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STORIA E TECNICA DELLA FOTOGRAFIA Tra Scienza ed Arte

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Presentazione sul tema: "STORIA E TECNICA DELLA FOTOGRAFIA Tra Scienza ed Arte"— Transcript della presentazione:

1 STORIA E TECNICA DELLA FOTOGRAFIA Tra Scienza ed Arte

2 La visione umana Il processo di creazione dell’immagine coinvolge sfere fisiologiche e psicologiche: A livello fisiologico, il sistema oculare convoglia i raggi luminosi sui ricettori della retina che li trasformano in impulsi neurologici. A livello psicologico, gli impulsi trasmessi dal nervo ottico vengono interpretati ed elaborati secondo le esperienze già note all’individuo.

3 Il livello psicologico della visione
Esiste un parallelo tra visione ed immaginazione: entrambe sono creazioni di immagine a livello mentale. In tale processo di creazione dell’immagine gli stimoli esterni inducono la mente alla ricerca nel repertorio delle proprie esperienze.

4 Il livello fisiologico della visione Peculiarità della visione umana
Il sistema cristallino/pupilla funziona come un obiettivo dotato di lenti e diaframma. La retina, a differenza del supporto sensibile di un apparecchio fotografico, è concava. La sensibilità della retina è ampiamente variabile nelle diverse zone del campo visivo. Schema geometrico della visione oculare La prospettiva lineare su quadro prospettico piano

5 Il sistema di ripresa fotografico è una proiezione centrale monocentrica
La proiezione monocentrica da centro proprio Geometria del sistema di ripresa fotografico

6 Il livello fisiologico della visione (l’occhio è una “camera obscura”)
La luce emessa da una o più sorgenti viene (parzialmente) riflessa dagli oggetti illuminati. I raggi riflessi (caratterizzati da colore perché la riflessione ha operato di fatto una filtratura della luce ricevuta) si diramano nello spazio. Ogni raggio che attraversa la pupilla raggiunge il fondo dell’occhio dove stimola i ricettori formando effettivamente un immagine proiettata della realtà osservata. Mostrare modellino di camera obscura Tale meccanismo è riproducibile in una “camera obscura”, scatola buia dotata di un piccolo foro su una faccia. Sulla faccia opposta si forma l’immagine proiettata di ciò che sta davanti. L’immagine può essere osservata se si sostituisce il fondo con una superficie traslucida.

7 (Cliccare sulle immagini per ingrandire)
Albrecht Dürer ( ) La prospettiva come intersezione di raggi proiettivi (Cliccare sulle immagini per ingrandire) 4 – L’INTERESSE UMANISTA E RINASCIMENTALE [CONTIENE COLLEGAMENTI] Albrecht Dürer, Autoritratto, 1498, olio su tavola, 41x52 cm, Madrid, Museo del Prado. Albrecht Dürer, Tre xilografie didattiche sulla prospettiva.

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[VISIBILE SOLO SE LINKATA] Ha un rimando alla diapositiva “madre” (n. 9) esteso su tutta la pagina. Cliccare sulla pagina per ritornare

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11 Piero della Francesca (1415/20-92) Soluzioni geometriche per la prospettiva
Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, 1475 ca. e (sopra) schematizzazione della costruzione albertiana. Piero della Francesca, Sacra conversazione, , olio e tempera su tavola, 172x251 cm, Milano, Pinacoteca di Brera.

12 Piero della Francesca (1415/20-92) Soluzioni geometriche per la prospettiva
[ANIMATA] Inserimento su PC dei dati rilevati dal Prospectiva pingendi. Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, 1475 ca. Studio tomografico di una testa umana. Applicazione del prospectiva pingendi nella Resurrezione di Cristo e nella Madonna mater ecclesiae. Il risultato del rendering informatizzato sovrapposto al trattato di Piero.

13 Paolo Uccello (1397-1475) Soluzioni geometriche per la prospettiva
Paolo Uccello, La battaglia di San Romano, 1438, tempera su tavola, 323x182 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi. Particolare (sopra) e costruzione del mazzocchio (a fianco)

14 Prime notizie di “camere obscure”
IV sec. a.C. Aristotele (osserva un’eclissi) 1039 d.C. Alhazan Ibn Al-Haitham (osservazione di un’eclissi) 1515 Leonardo da Vinci (descrizione dell’“oculus artificialis”) 1544 Rainer Geinma Frisius (osservazione di un’eclissi) Nel corso del Rinascimento (testimonianza di uso per realizzazione di prospettive) Rainer Geinma Frisius, illustrazione del funzionamento di una “camera obscura”, 1544 ca.

15 Le prime evoluzioni 1550 Girolamo Cardano, matematico napoletano, applica una lente convessa sul foro stenopeico. 1553 G.B. Della Porta descrive un apparecchio con lente e specchio riflettore Camera obscura reflex, da un disegno degli inizi dell’800. Lo specchio raddrizza l’immagine. Una lente o un sistema di lenti permette di convogliare, da ogni punto dell’oggetto al corrispondente punto dell’immagine prospettica, più di un raggio luminoso.

16 Il vedutismo Canaletto, Il ritorno del Bucintoro al Molo nel giorno dell’Ascensione, 1729 ca., olio su tela, 259x182 cm, Milano, Collezione Mario Crespi. Schema e particolare di camera ottica a portantina, da Diderot e D’Alembert, Encyclopédie. In basso: camera ottica portatile (J. Zahn, 1685)

17 La camera obscura Principali perfezionamenti tecnici
La più semplice camera obscura è una scatola provvista di foro stenopeico. Il foro stenopeico è semplicemente un piccolo forellino che lascia passare la luce. (Per un primo approfondimento si può consultare Ogni punto dell’immagine è sempre perfettamente a fuoco. La quantità di luce che il foro lascia passare è piuttosto ridotta, per cui l’immagine prodotta è fioca e sono indispensabili tempi di esposizione lunghi. Non si può aumentare il diametro del foro perché l’immagine diverrebbe presto sfocata.

18 La messa a fuoco con il foro stenopeico
L’immagine ottenuta con un foro stenopeico è sempre a fuoco perché ogni punto inquadrato si proietta su un unico punto dell’immagine. Se si il diametro del foro viene allargato il punto inquadrato si proietta su un’areola più o meno ampia detta “circolo di confusione”. Se l’ampiezza dell’areola cresce oltre gli 0,2 mm l’immagine risulta sfocata.

19 La messa a fuoco con diaframma e lenti
L’ampiezza del foro da cui passa la luce può essere variabile (diaframma). Quanto più il diaframma è aperto, tanto più cresce il circolo di confusione e l’immagine risulta sfocata. Una lente o un sistema di lenti (obiettivo) possono deviare i raggi luminosi provenienti da un punto ad una data distanza (distanza di messa a fuoco) in modo di farli convergere su un unico punto dell’immagine.

20 La messa a fuoco Profondità di campo
Le lenti di un obiettivo si muovono per mettere a fuoco soggetti ad una certa distanza, ma anche oggetti poco più vicini o poco più lontani sono ancora a fuoco perché la loro immagine risulta ancora in un circolo di confusione di ampiezza inferiore a 2 decimi di mm. La fascia di tolleranza tra i soggetti a fuoco più vicini e quelli più lontani si chiama profondità di campo. La profondità di campo: Aumenta con la chiusura del diaframma. Aumenta con la distanza del soggetto. Diminuisce con la lunghezza focale dell’obiettivo.

21 La messa a fuoco Profondità di campo
Aaaaaaaa. Questa slide è da completare e modificare

22 La lunghezza focale Questa slide è da modificare
Aaaaaaaaa aaaaaa aaaaaaa aaaaaaa aaaaaaaaa aaaaaa aaa aaaaaaa aaaaa a a aaaaa. Questa slide è da modificare Camere obscure con foro stenopeico. Apparecchi con due diverse lunghezze focali.

23 La lunghezza focale Si definiscono “grandangolari” gli obiettivi dotati di lunghezza focale più corta dello standard. Si definiscono “Teleobiettivi” quelli dotati di lunghezza focale maggiore. Lo zoom è un obiettivo con lunghezza focale variabile. Accanto a tale pregio ha il difetto di qualità ottica generalmente inferiore ad un obiettivo a focale fissa. La lunghezza focale “standard” è pari alla diagonale del fotogramma. Equivale ad un angolo di campo di quasi 60°

24 La lunghezza focale Inserire immagini di prospettiva “wide” e “tele”

25 I materiali sensibili Le prime osservazioni
Alla fine del Medioevo gli alchimisti realizzano il cloruro d’argento (facendo reagire l’argento con il sale da cucina) e osservano che questo è un sale bianco se tenuto al buio, ma, se esposto al sole, prende un colore violetto-nero. Analogo comportamento viene osservato su altri materiali come il bromuro d’argento, lo ioduro d’argento, l’asfalto o il “bitume di Giudea”. Nel 1700 Stephane Silhouette realizza i primi contorni di un’immagine. Sempre nel 1700 Johann Heinrich Schultze parla per la prima volta di “fotografia” riferendosi a silhouettes ottenute come ombra bianca su carta sensibile. Nei primi anni dell’800 Thomas Wedgwood ottiene deboli immagini latenti su pelle bianca sensibilizzata con nitrato d’argento: le immagini possono essere osservate solo per poco e sotto debole luce.

26 I materiali sensibili L’invenzione dell’“eliografia”
Nel 1814 Nicéphore Niepce studia un’applicazione del fenomeno al campo della litografia: L’eliografia si ottiene esponendo per una giornata una lastra di rame argentato ricoperta con un sottile strato di asfalto e collocata in “camera obscura”. La lastra viene immersa in un solvente (essenza di lavanda) che asporta il bitume non impressionato e poi in un acido che corrode il metallo che è rimasto “nudo”. Un uteriore solvente scioglie il bitume residuo. La lastra è pronta per l’inchiostratura e la stampa.

27 I protagonisti Nicéphore Niepce
Nel 1826 Nicéphore Niepce espone per 8 ore una lastra di peltro bitumata collocata in una camera obscura con lenti e diaframma: ottiene la prima fotografia della storia. Nel 1827 Nicéphore Niepce presenta la sua invenzione alla Royal Society di Londra. Per tutelare il segreto industriale resta vago nella descrizione, ma proprio per questo non è accolto agli atti “per carenza di documentazione”. Nicéphore Niepce, Veduta dalla finestra dello studio, 1826, ripresa fotografica su lastra di peltro bitumata, 20,5x16,5 cm, Austin (U.S.A.), Texas University.

28 I protagonisti: Daguerre
Nel 1829, scoraggiato dai risultati commerciali, Niepce si associa con Louis-Jacques-Mandé Daguerre. Morto precocemente Niepce, Daguerre pubblica, nel 1838, la scoperta di un processo per fissare le immagini su lastra d’argento. Il nuovo metodo, scoperto per puro caso, consiste nell’utilizzare lastre rivestite in resina anziché bitume e trattarle chimicamente con vapori di mercurio. Ciò consente l’ottenimento di immagini nitide, dotate di mezze tinte, realizzate con esposizione alla luce di pochi minuti. La rivoluzionaria invenzione prende il nome di daguerrotype. La dagherrotipia diviene in breve un fenomeno di moda.

29 La diffusione di massa Daguerre capisce la potenzialità commerciale dell’invenzione. In società con il cognato Alphonse Giroux costruisce e vende, solo nel 1847, 2000 macchine per dagherrotipia e lastre. Maurisset, Daguerréotypomanie, 1840, litografia, 34x24 cm, Parigi, Bibliothèque Nationale.

30 I protagonisti: Nadar Honoré Daumier, Nadar innalza la fotografia a dignità d’arte, 1862, litografia, 22x27 cm. Nadar, Ritratto di Sarah Bernardt, 1859, fotografia. Nella seconda metà dell’Ottocento la fotografia è universalmente riconosciuta come tecnica di espressione artistica. La storia registra i primi nomi di fotografo d’arte. Fra questi Gaspard Félix Tournachon, detto Nadar.

31 Il negativo Nonostante la sua diffusione, il dagerrotipo denuncia il limite di essere prodotto in copia singola. Fra il 1839 ed il 1841 William Henry Fox Talbot mette a punto un processo a base di cloruro d’argento (talbotipia) ed uno a base di ioduro d’argento (calotipia). Dopo la rivelazione dell’immagine, l’alogenuro non esposto viene dilavato in un bagno di acido gallico. Nasce il fissaggio. La carta per calotipia viene resa traslucida bagnandola con vaselina. Nasce il negativo.

32 Il negativo Le ultime evoluzioni
L’idea di un materiale sensibile trasparente prende piede già alla fine degli anni Quaranta. Vengono sperimentati materiali colloidali trasparenti (1847 albumina, 1851 collodio, 1873 gelatina) in cui sciogliere le polveri sensibili per essere distese su vetro. Il negativo, ora completamente trasparente subirà pochi perfezionamenti: Il supporto in vetro è sostituito da materiali non fragili come la celluloide (Kodak, 1888). La celluloide viene sostituita da materiali sintetici non infiammabili (pellicole “safety”).

33 Il processo fotochimico moderno
L’impressione Il trattamento della pellicola La stampa Il trattamento del positivo

34 Impressione e sviluppo Il processo di formazione dell’immagine
Lo stimolo luminoso eccita i granuli sensibili e forma l’immagine latente. Il bagno nello sviluppo fa espandere i cristalli eccitati che divengono visibili (scuri). Il fissaggio dilava i granuli non esposti, ancora non visibili. Esposizione di una pellicola B/N.

35 ARGOMENTI DA SVILUPPARE IN APPOSITE SLIDES
L’esposizione Luce ambiente (e riflessa dai soggetti) Sensibilità supporto Tempo di esposizione Diaframma Esposimetro Esposizione corretta, sovra e sottoesposizione ARGOMENTI DA SVILUPPARE IN APPOSITE SLIDES

36 L’esposizione L’irraggiamento luminoso che la pellicola riceve è il prodotto del flusso luminoso (apertura del diaframma) per il tempo di esposizione. Maggiore è l’irraggiamento, più alto è il numero di granuli che diventano visibili (l’immagine si scurisce). La sensibilità delle pellicole dipende dalla dimensione dei granuli esposti (pochi granuli grossi hanno lo stesso potere coprente di molti granuli piccoli). Per questo le pellicole più sensibili hanno grana più grossa e riescono a registrare minor dettaglio. Selezionare ciò che è utile qui (intensità, tempo, flusso, sensibilità)

37 Formazione dell’immagine
I granuli dispersi nella gelatina hanno dimensione invisibile. La sensibilità delle pellicole dipende dalla dimensione dei granuli esposti (pochi granuli grossi hanno lo stesso potere coprente di molti granuli piccoli). Quelli che vengono esposti alla luce, se trattati chimicamente, si “gonfiano” raggiungendo la dimensione di circa un decimo di millimetro. Maggiore è l’irraggiamento che la pellicola riceve, più alto è il numero di granuli che diventano visibili (l’immagine si scurisce). Per questo le pellicole più sensibili hanno grana più grossa e riescono a registrare minor dettaglio.

38 La pellicola a colori

39 Discontinuità dell’immagine I pixel dell’immagine digitale

40 Discontinuità dell’immagine Il retino tipografico (monocromatico)

41 Discontinuità dell’immagine Il retino tipografico (quadricromia)

42 Discontinuità dell’immagine La grana fotografica


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