdi più recente costruzione prevedevano tutte vere e proprie stanze da bagno (balnea). Nei giorni festivi, quando non si lavorava, i Romani si recavano abitualmente al mare (a Ostia, in genere) oppure si bagnavano nel Tevere. A partire però dal II secolo a.C. furono costruiti i primi bagni pubblici, piccoli stabilimenti termali denominati thermae (o balnea), finanziati da ricchi cittadini privati e, in seguito, dagli imperatori in persona. Le grandi terme pubbliche erano edifici lussuosi, immersi nel verde di parchi o giardini, e offrivano non solo le piscine (piscine) per i bagni, ma pure biblioteche (bibliotheca), locali destinati alle attività ginnico-sportive, come le nostre palestre (gymnasia), un’ampia sala per il gioco della palla (sphaeristerium), altre sale per riunioni e bar, come il thermopolium, ove si gustavano bevande calde. Solitamente c’era una zona riservata alle donne. Se nei primi tempi le terme erano luoghi di ritrovo per l’alta società, pian piano esse divennero un centro di attrazione anche per i ceti più umili della popolazione romana.

3 LUDI Panem et circenses
Il famoso detto proverbiale panem et circenses (Giovenale) richiama alla nostra memoria, anche se in modo approssimaticìvo e non sempre storicamente corretto, la visione materialistica e godereccia della folla romana, cui politici dovevano in abbondanza “pane e spettacoli del circo” per assicurarsene il consenso e le simpatie elettorali. Gli spettacoli più divertenti e appassionanti non erano infatti per i Romani, come invece per i Greci, i ludi scaenici (rappresentazioni teatrali accompagnate da musica e canto), bensì i giochi del circo (con le corse dei cocchi) e i ludi gladiatorii o munera gladiatoria, violenti e sanguinosi duelli fra gladiatori addestrati specificamente al combattimento. Questi giochi si svolgevano in occasione di festività religiose e venivano finanziati e diretti da un magistrato, l’edile. Un ‘altra forte attrazione per i Romani, durante il tempo libero, era costituita dalle thermae, ovvero i bagni pubblici, ove ci si recava nel tardo pomeriggio, sia per lavarsi, dopo la giornata di lavoro, sia per incontrare amici e conoscenti e chiacchierare con loro, sia per farsi massaggiare o depilare e poi praticare esercizi ginnici.

4 I giochi del circo Il circo romano era simile all’odierno ippodromo, diviso a metà longitudinalmente dalla spina, un muretto che alle estremità aveva due colonnine chiamate metae. A Roma il circo antico e grande era il circo massimo (Circus Maximus), fra il colle Aventino e Palatino, fatto costruire, secondo la tradizione, dal re Tarquinio Prisco. Esso fu ampliato una prima volta nel primo secolo a.C. da Cesare, che ne portò la capienza a oltre spettatori; al tempo dell’imperatore Traiano raggiunse i posti a sedere, con una lunghezza di m 650 e una larghezza di m 125: opera imponente e spettacolare, sulla cui pista potevano gareggiare contemporaneamente 12 carri! Nel circo si rappresentavano spettacoli di atletica, corse, incontri di pugilato, sfilate militari e, soprattutto, la manifestazione di maggiore successo presso i Romani: le corse con i cocchi (bighe, trighe o quadrighe, cioè carri trainati rispettivamente da 2, 3, 4 cavalli), guidati da esperti fantini (aurigae). Durante queste gare il tifo era scatenato e si divideva generalmente fra quattro squadre (factiones) in perenne competizione fra loro, ciascuna caratterizzata da un particolare colore della tunica dei fantini: la factio albata (dei bianchi), la factio veneta (degli azzurri), la factio russata (dei rossi) e la factio prasina (dei verdi). Anche in quell’epoca, come accade oggi per i campioni dello sport professionistico, i migliori aurighi venivano pagati a peso d’ora. L’abilità di un auriga consisteva particolarmente nel riuscire a girare con il cocchio il più possibile rasente alla meta, per non essere superato in curva da altri concorrenti, ma evitando di urtare la meta stessa, il che avrebbe potuto provocare una rovinosa caduta, con il ribaltamento del carro. Dopo aver concluso la gara, il vincitore lasciava l’arena dalla porta triunphalis, che si trovava dirimpetto alle scuderie.

5 L’anfiteatro L’anfiteatro aveva una forma ellittica e si sviluppava su tre o quattro, piani con diversi ordini di gradinate che digradavano fino all’arena, lo spazio vuoto dove si svolgevano i giochi o i combattimenti. Il celebre anfiteatro Flavio (Amphitheatrum Flavium), o Colosseo, fatto erigere dall’imperatore Vespasiano sullo stagnum della Domus Aurea di Nerone e ultimato e inaugurato da suo figlio Tito nel giugno dell’80 d.C., aveva una capienza neppure lontanamente paragonabile a quella del Circo Massimo: poteva infatti ospitare solo poco più di spettatori. Nell’anfiteatro si tenevano anche i celebri e frequentissimi munera gladiatoria (o ludi gladiatorii) duelli fra gladiatori, perlopiù all’ultimo sangue, che affascinavano le folle di spettatori. Normalmente i gladiatores (così chiamati da gladius, “spada”) erano schiavi, o comuni delinquenti o prigionieri di guerra, che, combattendo, sia pur rischiando la vita, aspiravano alla libertà in caso di vittoria. È comunque molto probabile che ci fossero anche dei veri e propri professionisti dei giochi gladiatori: sappiano infatti che in Italia – soprattutto in Campania – esistevano alcune scuole speciali di addestramento al combattimento (denominate ludi gladiatorii) nella quale un istruttore detto lanista (un ex gladiatore oppure anche l’impresario o il finanziatore della scuola) allenava i gladiatori a gruppi, detti familae. C’erano diversi tipi di gladiatori , secondo l’armatura indossata: il retiarius, che con un vestito leggero, una rete e un tridente doveva imbrigliare e gettare a terra il rivale; il mirtillo, che con un elmo gallico a forma di pesce e con uno scudo oblungo duellava in genere con il retiarius; il secutor, che inseguiva il retiarius, armato di spada, elmo e scudo; il trace (Thrax), gladiatore con l’armamento tipico dei soldati traci, cioè uno scudo rotondo e una scimitarra ricurva; l’oplomachus, che indossava una robusta corazza di ferro, un elmo con visiera e brandiva una spada corta. Lo “spettacolo” contemplava molti duelli in contemporanea, e talvolta il combattimento avveniva per squadre. Quando un gladiatore finiva a terra, chiedeva la grazia agli spettatori alzando il braccio: se il pubblico ne aveva apprezzato la bravura e il coraggio, gridava Mitte! (“Mandalo via!”); se invece la folla faceva il pugno con il pollice rivolto verso il basso (pollice verso) e gridava Iugula! (“Sgozzalo!”), la grazia gli era negata e, qualora anche il magistrato presente confermasse il desiderio degli spettatori, lo sfortunato veniva ucciso all’istante. A volte i gladiatori dovevano combattere contro bestie feroci (venatio) ma senza dubbio la sorte più atroce toccava agli infelici condannati a morire inermi nell’arena dell’anfiteatro sbranati dalle belve. Abbiamo notizie di ludi gladiatorii imponenti e spettacolari: Giulio Cesare nel 65 a.C. esibì 320 coppie di duellanti: Augusto riuscì perfino a far combattere 5000 coppie di gladiatori, un record uguagliato dall’imperatore Traiano del 107 d.C. in occasione dei festeggiamenti organizzati per il trionfo dopo la vittoria della guerra contro i Daci. Molti scrittori e filosofi, sia pagani sia cristiani, condannarono questo crudele e sanguinoso tipo di divertimenti.

6 Gravi incidenti all’anfiteatro di Pompei Anche anticamente il tifo tra spettatori talora degenerava in risse sanguinose, che potevano provocare morti e feriti: è quanto accadde a Pompei nell’anno 59 d.C. (mentre era imperatore Nerone). Durante uno spettacolo di gladiatori scoppiarono scontri feroci tra gli abitanti di Pompei e i tifosi nocerini, venuti all’anfiteatro da Nocera Inferiore, località fondata dagli Etruschi e divenuta poi colonia romana.

7 LE TERME COMPRENDEVANO
Le terme, oltre alle strutture appena citate, comprendevano: Lo spogliatoio (apodyterium), con nicchie ricavate nelle pareti per deporvi i vestiti e panche in pietra per sedersi; La cella frigidaria o frigidarium, il locale per i bagni freddi; La cella tepidaria o tepidarium, la stanza per il bagno tiepido, frequentata nel passaggio dal frigidarium al calidarium per acclimatare il corpo alla differenza di temperatura; La cella calidaria o calidarium, il locale per il bagno caldo, molto confortevole, con vasche e piscina per il nuoto; Il laconicum, piccola stanza con temperatura molto elevata per il bagno di sudore sul tipo di saune odierne; Sale per i massaggi, che venivano effettuati dagli aliptes, cioè dagli “schiavi massaggiatori”, che massaggiavano e ungevano i clienti con olio profumato, mentre altri schiavi, gli alipili, depilavano le ascelle. L’acqua tiepida o calda veniva condotta alle vasche dopo esser stata riscaldata da un potente potente forno sotterraneo, dal quale arrivava poi alle diversi vasche grazie a condutture poste sotto il pavimento. I locali erano inoltre riscaldati da aria calda che circolava attraverso i mattoni forati delle pareti. In epoca imperiale furono famosissime le terme di Caracalla e ancor più quelle di Diocleziano, dalla capienza di circa 3000 persone, costruite in ben otto anni di lavori: di entrambe restano oggi interessanti testimonianze archeologiche.

8 LE TERME COMPRENDEVANO
NON SOLO BAGNI I Romani affluivano alle terme non soltanto per prendere i bagni, ma soprattutto per fare un po’ di vita mondana: incontravano gli amici, facevano ginnastica, giocavano alla morra, ai dadi, a pari e dispari (par impar), o a palla, stavano sdraiati al sole per l’apricatio (“bagno di sole”), consumavano bibite e cibi di ogni genere offerti da venditori ambulanti. Le stanze del bagno caldo o i faticosi esercizi ginnici svolti in palestra costituivano la preparazione al bagno vero e proprio che avveniva in acqua fredda e che si affrontava solo quando il corpo era ben riscaldato e i pori della pelle si erano aperti. I più giovani e i più sani si potevano permettere, senza troppi danni alla salute, di alternare, nel giro di poche ore, bagni caldi a bagni freddi. Al bagno i ricchi Romani erano accompagnati da uno stuolo di schiavi: uno portava l’olio che il padrone usava per ungersi prima della ginnastica, un altro speciali ferri curvati a mezzaluna (strigiles) per detergergli l’olio dopo gli esercizi; chi portava gli asciugamani, chi rimaneva a sorvegliare le vesti lasciate nello spogliatoio in apposite nicchie che on avevano possibilità di chiusura e che, se non sorvegliate, erano esposte alla tentazione dei numerosi ladruncoli i quali spesso frequentavano i locali più lussuosi proprio allo scopo di impadronirsi di vestiario incustodito o di altri oggetti. Altri schiavi avevano il compito di assistere il padrone durante il bagno o di massaggiarlo a bagno finito. Si entrava alle thermae in genere pagando un modesto “biglietto d’ingresso” di ¼ di asse, l’equivalente di un bicchiere di vino, oppure gratuitamente, se esse erano sovvenzionate dallo stato. Talvolta, infatti, qualche magistrato o cittadino dell’aristocrazia offriva per un certo periodo di tempo l’ingresso gratuito, in modo da acquistare consenso presso il popolo in vista di futuri successi elettorali. La sera il suono di un gong annunciava la chiusura delle terme: si rientrava a casa per la cena. LE TERME COMPRENDEVANO

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14 De Dominitiani principis ludis et spectaculis
Quis ludos a Domitiano principe editos satis laudaverit? Spectacula assidue magnifica et sumptuosa edidit non in amphiteatro modo, verum et in circo; ubi praeter solemnes bigarum quadrigarumque cursus proelium etiam duplex, equestre ac pedestre, commisit; at in amphiteatro navale quoque. Quid de reliquis spectaculis dicam? Edidit navales pugnas paene iustarum classium, effosso et circumstructo iuxta Tiberim lacu, atque inter maximos imbres perspectavit. Fecit et ludos saeculares; in iis circensium die, quo facilius centum missus peragerentur, singulos a septenis spatiis ad quina corripuit. Utiam alia de hoc genere spectacula videamus!

15 I giochi e gli spettacoli dell’Imperatore Domiziano (traduzione)
Chi potrebbe lodare a sufficienza i giochi organizzati dall’imperatore Domiziano? Fece allestire regolarmente spettacoli grandiosi e molti costosi non solo nell’anfiteatro, ma anche nel circo, dove, oltre le corse consuete di bighe e quadrighe, organizzò anche un doppio combattimento, di cavalleria e di fanteria; ma nell’anfiteatro (organizzò) una battaglia navale. Che dire degli altri spettacoli? Fece allestire battaglie navali di flotte di navi quasi regolari, dopo aver fatto scavare e fortificare un lago vicino al Tevere, e rimase ad assistere allo spettacolo perfino sotto un fortissimo temporale. Fece tenere anche giochi secolari; durante questi nel giorno dei giochi del circo, affinché si svolgessero più facilmente cento gare, ridusse da sette a cinque i giri di pista di ciascuna corsa. Magari vedessimo alti spettacoli di questo tipo! [da Svetonio]

16 Giochi e spettacoli Per eos dies, quibus haec ex Hispania nuntiata sunt, Taurii per biduun facti sunt religionis causa. Decem deinde dies…ludos M.Fulvius, quos voverat Aetolico bello, fecit. 2. Multi…ex Graecia venerunt honoris eius causa. …quoque certamen tum primo Romanis fuit, et venatio data est leonum et pantherarum, et propre huius saeculi copia ac varietate ludicrum celebratum est. … 8. L. Scipio ludos eo tempore, quos bello Antiochi vovisse sese dicebat, ex collata ad id pecunia ab regibus civitatibusque per dies decem fecit. 9. Legatum eum post damnationem et bona vendita missum esse in Asiam ad dirimenda inter Antiochum et Eumenem reges certamina Valerius Antias est auctor: 10. tum collatas ei pecunias congregatosque ese per Asiam artifices, et quorum ludorum post bellum, in quo votos diceret, mentionem non feciset, de is post legationem demum in senatu actum (esse).

17 Giochi e spettacoli (traduzione)
1. In quei giorni in cui queste cose furono annunciate alla Spagna, si tennero per due giorni i giochi Taurii per esigenze di culto. In seguito Marco Fulvio (Nobiliore) per dieci giorni organizò con sfarzoso apparato gli spettacoli che aveva promesso in voto durante la guerra etolica. 2. Giunsero molti artisti dalla Grecia a causa della sua reputazione. Allora per la prima volta per i Romani ci fu anche una gara atletica, e fu ordita la caccia dei leoni e delle pantere, e venne celebrato uno spettacolo di giochi pubblici quasi degno della nostra epoca per sfarzo e varietà. … 8. In quel tempo Lucio Scipione con finanziamenti offerti a quello scopo da re e popoli fece per dieci giorni i giochi che diceva proprio lui di aver promesso durante la guerra contro Antioco. 9. Valerio Anziate riferisce che egli, dopo la condanna e la confisca dei suoi beni, fu mandato in Asia un legato per dividere la contesa tra il re Antioco ed Eumene: 10. e che allora ricevette finanziamenti e si riunirono per l’Asia degli attori, e di qui ludi, dei quali non aveva più parlato dopo la guerra in cui diceva di averli promessi, parlò in Senato dopo la legazione precisamente.


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