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Fare ricerca coi case study

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Presentazione sul tema: "Fare ricerca coi case study"— Transcript della presentazione:

1 Fare ricerca coi case study
Scuola estiva AiIG Strategia e gestione delle operations nelle reti di imprese Fare ricerca coi case study Maria Rita Tagliaventi Università di Bologna Bressanone, 16 settembre 2003

2 Temi trattati Definizione e finalità dei case study
I case study qualitativi I case study quantitativi I case survey I case study nell’operations management Spunti di riflessione finale Breve bibliografia di riferimento

3 La “fortuna” dei case study nelle scienze sociali
Ricerca su ABInform + Social Science Plus con le parole chiave “Case” + “study” dal 1990 al 2003, con peer review: Circa articoli estratti Discipline coperte: Comportamento organizzativo Accounting Health management Strategia Politiche istituzionali Pianificazione urbana Se leggiamo alcuni di questi contributi, ne ricaviamo un senso di confusione: I CS non vanno confusi con la ricerca qualitativa in senso stretto perché sono basati su un mix di approcci qualitativi e quantitativi (Rowley, 2002) [vecchia mal interpretazione: l’attributo qualitativo e quantitativo corrisponde alla tecnica utilizzata]. L’autrice per esempio correttamente nella seconda pagina del suo paper fa una scelta di campo (this section takes a positivist and deductive approach to CS design. It urges the definition of questions and propositions in advance of data collection), per poi aggiungere qualche riga sotto “the authors are of the opinion that the positivist approach provides a firmer foundation for understanding and managing issues such as validity and reliability, and for structuring data collection and analysis, and is therefore a more straightforward process for the new researcher” [ma si tratta non di comodità, bensì di visioni del mondo]. La stessa autrice poi si pone nella parte finale domande sulla generalizzabilità dei risultati di un CS e se i risultati esposti riflettano la visione degli attori del contesto oppure quella dei ricercatori che in una prospettiva positivista sono assolutamente insensate. I CS come costruzione di teoria: “non importa quanto induttivo sia l’approccio, abbiamo bisogno di una vista precedente sui costrutti generali o categorie che intendiamo studiare e sulle loro relazioni” (Voss et al., 2002) [ma se è una ricerca qualitativa, questo non è certo vero!] In che cosa i CS sono diversi dalle etnografie? Etnografia e osservazioni partecipative sono sinonimi. Idee poco chiare per tutti, tranne che per Klein e Myers (MIS, 1999), che vedono come unica differenza tra CS ed etnografie la durata del tempo e il grado di partecipazione alla vita del contesto sociale studiato. I CS sono caratterizzati dall’uso principale di interviste (quasi tutti: Yin, Voss, Ellram etc.) oppure di archivi e documenti (Van Maanen, 1998) Quello che manca è un riferimento solido ai paradigmi della conoscenza, che invece aiutano a inquadrare i CS correttamente anche dal punto di vista metodologico!

4 Diversi case study per diverse visioni del mondo

5 Cos’è un case study? Uno studio di casi è una ricerca che risponde a un quesito del tipo “come” o “perché” relativo a un insieme di eventi sui quali il ricercatore può esercitare nessuno o poco controllo (Yin, 1994). Un studio di casi è la storia di fenomeni passati o correnti tratta da multiple fonti. Può includere dati da osservazioni dirette, interviste sistematiche, archivi pubblici e privati. Ogni fatto rilevante per comprendere il flusso di eventi che attiene a quei fenomeni costituisce un’informazione potenziale in uno studio di casi, perché il contesto è importante (Leonard-Barton, 1990) Yin (1994) descrive un case study come quella ricerca nella quale “una domanda di tipo “come” o “perché” è posta relativamente a un set di eventi contemporanei sui quali il ricercatore può esercitare poco o nessun controllo”. Non sono d’accordo sulla necessità che gli eventi oggetto di un case study siano contemporanei: altrimenti non ci si potrebbe basare su analisi di documenti come tecnica privilegiata e un’etnografia o uni studio basato su interviste destrutturate sarebbero più adeguate. Secondo Larsson (1993, AMJ), i CS sono uno strumento di ricerca particolarmente adatti quando l’unità di analisi è l’organizzazione, un ampio spettro di condizioni sono interessanti e una ricerca tipo esperimento non è applicabile oppure mancherebbe di cogliere prospettive rilevanti per la pratica manageriale.

6 Principali interpretazioni riduttive del case study
I case study come ricerca e casy study come strumento didattico sono fortemente correlati I casi study sono solo tipi di ricerche qualitative I case study sono solo esplorativi Ogni case study corrisponde a un’osservazione. Più case study sono necessari per produrre risultati significativi. I case study non utilizzano una procedura rigorosa. Ognuno è in grado di condurre case study: non sono richieste abilità particolari. I risultati dei case study non sono generalizzabili. Fonte: Ellram, 1996

7 Finalità dei case study
Triplice valenza degli studi di caso (Eisenhardt, 1989; Yin, 1994): Descrivere (descriptive) Generare teorie (exploratory) “Generalizzabili” Grounded (Van Maanen, 1998; Strauss, 1987) Testare ipotesi (explanatory) Una distinzione accurata fra CS per interpretativismo e positivismo è operata da Klein e Myers su MIS nel 1999. I casi descrittivi sono quelli solitamente impiegati come: Storie, spesso longitudinali, su un singolo contesto; strumenti di insegnamento: di solito sono casi singoli, non multipli, e la loro redazione risponde a criteri molto diversi da quelli impiegati nella ricerca (per esempio, l’accuratezza e la completezza dei dati non sono tanto rilevanti quanto la loro significatività e potenza). Casi descrittivi sono anche quelli raccolti in alcune discipline (medicina, Legge, servizi sociali) per orientare la pratica.

8 Temi trattati Definizione e finalità dei case study
I case study qualitativi I case study quantitativi I case survey I case study nell’operations management Spunti di riflessione finale Breve bibliografia di riferimento

9 Una classificazione delle ricerche qualitative

10 Fasi di un case study qualitativo
Definizione iniziale della domanda di ricerca Selezione dei casi Scelta delle tecniche e del protocollo Analisi dei documenti, osservazioni, interviste… Solo dati qualitativi, solo dati quantitativi o entrambi (triangolazione) Più ricercatori Aumentare la creatività Significato di convergenza/divergenza sulle interpretazioni Visite ai contesti in team Differenziazione dei ruoli all’interno dei team Team diversi per contesti diversi La definizione iniziale di una domanda di ricerca nel CS usato per generare teoria ha la finalità di non farsi sopraffare dai dati che emergono nel contesto e di specificare quali organizzazioni investigare. Questo differisce sostanzialmente da un’etnografia, nella quale ci si auspica quasi di essere sopraffatti dai fenomeni del contesto, guai a operare un filtro a priori sui fenomeni. Diverso anche il ruolo della letteratura: nei CS serve per formulate la domanda di ricerca, mentre è pressoché irrilevante in un’etnografia. Quesiti di ricerca possono essere: Quali sono le modalità organizzative per rendere le scuole efficaci? (what) Come una comunità accoglie la costruzione di un’autostrada? (how) [c’è qui un’idea di processo, di “prima”, “durante” e “dopo” da investigare] Perché un programma statale di incentivi alla riqualificazione delle competenze è fallito in una certa area? (why) Un case study non può rispondere a quesiti di “quantificazione degli effetti “ (how much? How many?) perché il limitato numero di contesti esaminato non può dare soddisfacenti risposte. Una differenza sostanziale rispetto agli esperimenti di laboratorio è che il ricercatore negli studi di caso, come del resto in etnografie e studi basati su interviste, non possa controllare gli eventi del contesto (cioè non può scegliere tutte le altre variabili e assegnare loro un valore tranne quella di rilevanza). In altri termini, un esperimento separa deliberatamente un fenomeno dal contesto nel quale esso occorre. Secondo Yin (1994), le life histories si concentrano sia su fenomeni sia sul contesto, ma si riferiscono sempre a eventi del passato. Una survey pure riguarda sia fenomeni sia contesto, ma la sua capacità di approfondire il contesto è molto limitata (anzi si cerca di ridurre il numero di variabili indagate al di sotto del numero di rispondenti). In coerenza con la natura di una ricerca qualitativa, il focus della ricerca può cambiare con il grado di conoscenza del contesto. Per esempio Bettenhausen e Murninghan (1986) iniziarono il loro studio come confutazione di ipotesi sui processi decisionali e la formazione di coalizioni e lo trasformarono nella costruzione di una teoria sulla creazione di norme da parte di un gruppo a seguito di un esperimento i cui risultati erano parsi loro sorprendenti. Come suggerisce la Eisenhardt, è realisticamente impossibile non avere un quesito di ricerca in mente quando si intraprende la ricerca. Ma è sconsigliabile in quella fase pensare a specifiche relazioni tra variabili! La selezione dei casi è problematica se usiamo i CS per generare teoria. Non è auspicabile procedere a un campionamento casuale, anche se la selezione in questa situazione risponde non a criteri di significatività statistica, bensì di scegliere contesti nei quali sia probabile ripetere o estendere la teoria emergente. Per esempio, per studiare le cerimonie di addio di organizzazioni morenti (Harris e Sutton, 1986), si possono scegliere 8 organizzazioni che ricadono in quattro categorie diverse (private e dipendenti: private e indipendenti; pubbliche e dipendenti; pubbliche e indipendenti). Potremmo ottenere che: diverse categorie vedono diverse cerimonie di addio le imprese pubbliche hanno cerimonie di addio diverse da quelle private a prescindere dal fatto che siano dipendenti o indipendenti Le imprese dipendenti hanno cerimonie di addio diverse da quelle indipendenti a prescindere dal fatto che siano pubbliche o private Le imprese hanno cerimonie simili in tutte le categorie La “generalizzabilità” aumenta dall’alto verso il basso. Analoga combinazione per lo studio della relazione fra cambiamento strategico e competitività nelle grandi organizzazioni: quattro mercati diversi, per ogni mercato due grandi organizzazioni, una di successo e una di insuccesso. Utilizzare più ricercatori aumenta le possibilità di apporti creativi da un lato, e corrobora le interpretazioni in caso di convergenza o apre nuovi scenari in caso di divergenza. Le opzioni più frequenti sono: visite congiunte (punti di vista multipli e contemporanei sulla stessa realtà); ruoli diversi all’interno dei team (p.e. uno pone domande all’informatore nel corso della ricerca e l’altro scrive domande e risposte (aumentano così le possibilità di vedere i fenomeni in modo divergente da parte di chi ha il contatto diretto con l’informatore, più coinvolto, e di chi prende nota, più distaccato); più team di ricerca, ciascuno impegnato in un contesto diverso (l’idea è che le persone che non interagiscono direttamente con gli informatori sono meno coinvolte e apportano uno sguardo più fresco). Una tattica estrema, praticata da Sutton e Callahan (1987), è quella di fare sostenere a persone estranee al contesto, che non ne sanno nulla, il ruolo di “avvocati del diavolo” rispetto alle interpretazioni maturate dai ricercatori “in prima linea”. Le cerimonie di addio delle organizzazioni morenti: 8 organizzazioni pubbliche/private, dipendenti/indipendenti -diverse categorie, diverse cerimonie -cerimonie diverse per org. pubbliche e private a prescindere dall’indipendenza -cerimonie diverse per org. dipendenti e indipendenti a prescindere dalla natura pubblica -cerimonie uguali per le diverse categorie

11 Fasi di un case study qualitativo
L’ingresso nel campo Sovrapposizione tra raccolta e analisi dei dati Analisi delle evidenze empiriche di un singolo contesto (within-case): Rapporti dettagliati, spesso descrittivi Tecniche di codifica (Strauss e Corbin, 1990) Singolo caso considerato isolato Ricerca di similarità fra casi (cross-case): Derivare categorie/dimensioni e vedere similarità all’interno di gruppi vs. differenze tra gruppi Confrontare similarità/differenze tra coppie di casi Suddividere i casi per tecnica di rilevazione Suddividere i casi in gruppi da analizzare successivamente Raccolta di dati ed elaborazione contemporanee consentono di trarre vantaggio dalla flessibilità propria di una ricerca qualitativa, in particolare la libertà di aggiustare il tiro nel processo di ricerca attraverso: Aggiunta di contesti da studiare per approfondire particolari temi Aggiunta di tecniche di rilevazione Aggiunta di domande a questionari Strumento efficace di raccolta dei dati è la stesura di field notes. La fase di analisi è la più delicata, in quanto poco strutturata, di una ricerca qualitativa per CS. Si tratta di giustificare come si sia passati da una mole ingente di dati di varia natura (determinata dall’apertura del quesito di ricerca) a una teoria fatta di poche affermazioni sintetiche. L’analisi within-case ha come finalità la familiarità con un caso come fosse isolato. Si consente così di estrarre il massimo di contenuti dal singolo caso prima di investigare schemi comuni a più casi. Perché utilizzare più casi? Perché gli individui sono poveri processori di informazioni: Giungono a conclusioni sulla base di pochi dati Sono influenzati dalle evidenze più visibili e macroscopiche o dagli informatori che ritengono più rilevanti Ignorano elementi di statistica Per vedere le similarità intragruppo versus differenze tra gruppi si possono utilizzare supporti come le tavole di contingenza. Le categorie possono essere estratte dalla letteratura oppure essere estratte dal contesto oppure essere state imposte dal ricercatore all’atto del disegno: esempi sono le dimensioni (grande/piccola), il tipo di gestione (familiare/manageriale), il grado di innovazione (alto/basso), la performance (alta/bassa) etc. Nel confronto fra casi si forza il ricercatore a vedere differenze sottili tra casi apparentemente simili o, al contrario, similarità fra casi apparentemente eterogenei. Nella separazione per tecnica, un ricercatore esamina le field notes delle osservazioni, un altro i documenti raccolti, un altro ancora le interviste etc. Quando un’interpretazione emergente da una fonte è corroborata dall’interpretazione indipendente di un’altra fonte, essa è inevitabilmente più forte. Per contro, interpretazioni non collimanti richiedono un lavoro di “riconciliazione” e di approfondimento. Le diverse tattiche cross-case hanno la finalità di costringere il ricercatore ad andare oltre la prima impressione, e quindi a cercare punti di vista più profondi o “nascosti” nella miriade di evidenze raccolte e a costruire, in definitiva, una più aderente teoria.

12 Fasi di un case study qualitativo
Costruzione di una teoria Iterazione per trovare fit tra dati e teoria Apportare evidenze per i costrutti Le spiegazioni offerte dai dati qualitativi Confronto con la letteratura: Divergente Concorde Usiamo qui il termine costrutto con accezione assai diversa da quella di una ricerca quantitativa: I costrutti, la loro definizione e la loro misura emergono dalle evidenze raccolte sul campo e non individuate a priori Non è disponibile nessuna tecnica, come l’analisi fattoriale, per collassare più indicatori in un unico indicatore I ricercatori citano allora estratti dalle fonti per supportare costrutti e interpretazioni; redigono tavole che sintetizzano le evidenze sottostanti i costrutti. Il massimo rigore è richiesto e, una volta costruita una teoria, si procede all’ottica della riproducibilità come in una ricerca quantitativa: con più casi ogni caso funziona come un esperimento. I casi che confermano le relazioni emergenti convalidano la loro validità; i casi che le confutano spesso rappresentano un’opportunità per rifinire ed estendere la teoria. Per esempio Eisenhardt e Bourgeois (1988) trovarono un caso, nella ricerca sull’uso della politica nelle decisioni strategiche, che confutava l’idea che le coalizioni politiche fossero stabili nel tempo. Approfondendo questo caso capirono che il team di dirigenti era stato appena costituito e questo portò a rifinire la teoria emergente per indicare che la stabilizzazione delle coalizioni accade nel tempo. I dati qualitativi sono essenziali per capire perché una teoria sia valida o meno. Quando una relazione è supportata dalle evidenze, i dati qualitativi aiutano a comprendere le dinamiche che sottendono quella relazione. [Fare qui l’esempio delle relazioni rilevate con il blockmodeling nell’introduzione del SI in Albini e Fontanot e dell’ausilio delle field notes per capire che cosa generasse quelle interazioni]. Ricorrere ai dati qualitativi corrisponde ad applicare un criterio di validità interna alla ricerca. Il confronto con la letteratura discorde, oltre a dare al lettore prova della piena consapevolezza del ricercatore e quindi indirettamente della bontà della ricerca, costringe il ricercatore ancora a cercare modi di pensare più creativi, più innovativi. Per esempio, Eishenhardt e Bourgeois (1988) trovarono che, a differenza di precedenti risultati di altri Autori, il decentramento del potere induce il ricorso a tattiche politiche da parte dei manager. Entrambi gli opposti (accentramento, come trovato da altri, e decentramento, come trovato da loro) provocano quindi l’uso della politica. La teoria risultante dal confronto porta ad affermare che solo configurazioni intermedie danno ai manager il senso di efficacia personale e quindi promuovono collaborazione per il bene dell’organizzazione. Il confronto con la letteratura convergente è utile perché permette di cogliere similarità in fenomeni non usualmente associati. Il risultato è spesso una teoria più forte, con maggiore validità interna. Il collegamento con letteratura riferita ad altri contesti aumenta nel lettore la confidenza che il ricercatore ha osservato nel suo limitato numero di casi una relazione valida. Secondo la Eisenhardt, il confronto con risultati simili in letteratura contribuisce alla generalizzabilità delle teoria emersa, ma questo apre, a mio avviso, un dibattito epistemologico più articolato.

13 Fasi di un case study qualitativo
Chiusura della ricerca Quando sono sufficienti i casi studiati? Quando cessare l’iterazione dati-teoria? In quale forma presentare la teoria? Concetti Quadro concettuale Proposizioni La risposta a entrambi i quesiti è: quando si raggiunge la saturazione teorica (cioè quando l’apprendimento incrementale è minimo perché il ricercatore rileva fenomeni già noti, Glaser e Strauss, 1967). Entrano in gioco però anche considerazioni pratiche, come il tempo e i costi. Secondo la Eisenhardt, non c’è un numero ideale di casi: fra 4 e 10 va bene. Con meno di 4 casi è difficile generare teoria con molta complessità, con più di 10 casi c’è troppa complessità per gestire una teoria. La Eisenhardt dice di affrontare lo studio di casi per costruire teoria in una prospettiva positivistica, a differenza di van Maanen e Strauss. La finalità è costruire ipotesi da sottoporre a tentativo di confutazione, non costruire una grounded theory. Infatti una delle sue costanti preoccupazioni in tutto l’articolo è assicurare generalizzabilità dei risultati. Credo che il processo proposto sia rigoroso e applicabile al 90% anche all’uso di studi di caso per costruire una teoria sul campo in una prospettiva costruttivista. In questa situazione però è discutibile il discorso sul numero di casi da esaminare perché manca ogni aspirazione alla generalizzabilità. È questo (che portata abbia la teoria generata) un punto da sottolineare.

14 Punti di forza e di debolezza dei case study qualitativi
Probabilità di generare nuova teoria: Solo specifica del contesto? Punti di debolezza: Complessità della teoria generata “piccole” teorie La probabilità di generare nuova teoria è legata soprattutto al confronto: 1) con differenze tra i diversi casi esaminati; 2) con la letteratura divergente. Entrambi richiedono una ricerca più approfondita delle ragioni delle differenze riscontrate. La teoria generata è, in una prospettiva positivistica, più facilmente testabile di teorie frutto di elaborazioni concettuali (non derivate dalla realtà) perché i costrutti sono già stati misurati nel processo di derivazione della teoria stessa. La molteplicità dei dati raccolti può indurre a costruire una teoria complessa, che manca della capacità di sintesi di una prospettiva unitaria, perché si cerca di includervi tutti i fenomeni osservati o rilevati. In realtà, rispetto alla visione della Eisenhardt, se si utilizzano tecniche statistiche in fase di analisi, la potenzialità di sintesi è accresciuta. L’idiosincrasia della teoria generata evidenziato come punto di debolezza dalla Eisenhardt non è tale se ci si pone in una prospettiva costruttivistica. Invece, se usiamo i CS come generatori di teorie da testare in campioni più ampi successivamente, il limite secondo la Eisenhardt può essere quello di costruire modelli di piccolo raggio rispetto alle teorie come l’Ecologia delle Popolazioni, i Costi Transazionali, la Resource Dependence.

15 Applicabilità e criteri di valutazione dei case study qualitativi
Studio di fenomeni nuovi, non studiati prima o per i quali ci sono evidenze discordanti Criteri di valutazione: Emergere di una “buona” teoria Rigore del processo Emergere di una nuova teoria (novelty)

16 Principi di valutazione di un case study di tipo qualitativo
Il principio fondamentale del circolo ermeneutico Il principio della contestualizzazione Il principio dell’interazione fra ricercatore e attori del contesto Il principio di astrazione e generalizzazione Il principio del ragionamento logico Il principio delle interpretazioni multiple Il principio del sospetto Una teoria è “buona” in una prospettiva positivistica quando è 1) parsimoniosa (sintetica cioè), 2) testabile, 3) logicamente coerente. E in una prospettiva costruttivistica? Bisogna rispondere affermativamente alle seguenti domande: Il ricercatore ha seguito una procedura rigorosa? Le evidenze empiriche supportano il modello teorico? Come sono giustificate le esclusioni di spiegazioni alternative? Klein e Myers (MIS, 1999) propongono un insieme di principi basati sull’interpretativismo ermeneutico per valutare un CS di tipo qualitativo. Gli autori giustificano l’uso del termine “principio” come idee fondamentali, in quanto tratte da riflessioni filosofiche, non certo perché obbligatorie, che possono risultare utili a ricercatori e revisori. I principi non sono regole burocratiche da applicare automaticamente, ma richiedono creatività e giudizio. Da sottolineare come i principi per condurre un CS in una ricerca qualitativa non siano indipendenti da quelli che si usano per valutarla. Il principio fondamentale, necessariamente il primo, afferma che la comprensione umana è il frutto dell’iterazione fra comprensione delle parti e comprensione del tutto. Si comprende un insieme complesso attraverso preconcetti sui significati delle sue parti componenti e sulle loro interdipendenze. In seguito si torna alle singole parti accrescendone la comprensione. In uno studio sulla ricchezza delle informazioni trasmesse via , Lee (1994) itera tra i frammenti di messaggi di individui e il contesto globale nel quale gli scambi hanno luogo per interpretare il flusso di comunicazioni elettroniche. Il principio della contestualizzazione richiede una riflessione critica sulla storia del contesto sociale di ricerca affinché l’audience della ricerca possa cogliere da dove la situazione attuale derivi. Per esempio Ciborra (1996) discute le forze storiche che hanno determinato la scelta di una nuova linea di montaggio per evidenziare come il contesto fosse ancora fortemente influenzato dalla vecchia concezione fordista. In questa prospettiva, i risultati di una ricerca sono influenzati dalla storia globale della ricerca e la ricerca stessa diviene parte dell’organizzazione. Il principio dell’interazione discende dalla costruzione sociale del sistema. I partecipanti, al pari del ricercatore, sono interpreti e analisti del contesto. Essi interpretano il contesto ampliando il proprio orizzonte giacché si appropriano di concetti usati dai ricercatori, i consulenti, gli agenti di vendita etc. Questo effetto diminuisce se l’interazione col ricercatore è debole perché questi si avvale principalmente di documenti e archivi. Trauth (1997) indaga l’introduzione di IS in 3 contesti in 3 Paesi diversi e rileva quanto la sua comprensione sia aumentata dal fatto di avere discusso con gli informatori i suoi assunti. Nonostante l’assunzione che non esistano leggi naturali che governano le azioni umane e che quindi ogni contesto sia unico e irripetibile, il dibattito filosofico (Heidegger, Husserl) riconosce, anche se il tema è controverso, che i concetti possano essere estratti dalle esperienze di tutti i giorni. Si parla qui di contestualizzazione in categorie astratte: fenomeni specifici possono essere ricondotti a idee e concetti che si applicano a più situazioni. Ciononostante, è importante che le astrazioni teoriche siano sempre accuratamente basate su dettagli dei lavori sul campo. La validità delle inferenze non può assolutamente essere di tipo statistico, ma poggia sulla plausibilità e il rigore del procedimento logico che dai fenomeni del campo conduce alla formulazione di conclusioni (Walsham, 1993). Walsham enuncia 4 tipi di generalizzazione: 1) sviluppo di concetti; 2) sviluppo di teoria; 3) formulazione di implicazioni specifiche; 4) contributi di profondità di vista. Fare studi di caso qualitativi non deve mai corrispondere a produrre aneddotica né ha la finalità di falsificare ipotese: come efficacemente esprimono Klein e Myers, le ricerche qualitative sono strumenti di sensibilizzazione (sensitizing devices) per una certa visione del mondo. Il principio richiede che il ricercatore confronti i suoi preconcetti (pregiudizi) che hanno guidato il disegno di ricerca originale con i dati che emergono durante il processo di ricerca. il punto fondamentale è che il ricercatore renda il più possibile esplicite al lettore e a se stesso le assunzioni epistemologiche della ricerca. E’ da sottolineare come il termine pregiudizi, a differenza che in una prospettiva positivista, non ha qui alcuna accezione negativa: il pregiudizio costituisce qui il punto di partenza necessario per la comprensione individuale. Bisogna però distinguere fra pregiudizi “buoni”, che consentono di comprendere, e pregiudizi “”falsi”, che generano incomprensioni. L’esplicitazione dei pregiudizi dovrebbe essere compiuta più volte di seguito, di modo che la comprensione di una fase rappresenti il pregiudizio con il quale di affronta la fase successiva. Questo principio chiede di esaminare l’influenza del contesto sulle azioni riscontrate attraverso il ricorso a punti di vista multipli e a spiegazioni multiple. Il ricercatore esamina le contraddizioni potenzialmente presenti in punti di vista multipli e rivede coerentemente la sua comprensione. Non sempre emergono ovviamente interpretazioni discordanti, ma queste sono comuni per esempio nelle introduzioni di Sistemi Informativi. Il settimo principio richiama la sensibilità a possibili bias e distorsioni sistematiche nella narrativa raccolta dagli informatori. Occorre domandarsi “cosa c’è dietro le parole che vengono pronunciate? Quali sono le vere intenzioni dell’attore?”. È un principio particolarmente rilevante nell’analisi delle conversazioni, come emerge da osservazioni partecipative condotte in riunioni per la formulazione di un piano regolatore in una piccola città (Forester, 1992). In quest’ottica si va oltre la comprensione del significato delle informazioni raccolte perché si invita il ricercatore a “leggere” il mondo sociale che giace dietro la superficie della parole e delle azioni degli attori, mondo profondamente permeato da strutture di potere, interessi celati e risorse limitate che ispirano azioni e parole. Ancora una volta, le strutture di potere, interessi celati e risorse limitate vanno svelati, il che altro non implica che cogliere la specifica realtà sociale costruita. Il settimo principio dà una connotazione critica alla ricerca non unanimemente accettata dai filosofi della scienza. Klein e Myers evidenziano l’interdipendenza dei 7 principi, esposti singolarmente, per il successo di uno studio di caso e suggeriscono a lettori e valutatori di giudicare un paper qualitativo sulla base dell’esclusione di alcuni dei suddetti principi, sulla loro insufficiente o fraintesa applicazione. Uno studio di caso qualitativo, un’etnografia sono scientificamente rilevanti non solo perché interessanti, bensì perché sono plausibili e convincenti. Il paper in questione esamina l’applicazione dei 7 principi in tre paper (un’etnografia, due studi di caso) considerati eccellenti. Klein e Myers, 1999

17 Temi trattati Definizione e finalità dei case study
I case study qualitativi I case study quantitativi I case survey I case study nell’operations management Spunti di riflessione finale Breve bibliografia di riferimento

18 Fasi di un case study quantitativo
Formulare un quesito di ricerca Esplicitare il quesito di ricerca in proposizioni Definire l’unità di analisi Collegare i dati alle proposizioni formulate Definire i criteri di valutazione dei risultati I case study in una ricerca quantitativa (non esplorativa, quindi) necessitano di un disegno della ricerca accurato. L’unità di analisi può essere l’individuo (come nella scuola sociologica di Chicago per capire le tendenze criminali nei giovani), un evento (per esempio le decisioni di un’organizzazione, il cambiamento del top management, l’introduzione di una nuova tecnologia). Formulare il quesito sotto forma di proposizioni è qui determinante per scegliere l’unità di analisi più appropriata. Se il quesito resta generico (per esempio, qual è il ruolo degli Stati Uniti nell’economia mondiale), quale unità di analisi sarebbe consona (l’economia di un Paese, un’industria nel mercato mondiale, la politica economica degli Stati Uniti, il flusso commerciale o finanziario fra più Paesi)? Nell’unità di analisi è rilevante il confronto con la letteratura già esistente sul tema: ogni case study e unità di analisi dovrebbe essere coerente con gli studi precedentemente svolti oppure differenziarsene in modo chiaro, operativamente non ambiguo. I punti 4 e 5 sono, secondo Yin, i meno sviluppati nel dibattito metodologico sui CS. Una possibilità è quella delineata da Campbell (1975) e denominata “pattern-matching”. Relativamente all’introduzione di una legge sulla riduzione della velocità nello stato del Connecticut, sono formulate due ipotesi (due pattern): che essa diminuisca il numero di incidenti mortali e che essa non abbia alcun effetto sulla mortalità stradale. Entrambi gli andamenti sono tracciati in un grafico. Poi si mappano gli andamenti reali, cioè il numero effettivo di incidenti per anno (terzo pattern). Campbell mostrò che non c’era alcuna relazione fra riduzione del limite di velocità e riduzione di incidenti stradali. Nello studio di Campbell le fatalità reali non mostrano alcuna decrescita in seguito all’introduzione del nuovo limite di velocità. Ma nessun confronto attraverso test statistici è stato condotto rispetto al pattern di nessun effetto ipotizzato teoricamente. Né sarebbe stato possibile, perché un solo set di dati (numero di incidenti mortali per anno) era disponibile, non si poteva ricorrere a più misurazioni.

19 Il disegno di un case study quantitativo
Due scelte necessarie prima di intraprendere un case study: Singolo case study o case study multipli? Una singola unità di analisi (olistico) o più unità di analisi (multi-livello)? Un CS può analizzare una singola unità (per esempio l’introduzione di un nuovo sistema informativo in un’impresa) oppure più unità contemporaneamente (oltre al processo di introduzione di un nuovo sistema informativo esaminare il comportamento degli individui nei confronti dell’innovazione, le modifiche nella rete sociale, la costituzione di coalizioni con diversi intenti etc.).

20 Case study quantitativi singoli e multipli
Motivi per un case study singolo: Caso critico in una teoria consolidata Caso estremo o unico Caso rivelatore Motivi per case study multipli: Risultati più convincenti Studio più “robusto” Il CS singolo è analogo a un esperimento singolo e le stesse considerazioni dunque sono applicabili. Esiste una teoria di riferimento con un insieme ben specificato di proposizioni e di circostanze nelle quali si ritiene che le proposizioni tengano. Si delinea allora un caso per confutare, non confutare o estendere la suddetta teoria: questo caso incontra tutte le circostanze esplicitate dalla teoria. Attraverso questo CS si vede allora se le proposizioni della teoria non sono confutate o, se invece sono confutate, quali spiegazioni alternative sia possibile fornire. Per esempio, una teoria può definire quali siano le barriere all’innovazione nelle organizzazioni pubbliche e un CS può analizzare un’organizzazione pubblica priva di barriere e osservare che, nonostante l’assenza di barriere, i processi di innovazione falliscono. I risultati di questa ricerca possono indirizzare gli studi futuri non verso l’identificazione delle barriere all’innovazione, bensì verso l’approfondimento di come avvengono i processi di innovazione. Ci sono casi estremi o unici che rappresentano condizioni assolutamente particolari all’interno di una teoria e che necessitano di essere documentate: sono le famose “eccezioni” alle quali si riferisce il detto “ogni regola ha le sue eccezioni”. Sono frequenti soprattutto in campo medico: per specificare per esempio con quali particolari pazienti una determinata cura non sia efficace. Un caso rivelatore si ha quando un ricercatore ha l’opportunità di studiare un fenomeno precedentemente inaccessibile. Questo studio può anche costituire uno studio pilota che innesca CS multipli. I CS multipli contengono un problema implicito: richiedono molto tempo e molte risorse e spesso il ricercatore non ha né l’uno né le altre.

21 Case study multipli quantitativi
Logica della riproducibilità, non del campionamento: Stessi risultati (riproducibilità letterale) Risultati diversi ma per cause prevedibili (riproducibilità teorica) Perché i case studies non rispondono alla logica del campionamento: Non misurano l’incidenza di un fenomeno Considerano tanto il fenomeno quanto il contesto Colgono anche temi inesplorati La logica della riproducibilità è analoga a quella degli esperimenti multipli, mentre la logica del campionamento è quella delle risposte di più rispondenti in una survey. Nella logica della riproducibilità uno stesso risultato è ottenuto in contesti diversi oppure si ottengono risultati diversi da contesti diversi ma per ragioni ipotizzabili a priori. Un disegno di CS multiplo efficace dovrebbe comprendere casi sia di ripetizione letterale sia di ripetizione teorica. Per esempio, l’ipotesi di ricerca può essere che l’uso di computer nelle scuole aumenta quando essi sono utilizzati contemporaneamente per funzioni didattiche e per funzioni amministrative, ma non per una sola delle due funzioni. Una ricerca di CS multipli dovrebbe comprendere: Alcune scuole nelle quali i computer siano usati sia per scopi didattici sia per scopi amministrativi (ripetizione letterale) per vedere se l’uso è effettivamente aumentato o meno nel tempo Uno stesso numero di scuole nelle quali i computer siano usati solo per scopi didattici (ripetizione teorica), con la predizione che l’uso non sia aumentato nel tempo Uno stesso numero di scuole nelle quali i computer siano usati solo per scopi amministrativi (ripetizione teorica), con la predizione che l’uso non sia aumentato nel tempo Se tutti i 9-12 casi rispettano l’ipotesi predittiva, allora essa non è confutata. È sempre necessario un quadro di riferimento teorico ricco: sia per individuare le condizioni che possono favorire fenomeni analoghi (ripetizione letterale) sia per individuare le condizioni che non favoriscono fenomeni simili (ripetizione teorica). Se l’ipotesi predittiva viene confutata, allora si devono ipotizzare spiegazioni (e quindi teorie) alternative. Differente è la logica del campionamento, che richiede la valutazione dell’intero universo di potenziali rispondenti e quindi una procedura statistica per selezionare il sottoinsieme di rispondenti da intervistare. Si assume che i dati emergenti dal campione riflettano l’intero universo attraverso il calcolo dell’intervallo di confidenza. Ogni tentativo di applicare la logica del campionamento ai CS multipli sarebbe concettualmente errata: I CS non servono per misurare l’incidenza di un fenomeno Un CS analizza sia il fenomeno sia il contesto nel quale esso si svolge, quindi include più variabili di quelle contenute in un’ipotesi di ricerca (e dovremmo pertanto considerare un numero elevatissimo di casi, cosa realisticamente non attuabile) Infine, se la logica del campionamento fosse applicata a tutte le ricerche, molti temi interessanti rimarrebbero inesplorati Voss, Tsikriktsis e Frolich (2002) sostengono la necessità di considerare parametri o fattori che definiscano la popolazione (?) e che vanno tenuti costanti nella selezione dei casi. Per esempio le politiche manageriali e sistemi di magazzino sono simili in tutti i casi, mentre variano costi e tassi di difettosità.

22 Il disegno di un case study quantitativo
Quattro possibili configurazioni (Yin, 1994): Casi singoli con una singola unità d’analisi Casi singoli con più unità d’analisi Casi multipli con una singola unità d’analisi Casi multipli con più unità d’analisi

23 Il percorso di una ricerca con case study multiplo
Formulare ipotesi da una teoria consolidata Disegnare la ricerca: Selezionare i casi e le unità di analisi Definire le tecniche di raccolta dei dati e i protocolli di ricerca Condurre un caso pilota Condurre i case studies Scrivere report individuali per ogni caso Confrontare i casi Modificare la teoria Scrivere un report incrociato fra casi Ogni caso costituisce una ricerca in sé, completa: ogni report deve indicare come e perché una particolare proposizione sia stata non confutata (oppure confutata). Nel confronto tra casi il report deve evidenziare la portata della logica della ripetizione e perché certi casi hanno riportato, secondo le ipotesi formulate, determinati risultati e altri eventualmente no. Resta il problema del numero di casi da considerare: e questo è il frutto di una scelta del ricercatore e non può essere altrimenti. Ovviamente, maggiore è il numero di casi, più solidi sono i risultati ottenuti e la teoria di partenza risulta supportata oppure più robuste sono le modifiche apportate. Ma esistono i soliti, ben noti limiti temporali ed economici alla conduzione di una ricerca. Importante: il disegno di un CS non può essere perfettamente definito all’inizio della ricerca. esso può essere modificato o completato durante lo svolgimento della ricerca, ma solo in presenza di circostanze stringenti. Sono utili i casi pilota, che permettono per esempio di vedere come un caso considerato rivelatore o unico non sia in realtà tale o che le informazioni che si era deciso di raccogliere in un CS multiplo devono essere integrate da altre informazioni. Secondo Yin, fare CS è molto più difficile che fare survey o esperimenti, perché: necessariamente sono richieste capacità di scelta e di giudizio da parte del ricercatore le procedure non sono routinizzate Sono necessarie abilità particolari per cogliere le opportunità del contesto, soprattutto quando l’interazione del ricercatore con gli attori del contesto è intensa, come se si utilizzano osservazioni partecipative o interviste destrutturate. Il discorso si complica passando da un singolo ricercatore su un singolo caso a più ricercatori su casi multipli.

24 Tecniche di rilevazione sul campo
Analisi di documenti e archivi Osservazioni Interviste etnografiche Focus groups Analisi delle conversazioni Storie di vita (life histories) Critical Incidence Technique Storytelling

25 Documenti e archivi Bilanci, budget, organigrammi etc.
Documenti amministrativi, commerciali, di R&S etc. Lettere e appunti Agende, convocazioni di riunioni, verbali di riunioni Rapporti di consulenza Articoli di giornali e riviste Banche dati Siti Internet Newsletters I documenti non devono essere necessariamente considerati come accurati e attendibili: essi vanno impiegati con estrema cautela. Per esempio, i verbali di riunioni hanno spesso un formato asciutto e formale nel quale non vengono riportati eventi come discussioni accese, conflitti, comportamenti dei partecipanti (chi entra e chi esce, con che tono intervengono etc.). Nell’uso dei documenti bisogna sempre ricordare che sono stati scritti per un qualche scopo specifico e per referenti diversi da quelli interessati a una ricerca. La triangolazione è utile e necessaria con i documenti: per esempio i verbali di una riunione possono essere confrontati con interviste ai partecipanti o con gli appunti presi direttamente nel corso della riunione dal ricercatore. Le nuove tecnologie dell’informazione rendono disponibili fonti fino a pochi anni fa inimmaginabili: mailing list, banche dati, Internet etc. Si deve pertanto essere creativi nel selezionare le potenziali fonti di informazione, non limitarsi a quelle tradizionali.

26 Criteri per valutare la qualità di un case study quantitativo
Validità del costrutto: Fonti di evidenze multiple Catene di evidenze Revisione da parte degli informatori Validità interna: Pattern-matching Explanation-building Serie temporali Validità interna: è rilevante se il CS è di tipo explanatory. Un CS include un’inferenza tutte le volte che un fenomeno non è direttamente osservabile. Allora il ricercatore deve “inferire” (dedurre) che un fenomeno particolare emerge come conseguenza di un precedente evento, sulla base di dichiarazioni rilasciate in interviste o di documenti raccolti. L’inferenza è corretta? Ogni spiegazione alternativa può essere esclusa? Tutte le evidenze raccolte convergono verso quella spiegazione? Validità esterna: tratta la questione della generalizzabilità della spiegazione elaborata. I risultati di una specifica situazione sono estensibili ad altre situazioni? Ricordiamo qui che si può applicare solo la generalizzabilità analitica (cioè ricondurre i risultati ottenuti a una più ampia teoria), non quella statistica (cioè traslare i risultati di un campione a un universo). La generalizzazione analitica non è automatica però, è necessaria la logica della riproducibilità (per esempio attraverso CS multipli).

27 Criteri per valutare la qualità di un case study quantitativo (2)
Affidabilità: Protocollo di case study Database di case study Affidabilità: la questione qui è se un secondo ricercatore che seguisse esattamente le stesse procedure di un primo ricercatore nello stesso contesto giungerebbe alle medesime conclusioni (N.B. l’accento è posto sullo stesso contesto e sul seguire le stesse procedure, quindi su uno stesso CS, non su un secondo e diverso contesto o sull’applicazione di procedure differenti). A questo scopo è fondamentale documentare accuratamente le procedure seguite, in modo che un altro ricercatore possa ripetere gli stessi passi. L’idea è di condurre la ricerca come se “qualcuno stesse spiando da dietro le spalle “ (Yin, 1994), in una prospettiva come da “contabile” della ricerca, che tiene il registro delle transazioni (il mastro), opera in regime di partita doppia etc.

28 Temi trattati Definizione e finalità dei case study
I case study qualitativi I case study quantitativi I case survey I case study nell’operations management Spunti di riflessione finale Breve bibliografia di riferimento

29 Molti temi in pochi casi e pochi temi in molte osservazioni insieme?
Meta-analisi dei case study o case survey (Larsson, 1993) Vantaggi: Combinare approccio idiografico e nomotetico Codifiche multiple degli stessi dati Nessuna preclusione iniziale sui casi Possibilità di analizzare fenomeni nel tempo Problemi: Numero di casi disponibili Limitatezza delle informazioni contenute nei report Qualità dei case survey legata alla qualità dei case studies Semplificazione dei fenomeni nell’analisi aggregata La meta-analisi proposta da Larsson prevede l’utilizzo di diversi case study precedentemente svolti da diversi autori per costruire data sets sufficientemente ampi da apportare i vantaggi di studi cross-sectional generalizzabili a più ampie popolazioni. Allo stesso tempo non si perdono i benefici della ricchezza dei CS, che colgono una molteplicità di fenomeni complessi. Le meta-analisi consentono di accrescere l’affidabilità della ricerca complessiva perché i diversi ricercatori che si avvicendano su uno stesso caso funzionano come raters indipendenti. Si supera così il problema della common method variance nella quale l’uso di uno stesso ricecatore e di uno stesso disegno può creare covarianza. La meta-analisi permette di non escludere a priori CS sulla base del disegno della ricerca, il tipo di pubblicazione raggiunto, l’anzianità della ricerca. Se emergono differenze successivamente, il ricercatore deve essere in grado di distinguere quelle dovute a significative differenze nei fenomeni da quelle imputabili a distorsioni nel disegno della ricerca, eliminando queste ultime. Considerare diversi CS condotti in tempi diversi corrisponde a compiere un’analisi longitudinale, per esempio sugli effetti dell’apprendimento organizzativo. I CS sono infatti solitamente limitati nel tempo e, se anche sono estesi su più periodi, la singolarità del processo osservato rende difficile distinguere l’influenza della fase del ciclo da altre influenze. Larsson è ancora più forte ed estremo: attraverso la quantificazione dei metodi qualitativi si integra il lavoro sul campo con le indagini campionarie e, in definitiva, i due paradigmi sottostanti. Qui bisogna, a mio parere, operare dei sottili distinguo invece: i due paradigmi poggiano su premesse ontologiche inconciliabili. Il ponte si può solo stabilire fra tecniche diverse, non fra ricerche diverse: un positivista può svolgere uno studio sul campo nella convinzione che la teoria che costruirà possa essere estesa ad altri contesti (e allora ha senso il case survey), mentre un costruttivista svolge uno studio sul campo credendo nell’irrepetibilità di quanto rilevato. Il problema della limitatezza delle informazioni riportate, vincoli di spazio, nei report può essere superata contattando direttamente gli autori e chiedendo loro accesso ai database, alle field notes e al più ampio materiale da essi raccolto. Per quanto riguarda la qualità “indotta”, si dimentica che disporre di un secondo rater (il ricercatore del case survey) in realtà aumenta la qualità della meta-analisi rispetto ai singoli case study. La semplificazione dei fenomeni rispetto alla ricchezza dei lavori sul campo è il prezzo da pagare per avere risultati generalizzabili. In generale, i problemi elencati nella slide possono essere ridotti attraverso opportuni accorgimenti metodologici, ma non possono essere radicalmente eliminati. Fra i più significativi case survey: Yin and Yates (1974) sul decentramento dei servizi urbani (contiene anche importanti contributi sul metodo) Mintzberg, Raisinhani e Theoret (1976) sui processi decisionali non strutturati (giudicato da Larsson il migliore anche se manca l’etichetta di case survey e non c’è interrater reliability) Miller e Friesen (1977) sui diversi achetipi di elaborazione di una strategia Miller e Friesen (1980) sull’adattamento organizzativo, combinando questionari e case survey Osborn, Jauch, Martin e Glueck (1981) su successione dei CEO, performance e condizioni ambientali

30 Procedimento di un case survey
Formulare le domande di ricerca iniziali Definire i criteri di selezione Definire i casi da studiare Disegnare lo schema di codifica per trasformare i casi in variabili Codificare i casi con raters multipli Codificare i casi con gli autori partecipanti Misurare interrater reliability Risolvere discrepanze di codifica Analizzare la validità statistica della codifica Analizzare statisticamente l’influenza delle caratteristiche dei singoli case study Analizzare statisticamente il data set creato Scrivere il report Sfortunatamente la scelta dei casi è spesso determinata dal prestigio della pubblicazione o dall’età del caso, tendendo a eliminare a priori casi datati o non pubblicati. L’eterogeneità dei contesti e dei disegni delle ricerche e il loro impatto sulla ricerca in corso sono invece affrontati successivamente, nella fase 10. Inoltre, spesso non sono coinvolti nella codifica gli autori dei casi, che possono invece apportare informazioni integrative rispetto a quelle già disponibili: il loro coinvolgimento diminuisce però l’affidabilità della codifica, perché il grado di conoscenza del contesto dei raters è diverso. È da rilevare come le fasi del case survey delineate siano in ordine logico rigido, cioè ciascuna costituisce la premessa per quella successiva. La ricerca dei casi deve avvalersi di tutte le fonti possibili (via computer, via esperti e pubblicazioni, e quest’ultime riviste, libri, atti di conferenze etc.). Fase 10: nella codifica dovrebbero essere inserite variabili come: caratteristiche del singolo case study (ampiezza e tipo di tecniche di raccolta utilizzate, prospettiva epistemologica, procedura di validazione); il tipo di pubblicazione (rivista accademica con referaggio, libro, atti di convegni, working papers etc.); gli anni nei quali i fenomeni studiati si sono verificati. Nelle conclusioni Larsson dichiara che i ricercatori, sia idiografici sia nomotetici, potrebbere essere stanchi di “interpretazioni di interpretazioni” quali i case survey sono. Tuttavia, secondo l’autore, essi restano preferibili ai CS multipli perché diminuiscono la common method variance dovuta al fatto che, in CS multipli, uno stesso ricercatore esamina contesti diversi con stesse finalità, prospettiva, metodo e quadro di riferimento teorico. I case survey fornisce interpretazioni non soggettive, sistematiche e replicabili delle interpretazioni del ricercatore primario (quello che ha condotto il caso), controllando così le idiosincrasie di quest’ultimo. [secondo me Larsson fa confusione nell’interpretazione di approccio nomotetico e idiografico. Egli non opera alcuna distinzione in termini di assunzione sulla realtà, quindi di ontologia ed epistemologia: il ricercatore nomotetico cerca leggi simili per un numero elevato di contesti, mentre il ricercatore idiografico preferisce conoscere in profondità un singolo contesto. In realtà dietro si cela la complessità delle divergenti visioni del mondo.]

31 Temi trattati Definizione e finalità dei case study
I case study qualitativi I case study quantitativi I case survey I case study nell’operations management Spunti di riflessione finale Breve bibliografia di riferimento

32 I case study in OM Ricerca basata su case study in operations management ampiamente utilizzata in Europa, infrequente negli Stati Uniti (Drejer, Blackmon e Voss, 1998) Le tecniche qualitative non sono diffuse nella ricerca su logistica, produzione e gestione dei materiali (Mentzer e Kahn, 1993), ma sono estremamente preziose (Ellram, 1996; Voss, Tsikriktsis e Frolich, 2002). I case study di operations management ammontano a solo il 4,94% dei paper pubblicati su riviste (Pannirselvan et al., 1999) Molti temi e teorie innovative in operations management, dalla produzione snella alle strategie di manufacturing, sono il frutto di ricerche sul campo basate su case study (Drejer, Blackmon e Voss, 1998) Case study sono particolarmente adatti all’operations management perché colgono tanto gli elementi concreti quanto gli elementi umani che lo caratterizzano (Drejer, Blackmon e Voss, 1998) e perché permettono di costruire/modificare teorie emergenti (McCutcheon e Meredith, 1993). Nel loro articolo Voss et al. Fanno affermazioni forti (da leggere): La ricerca attraverso CS non arricchisce solo la teoria, bensì il ricercatore stesso. Egli trarrà grande beneficio dalla svolgere ricerca sul campo e dall’essere esposto a problemi reali, ai punti di vista originali degli attori a tutti i livelli delle organizzazioni, a contesti fra loro eterogenei (p.195). I CS [sono impegnativi per dispendio temporale, impiego di risorse, abilità richieste al ricercatore]: non sono una scusa per il “turismo industriale”, visitare miriadi di organizzazioni senza alcuna idea di cosa cercarvi! (p.196)…né devono diventare meri “data-dredging” (Handfield e Melnyk, 1998) (p.198). Voss cita la scuola scandinava di OM come esempio di ricercatori interessati all’interdipendenza tra componente fisica e componente umana e perciò più inclini all’uso di CS nelle loro ricerche. Voss et al. Inoltre riportano il maggior ricorso ai CS in altre aree di management come Comportamento Organizzativo e Strategia (qui fare riferimento ai dati della prima slide su ProQuest). Nell’OM i casi studio sono stati utilizzati per testare teorie solo in congiunzione con survey, per esempio negli studi sull’implementazione di strategie (Pagell e Krause, 1999; Boyer e McDermott, 1999; McLachlin, 1997). Sono stati anche utilizzati per rifinire o modificare teorie esistenti, come da Meredith e Vineyard (1993) nell’ampliamento delle applicazioni di AMT e da Hyer e Brown (1999) nella progettazione di sistemi a celle. La rilevanza dei CS è anche data dall’elevato dinamismo dell’OM, che continuamente solleva pratiche emergenti, come quelle colte da Finch (1999) nel suo CS sulle relazioni tra prodotti, coinvolgimento dei clienti e informazioni sulla qualità. Il numero di casi rappresenta ancora una volta una scelta primaria. Secondo Voss et al., un singolo caso è particolarmente indicato negli studi longitudinali: Narasimhan e Jayaram (1995) hanno compiuto uno studio longitudinale sulla reingegnerizzazione della produzione di servizi Schonberger (1982) ha studiato un’impresa giapponese negli Stati Uniti -Sulla triangolazione nei CS di OM: Boyer e McDermott (1999) nel loro studio sul consenso nelle strategie di produzione utilizzarono: interviste semi-strutturate della durata di 1-2 ore in 7 impianti ai manager sui temi rilevanti + survey, confrontando risultati attraverso tour nei contesti, che servivano anche per un check visivo dell’adozione di AMT, layout, etc.

33 Differente uso in prospettiva costruttivista e positivista
In conclusione… Case study per: Costruire nuove teorie (exploratory e theory building) Confutare/modificare teorie consolidate (explanatory, theory testing e theory extension/refinement) Case survey per coniugare approccio nomotetico e idiografico? Differente uso in prospettiva costruttivista e positivista Il paper che potremmo definire seminale della Eisenhardt che abbiamo utilizzato nella prima parte è stato sottoposto, sempre sull’Academy of Management Review, a revisione critica da parte di Dyer e Wilkins, che lo definiscono “approccio ibrido”: L’impostazione, nonostante sia nelle dichiarazioni orientata alla creazione di teoria, include molti attributi dell’hypothesis testing È così focalizzato sulla costruzione di costrutti e sulla loro misurazione che spesso si perde di vista il contesto, la profondità di sguardo su di esso che invece contraddistingue gli studi di caso. L’enfasi della Eisenhardt favorisce lo sviluppo di costrutti chiari e di proposizioni testabili; un caso studio illumina invece un costrutto attraverso le sue manifestazioni in un contesto. La prescrizione sul numero di casi è insensata: molti degli studi più rilevanti dal punto di vista della generazione di teoria sono basati su 1-2 casi. Gli autori sostengono che, invece di preoccuparsi di confrontare contesti diversi, è importante operare confronti all’interno di uno stesso contesto. Infine, se uno intraprende case studies lo fa perché, sia in una prospettiva positivistica sia costruttivista, è interessato a conoscere in profondità un contesto sociale: ricorrere necessariamente a più casi (4-10 suggerisce la Eisenhardt) compromette, dati i vincoli di tempo e di risorse, questa ricchezza e fa mancare le dinamiche complesse. Il numero di casi è poi discutibile se il target della ricerca è un articolo invece di un libro: come si possono utilmente illustrare ai lettori in profondità 4-10 casi in un articolo di rivista? Iniziare un CS con una domanda di ricerca, per quanto generica (del tipo “how” or “why”), limita le possibilità di generare nuove teorie: si finisce per confutare, non confutare, modificare quella domanda, diminuendo la possibilità di cogliere aspetti nuovi e di costruire viste nuove. Un CS che nasca senza quesiti, come racconto di storia, contiene in sé un potenziale molto più elevato di generare nuova teoria, non di agire su quella esistente. “più di una volta abbiamo avuto un’esperienza di stupore “aha” nel leggere CS perché le ricche descrizioni ci hanno svelato le dinamiche dei fenomeni e ci hanno aiutato a identificare dinamiche simili nelle nostre ricerche o nelle nostre vite quotidiane (p. 617).

34 Bibliografia di riferimento
Eisenhardt K.M. (1989), Building theories from case study research, Academy of Management Review, Vol. 14 No. 4, pp Dyer W. G. Jr. e Wilkins A.L. (1991), Better stories, non better constructs, to generate theory: A rejoinder to Eisenhardt, Academy of Management Review, Vol. 16 No. 3, pp Ellram L.M. (1996), The use of the case study method in logistics research, Journal of Business Logistics, Vol. 17 No. 2, pp Klein H.K., Myers M.D. (1999), A set of principles for conducting and evaluating interpretive field studies in Information Systems, MIS Quarterly, Vol. 23 No. 1, pp Larsson R. (1993), Case survey methodology: Quantitative analysis of patterns across case studies, Academy of Journal Journal, Vol. 36 No. 6, pp Rowley J. (2002), Using case studies in research, Management Research News, Vol. 25 No. 25, pp Voss C., Tsikriktis N. e Frolich M. (2002), Case research in operations management, International Journal of Operations & Production Management, Vol. 22 No. 2, pp Yin R.K. (1994), Case study research. Design and Methods, Sage Publications: Thousand Oaks.


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