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AMILOIDOSI o BETA-FIBRILLOSI

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Presentazione sul tema: "AMILOIDOSI o BETA-FIBRILLOSI"— Transcript della presentazione:

1 AMILOIDOSI o BETA-FIBRILLOSI
Deposizione in sede extracellulare di una peculiare sostanza ialina, eosinofila, Lugol e PAS positiva, denominata amiloide da Wirchow Colorazione specifica con rosso congo: rossa con birifrangenza verde a luce polarizzata Consistenza gommosa, aspetto lardaceo, localizzazione inizialmente perivascolare Scarsamente antigenica Il deposito può essere localizzato o sistemico e causa atrofia dei parenchimi e disfunzione degli organi interessati da questo processo. Sono stati classificati più di 20 tipi di amiloidosi sulla base delle diverse proteine che formano le fibrille di amiloide Le forme sistemiche interessano soprattutto rene-miocardio-fegato-milza con aumento delle dimensioni dell’organo Costituzione: proteine di composizione amminoacidica eterogenea di struttura a piano beta-pieghettato (diffrazione a raggi X) formanti fibrille, associate a mucopolisaccaridi acidi

2 Composizione amiloide
1. Componente proteica fibrillare Conformazione beta fibrillare costante: due catene polipeptidiche avvolte a spirale e organizzate a foglietto ripiegato Composizione biochimica variabile Deriva spesso da precursori proteici aventi un ruolo fisiologico Scarsamente immunogenica Resistente alle proteasi 2. Componente proteica globulare plasmatica Glicoproteina globulare (amiloide P sierica) derivante dalla proteina C reattiva 3. Glucosaminoglicani Hanno funzione di legame tra le componenti proteiche Frequente l’eparansolfato tipico della membrana basale

3 Arteria da paziente con Amiloidosi colorata con Rosso Congo
Analizzata con A - luce normale B - luce polarizzata

4 Aspetto ialino di un deposito di amiloide colorata con rosso Congo
Microscopia ottica Aspetto ialino di un deposito di amiloide colorata con rosso Congo

5 ACCUMULO DI AMILOIDE AL MICROSCOPIO ELETTRONICO

6 Diffrazione a raggi X la struttura β-pieghettata delle fibrille di amiloide: le catene polipeptidiche sono legate trasversalmente e formano un nastro disponendosi avanti e indietro Tale struttura è estremamente stabile

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8 Classificazione semplificata
Amiloidosi primarie sistemiche. Nessuna evidenza di malattie associate. Tipo AL (“light chain”). Precursore: Catene L, ossia estremità aminoterminale della regione variabile delle catene leggere delle immunoglobuline (kappa o lambda) o tutta la catena. Amiloidosi eredo-familiari. Mutazioni di protene plasmatiche fra cui transtiretina (proteina legante il retinolo), apolipoproteina A-I, apolipoproteina A-II, lisozima, fibrinogeno, pirina dei neutrofili a eredità autosomica recessiva: es. Febbre familiare mediterranea (precursore pirina), polineuropatia amiloide familiare (FAP) a eredità autosomica dominante: es. sintesi costitutiva di forme mutate di transtiretina (TTR) Amiloidosi secondarie sistemiche Reattive. Associate a malattie infiammatorie croniche (osteomielite, lebbra, TBC, artrite reumatoide) e neoplasie. Precursore: SAA (Serum Acute phase Amyloid, proteine di fase acuta) Associate al mieloma multiplo. Sempre di tipo AL (Catene L) Amiloidosi associata a emodialisi protratta. Tipo AH (Amyloid Hemodialisis). Precursore la beta2 microglobulina del MHC. Amiloidosi localizzate: es. amiloidosi associata al carcinoma midollare della tiroide. Amiloide AC (Amyloid Calcitonin). Tumori amiloidei. Amiloidosi di origine prionica. Tipo PrP (Prion Precursor)  Amilodosi associata al morbo di Alzheimer. Tipo AB (Amiloide Beta-proteina)

9 AMILOIDOGENESI

10 AMILOIDOSI SECONDARIE REATTIVE

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12 AMILOIDOSI SECONDARIE IMMUNOCITICHE

13 Amiloidosi associata al mieloma multiplo (AL amiloide)
Tracciato elettroforetico normale (a sinistra) e di un paziente con gammopatia monoclonale (a destra). In quest'ultimo si osserva la presenza di un picco alto e stretto in zona γ: la componente monoclonale. Nell'individuo normale la sintesi di catene pesanti e leggere avviene in modo ordinato e nelle quantità opportune. La cellula assembla catene pesanti e leggere a formare l'intera molecola immunoglobulinica e non vi sono residui apprezzabili. In alcune patologie delle plasmacellule come il mieloma, invece, la sintesi di catene leggere può essere superiore rispetto a quella di catene pesanti. In tal caso grandi quantità di catene leggere libere si accumulano nel plasma. Inoltre, essendo le catene leggere piccole molecole, passano il filtro renale e vengono eliminate nelle urine dove possono essere ritrovate anche in grande quantità (si misurano in mg/litro). Le catene leggere libere urinarie determinano la cosiddetta proteinuria di Bence-Jones.

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15 Il ripiegamento delle proteine

16 Alterazioni anatomo-funzionali delle amiloidosi sistemiche
Fasi iniziali associate a depositi focali vasali-perivasali con danno alla membrana basale endoteliale. Successivamente la deposizione si estende a tutto l’interstizio. Ingrossamento di rene, fegato, milza, miocardio. Danni renali: insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica. Danni cardiaci: insufficienza cardiaca, aritmie Danni epatici e splenici. Presenza dei precursori dell’amiloide nel sangue e nelle urine.

17 DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE ANATOMO-PATOLOGICHE
Cuore: Cuore tigrato. E’ la manifestazione più grave dell’amiloidosi primaria e da mieloma multiplo. Depositi focali o diffusi intorno alle fibre muscolari dell’atrio e del ventricolo. Assai frequente in soggetti anziani. Grave insufficienza cardiaca. Rene: interessamento primario dei glomeruli, ma anche peritubulare e vascolare. Sindrome nefrosica. gravi alterazioni funzionali. Spesso associata al mieloma multiplo. Fegato: ingrandito, pallido, duro. Atrofia del parenchima. Distribuzione fra i sinusoidi e gli epatociti. Alterazioni funzionali assai lievi. Milza: ingrandita e dura, nodulare. Distribuzione focale (nelle arteriole della polpa bianca: a sagù) o diffusa a strati (a prosciutto). Tratto digerente: depositi perivascolari, focali o diffusi, interessano ogni distretto (compresi pancreas e colecisti) Occhio: umor vitreo e cornea. Cute: papule ceree in varie sedi Sistema nervoso: interessamento dei nervi periferici, dei gangli, delle maglie neurofibrillari e dei vasi (angiopatia congofila). Placche senili. Morbo di Alzheimer. Malattie da prioni (Kuru, Scrapie, Morbo di Creutzfeld-Jacob)

18 MORBO DI ALZHEIMER

19 ALZHEIMER E AMILOIDE L’Alzheimer è una grave forma di amiloidosi a localizzazione cerebrale Precursore dell’amiloide è una beta proteina neuronale transmembranaria (APP) espressa da un gene nel cromosoma 21 Alterazioni acquisita o mutazioni geniche familiari (Alzheimer familiare) Alterazione strutturale della beta proteina (APP) Parziale proteolisi Deposizione in ammassi neurofibrillari intraneuronali Deposizione perivascolare su arteriole cerebrali Deposizione in placche Danno, atrofia e necrosi neuroni Sindrome di Down Dopo i 40 anni si hanno lesioni cerebrali simili a quelle dell’Alzheimer Patogenesi da eccessiva espressione della beta proteina dal cromosoma 21

20 Aspetti anatomopatologici
Alterazioni morfologiche: riduzione di peso e di volume dell’organo dilatazione cavità ventricolari ampliamento dei solchi e delle scissure a livello della corteccia atrofia Aspetti anatomopatologici Fase preclinica Lieve Grave Slide 20

21 Morbo di Alzheimer e neuroni
Il cervello è costituito da miliardi di neuroni, ognuno dei quali provvisto di un assone e molti dendriti. Per funzionare i neuroni devono 1) comunicare fra di loro, 2) svolgere la loro attività metabolica , 3) riparare le proprie lesioni Il morbo di Alzheimer impedisce lo svolgimento di queste tre funzioni essenziali. L’incidenza aumenta con l’età: colpisce una persona su venti tra quelle che hanno superato i 65 anni di età, e meno di una persona su mille al di sotto di tale età. Colpisce in netta prevalenza le donne Le forme sporadiche sono il 75% dei casi, le forme familiari sono il 25% dei casi. Evoluzione: da lievi alterazioni cognitive (soprattutto a carico della memoria) alla demenza Reperti all’esame necroscopico del cervello: Placche extracellulari di fibrille (β-amiloide) Aggregati intracellulari di neurofibrille (proteina Tau)

22 Placche di amiloide e aggregati neurofibrillari
Le placche sono ammassi di sottili filamenti (7-10 nm) che si formano nello spazio extracellulare nel cervello dei malati di Alzheimer. Sono costituite da una frammento insolubile (β-pieghettato) di una normale proteina transmembranaria del neurone (proteina precursore dell’amiloide, APP) e possono avere un nucleo denso centrale. Gli aggregati neurofibrillari si trovano all'interno dei neuroni e derivano da un’altra proteina (Proteina Tau) che, se fosforilata in maniera anomala, si accumula nel citoplasma e distrugge il neurone innescando un processo infiammatorio. Particolarmente colpiti dagli aggregati sono i neuroni colinergici, specialmente quelli delle aree corticali e sottocorticali dell’ippocampo. Colorazione rosso Congo

23 Placche extracellulari: la beta-amyloid precursor protein (APP)
La proteina precursore dell’amiloide (APP) viene normalmente degradata per azione di proteasi, chiamate secretasi (α-secretasi β-secretasi e γ-secretasi), che tagliano la proteina in siti specifici Le secretasi sono associate e regolate da altre due proteasi: le preseniline 1 e 2 Mutazioni nella APP, nelle α-secretasi, β-secretasi e γ-secretasi e nelle preseniline determinano la formazione di un frammento anomalo fibrillogenico che porta ad accumulo extracellulare di amiloide.

24 Clivaggio dell’APP Il clivaggio della APP mediante β-secretasi e γ-secretasi in assenza di α-secretasi, determina la produzione di frammenti di amiloide β (Aβ), che si aggregano in fibrille di amiloide

25 Aggregati neurofibrillari intracellulari:
Gli aggregati neurofibrillari intracellulari sono fasci di filamenti insolubili derivanti da alterata fosforilazione delle proteine TAU, stabilizzanti i microtubuli, che si accumulano nel corpo neuronale L’iperfosforilazione riduce l’affinità delle TAU per i microtubuli con perdita di stabilità del citoscheletro del neurone e alterato metabolismo dell’APP Aggregati neurofibrillari intracellulari: la proteina TAU

26 PLACCHE DI β-AMILOIDE E AGGREGATI NEUROFIBRILLARI
Gli aggregati di maggiori dimensioni distorcono le ramificazioni nervose. Oligomeri di dimensioni minori potrebbero avere un effetto sulla perdita di memoria, alterando la funzione sinaptica

27 ALZHEIMER SPORADICO E FAMILIARE
Forme sporadiche (circa il 75% dei casi). Forme familiari (circa il 25% dei casi): più persone sono colpite nella stessa famiglia. Vari sottotipi: Forme familiari tardive (AD2): si manifestano dopo i 65 anni. Forme familiari precoci (AD1, AD3, AD4 e ApoE): si manifestano prima dei 65 anni. Geni alterati: AD1: alterato il gene della proteina amiloide (APP), localizzato nel cromosoma 21. Le mutazioni dell’APP sono rarissime. AD3: alterato il gene della presenilina 1 (PSEN1). In particolare oltre 50 diverse mutazioni di questo gene sono state finora identificate in pazienti con forme familiari ad esordio precoce. Queste mutazioni rappresentano la causa più comune del morbo di Alzheimer familiare ad esordio precoce. AD4: alterato il gene della presenilina 2 (PSEN2). Fino ad oggi sono state identificate solo 3 mutazioni Il gene della Apolipoproteina E (isoforma ApoE4) risulta alterato nel 50% dei malati di Alzheimer. ApoE è una proteina plasmatica, coinvolta nel trasporto del colesterolo, che lega la proteina amiloide stimolandone la degradazione.

28 MALATTIE DA PRIONI

29 MALATTIE DA PRIONI PRIONE (Prion = PRoteinaceous Infective ONly Particles ) Proteina amiloidogenica infettiva Stanley Prusiner, Premio Nobel 1996 Le malattie da prioni sono malattie neurodegenerative degli animali e dell’uomo che presentano diverse caratteristiche comuni fra cui la progressiva demenza Producono degenerazioni irreversibili del SNC caratterizzate da marcata vacuolizzazione dei neuroni, presenza di placche di beta-amiloide e aspetto lacunare e spugnoso del cervello (da cui “encefalopatie spongiformi”). Non è coinvolto alcun altro organo al di fuori al SNC Il decorso clinico è progressivo e letale: l’incubazione dura di solito molti anni, mentre la loro evoluzione dalla comparsa dei sintomi clinici alla morte è assai rapida Ovini: Scrapie, l’encefalopatia spongiforme della pecora, è la malattia prionica spontanea nota da più tempo, almeno 250 anni: oltre alla perdita della coordinazione motoria produce anche un intenso prurito nell’animale che si sfrega contro le palizzate (to scrape = sfregare, grattare). Bovini: Encefalite bovina spongiforme Uomo: Kuru, Creutzfeldt-Jakob, Insonnia fatale familiare

30 Neuroni vacuolizzati Placche (aggregati di PRPsc)

31 MALATTIE DA PRIONI NELL’UOMO
La neurodegenerazione è prodotta dall’accumulo - dapprima intracellulare poi anche extracellulare - di una proteina alterata PrPSc (Sc=scrapie) di struttura β-pieghettate che tende a precipitare in forma di fibrille. La PrPSc deriva da una proteina normale ad α elica normalmente, indicata come PrPc (c=cellulare), presente sulla membrana di molte cellule, ma soprattutto di quelle del sistema nervoso, e altamente conservata in tutte le specie animali finora studiate e chiamata Tra le PrPc delle varie specie animali vi è una certa specie-specificità: questo è probabilmente il motivo di una certa resistenza interspecifica alla malattia. PrPc viene sintetizzata e degradata rapidamente mentre PrPsc viene prodotta e degradata lentamente a causa della sua resistenza alle proteasi. La normale funzione della proteina non è nota. Topi ‘knock out’ per il gene che produce PrPc non dimostrano alterazioni di sviluppo, appaiono sani e, cosa molto interessante, sono resistenti alla malattia da prioni. Ciò dimostra che la patogenesi della malattia necessita della presenza di proteina normale. Infatti, PrPc è il substrato su cui avviene la polimerizzazione patologica indotta da PrPsc

32 MALATTIE DA PRIONI Patogenesi  La patogenesi della malattia sarebbe legata ad un cambiamento di conformazione della proteina PrP che assume una struttura a foglietto beta, resistente alle proteasi che quindi si accumula in ambiente sia intra che extracellulare. Inoltre il cambiamento di struttura conferisce aggregabilità alla proteina a formare fibrille. Il cambiamento di conformazione è dovuto a: Mutazioni genetiche in cellule germinali (Creutzfeldt-Jakob ereditario, Insonnia familiare ecc.) Mutazioni somatiche (forme sporadiche con incidenza 1: ) Contagio Meccanismo a stampo innescato da una proteina prionica anomala (esogena) che forma un complesso con una molecola prionica nativa alterandone la conformazione (forme infettive). Il cambiamento conformazionale non è prodotto da alterazioni della struttura chimica ma del folding della proteina.  Sintomi Sintomi psichiatrici precoci Parestesie precoci e persistenti Atassia (perdita della coordinazione muscolare) Corea (ipercinesi) Demenza Mutismo acinetico (impossibilità di muoversi e parlare)

33 malattie da prioni TRASMISSIBILI
Disordini neurodegenerativi conseguenti ad infezione con proteine prioniche anomale esogene e successiva alterazione della conformazione della corrispondente proteina prionica normale Tappe dell’infezione prionica Interazione del prione anomalo con la proteina prionica normale della membrana plasmatica dei neuroni codificata da un gene del cromosoma 20 Alterazione conformazionale Resistente alla proteolisi della proteina prionica alterata Accumulo ed organizzazione in beta fibrille Aggregazione nei depositi neurofibrillari

34 MALATTIE DA PRIONI (infettività)
L’agente infettivo passa attraverso filtri con pori di piccole dimensioni (50nm) L’agente non è distrutto dalla bollitura né dalla sterilizzazione standard in autoclave a 121C° per 15 min, nè dall’alcol, formaldeide e glutaraldeide o dai raggi UV Viene inattivato dall’ipoclorito di sodio al 2% per 1 ora o con una sterilizzazione a C° per 18 min. L’infezione è trasmessa per os ma anche per inoculo di materiale infetto per via i.p. o intracerebroventricolare. La barriera di specie produce un considerevole allungamento della infettività tra specie differenti, dopo di che l’agente infettante si adatta alla nuova specie, il periodo d’incubazione si accorcia e viene acquisita stabilmente la capacità patogenetica Il passaggio di specie spesso richiede un ospite intermedio

35 Meccanismo di propagazione a stampo del PRPsc

36 Trasmissione interspecifica del PRPsc
Pecora ►mucca► uomo ma non pecora►uomo Mucca►topo►criceto ma non mucca►criceto

37 KURU Nel 1955 il medico Vincent Zigas, decise di studiare l'anomalo incremento di patologie neurologiche che colpivano alcune tribù di indigeni viventi allo stadio primitivo nella Nuova Guinea. Prende in esame la tribù dei Fore della Papuasia, vittime di una malattia particolare che gli indigeni chiamano kuru, parola che nella lingua locale significa "tremore" o "brivido". Questa malattia porta inevitabilmente alla morte del malato ed è caratterizzata da perdita di equilibrio, movimenti oculari innaturali e tremori vari. Nel 1957, Zigas si reca nella zona maggiormente colpita, accompagnato dal microbiologo e pediatra statunitense Carleton Gajdusek, allo scopo di stilare una statistica del fenomeno kuru. I due studiosi giungono a ritenere che la malattia sia legata all'usanza cannibalistica di mangiare, durante alcuni riti sacri, il cervello dei cadaveri. Zigas preleva alcuni campioni di sangue e di cervello dalle vittime morte di kuru e li spedisce perché siano analizzati: non vengono trovate tracce di virus. Dopo il primo anno di studio, i due pubblicano i loro risultati: il 60% delle donne adulte ed un terzo dei bambini a cui viene dato da mangiare il cervello dei defunti contrae la malattia. Gli uomini adulti, che in quanto cacciatori mangiano solo i muscoli dei defunti, vengono risparmiati dal kuru. Dopo questo studio, dal 1957 viene proibito il rito del cannibalismo: negli anni successivi l'incidenza del kuru diminuisce sensibilmente. In tempi recenti (2001), i rari casi riscontrati sono stati attribuiti a contagi risalenti a prima del divieto. Per quanto riguarda le origini del kuru, i due studiosi hanno ipotizzato si trattasse della malattia di Creutzfeldt-Jakob


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