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C.6 La leadership manageriale 6.1. Dal management alla leadership 6.2.Gestione delle risorse umane 6.3.La partecipazione dei dipendenti 6.4. Lo stile della.

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Presentazione sul tema: "C.6 La leadership manageriale 6.1. Dal management alla leadership 6.2.Gestione delle risorse umane 6.3.La partecipazione dei dipendenti 6.4. Lo stile della."— Transcript della presentazione:

1 c.6 La leadership manageriale 6.1. Dal management alla leadership 6.2.Gestione delle risorse umane 6.3.La partecipazione dei dipendenti 6.4. Lo stile della leadership manageriale

2 -ruolo importante dei dirigenti nella cultura d’impresa -le loro decisioni sono in relazione al futuro e quindi incerte e nel cambiamento -limitato controllo delle conseguenze -essere coerenti e flessibili

3 6.1.Dal management alla leadership -la crescente complessità e ambiguità dei problemi rende difficile una gestione centrale e spinge a facilitare i processi autoorganizzativi -ciò implica un’evoluzione nella comprensione del management

4 6.1.1. Evoluzione del concetto di management -La gestione intesa come processo di programmazione diventa condizionata da elementi di imprevedibilità -la flessibiità come attitudine alla captazione dei segnali imprevisti. Essa è caratteristica dell’essere umano. Fa emergere la piena sovranità dell’individuo e va coniugata con la rigidità strutturale

5 Il dirigente Famiglia,amici Società, istituzioni L’impresa L’ambiente

6 -da una struttura funzionale determinata dalle deleghe formali ad una struttura di rete. Un modello di impresa rete di individui definibili come imprenditori di se stessi sensibili e creativi. Spirito imprenditivo che coinvolge tutta la persona CV 41

7 (Caritas in veritate ) -doti dell’imprenditore: intuito, tenacia,audacia, fermezza, vivacità interpretativa

8 Virtù e leadership dinamica virtù creatività innovazione dinamismo apertura profitto Responsabilità sociale produttività Fini esterni

9 6.1.2. La responsabilità del leader A) in un contesto complesso si deve realizzare la finalità produttiva tenendo conto delle relazioni umane, degli imperativi tecnici… -in un contesto in cui non c’è accordo sui principi morali, la guida morale da parte di un manager può apparire odiosa, aree di accordo

10 -Pearson:rifiuta il value management o gestione orientata al valore perché influenzato dalle passioni. -non spiega i criteri e le priorità che formeranno la base per un calcolo ordinato delle percezioni degli stakeholders

11 -il manager porta potenzialità uniche nei processi di cambiamento sociale e contribuisce a ristrutturare le pratiche morali -la leadership implica una sintonia profonda con l’esistenza umana e la capacità di formare i desideri e le emozioni mentre il manager tradizionale assiste interessi separati secondo una visione individualista.

12 Il primo incoraggia la piena responsabilità e creatività, mentre il secondo guida delle persone che obbediscono

13 B) tre caratteristiche della leadership: I) la struttura relazionale tra leader e dipendenti. Lo stile di gestione non dipende solo dalla personalità del leader II) struttura asimmetrica. Il leader esercita influenza e potere su altri

14 III) coinvolge la responsabilità. Questa implica la competenza del leader, per prendere certe decisioni e si rimane responsabili verso un’autorità più alta es responsabilità per il profitto. Limiti della responsabilità

15 leadership gruppo organizzazionesoggetto società learning signoria sinergia sostenibilità NUOVO PARADIGMA DI LEADERSHIP

16 6.1.2.1. responsabilità discrezionale A)-per essere responsabile deve percepire e comprendere la realtà, aperto a tutte le informazioni e onesto nell’interpretarle -abile a proiettare una visione ai suoi dipendenti

17 -il problema del diffondere o trattenere informazioni (ristrutturazioni…) -l’asimmetria della relazione in conflitto con l’appello alla maturità di tutti gli individui (individuo come dipendente e come persona, i ruoli sono connessi )

18 B) circa l’autorità tre aspetti: -la competenza -la personalità -la posizione -l’autorità è di ordine morale e psicologico e crea doveri,sviluppa la persona - il potere dà dei diritti

19 A B CD L’IDEA DI CONSENSO COMUNE

20 6.1.2.2.Responsabilità limitata A)-libertà e responsabilità sono due facce della stessa medaglia -i limiti sono una funzione dello spazio d’azione. Limiti interiori al microlivello, limiti al mesolivello nelle condizioni culturali e politiche dell’impresa, limiti al macrolivello per le forze del mercato e per la legge

21 -la decisione appropriata tiene conto di molti fattori contestuali e dentro ad una rete di molteplici responsabilità, procedure e obiettivi. Questi fattori determinano le opportunità morali, le funzioni, complicano le decisioni morali, l’astuzia

22 B) ciò conduce a discutere il compromesso, esso può far giustizia a diverse pretese tutte valide dei diversi stakeholders per mantenere l’equilibrio degli interessi, tensione verso scelte migliori, compromesso creativo

23 - mediare tra le esigenze della concorrenza e le obbligazioni sociali, tensione tra sistema e azione, autonomia relativa, Uomo realista e coraggioso (Paolo VI)

24 visione etica Senso della realtà coraggio (a) (b) I profili dei diversi managers ©

25 6.2. Gestione delle risorse umane o di processi democratici? -la figura di leadership manageriale fa riferimento ad una politica innovativa di relazioni con il personale: individualizzazione, sviluppo professionale, Identificazione tra aspettative individuali e finalità dell’impresa

26 -a tale politica fa riferimento la HRM -interpretazioni opposte: approccio strumentale o umanistico?

27 6.2.1.Le strategie di HRM -indica la gestione dei dipendenti e le linee pratiche di comportamento -implica strategie diverse secondo il grado di enfasi sull’efficienza o sulla cultura

28 -il passaggio dalla gestione del personale alla HRM motivato dalla crisi di fiducia, dalla competizione giapponese e dal bisogno di impegnare l’iniziativa dei dipendenti -critiche: strumento per accrescere il controllo, accento sulle risorse, vecchio sfruttamento capitalista

29 - nella forma soft incoraggia l’impegno nell’organizzazione attraverso la mission, empowerment Critiche: tendenza paternalistica o contrattualismo psicologico, orientamento individualistico, visione gerarchica

30 -negli anni 90 le strategie si concentrano sul miglioramento della produttività, sulla riduzione dei costi, con conseguente insicurezza del lavoro e fine della carriere -rischio della retorica e della manipolazione, nessuna ricerca empirica sulle reazioni dei dipendenti

31 -Guest riconosce progressi nelle condizioni del lavoratore, auspica apertura al pluralismo delle relazioni ai dipendenti

32 -la nuova cultura del contratto concepita come flessibilità estrema e contratto psicologico: attenzione alle paure per l’insicurezza del lavoro ignorando il contesto economico e sociale, gestire le attese del dipendente ignorando le disuguaglianze di potere presenti nella relazione

33 6.2.2.le assunzioni implicite al HRM A) I) le persone sono allineate agli altri fattori di produzione, chi usa compra vende queste risorse, che abbracciano tutti gli stakeholders, persone come risorse e persone che usano queste risorse umane II)-intese come un aggregato di attributi e comportamenti che gli individui esibiscono

34 -la prospettiva è quella delle risorse materiali: sono unità singole e indipendenti Con caratteristiche identificabili che si tenta di rendere il più uniforme possibile.

35 -una simile concezione dei dipendenti guida i modelli di selezione e addestramento. Le caratteristiche non utili all’organizzazione sono relegate alla vita non lavorativa -molti problemi umani delle organiz sono ridotti e taciuti, alternative potenziali sono trascurate

36 -è un processo analitico che spezza le unità complesse III) le persone come individui sono facilmente interscambiabili, perché si possono omogeneizzare i loro attributi, si trascura la possibilità della creatività personale e della motivazione

37 B)presupposti in rapporto al management: -posizione formale di potere con la responsabilità del risultato e con la funzione di motivare guidare e controllare i dipendenti I) si presume che abbia una speciale forza e conoscenza che deve essere trasmessa ai dipendenti

38 II) i dipendenti sono meno attivi e bisognosi di essere guidati, il leader come origine causale della decisione dell’impresa, ma molti processi non possono essere riferiti ad un individuo soltanto

39 -da una parte si cerca di accrescere l’indipendenza dei dipendenti, dall’altra si nega la competenza e maturità di essi

40 presupposti circa le imprese: sono comprese come l’aggregato di attributi e comportamenti individuali, responsabili sono i singoli individui, ma ogni individuo è intrecciato in una rete di relazioni (più difficile individuare la responsabilità) -il problema: la responsabilità etica dentro l’organizzazione come un tutto

41 -la gestione delle risorse umana può essere pensata come un insieme di reti complesse di comunicazione che implicano influenza reciproca -impossibile ridurre la causa di azioni collettive ad alcuni individui

42 6.2.3. L’alternativa dei processi democratici La realtà dei problemi del personale, preconcepiti come processi democratici, implica differenti valori, fini e strumenti, diversi da quelli delle preconcezioni implicate dalla gestione delle risorse umane L’alternativa dei “processi democratici” non significa trascurare la funzione economica della politica delle relazioni umane, ma implica un riconoscimento delle sue radici morali

43 Implicati sono l’impegno dell’impresa per alcuni valori di base come il rispetto per la dignità umana e i diritti di ogni persona, il rispetto per la cultura della comunità e per la sostenibilità dello sviluppo

44 “governare (l’impresa) è accettare la responsabilità per tutta la vita dell’istituzione…tiene conto di tutti gli interessi che toccano la praticabilità, la competenza e il carattere morale di un’impresa. Le strategie di governo sono fondamentalmente politiche”.

45 “Nel governo dell’impresa i leaders hanno un impegno verso i partecipanti come persone e verso i gruppi come veicoli di legittimi interessi… “(Selznick)

46 L’essenza del nuovo paradigma è questa: il ruolo del dirigente è di creare dentro l’organizzazione un clima, una cultura e un contesto in cui l’arricchimento dell’impresa e la realizzazione individuale collaborino e si armonizzino progressivamente nello sviluppo di una comunità creativa e globale

47 6.3. La partecipazione dei dipendenti quattro filoni: la teoria democratica è interessata al potenziale contributo che i membri individuali possono dare al governo dell’impresa, alla responsabilizzazione La seconda prospettiva si identifica nella teoria socialista

48 La teoria dello sviluppo e crescita umanache ridisegna l’organizzazione e il lavoro così da facilitare l’autorealizzazione e la salute dei dipendenti, è rivolta ai bisogni dei lavoratori dipendenti.

49 La quarta teoria è quella dell’efficienza e produttività, il cui primo interesse consiste nello sviluppo dei risultati organizzativi che si presume seguano la direzione partecipativa

50 Alla problematica della partecipazione democratica nell’impresa la DSC ha dedicato una costante attenzione. Le proposte della Dottrina Sociale sono la comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori nella gestione e nei profitti dell’impresa.

51 6.3.1.Oltre la visione strumentale a)Nella prospettiva utilitarista il paradigma dominante è l’interesse per la produttività e l’efficienza la partecipazione è vista come uno strumento per ottimizzare il flusso dell’informazione e le decisioni.

52 L’ipotesi è che ci sarà maggiore informazione ed essa sarà trattata in modo migliore, se il processo di decisione è partecipato. In questo paradigma è messa in questione la struttura cognitiva dell’impresa, non la struttura esistente del potere: il potere rimane concentrato nelle mani dei dirigenti. L’attenzione è sull’impegno dei dipendenti nella ricerca efficiente di soluzioni ed esecuzione di compiti.

53 la reale partecipazione dei dipendenti nelle decisioni, che sono prese ad altri livelli organizzativi, è perciò quasi impossibile. Questo orientamento volto al controllo e ai risultati non riconosce l’eventuale capacità critica del giudizio morale degli individui

54 Quando le organizzazioni sono viste dalla prospettiva dello schema utilitaristico, i problemi aziendali sono sempre concettualizzati come le conseguenze dell’irrazionalità organizzativa. E le soluzioni suggerite implicano un’ulteriore razionalizzazione dei processi organizzativi. È necessario prendere in conto altri fattori, come la fiducia.

55 b) Varie sono le obiezioni che si muovono al diritto di partecipazione. La più frequente è che i dipendenti non sono capaci ad esercitare il controllo dovuto per mancanza di educazione, di capacità o di motivazione. Oggi però i dipendenti sono maggiormente educati e socializzati.

56 Nozick e Maitland affermano che la partecipazione dovrebbe essere istituita se accresce la produttività. Se non l’accresce, la sola alternativa è che i lavoratori assumano i costi per non diminuire l’efficienza dell’impresa. Ci sarebbe quindi un mercato nella partecipazione.

57 Due sono i problemi: se si può dire che i dipendenti abbiano tale diritto e come noi potremmo avere quel diritto meglio riconosciuto e rispettato. I problemi irrisolti della seconda questione non mostrano che la prima non sia stata risolta in modo adeguato.

58 Il fatto che i “mercati” per la partecipazione non esistono non significa che la partecipazione non sia importante per le relazioni dirigenti- dipendenti.

59 c)Oggi si riconosce che le imprese in cui sopravvivono più forti vincoli comunitari, sono in grado di sopportare meglio sia le sfide economiche, sia il progressivo acceleramento dell’evoluzione tecnologica e culturale

60 Sen mostra come il reale comportamento economico non si possa spiegare solo ricorrendo ai semplici assunti etici dell’ homo oeconomicus

61 Lo sviluppo di strutture di collaborazione e di partecipazione richiede lo sviluppo e mantenimento di relazioni di fiducia sostenute da informazione partecipata, da aperti canali di comunicazione, da decisioni razionali e processi di responsabilità

62 per esserci una partecipazione effettiva tra imprenditori e dipendenti, ci deve essere una volontà. Poi ci deve essere una possibilità. Non si può basare invece tutto sulla necessità

63 L’impresa vorrebbe coinvolgere i lavoratori nel rischio, ma per ottenere fiducia deve dare fiducia: ci vuole una reciprocità effettiva, che non può essere tutta quanta mediata dal mercato o stipulata nel contratto.

64 La partecipazione non è un effettivo portato dei tempi né un semplice bisogno compensativo di mete sfumate, ma un’istanza etica. le pratiche partecipative da introdurre dipendono ancora e sempre da scelte politico-sociali degli imprenditori e dei managers. Quindi è un errore dedurre i processi partecipativi dai processi lavorativi,

65 Si tratta di estendere poi una partecipazione minimale al singolo compito fino ad una partecipazione ottimale alle scelte dell’impresa Il controllo politico e democratico delle organizzazione è il problema numero uno e l’impegno dei dipendenti su questo punto diventa essenziale.

66 6.3.2.La partecipazione ai valori dell’impresa se lo spazio di decisione a cui è permesso ai dipendenti partecipare non include la scelta dei valori sostenuti dalla loro impresa, è probabile che la realizzazione della strategia imprenditoriale conduca a incoerenze con i loro personali valori. Per questo la partecipazione va estesa ai valori dell’impresa.

67 Questa partecipazione non richiede che tutti i dipendenti definiscano gli orientamenti strategici dell’impresa, ma piuttosto che essi li influenzino indirettamente, formando la cultura dell’impresa che nutre le relazioni di fiducia e lo spirito cooperativo

68 Questo approccio accetta qualche grado di differenziazione tra valori individuali e valori organizzativi, include la comprensione non riduttiva dell’uomo a) Tale approccio si differenzia da quello della stakeholder theory.

69 Quando sorge un conflitto con un gruppo o tra gruppi di st., piuttosto che assumere come data la permanente esclusività reciproca delle richieste, quelli che adottano uno schema cooperativo cercheranno risoluzioni che realizzano un mutuo guadagno o diminuiscono l’impatto negativo per tutti gli st. e per l’impresa

70 La s.t. trascura i valori partecipati e l’inclusività. In un orizzonte di valori partecipati, l’impresa diventa una comunità di fini a cui tutti sono legati. Gli individui sono parte di una comunità in cui essi hanno obblighi e diritti

71 Se questo si verifica, l’organizzazione può adottare le pratiche di impiego a lungo periodo, di alti investimenti nell’aggiornamento e nello sviluppo, di reclutamento basato sulla compatibilità comportamentale (con gruppi di lavoro, flessibilità e alto impegno).

72 Se l’impresa è concettualizzata come un mero forum per l’interazione tra i vari st., c’è il rischio che si trasformi in un campo di combattimento dove ogni st. tenta di guadagnare potere su tutti gli altri

73 I differenti st. abbisognano di appoggiarsi ad alcuni principi partecipati per orientare le loro azioni. Un alto grado di impegno non può essere raggiunto se uno non sa con sufficiente precisione in che cosa è impegnato.

74 Un consenso minimo sulla natura dell’impresa deve essere raggiunto. Valori e principi permettono giustificazione per le regole. b)La competenza e l’esperienza richieste per la partecipazione alla definizione dei valori condivisi sono alla portata di tutti, perché ognuno vive in una realtà di valori

75 Un orizzonte partecipato di valori può aiutare a mediare i conflitti e a difendere gli interessi delle parti più deboli. Le qualità delle relazioni sociali sono indispensabili per questo approccio perché il consenso su un orizzonte di valori partecipati è costruito attraverso l’interazione e il dialogo.

76 C) La possibilità che possa emergere nell’arena partecipativa il conflitto piuttosto che l’impegno deve essere riconosciuta ed è importante evitare la manipolazione che è spesso associata con la partecipazione sul posto di lavoro.

77 La partecipazione è stata largamente abusata per cooptare i dipendenti senza provvedere loro una voce nei processi di decisione

78 In conclusione, il diritto alla partecipazione ha due sorgenti: da una parte coloro che esercitano il potere devono rispondere a individui e gruppi rilevanti Secondo, il diritto alla partecipazione è anche parte dell’esercizio del diritto all’autogoverno dei dipendenti dentro l’impresa: è espressione del diritto dei dipendenti alla libertà

79 I dipendenti hanno anche da adempiere certe condizioni. In proporzione che partecipano alle decisioni dell’impresa, essi devono rispondere agli altri dentro e fuori dell’impresa Il potere manageriale è legittimamente esercitato dentro l’impresa solo quando il diritto alla partecipazione dei dipendenti è rispettato

80 Il m. è colui che chiarifica gli obiettivi da realizzare, le priorità da rispettare, i limiti da non trasgredire, gli errori da non ripetere. Egli è il guardiano delle finalità, colui che negozia i compromessi tra progresso tecnico e profitto, qualità di vita dei dipendenti e rispetto dei termini economici, tra il desiderabile e il possibile, Il capo diviene un comunicatore, un negoziator

81 6.4. Lo stile della leadership manageriale a)La partecipazione e la corresponsabilità non eliminano la distinzione dei ruoli, la diversa responsabilità giuridica, economica e sociale, ma l’assumono secondo lo spirito della sussidiarietà

82 Un tale stile di partecipazione esigerà nel dirigente una fiducia accresciuta nei suoi collaboratori, la volontà di comunicare e di sostenere, l’accettazione di non essere al corrente di tutto, le qualità di animatore, un comportamento esemplare

83 la posizione del capo si modifica perché le sue decisioni sono sempre meno ordini su come fare, il suo ruolo si situa sul registro dell’autorità e non esclusivamente su quello del potere.

84 Egli è colui che chiarifica gli obiettivi da realizzare, le priorità da rispettare, i limiti da non trasgredire, gli errori da non ripetere.

85 Egli è il guardiano delle finalità, colui che negozia i compromessi tra progresso tecnico e profitto, qualità di vita dei dipendenti e rispetto dei termini economici, tra il desiderabile e il possibile, tra la pressione degli obiettivi discendenti dall’alto e quella dei mezzi richiesti dalla base. Il capo diviene un comunicatore, un negoziatore,

86 Uno dei maggiori ostacoli alla partecipazione è la paura dei dirigenti di perdere una parte del loro potere. Se il potere è il potere di rendere ognuno autonomo, e non di impedire agli altri di essere sé stessi, la distribuzione del potere non è un gioco a somma zero

87 b)In nome della sussidiarietà il dirigente è chiamato a porre attenta considerazione alle condizioni concernenti il suo collaboratore: dovrà interrogarsi sui mezzi che il dipendente dispone (budget, informazioni…). La sussidiarietà appare come l’ispirazione morale della delega, esige che la decisione sia presa al livello più basso possibile

88 In questa ottica il capo delega nello spirito della sussidiarietà, curando così il funzionamento efficace e il rispetto della persona.

89 È il senso dell’affermazione della LE e della CA, che si augurano che il lavoratore lavori per conto proprio nell’impresa. Si ritrova un simile indirizzo nel concetto di empowerment: il compito del leader è di far intuire che ci sono opportunità di crescita, d’affermazione personale, di piena autorealizzazione.

90 Il leader sa bilanciare gli aspetti duri relativi alla struttura organizzativa con quelli soft gravitanti intorno alla relazione personale (considerazione, stima, attenzione, riconoscimenti, gratificazione morale), cerca una sintesi tra le istanze degli azionisti e i principi di responsabilità sociale

91 Nella negoziazione il dirigente tiene conto della capacità del dipendente a manifestare la sua libertà e il suo dissenso. Questa negoziazione verte sull’insieme degli obiettivi e dei mezzi, e costituisce la prova più manifesta dello spirito della partecipazione.

92 Il dirigente determinerà la durata e il campo di autonomia in funzione della sicurezza psicologica del dipendente e della sua competenza professionale. È la prudenza del dirigente che ne fisserà i limiti che non sono mai definitivi, ma evolvono con lo sviluppo della personalità del collaboratore.

93 A questo proposito devono essere valorizzate “importanti virtù”, di cui Giovanni Paolo II offre un elenco: “la diligenza, la laboriosità, la prudenza nell’assumere i ragionevoli rischi, l’affidabilità e la fedeltà… Nella realtà le imprese restano quasi sempre ipercentralizzate e incapaci di delegare


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