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Disturbi di personalità

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Presentazione sul tema: "Disturbi di personalità"— Transcript della presentazione:

1 Disturbi di personalità
GRUPPO RIVISTE-WEB: Fanelli Valentina Lai Jessica Garofalo Daniela Colli Claudia D’Urso Marialisa Marangio Clarissa GRUPPO LIBRI: Bariselci Andrea D’Acuti Guido Coradeghini Cisneros Alejandro Consiglio Antonio Fari’ Eleonora Fraudatario Antonio Caracoi Ilenia Boschetti Matteo Darsiè Francesca

2 RISULTATI DI RECENTI RICERCHE SUL WEB E SU RIVISTE SPECIALIZZATE SULLA PATOLOGIA BORDERLINE
Studi etiopatogenetici rivelano alterazioni nelle relazioni precoci caregiver-bambino, degli stili d’attaccamento insicuri (Ludolph et al., 1990; Goldman et al., 1993; Bezirganian et al., 1993; Gunderson, 1996) e relazioni d’attaccamento disorganizzato(Liotti, 1999;Grissini, 2001).Nel suo lavoro Levy (2005) conferma e amplia i precedenti risultati sottolineando che i pazienti con DPB sono caratterizzati da attaccamento insicuro, evitante, preoccupato; inoltre le loro famiglie risultano essere negligenti, non curanti e poco empatiche. In una ricerca condotta negli Stati Uniti, Zanarini MC,Yong L,Frankenburg FR. et al. (2002),sottolineano il ruolo della gravità degli abusi infantili subìti, nel determinare la complessità del quadro psicopatologico. Lo studio di Fruzzetti, Shenk, & Hoffman (2005) offre la descrizione di un modello transazionale, che enfatizza l’interazione dei seguenti fattori: -fattori genetici e biologici nei bambini; -le risposte dei genitori e di altri familiari significativi; -relazione persona-ambiente nel tempo; -il continuum tra normalità e patologia dei comportamenti e delle disposizioni individuali; -instabilità emotiva considerata la caratteristica principale del DPB. Nella sfera cognitiva, a causa della scarsa capacità di riconoscimento degli affetti,il rapporto con la realtà risulta confuso e disorganizzato (Correale, Berti-Ceroni, 1997) e la percezione interpersonale e di sé risultano essere particolarmente negative (Stern et al., 1997;Nigg et al., 1992; Baker et al., 1992; Kurtz, 1998).

3 Si parla anche di deficit specifico di memoria con memorizzazione di rappresentazioni negative (Cerninings, 1998; Korfine, 1998) non imputabile alla sola presenza della depressione. Nel lavoro di Scudellari e Muscatello (1996) si parla di DPB come patologia che rende i soggetti “prigionieri di un copione”, con caratteristiche di iperattività impulsiva e depressione anaclitica, che impedisce loro di assimilare nuovi repertori comportamentali. Molti sono i lavori che rilevano delle qualità specifiche della depressione borderline definita “depressione abbandonica” (Western, Moses et al., 1992). In altre ricerche si sottolinea nei DPB l’ “Esperienza di presenza”, come condizione psicopatologica di confine, caratterizata da allucinazioni, esperienze autoscopiche e deliranti (Lorenzi P,Hardoy,MC,CabrasPL,2004) e si rileva una condizione di “Borderline cognitivo”, con un funzionamento cognitivo al limite inferiore della norma (Scudellari e Muscatello,1996). In uno studio di Bradley, Zittel Conklin, &Westen (2005), utilizzando lo SWAP 200-A sono emersi diversi descrittori che caratterizzano la diagnosi degli adolescenti con DPB che non sono presenti nel DSM-IV (incapacità di calmarsi, tendenza a non sentirsi capiti…). In un interessante follow-up prognostico di 6 anni, è emerso che almeno 1/3 dei pazienti presenta un potenziale di guarigione in 2 anni, circa la metà in 4 anni, e i 2/3 in 6 anni.

4 I DISTURBI DI PERSONALITA’ IN ADOLESCENZA (a cura di Arnaldo Novelletto ed Emilio Masina)
Il libro contiene gli atti del terzo convegno nazionale di psicoterapia dell’adolescenza tenutosi a Roma il 24 e 25 ottobre del In esso si è discusso principalmente del disturbo borderline di personalità: come si presenta, quali organizzazioni familiari vi sono alla base e come viene accolto dall’adolescente borderline nelle istituzioni. I diversi contributi si sono soffermati non tanto sulle sue espressioni aggressive quanto sull’intorpidimento dei sintomi manifestato con una gestione patologica dell’angoscia. Specchio di questo disagio può essere allora una scissione mente corpo, un abuso di agiti fino al suicidio, l’uso di sostanze stupefacenti o la maschera del Falso Sé. Per quanto riguarda il secondo punto si è posto l’accento sul ruolo della famiglia nella patogenesi del disturbo, sulle modalità disfunzionali di attaccamento e sul concetto di mandato transgenerazionale. Inoltre viene posta particolare attenzione sul ruolo del padre nella sua essenziale funzione di terzo, elemento di diversità nella relazione madre-bambino e stimolo alla crescita indipendente del figlio. Infine sono stati presentati alcuni spunti per l’accoglimento degli adolescenti che richiedono un aiuto psicologico nei centri di ascolto. Viene posta la distinzione tra funzione terapeutica ed educativa e l’importanza della valutazione degli elementi storico-relazionali

5 IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DI PERSONALITA’ NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI. UN APPROCCIO RELAZIONALE (E. Bleiberg) Bleiberg, per spiegare l’origine dei disturbi di personalità, abbraccia una prospettiva integrata: diversi fattori biopsicosocialii interagiscono fra loro fino a determinare un andamento in senso adattivo o disadattivo delle linee evolutive del bambino. Il concetto chiave di tutto il saggio è la funzione riflessiva, cioè la capacità fondamentale dell’essere umano di interpretare i comportamenti dell’altro attribuendogli stati mentali. Questo concetto, dice l’autore, deve essere il riferimento concettuale utile per la teorizzazione e per la pratica. Il trattamento dei bambini e degli adolescenti con disturbi di personalità prevede una serie di fasi delle quali fondamentale è “promuovere la discrepanza rappresentativa”: bisogna cioè rompere i cicli coercitivi di risposte disadattive, ovvero non rispondendo in maniera irriflessiva al paziente. Promuovere la discrepanza rappresentativa significa togliere le certezze (anche se sono disadattive sono pur sempre le sue sicurezze) al bambino. Questo genera ansia. Fondamentale, dice l’autore, è gestire l’ansia del paziente inizialmente creando un attaccamento sicuro e poi successivamente imparando a verbalizzare, mentalizzare cioè acquisire la capacità riflessiva. L’area transizionale privilegiata allo scopo è il gioco, il “come se”. Contemporaneamente al trattamento del bambino, bisogna ristrutturare anche la famiglia, le sue risposte irriflessive e coercitive.

6 I DISTURBI GRAVI DELLA PERSONALITA’ (OTTO F. KERNBERG)
Kernberg ritiene che una migliore conoscenza delle caratteristiche strutturali intrapsichiche dei pazienti con una organizzazione di personalità limite, insieme con gli elementi che scaturiscono dalla diagnosi descrittiva, possa contribuire in modo sostanziale all’esattezza delle nostre diagnosi. I tratti salienti che Kernberg riconosce nei pazienti con personalità al limite sono antisocialità, forme di difesa primitive, angoscia e tendenze sessuali polimorfe perverse, Per quanto riguarda il disturbo delle personalità narcisistiche, l’autore riconosce un tipo di patologia del carattere incentrato sulla presenza di un Sé grandioso integrato ma patologico caratterizzato da comportamenti di invidia nei confronti degli altri, rapporti parassitari e improntati allo sfuttamento


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