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C. 7 LA RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE 1.L’agire individuale nell’impresa 2.Per un’etica della fiducia.

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1 C. 7 LA RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE 1.L’agire individuale nell’impresa 2.Per un’etica della fiducia

2 Di quale tipo e grado di attese morali noi possiamo ragionevolmente ritenere responsabili i membri dell’impresa? Dovere implica potere: prescrizioni su come gli agenti dovrebbero comportarsi sono ancorate al carattere empirico dei ruoli nell’azienda

3 Le imprese sono organizzazioni che permettono l’esercizio delle capacità umane? Sono gli ideali alla portata dei membri dell’impresa? Dalla prospettiva delle dottrine economiche, molti teorici enfatizzano il ruolo potente e fallibile degli interessi umani e della ragione nell’azione dell’impresa. L’azione individuale nell’impresa è formata più potentemente dai limiti della visione umana e dai ristretti spazi di libertà di azione che dalle potenzialità espansive sottolineate dai teologi.

4 I teologi moralisti rispondono alla questione suggerendo che i dirigenti possono fare delle loro imprese il tipo di comunità in cui le capacità umane all’opera nei ruoli aziendali possono essere sviluppate. L’etica “integrale” nella forma dell’agire individuale e responsabile nell’impresa può essere formulata in modo realistico? Un’impresa come “una società di persone” può essere concretamente realizzata all’interno di meccanismi imprenditoriali che sembrano autonormati e autonomi?

5 7.1. L’agire individuale nell’impresa La nostra analisi vuole concentrarsi sulle condizioni istituzionali dell’agire, ma tenendo conto della complessità della vita sociale ed economica, dell’ambivalenza che gli assetti istituzionali portano con sé, aspetti indispensabili per una formulazione adeguata della responsabilità personale dell’individuo nella e dell’impresa

6 Bisogna cogliere non solo le interrelazioni reciproche, ma anche gli spazi che le ambivalenze e le ambiguità degli assetti istituzionali, permeabili alle influenze esterne, lasciano aperti e all’interno dei quali l’azione dei soggetti ha luogo

7 7.1.1. La motivazione di scambio La forma base della relazione tra dirigenti e dipendenti è uno scambio tra il lavoro prestato e le conseguenti soddisfazioni, che inducono partecipazione. Non tutte le soddisfazioni sono stipulate nel contratto.

8 Lo scambio è una necessaria ma non sufficiente base per sostenere la relazione. L’impresa non impegna tutta la persona, ma piuttosto un aspetto dell’intelligenza, del sentimento e della motivazione.

9 Le relazioni di scambio appaiono teologicamente problematiche, perché riducono il bisogno di legare la coerenza e la lealtà a valori più alti dell’impresa. Lo scambio di lavoro, basato su ricompense e soddisfazioni di vari tipi, stimola gli interessi acquisitivi di ogni parte

10 In questo modo lo scambio economico incoraggia un punto di vista radicalmente autoreferenziale. Lo scambio sembra non dare spazio ad elementi integrativi per impedire alle parti contraenti di sfruttarsi a vicenda Dirigenti e dipendenti possono essere motivati da valori estrinseci come il denaro o il prestigio più potentemente che dai valori dell’impresa o dagli interessi sociali, perché lo scambio ha minori richieste cognitive e valutative sulle parti contraenti

11 Lo scambio non provvede sufficiente comunicazione relazionale nelle aziende. In più, il fatto che le relazioni di scambio lasciano la parte meno potente vulnerabile allo sfruttamento rende la sfiducia inevitabile. Le parti possono aver fiducia reciproca solo quando confidano di partecipare qualche impegno o causa.

12 Un’antropologia teologica ha bisogno di iniziare ed elaborare la base di scambio della relazione tra dirigenti e dipendenti ed identificare gli elementi intrinseci integrativi Ciò significa valorizzare l’etica della transazione economica: una relazione di scambio esige reciprocità, mutua soddisfazione, giustizia.

13 C’è una nobiltà e solidarietà nel trattare l’altro in modo tale che ognuno si senta soddisfatto della transazione. Anche se il sistema della libera impresa ha modi di manipolazione della transazione, l’economia di mercato richiede che i partecipanti si sforzino per la giustizia contributiva, particolarmente sul posto del lavoro

14 Poiché in quanto membro del gruppo riceve benefici, l’individuo ha l’obbligo di sostenere quel gruppo. Questa cooperazione richiede una moderazione dell’interesse individuale. b) Forse le relazioni interessate di scambio non sono così lontane dai valori assoluti e disinteressati. C.Sommers ha identificato diversi tipi di relazioni economiche, alcune delle quali sono più vicine alla relazione altruistica e amichevole rispetto ad altre.

15 -per es. una collaborazione reciproca non sfruttatrice e non governata da espliciti contratti, ma dove sono attesi guadagni perché ogni parte ha fiducia che l’altro onori il carattere interessato della relazione L’altro non è solo utile: la mutua buona volontà delle parti promuove scelte che riconoscono l’altro come persona e buone scelte creano buone abitudini. Si esamina lo scambio o reciprocità per ciò che si deve all’altro (la giusta cosa) e poi si adempie il proprio obbligo per quanto l’altro si aspetta (le giuste ragioni).

16 È troppo semplice congedare la relazione interessata come egoistica: una relazione interessata richiede l’esercizio di qualche virtù La virtù non è solo presupposta, ma è sviluppata ed esercitata dalle relazioni interessate in vari modi.

17 Rimane vero che queste relazioni interessate possono condurre ad una visione strumentale e manipolativa del mondo. Si richiede di perseguire gli interessi degli altri, insieme ai propri, e di riconoscere l’altro con un eguale titolo di pretendere, nella cooperazione, di contare sull’onestà degli altri,

18 Alcuni principi di natura procedurale segnano la linea morale di fondo e indicano come il gioco win-win debba essere svolto: il principio di onestà che implica di operare in buona fede, il principio di giustizia o di non tradimento della fiducia ricevuta, il principio di reciprocità, che implica di evitare il free riding o opportunismo verso gli sforzi di qualcun altro

19 Un’etica “integrale” non può fermarsi ad un’efficienza soddisfacente, si cura del bene del soggetto che agisce e del tipo di bene prodotto e scambiato. In radice la questione riguarda la visione del bene, che non va ridotto ad un “fatto privato” insindacabile, e la concezione dell’impresa, che è una costruzione sociale e va giustificata in termini etici

20 7.1.2. La razionalità tecnica e la routinizzazione dell’azione Le imprese operano con una logica stretta di mezzi - fini e orientata a particolari interessi. Come sistemi informativi, sono caratterizzate primariamente da modelli di comunicazione e richieste cognitive semplificate e ripetute, e da azioni ricorrenti

21 I dirigenti incanalano il pensiero, i sentimenti e l’attività dei dipendenti non solo con le direttive burocratiche, ma, più sottilmente, ponendo i dipendenti dentro ambienti che comunicano particolare attitudini e valori, che focalizzano l’attenzione su particolari compiti

22 Prodotti e servizi sono generati nelle imprese attraverso azioni modellate e cicliche. La natura ciclica e routinizzata di questa attività è progettata dalla ragione tecnica ed è quantificata da una valutazione basata sul criterio dell’efficienza.

23 a) Come lo scambio, la routinizzazione, realizzata attraverso la razionalità tecnica, sembra diminuire le caratteristiche della responsabilità umana, La routinizzazione del lavoro incoraggia gli individui a sviluppare abitudini meccaniche, a restringere le loro possibilità di risposte a specifiche domande a loro rivolte, e così a resistere a valutazioni qualitative di ideali e valori che impegnano più alte lealtà.

24 L’abilità tecnica è un vantaggio a patto che sia eticamente qualificata, cioè al servizio di qualche più grande virtù e non un espediente che consente di fare a meno di ogni virtù Alla luce di queste riflessioni di morale fondamentale, si tratta di ripensare la responsabilità di ruolo

25 non tutte le nostre responsabilità in un ruolo sono responsabilità morali, e la lealtà al proprio ruolo in un’impresa può essere in conflitto con la lealtà alla propria professione o al proprio ruolo familiare. La rigidità dei ruoli enfatizza gli standards uniformi e incoraggia l’impersonalità: caratteristiche che non sono una conseguenza del concetto d’identità di ruolo, ma piuttosto la sconfitta del senso della virtù.

26 b) Il concetto di inclusione parziale può chiarificare la relazione tra le organizzazioni e i loro membri. Il concetto si riferisce al limitato investimento o impegno dell’individuo nei sistemi sociali: le organizzazioni sono comportamenti intrecciati e non individui intrecciati

27 da una prospettiva organizzativa, la forma burocratica struttura la relazione impersonale di ruolo, da una prospettiva individuale, i membri investono una parte, e solo una parte, della loro piena personalità nei ruoli burocratici Le organizzazioni non subordinano gli individui, ma i ruoli. I membri individuali realizzano i loro ruoli investendo parti limitate o segmenti del loro pieno repertorio di comportamenti nelle attività organizzative

28 c) I dipendenti partecipano alle attività delle loro imprese attraverso l’assunzione di ruoli all’interno della gerarchia dell’impresa I ruoli limitano il comportamento dei dipendenti a delle opzioni ristrette di azione, coerenti generalmente con i fini dell’impresa.

29 In questo modo la natura e lo scopo di un ruolo orienta il dipendente e influenza la sua prospettiva personale e morale. Il pieno significato etico del ruolo del dipendente implica più che i doveri espressi nel contratto di lavoro. I ruoli dell’impresa non sono esercitati nel vuoto ma in un particolare contesto sociale e storico.

30 Mentre il carattere del suo ruolo influenza la prospettiva del dipendente sui problemi etici, la cultura provvede valori e attese sociali cruciali per la comprensione e l’esercizio di tale ruolo nell’obiettività dell’agire tecnico è coinvolta la coscienza dei membri dell’impresa: in questo modo il ruolo contribuisce alla loro identificazione personale

31 I dipendenti di un’impresa partecipano nelle decisioni della loro impresa attraverso l’esercizio dei loro ruoli. Essi affrontano i dilemmi etici del posto di lavoro non semplicemente come attori indipendenti, ma come occupanti i loro ruoli Più rilevante ancora è la disposizione d’animo dell’individuo, la quale abilita ad un discernimento pratico, che nessun giudizio tecnico saprebbe operare.

32 7.1.3.La razionalità limitata Questa razionalità porta gli individui a costruire modelli semplificati di realtà piuttosto che mappare la realtà in tutta la sua complessità, e tende a condurre ricerche per le informazioni necessarie limitandosi al problema specifico piuttosto che ad impegnarsi in ricerche globali, stimola a cercare soluzioni che sono buone abbastanza ma non le migliori, a risultati soddisfacenti piuttosto che ottimi.

33 Un modello di comportamento etico situazione valori conoscenza normecapacità comportamento conseguenze

34 Ne deriva che l’attività del lavoratore è pensata come governata da standards manageriali tesi a fare il lavoro sempre più produttivo, attraverso l’approccio chiamato decision making Si tende fondamentalmente ad una trasposizione del razionalismo cartesiano nell’analisi dell’azione, ignorando la dimensione etica e culturale

35 Tale generalizzazione e semplificazione appaiono teologicamente offensive in quanto sminuiscono le capacità umane. Inoltre qualificano la capacità richiesta per il dovere in modo da suggerire che alti ideali e norme possono offrire troppo poca concretezza come guide all’azione.

36 McCoy suggerisce ai dirigenti di costruire narrazioni che generano valori che i dipendenti articolano in modo personale, e ad integrare queste molteplici storie in una sintesi che può essere usata per ispirare larghi valori di impresa

37 7.1.4. Il potere fondato sulla dipendenza Il potere che risiede nell’impresa è per natura fluido. E fluisce lungo le linee della dipendenza. I partecipanti possono accumulare potere se hanno accesso alle risorse e alle abilità richieste. Se essi sono parti interscambiabili nell’organizzazione, devono mettersi insieme per acquisire potere. Il potere opera nelle imprese in modo da minacciare lealtà più inclusive.

38 il fondare il potere sulla dipendenza irretisce i partecipanti in modelli intricati, che rinforzano la limitatezza dei punti di vista dei membri dell’impresa. l’esercizio del potere nelle imprese implica un tipo di coercizione più sottile che la nuda forza: l’incentivo. Il potere coercitivo dell’incentivo riposa sulla dipendenza di una parte dall’altra.

39 tale potere manca di stabilità e dura finché durano le dipendenze. tale potere non ha radici ovvie nella natura o nei valori civici

40 Può essere caratterizzato da interdipendenza e generato in punti diversi, come a livelli di segreterie, di gruppi di manutenzione o altri punti organizzativi. Inoltre la costellazione del potere è soggetta a dinamiche sociali più larghe, come le posizioni delle donne e delle minoranze

41 Le dipendenze intricate dentro l’impresa incoraggiano gli individui e i gruppi a sviluppare punti di vista autoreferenziali e lealtà limitate

42 Non è del tutto chiaro come applicare il criterio della giustizia in un ambiente sociale di questo tipo. La giustizia si sviluppa nelle istituzioni in cui le persone sono trattate come uguali in un qualche senso fondamentale. Come applicare questo concetto nell’impresa dove c’è ineguaglianza intenzionale e le persone si uniscono volontariamente?

43 a) Diritti di decisione e responsabilità Essi definiscono come le decisioni e le azioni dei lavoratori sono determinate. Due caratteristiche: La prima è il numero e la varietà di decisioni che i dipendenti affrontano, che vanno da decisioni specializzate a responsabilità generalizzate e multiple. La seconda è il livello di autonomia dei lavoratori

44 La relazione tra la natura dell’informazione, che i lavoratori posseggono, e il controllo che i lavoratori hanno sulle loro azioni è anche un importante fattore che tocca il comportamento etico l’impresa deve anche equilibrare il trasferimento dei diritti di decisione con la realizzabilità ed efficienza dei processi di controllo, valutazione e ricompensa organizzativi. Una visione antropologica ispirata alla fede stimolerà a ricercare ponderazioni sempre migliori tra i vari valori in tensione.

45 b) Privacy e gestione delle informazioni Il dibattito intorno alla privacy nel contesto del posto di lavoro si è recentemente intensificato I critici fanno notare che l’accumulo di informazioni sugli individui tende ad accrescere il potere e l’autorità delle imprese a spese degli individui e della loro privacy

46 L’uso per es. di sistemi integrati di informazioni rende spesso facile l’accedere a dati come quelli medici, finanziari, giudiziari, familiari e permette alle imprese di partecipare e disseminare questa informazione. C’è bisogno di un modello che esamini la privacy dalla prospettiva dei molti stakehoders e identifichi le sorgenti di conflitto tra loro, specificando i meccanismi che risolvono tali conflitti.

47 Le capacità di controllare rilevanti informazioni influenzano i risultati. L’impresa che ha grande controllo sulle informazioni accurate e complete circa i dipendenti sperimenta più alti livelli di produttività Se colui che domanda lavoro avverte che le pratiche di raccolta dati dell’organizzazione lo lascia in una posizione di essere incapace di controllare l’informazione personale, sente che la sua privacy è stata invasa.

48 Non dovrebbe essere permesso a uno st. di perseguire i suoi interessi a spese degli interessi degli altri: un equilibrio deve essere trovato. c) La manipolazione La manipolazione è una comune tattica organizzativa di influenza e si esprime attraverso l’uso dell’informazione, la creazione e il mantenimento di un’immagine favorevole

49 La manipolazione che ha successo può stimolare sentimenti di libera scelta ed evocare entusiasmo e iniziativa. La fiducia interpersonale molte volte aumenta la vulnerabilità del bersaglio della manipolazione

50 L’impegno morale della persona non può esaurirsi nei gesti del proprio ruolo, ma deve mirare alle disposizioni buone, che sole possono rendere buoni anche i ruoli e tuttavia quell’impegno non può conoscere e correggere le sue disposizioni che mettendole alla prova dei comportamenti anche di ruolo

51 Nell’assenza della fiducia la manipolazione può divenire un accettabile e necessario mezzo per guadagnare condiscendenza. Non si dice che è moralmente sbagliato usare qualcuno come un mezzo per acquisire i propri fini come nelle transazioni commerciali. Immorale invece è usare qualcuno solo come un mezzo, ossia trascurare la sua natura di agente autonomo e usarlo come un oggetto.

52 La manipolazione sul mercato è meno grave che nella comunità, e manipolare il proprio superiore e subordinato è più abietto. Le manipolazioni variano per l’intento, per le conseguenze sul manipolatore e sulla vittima, per il tipo di sotterfugio. Queste distinzioni sono utili per formulare risposte manageriali a casi di manipolazione.

53 7.2. Per un’etica della fiducia L’utilità dell’analisi dell’agire individuale nell’impresa per l’etica teologica sta nelle specificazioni del modo in cui la finitudine umana è espressa, e nei modelli di attività e relazione che prendono forma. Il punto non è che i membri siano incapaci di espandere i loro orizzonti morali o di sviluppare il carattere e le virtù, ma il fatto che gli ordinamenti dell’impresa esibiscono caratteristiche che scoraggiano tale responsabilità e così rendono problematica la chiamata a più alti valori o visioni.

54 La spinta umana verso una causa o verso una comunità che trascende l’individuo può essere tra le più importanti delle spinte umane, ma è incanalata in modo riduttivo, se non frustrata o deformata, negli ordinamenti dell’impresa Invece di ignorare gli elementi di finitezza, un’etica dell’impresa dovrebbe iniziare a ricercare i segni di trascendenza dentro queste caratteristiche, che abbiamo analizzato.

55 a) Il punto di partenza dell’antropologia teologica sarà una prospettiva limitata, suggerita dalla relazione di scambio, dal limitato impegno dei partecipanti, dai compiti di routine, dalla razionalità limitata e dalla relazione di potere basato sulla dipendenza

56 E’ bene che un’etica dell’impresa inizi con la questione di come la fiducia è stabilita, come i partecipanti nelle strutture dell’impresa possono dare fiducia alle intenzioni e azioni di altri individui che agiscono dentro i loro ruoli in strutture strettamente intrecciate di azione

57 Fa poco senso chiamare gli individui a lealtà più alte, se quel contesto di azione ispira sfiducia. Il problema di generare e sostenere la mutua fiducia tra i vari gruppi di interesse in un’impresa è il primo problema morale La sfida dell’etica teologica è di offrire una visione persuasiva di come le interpretazioni personali, costitutive della fiducia in un ordinamento dell’impresa, possano essere rifocalizzate su Dio come il centro di valore da cui il merito di fiducia è misurato.

58 dentro un sistema di valori autoreferenziali e di dipendenza…, realizzare relazioni di mutua fiducia è un compito, non un dato. a) Innanzitutto va considerata la fiducia nell’ordinamento dell’impresa In un’etica teologica dell’impresa prendono forma due questioni: la prima si chiede se gli individui come dipendenti o dirigenti sono giustificati nel dare fiducia all’impresa

59 Secondo: sono questi individui meritevoli di fiducia? Il meritare la fiducia dei suoi partecipanti da parte dell’impresa…Similmente il meritare la fiducia dell’impresa dipende …. La fiducia diventa importante e possibile in contesti dove le parti hanno qualcosa a rischio. Dove la dipendenza (e quindi il rischio) esiste, la fiducia diviene indispensabile per lottare con successo.

60 La fiducia nella relazione impresa- stakeholders assume un significato fondamentale se si pensa a come buona parte delle scelte economiche si basano sulla reputazione del soggetto con il quale si conclude una transazione Un comportamento etico e socialmente responsabile dell’impresa può far nascere negli stakeholders un senso di fiducia nei confronti dell’impresa stessa

61 la credibilità trova la sua piena affermazione nello svolgimento di pratiche gestionali ispirate a principi autenticamente etici, cioè a principi in grado di costruire durevolmente la fiducia all’interno e all’esterno dell’impresa

62 Molte nuove forme organizzative come le “reti”, le alleanze strategiche e joint ventures, ed iniziative manageriali come produzione in gruppo e qualità totale implicano significativi gradi di interdipendenza e riposano direttamente o indirettamente (attraverso l’importanza della cooperazione e dell’impegno organizzativo) sulla fiducia per funzionare propriamente.

63 c) Portiamo ora l’attenzione sulla logica di espansione della fiducia La sfida consiste nell’indagare come l’etica dell’impresa possa iniziare dalla prospettiva di partecipazione degli individui e muovere verso una fiducia teocentrica Il compito del teologo è di contribuire a definire il centro di valore in cui i partecipanti troveranno sé stessi completamente valorizzati: si tratta di trasformare la prospettiva incoraggiata dall’impresa, non di rigettarla.

64 il rapporto con le cose e la loro produzione nell’impresa mette in gioco l’identità personale. Il compito del cristiano inizia con l’interrogarsi sul significato che soggiace alle sue azioni di scambio, di produzione e di consumo.

65 In un un rapporto di fiducia basato sullo scambio, il mercato incoraggia ogni parte a valutare l’altra solo secondo il proprio punto di vista, il quale rimane il centro di valore La fiducia nello scambio declina se ogni parte valuta l’altro riduttivamente, come quando i dirigenti fedeli alla razionalità economica del mercato, svalutano i dipendenti sfruttando il loro lavoro

66 La mutua autoreferenzialità dello scambio ha bisogno di essere qualificata dal riferimento a qualche impegno che ambedue le parti partecipano, come minimo un’idea di giustizia procedurale

67 Dalla prospettiva di un’etica teologica normativa, che porta una presunzione in favore della fiducia come buona qualità prima facie della relazione, il contratto tra dipendenti e dirigenti dovrebbe essere ancorato alla fiducia sociale o generale confidenza che il trattamento rispettoso sarà fatto proprio da ogni agente

68 L’etica della fiducia parte dalla prospettiva dell’agente, chiedendosi come le parti devono valutarsi a vicenda in ordine a costruire un contesto di azione meritevole di fiducia. Pone così le condizioni per discernere, con riferimento a qualche prospettiva più trascendente, ciò che è propriamente la lealtà verso una buona causa.

69 la fiducia nelle imprese deve avere un fondamento più grande della fiducia sociale, perché la fiducia sociale è in sé stessa sempre limitata e può venire meno La logica del valutare e del dare fiducia è chiamata ad espandersi fino alle dimensioni teologiche implicite o esplicite

70 Il contesto ultimo, in cui il ogni partecipante all’impresa valuta gli altri e trova sé stesso valutato, è teologico. Ogni questione di fiducia o sfiducia implica la fiducia o sfiducia fondamentale. Un dipendente può chiedersi se nella sua impresa è valutato in un modo che riflette il valore che Dio pone su di lui.

71 Nondimeno in proporzione che le convinzioni fondamentali, che riguardano il merito di fiducia del mondo e della vita, possono essere influenzate da specifiche forme di associazione umana, il teologo moralista deve spiegare come la logica della fiducia può espandersi dentro un ordinamento che incoraggia la razionalità limitata, l’azione routinizzata, le motivazioni autointeressate

72 La principale risorsa offerta dall’antropologia teologica è l’idea di spirito come capacità umana di autotrascendenza. Lo spirito è innanzitutto la capacità di trovare il valore dell’individuo, relativo al centro ultimo di valore.

73 d) Possiamo parlare di capacità normativa di un’etica della fiducia? L’etica teologica suggerisce due imperativi generali che riflettono una dialettica di impegno e di distanza critica dai processi di fiducia nell’impresa. Il primo imperativo è diretto verso la coscienza individuale: dare fiducia a Colui che sta dietro i molti.

74 Da una parte richiede di accettare la ragione tecnica e calcolatrice come un necessario strumento di produzione e di accettare il proprio valore strumentale nella realizzazione dei fini articolati dai managers, relazione legittimata dal consenso allo scambio. Dall’altra richiede di resistere alle tendenze sfruttatrici di questa forma limitata di ragione e di resistere a sussumere tutti i valori negli interessi manageriali.

75 Il compito di costruire la fiducia implica che la comunità di interpretazione si estenda fino ad includere il contesto sociale dell’impresa e anche la comunità universale, che concretizza le vere condizioni per il dialogo di fiducia

76 Se consideriamo l’impresa come una concatenazione di gruppi di interesse o stakeholders, ognuno dei quali cerca di imporre i suoi fini sugli altri, costruire la fiducia ha più da fare con il fine pratico di assicurare che questi divergenti interessi competano onestamente e giustamente che con il compito ambizioso di tentare di allinearli tutti dietro una singola serie di fini sostanziali.

77 Misurare la coerenza dell’impresa con il merito di fiducia teologica richiede un’ardua casistica, che affronta gli inevitabili compromessi presentati da una strategia d’impresa strettamente interconnessa alle regole del mercato.

78 Un grande ostacolo alla fiducia tra dirigenti e lavoratori è la prerogativa manageriale o piena autonomia di azione, ancorata sui diritti di proprietà ed esercitata a favore degli azionisti. Si rifiuta di riconoscere il potere dei lavoratori, cercando piuttosto l’inganno o la manipolazione. Ne deriva una spirale di sfiducia: i lavoratori si ritirano nella passività e fatalismo

79 e) Realizzare un’etica della fiducia richiede cambiamenti sostanziali. Chiedere fiducia significa aprire un dialogo in cui l’altra parte ha la capacità di accettare, rigettare o negoziare i fondamenti su cui tale fiducia è richiesta. L’appropriata risposta degli individui ad un dato ordinamento dell’impresa non sarà sempre una fiducia diretta, ma dovrebbe essere inscritta dentro una fondamentale fiducia teocentrica.

80 si costruisce un’etica dell’impresa per mezzo della logica espansiva della fiducia fino a spingere l’io, nella sua capacità di trascendenza, ad affrontare la seconda questione più esigente: verso quale causa io sono leale o chi può darmi fiducia?

81 In un ambiente con fragili relazioni tra gli attori, l’etica teologica può provvedere le risorse e la logica concettuale che assiste gli individui nelle imprese per giungere alla convinzione che il mondo e la vita sono meritevoli di fiducia, che un’etica della difesa e della sopravvivenza non fa giustizia a Dio e all’uomo.

82 alta Livello della fiducia bassa indipendenza interdipendenza Livelli di fiducia e di interdipendenza Incontro corretto tra Fiducia e interdipendenza


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