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L’Italia esce dallo SME ( ) Il trattato di Maastricht (1992)

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Presentazione sul tema: "L’Italia esce dallo SME ( ) Il trattato di Maastricht (1992)"— Transcript della presentazione:

1 La ristrutturazione del bilancio pubblico e l’integrazione monetaria europea (1992-2002)
L’Italia esce dallo SME ( ) Il trattato di Maastricht (1992) La ristrutturazione del bilancio pubblico Verso la moneta unica europea

2 Il contesto internazionale
Il crollo del muro di Berlino (1989) e la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991) La riunificazione tedesca (1990): il fabbisogno di investimenti nei Länder orientali determina un disavanzo nelle partite correnti, l’innalzamento dei tassi di interesse e l’importazione di capitali a breve termine La globalizzazione dell’economia - l’integrazione economica internazionale - la riduzione dei costi di trasporto e comunicazione - la frammentazione del ciclo produttivo in fasi distinte spesso localizzate in paesi diversi L’avvento della “new economy” e della produzione immateriale: verso un’economia cognitiva? L’emergere dell’area del Pacifico La crisi delle borse asiatiche e il grande rialzo del dollaro ( )

3 Il contesto nazionale Nel 1992 l’autorità giudiziaria avvia un insieme di processi per corruzione: crisi della 1^ Repubblica Nuovo accordo sul costo del lavoro (31 luglio 1992): viene definitivamente soppressa la scala mobile e si introduce l’inflazione programmata nella contrattazione nazionale

4 L’Italia esce dallo SME (1992-96)
Turbolenze monetarie nell’estate 1992 (aumento del tasso di sconto della Bundesbank) 13 settembre 1992: il Comitato monetario europeo annuncia il riallineamento delle monete (il primo dal 1987). La lira si svaluta ufficialmente del 7% ma alcuni giorni dopo vengono chiusi i mercati dei cambi Tra giugno e settembre la Banca d’Italia impegna miliardi di riserve per tentare di difendere il cambio Il 21 settembre, alla riapertura del mercato dei cambi, la Banca d’Italia abbandona ogni impegno a stabilizzare la parità della lira Inizia il periodo di progressiva svalutazione della lira (oltre 40% nel giro di tre anni)

5 Le manovre di politica economica nel 1992-93
Il decreto Amato (luglio 1992): “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica” La politica deflazionistica: forte aumento della tassazione e contenimento della spesa pubblica Il blocco dell’inflazione importata: concertazione sociale e politica dei redditi che favoriscono la moderazione sindacale (la “responsabilizzazione” delle parti sociali di fronte al grave problema dell’interesse nazionale) (il governo tecnico presieduto da Ciampi) Le privatizzazioni delle imprese pubbliche: IRI, ENI, INA e ENEL si trasformano in società per azioni Riforma della legge bancaria (1993) che sopprime la tradizionale separazione tra credito a breve e credito a lungo termine Fine dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (L. 488 del dicembre 1992)

6 L’integrazione monetaria europea e il trattato di Maastricht
Si crea l’Unione Europea (1991, dic.) Il trattato di Maastricht (2 febbraio 1992) (entra in vigore nel novembre 1993) Il mercato unico europeo (1993) L’Unione Europea a 15 (1995) 3 maggio 1998: 11 Stati membri rispettano le condizioni per l’adozione della moneta unica 31 dicembre 1998: si stabiliscono i tassi di conversione fissi ed irrevocabili tra le valute partecipanti all’UEM 1 gennaio 1999: si introduce l’Euro come moneta ufficiale degli 11 e come unità di conto e si costituisce la BCE (Banca Centrale Europea) (la Grecia si aggiunge nell’ottobre 2000; Gran Bretagna, Danimarca e Svezia restano fuori dall’UEM) Agenda 2000: riforma delle politiche comunitarie e delle politiche strutturali e di coesione. Il quadro finanziario (Consiglio europeo di Berlino, marzo 1999) Strategia di Lisbona (2000) 1 gennaio 2002: circolazione di biglietti e monete in Euro 1 maggio 2004: l’Unione Europea a 25

7 I parametri di Maastricht (1)
Tasso di inflazione non superiore dell’1,5% a quello medio dei tre paesi meno inflazionistici; Disavanzo pubblico non superiore al 3% del PIL; Stock di debito pubblico non superore al 60% del PIL; Tassi di interesse a lungo termine non superiori di 2 punti percentuali a quello medio dei tre paesi meno inflazionistici.

8 I parametri di Maastricht (2)
Perché quei valori dei parametri? Quali sono le spiegazioni analitiche per la fissazione di quei parametri? I valori dei parametri stabiliti nel trattato erano allineati sui valori dei paesi “virtuosi” e cruciali per l’UEM Gli altri paesi europei interessati all’UEM avrebbero dovuto dunque “allinearsi” ai valori registrati nei paesi “virtuosi” (per evitare che il costo del debito pubblico dei paesi non virtuosi pesasse anche sui paesi virtuosi)

9 La politica economica in Europa: da paesi a regioni
Il livello di governo sovranazionale assume alcune competenze fondamentali di politica economica (che vengono, quindi, “perse” dai governi nazionali): - controllo dei tassi di cambio; - politica monetaria (controllo dell’offerta di moneta e “governo” dei tassi di interesse) I parametri di Maastricht eliminano di fatto l’autonomia di bilancio dei paesi membri e determinano una politica deflazionistica

10 Gli obiettivi della politica monetaria europea
Gli obiettivi monetari e finanziari sono prevalenti rispetto agli obiettivi reali (ad esempio all’obiettivo dell’occupazione e dello sviluppo) Priorità alla stabilità dei prezzi Il contenimento dei tassi di interesse La liberalizzazione del mercato dei capitali Divieto agli Stati di indebitarsi presso le Banche centrali L’autonomia della Banca Centrale Europea

11 La politica economica in Europa
I vincoli posti dalla moneta unica europea Il contenimento della domanda interna La caduta della domanda aggregata in ciascun paese determina una contrazione delle importazioni con effetti negativi sulle opportunità di esportazione dei paesi europei nel loro complesso La caduta degli investimenti

12 La ristrutturazione del bilancio pubblico
Gli obiettivi fondamentali della politica economica in Italia sono quelli monetari: il contenimento (e l’abbattimento) dell’inflazione e l’abbassamento dei tassi di interesse Il problema del debito pubblico: nel 1995 tocca il valore massimo (125,3% del PIL) e poi inizia a scendere (114,9% nel 1999) La deflazione economica e l’aumento della pressione fiscale (supera il 43% del PIL nel 1999) Obiettivo fondamentale (nella 2^ parte degli anni ’90): avanzo primario (saldo di parte corrente al netto degli interessi sul debito)

13 La situazione economica in Italia
Sino al 1996 l’Italia aumenta le esportazioni grazie alla competitività determinata dalla svalutazione Alta disoccupazione (prossima al 12%), soprattutto nel Mezzogiorno, giovanile e femminile (il tasso di disoccupazione maschile nelle classi centrali d’età è pari all’1,9% nel Centro-Nord) Dal 1992 cade la quota dei redditi da lavoro dipendente e cade anche il livello reale delle retribuzioni unitarie del lavoro dipendente

14 La ristrutturazione industriale
La forte riduzione dell’occupazione nelle grandi imprese (- 50% tra inizio degli anni ’80 e fine degli anni ’90) L’occupazione industriale italiana diminuisce tra 1991 e 2001 (nonostante la tenuta occupazionale dei distretti industriali) Aumenta la quota dei lavoratori autonomi La precarizzazione del lavoro dipendente

15 Le visioni alternative
Il Piano Delors (Presidente della Commissione Europea nel periodo ): il ruolo degli investimenti nelle grandi infrastrutture europee La posizione di Jean-Paul Fitoussi (“Il dibattito proibito”, 1995): il problema europeo non è dato dai salari ma dall’abbassamento degli investimenti

16 Verso la moneta unica europea
L’Italia rispetta sostanzialmente i parametri di Maastricht (solo tendenzialmente il vincolo del peso del debito pubblico) e viene ammessa nell’UEM La caduta dei tassi di interesse, a seguito della politica monetaria della BCE, “alleggerisce” il peso degli interessi passivi del debito L’aumento del tasso di cambio dell’Euro negli ultimi anni indebolisce la capacità competitiva dell’industria italiana ed europea Il persistere del contenimento della domanda aggregata e l’incapacità di muoversi nella direzione degli obiettivi della strategia di Lisbona: la contraddizione di una politica economica europea “zoppa” (la mancanza di una politica di controllo della domanda aggregata a livello europeo e di una politica industriale europea)


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