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IL ROMANTICISMO.

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Presentazione sul tema: "IL ROMANTICISMO."— Transcript della presentazione:

1 IL ROMANTICISMO

2 Caratteri generali e differenze con il neoclassicismo
Il romanticismo è un movimento artistico dai contorni meno definiti rispetto al neoclassicismo. Benché si affermi in Europa dopo che il neoclassicismo ha esaurito la sua vitalità, ossia intorno al 1830, in realtà era nato molto prima. Le prime tematiche che lo preannunciavano sorsero già verso la metà del XVIII secolo. Esse, tuttavia, rimasero in incubazione durante tutto lo sviluppo del neoclassicismo, per riapparire e consolidarsi solo nei primi decenni dell’Ottocento. Il romanticismo ha poi cominciato ad affievolirsi verso la metà del XIX secolo, anche se alcune sue suggestioni e propaggini giungono fino alla fine del secolo. Il romanticismo è un movimento che si definisce bene proprio confrontandolo con il neoclassicismo. In sostanza, mentre il neoclassicismo dà importanza alla razionalità umana, il romanticismo rivaluta la sfera del sentimento, della passione ed anche della irrazionalità. Il neoclassicismo è profondamente laico e persino ateo; per contro il romanticismo è un movimento di grandi suggestioni religiose. Il neoclassicismo aveva preso come riferimento la storia classica; il romanticismo, invece, guarda alla storia del medioevo, rivalutando questo periodo che, fino ad allora, era stato considerato buio e barbarico. Infine, mentre il neoclassicismo impostava la pratica artistica sulle regole e sul metodo, il romanticismo rivalutava l’ispirazione ed il genio individuale. È da considerare, inoltre che, mentre il neoclassicismo è uno stile internazionale, ed in ciò rifiuta le espressioni locali considerandole folkloristiche, ossia di livello inferiore, il romanticismo si presenta con caratteristiche differenziate da nazione a nazione. Così, di fatto, risultano differenti il romanticismo inglese da quello francese, o il romanticismo italiano da quello tedesco, e così via.

3 Il romanticismo in realtà, a differenza del neoclassicismo, non è uno stile, in quanto non si fonda su dei princìpi formali definiti. Esso può essere invece considerato una poetica, in quanto, più che alla omogeneità stilistica, tende alla omogeneità dei contenuti. Questi contenuti della poetica romantica sono sintetizzabili in quattro grandi categorie: l’armonia dell’uomo nella natura il sentimento della religione la rivalutazione dei caratteri nazionali dei popoli il riferimento alle storie del medioevo.

4 Le nuove categorie estetiche: il pittoresco e il sublime
Il sublime conosce la sua prima definizione teorica grazie a E. Burke, nel 1756, con un saggio dal titolo: Ricerca filosofica sulla origine delle idee del sublime e del bello. Burke considera il bello e il sublime tra loro opposti. Il sublime non nasce dal piacere della misura e della forma bella, né dalla contemplazione disinteressata dell’oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura e di orrore suscitati dall’infinito, dalla dismisura, da «tutto ciò che è terribile o riguarda cose terribili» (per es. il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio, ecc.; riprendendo questi esempi Kant dirà: sono sublimi le alte querce e belle le aiuole; la notte è sublime, il giorno è bello). Il pittoresco è una categoria estetica che trova la sua prima formulazione solo alla fine del Settecento grazie ad U. Price, che nel 1792 scrisse: Un saggio sul pittoresco, paragonato al sublime e al bello. Tuttavia la sua prima comparsa nel panorama artistico è rintracciabile già agli inizi del Settecento, soprattutto nella pittura inglese, e poi nel rococò francese. Il pittoresco rifiuta la precisione delle geometrie regolari per ritrovare la sensazione gradevole nella irregolarità e nel disordine spontaneo della natura.

5 La rivalutazione dei sentimenti e delle passioni
Uno dei tratti più caratteristici del romanticismo è la rivalutazione del lato passionale ed istintivo dell’uomo. Questa tendenza porta a ricercare le atmosfere buie e tenebrose, il mistero, le sensazioni forti, l’orrido ed il pauroso. L’artista romantico ha un animo ipersensibile, sempre pronto a continui turbamenti. L’artista non si sente più un borghese ma inizia a comportarsi sempre più in modo anticonvenzionale. In alcuni casi sono decisamente asociali e amorali. Sono artisti disperati e maledetti che alimentano il proprio genio di trasgressioni ed eccessi. L’arte romantica riscopre anche la sfera religiosa, dopo un secolo, il Settecento, che era stato fortemente laico ed anticlericale. La riscoperta dei valori religiosi era iniziata già nel 1802 con la pubblicazione, da parte di Chateaubriand, de Il genio del Cristianesimo. Negli stessi anni iniziava, soprattutto in Germania, grazie a von Schlegel e Schelling, una concezione mistica ed idealistica dell’arte intesa come dono divino. L’arte deve scoprire l’anima delle cose, rivelando concetti quali il sentimento, il religioso, l’interiore. Il primo pittore a seguire queste indicazioni fu il tedesco C. D. Friedrich.

6 La riscoperta del Medioevo
Sono diversi i motivi che portarono la cultura romantica a rivalutare il medioevo. Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre: il medioevo è stato un periodo mistico e religioso nel medioevo si sono formate le nazioni europee nel medioevo il lavoro era soprattutto artigianale. Nel medioevo la religione aveva svolto un ruolo fondamentale per la società del tempo. Forniva le coordinate non solo morali, ma anche esistenziali. Allo spirito della religione era improntata tutta l’esistenza umana. Questo aspetto fa sì che, nel romanticismo, si guardi al medioevo come ad un’epoca positiva perché pervasa da un forte misticismo e spiritualità.

7 Il romanticismo italiano
Il romanticismo italiano è un fenomeno che ha tratti caratteristici diversi dal romanticismo europeo. Le tensioni mistiche sono del tutto assenti, così come è assente quel gusto per il tenebroso e l’orrido che caratterizza molto romanticismo nordico. . È da premettere che, in Italia, il romanticismo coincide cronologicamente con quella fase storica che definiamo Risorgimento. Ossia il periodo, compreso tra il 1820 e il 1860, in cui si realizzò l’unità d’Italia. Questo processo di unificazione fu accompagnato da molti fermenti che coinvolsero non solo la sfera politica e diplomatica ma anche la cultura del periodo. I contenuti culturali furono indirizzati al risveglio della identità nazionale e alla presa di coscienza dell’importanza della unificazione. Secondo le coordinate del romanticismo, che in tutta Europa rivalutava le radici delle identità nazionale, il riferimento storico divenne il medioevo. E così anche l’Italia, che pure aveva vissuto periodi storici più intensi e pregnanti proprio in età classica con l’impero romano, si rivolse al medioevo per ritrovarvi quegli episodi che ne indicassero l’orgoglio nazionale.

8 I TEMI DELLA PITTURA ROMANTICA IN ITALIA
I due principali temi in cui si esprime la pittura romantica italiana è la pittura di storia e la pittura di paesaggio. Nel primo tema abbiamo il maggior contributo pittorico all’idea risorgimentale dell’unità nazionale. E la pittura di storia, coerentemente a quanto detto prima, rappresenta sempre episodi tratti dalla storia del medioevo quali la Disfida di Barletta, i Vespri siciliani, eccetera. Ma lo fa con spirito che denota la succube dipendenza dalla letteratura, tanto che questi quadri hanno un carattere puramente illustrativo e didascalico. Protagonisti di questa pittura di storia sono stati il milanese Francesco Hayez, il fiorentino Giuseppe Bezzuoli, il piemontese Massimo D’Azeglio. Nel genere del paesaggio il romanticismo italiano trovò invece una sua maggiore autonomia ed ispirazione che la posero al livello delle coeve esperienze pittoriche che si stavano svolgendo in Europa. Anche per la diversità geografica tra l’Italia e l’Europa del nord i paesaggi italiani non sono mai caratterizzati da quella atmosfera a volte tenebrosa e a volte inospitale del paesaggio nordico. Ma il paesaggio italiano si presenta più luminoso, più gradevole, più caratterizzato da un pittoresco accogliente e piacevole. La pittura di paesaggio italiana ha soprattutto due grandi protagonisti: Giacinto Gigante a Napoli, esponente principale della locale Scuola di Posillipo, e Antonio Fontanesi a Torino.

9 Théodore Géricault

10 Théodore Gericault ( ) svolse le sue prime esperienze pittoriche nell’ambiente neoclassico francese che in quegli anni era influenzato dalle figure di David e Ingres. Dopo un periodo di soggiorno a Roma, dove ebbe modo di studiare le opere di Michelangelo e di Caravaggio, fece ritorno a Parigi, nel 1817, dove conobbe Delacroix. In quegli anni realizzò il suo quadro più famoso: «La zattera della Medusa», che fu esposto nel Salone d’Autunno del 1819 ricevendo aspre critiche. Negli anni successivi, il suo interesse per un naturalismo nudo e crudo lo portò a prediligere temi dal gusto macabro, quali le teste dei decapitati o i ritratti di pazzi e alienati mentali rinchiusi nei manicomi. Di carattere molto introverso, Gericault rappresenta già il prototipo del successivo artista romantico: amorale e asociale, disperato e maledetto, che alimenta il proprio genio di eccessi e trasgressioni. Il gusto per l’orrido e il rifiuto della bellezza dà immediatamente il senso della sua poetica: un’arte che non vuole essere facile e consolatoria ma che deve scuotere i sentimenti più profondi dell’animo umano, proponendogli immagini raccapriccianti. La sua vita si concluse nel 1824, a soli 33 anni. La sua eredità, in campo figurativo, fu presa soprattutto dall’amico Eugene Delacroix.

11 CONFRONTO

12 Teste di giustiziati, 1818 Questo esempio di gusto macabro, tra i più orridi presenti nella storia dell’arte, furono studi realizzati da Gericault per la realizzazione della zattera. La scelta di studiare frammenti anatomici, per le potenzialità espressive che se ne potevano trarre, ci rivelano alcuni aspetti precisi sulla psiche di Gericault, che di sicuro anticipa molti dei tratti più introversi e drammatici che ritroviamo nei successivi artisti

13 Alienata monomane del gioco, 1822
Altra ricerca al limite dell’ossessivo fu quella che Gericault condusse sui pazzi. Questa è solo una delle diverse tele che l’artista dedicò ai malati di mente, in uno studio teso a ritrovare nella inespressività degli alienati le linee di confine tra l’umano e ciò che non è più tale Alienata monomane del gioco, 1822

14 Eugene Delacroix

15 Eugène Delacroix ( ) è il pittore che più di ogni altro ha interpretato il romanticismo in Francia. Dopo una formazione giovanile presso il pittore neoclassico Guerin, entrò in contatto con Gericault per il quale posò nella «Zattera della Medusa». Suggestionato dalla pittura di Michelangelo e di Rubens, sviluppò la sua pittura in due direzioni fondamentali: il colore espressivo, sul versante formale, ed i soggetti esotici, sul versante poetico. Partecipò per la prima volta al Salone d’Autunno nel 1822 con il quadro «La barca di Dante» che mostra una diretta connessione con le suggestioni letterarie del romanticismo. Ma il quadro che più rappresenta questo suo aspetto è la tela «La Libertà che guida il popolo» del Delacroix si schiera apertamente dal lato degli oppressi che insorgono per rivendicare una nuova importanza sociale e politica. Dopo questo periodo, anche per via di suoi viaggi in Marocco e in Spagna, la pittura di Delacroix si porta su soggetti sempre più esotici, quali «Le donne di Algeri», per poi passare a soggetti più legati alla storia. L’importanza di Delacroix nella pittura francese dell’Ottocento è notevole soprattutto per gli sviluppi successivi. Egli, molto suggestionato dagli effetti cromatici dei quadri dell’inglese Constable, inizia a sperimentare quella divisione dei colori che sarà il motivo fondamentale di tutta la successiva esperienza impressionista e neo-impressionista. Benché usi una tavolozza di molteplici colori, sia puri sia smorti, la sua tecnica si basa sull’esaltazione cromatica data dall’accostamento di tinte e toni diversi secondo il principio del contrasto luministico.

16 La barca di Dante, 1822

17 LA BARCA DI DANTE L'ispirazione alla letteratura del medioevo è una costante di tutta l'arte romantica, ed ovviamente anche Dante, con la sua Divina Commedia, è una fonte d'ispirazione notevole. In questo quadro Delacroix rappresenta il momento, descritto nel III terzo canto dell'Inferno in cui Dante e Virgilio attraversano il fiume Acheronte sulla barca di Caronte. Alla barca cercano di aggrapparsi le anime dei dannati, per poter giungere il più presto possibile al luogo loro destinato. Durante il guado un terremoto improvviso scuote la terra e fa apparire in lontananza "una luce vermiglia". Lo spavento fu così forte per il poeta che cadde svenuto, e si ritrovò, senza accorgersi, sull'altra riva del fiume infernale. Delacroix rende la scena con tratti di forte drammaticità, cercando di suscitare una violenta emozione nello spettatore che guarda il quadro. Il riferimento alla Zattera della Medusa di Gericault è fin troppo evidente, e non mancano elementi stilistici, soprattutto nel trattamento vigoroso dei nudi, che rimandano a Michelangelo e a Rubens.

18 CONFRONTI

19 La composizione ha lo stesso sviluppo piramidale, però in questo caso il gruppo ha un orientamento ruotato di 180 gradi. Nella «Zattera» l’uomo che fa da vertice alla piramide guarda verso l’orizzonte interno al quadro, nella «Libertà che guida il popolo» il vertice della piramide, la donna con la bandiera, guarda verso lo spettatore. Questa rotazione ribalta completamente il senso del contenuto: nella «Zattera» il contenuto è pessimistico; nella «Libertà che guida il popolo» il contenuto è ottimista. Nel primo caso, infatti, la «Zattera» esprime il senso di sconforto che è la nota dominante della Francia nel 1818: una nazione che ha perso una rivoluzione ed un impero. Nel 1830 un’altra rivoluzione, meno cruenta, si è svolta: i parigini sono ritornati sulle barricate e ciò significa che hanno ritrovato fiducia in sé. Sono quindi ispirati da ottimismo. Nel quadro di Gericault lo spettatore è portato a guardare nella stessa direzione verso la quale guarda l’uomo che agita il panno. E, come lui, anche lo spettatore non vede nulla all’orizzonte. Il quadro, quindi, gioca sul dubbio per ispirare ansia ed angoscia. Nel caso della «Libertà che guida il popolo» la donna guarda verso lo spettatore. Conduce la sua marcia per coinvolgerlo nella sua azione. Il quadro ha quindi una funzione esortatrice tesa ad ispirare sentimenti di forza e di giusta ribellione. Da considerare inoltre che il quadro di Gericault usa questa rappresentazione così intensa e drammatica utilizzandola come metafora. Il naufragio della Medusa è la metafora del naufragio della Francia e delle idee rivoluzionarie di libertà, uguaglianza e fraternità. La «Libertà che guida il popolo» non è una metafora ma una allegoria. Usa cioè una immagine, quella della donna con la bandiera in mano, per visualizzare un sentimento.

20 Vi è infine un particolare, che Delacroix usa quasi come citazione, per dichiarare apertamente la sua derivazione dall’opera di Gericault: nel suo quadro l’uomo ucciso in basso a sinistra ha le calze ai piedi. Lo stesso particolare che ritroviamo nel giovane morto della «Zattera». Da ricordare che Delacroix aveva posato per l’amico Gericault quando questi aveva realizzato la sua grande tela. L’uomo con la barba in basso a sinistra della zattera, con il braccio destra semi-immerso nell’acqua, è appunto Delacroix. Ricordiamo, infine, che il soggetto del quadro fu ispirato dalle reali vicende storiche che si svolsero in Francia in quegli anni. Dopo la caduta di Napoleone, con il Congresso di Vienna, la Francia venne restituita alla monarchia borbonica di Luigi XVIII che fu re dal 1816 al Nel 1824 gli successe Carlo X, la cui monarchia dal carattere assolutistico finì per suscitare nuovi sentimenti di ribellione. Egli, infatti, fu destituito nel 1830 con la rivoluzione di luglio. Ed è questo l’episodio che diede a Delacroix lo spunto per il suo quadro. Abbattuta la monarchia borbonica si instaurò in Francia una monarchia costituzionale che fu affidata a Luigi Filippo d’Orleans. Ciò, dunque, che contraddistingue il romanticismo francese di Gericault e Delacroix, è questa aderenza agli episodi della loro storia contemporanea, senza far ricorso a metafore storiche tratte dal medioevo. Questa tendenza tutta francese, di legare la pittura alla storia del presente e non del passato, è una costante che attraversa tutta l’arte dell’Ottocento francese, anche quando si affermò il realismo, l’impressionismo e il post impressionismo

21 Massacro di Scio, 1824 L'episodio raffigurato nel quadro rimanda ad un episodio storico realmente avvenuto in quegli anni. Siamo nel 1822 e la Grecia, dall'anno precedente, è in guerra contro la Turchia per conquistare la propria indipendenza. In quest'isola i turchi, per rappresaglia contro i greci, compirono un massacro feroce, trucidando circa ventimila persone e deportando i superstiti come schiavi. L'episodio di feroce barbaria fece scalpore in Europa, suscitando indignazione soprattutto negli ambienti romantici che parteggiavano per la causa greca. Di qui la scelta di Delacroix di dedicare un quadro all'avvenimento, per usare la sua pittura come spunto di denuncia contro gli orrori della guerra.

22 La morte di Sardanapalo, 1827-28
Sardanapalo, meglio noto con il nome di Assurbanipal, vissuto tra il 668 e il 626 a.C., fu l'ultimo grande re assiro. Secondo la leggenda, egli, assediato dai rivoltosi che cercavano di rovesciare il suo potere, resosi conto della imminente sconfitta, decise di morire con tutte le sue concubine, i suoi schiavi, i suoi cani e i suoi cavalli preferiti. Quindi, dopo che gli uomini ebbero sgozzate le donne, il coppiere del re appiccò il fuoco alla pira che avrebbe bruciato tutto. La storia è ovviamente di grande drammaticità e Delacroix la rappresenta con una composizione molto ardita e dinamica. Lo sviluppo formale avviene secondo la diagonale che va dall'angolo inferiore sinistro all'angolo superiore destro. Al sommo di questa diagonale, sdraiato su un grande letto, vi è il re, che osserva senza scomporsi la cruenta scena che gli si presenta, in attesa dell'imminente fine. Su tutto domina il colore rosso, che come squilli violenti, appare tra i toni gialli e quelli verdi cupi, per enfatizzare la sensualità drammatica che l'immagine trasmette.

23 Donne di Algeri, 1834 Il quadro è uno degli esempi più noti di quella moda legata al fascino dell'oriente arabo, che ritroviamo in Europa nella prima metà dell'Ottocento. È uno dei tanti momenti compresi nel termine "esotismo", ad indicare suggestioni che l'ambiente culturale europeo prendeva da altre culture non europee. In seguito giunsero altri "esotismi" ad entusiasmare gli intellettuali ed artisti europei, quali l'arte del Giappone o delle culture primitive africane, ma in questo momento è soprattutto quel mondo arabo sensuale e raffinato da "Mille e una notte" ad incuriosire e attirare gli artisti europei, e non solo di formazione romantica come ci è attestato dalla produzione di Ingres. Delacroix effettuò nel 1832 un viaggio in Africa dove visitò il Marocco e l'Algeria. Proprio in quest'ultimo paese ebbe l'opportunità di visitare segretamente l'harem di un importante funzionario arabo. E qui prese lo spunto per il quadro "Donne d'Algeri", che gli serve per rappresentare tutta la carica di indolente sensualità colta non solo negli atteggiamenti delle donne, ma anche nei tessuti, nelle raffinate decorazioni, nei profumi e così via. Il quadro, a differenza di altre opere di Delacroix, non suscitò scandalo, ma ebbe un'accoglienza entusiastica al Salone e fu acquistato dal re Luigi Filippo, benché Delacroix non fosse intenzionato a venderlo.

24 Caspar David Friedrich
Friedrich ( ) è il pittore tedesco che per primo entrò nel clima del romanticismo tedesco. La Germania ebbe un ruolo fondamentale nella definizione delle teorie romantiche sia grazie ai movimenti letterari quali lo «Sturm and Drung» sia grazie all’opera di alcuni pensatori e filosofi quali von Schlegel e Schelling. Ma l’arte romantica per eccellenza della Germania fu soprattutto la musica che ebbe come massimo interprete Ludwig van Beethoven. Friedrich è interessato, nella poetica del romanticismo, soprattutto al lato mistico della natura. La prima opera che lo rese noto fu la «Croce sulla montagna» o pala di Tetschen, del Questa pala d’altare è composta unicamente da un paesaggio di montagne, su cui si staglia il segno nero di una croce. Che un paesaggio potesse essere un immagine religiosa è una grossa rivoluzione che non poco stupì i critici del tempo. In essa, tuttavia, è chiaramente avvertibile una suggestione religiosa data dallo spettacolo della natura, intesa come opera divina, in cui la presenza della croce serve principalmente ad elevare il nostro pensiero a Dio.

25 La croce sulla montagna, 1808
dipinto è in realtà una pala d'altare realizzata per la cappella privata del Castello di Tetschen in Boemia. È l'opera che rivelò la personalità artistica di Friedrich. La pala non mancò di suscitare polemiche, in quanto nessuno aveva mai pensato di collocare un paesaggio su un altare. Tuttavia è innegabile che il quadro trasmette una carica mistica, e non solo per la croce raffigurata tra gli alberi, ma anche per il senso di maestosità silenziosa che questa cima di montagna comunica. L'idea di unire il tema della natura con quello del sacro è sicuramente uno dei segni più chiari del passaggio da un clima culturale di impronta neoclassica al nuovo clima romantico

26 Un uomo e una donna davanti alla luna, 1819
Anche il chiaro di luna è un tema molto caro ai romantici, e non poteva mancare nel campionario delle immagini dipinte da Friedrich. In questo quadro il paesaggio notturno si trasforma in una massa scura nella quale si insinua il controluce della luna a delineare le silhouette molto espressive degli alberi e dei due spettatori raffigurati nella scena.

27 Il viaggiatore sopra il mare di nebbia, 1818
In questo quadro di Friedrich, forse tra i suoi il più famoso e anche quello più sfruttato, si avverte immediatamente la poetica del pittore. Il sublime, ossia il senso della natura possente e smisurata, viene qui presentato con una evidenza da teorema matematico. Su una roccia di origine vulcanica un uomo, raffigurato di spalle, ammira il panorama che gli si apre davanti. La nebbia che gli è innanzi è quasi come un mare da cui emergono come isole le cime delle montagne. Non vi è vegetazione che crea angoli accoglienti. Le rocce sono nere e inospitali. Emergono dai fumi di una nebbia che sembra quasi il vapore che sprigiona la terra dal suo interno. Il paesaggio ha qualcosa di così arcaico che sembra di ammirare la Terra subito dopo la Creazione. L’uomo che ammira questo spettacolo ci dà il confronto tra la piccolezza della dimensione umana e la vastità dell’opera della natura. È raffigurato di spalle così che lo spettatore del quadro deve condividere il suo punto di vista e compenetrarsi nel suo stato d’animo. Lo stato d’animo, cioè, di chi avverte dentro di sé il sentimento del sublime: meraviglia e quasi sgomento di fronte all’immensità dell’universo.

28 John Constable La produzione artistica di John Constable ( ) è quasi tutta incentrata sul tema del paesaggio. La natura, nella cultura romantica, svolge sempre un ruolo fondamentale. Ma alla natura gli artisti romantici si accostano con animo diverso: per scoprirvi la potenza imperiosa che spaventa ed atterisce, e ciò lo si trova soprattutto nel romanticismo tedesco, o per ritrovarvi angoli piacevoli ed accoglienti, ed è ciò che caratterizza il romanticismo inglese. I paesaggi di Constable sono sempre gradevoli. Ritraggono una natura in cui c’è un felice equilibrio tra gli elementi naturali (alberi, fiumi, colline) e gli elementi artificiali (case, stradine, ponticelli). I paesaggi di Constable esprimono il sentimento di armonia tra l’uomo e la natura. Per la loro casuale ed irregolare disposizione i paesaggi di Constable rientrano pienamente in quella categoria estetica del pittoresco. Ciò che manca, in questi quadri, sono le false rovine che davano al pittoresco precedente un carattere eccessivamente artificioso e letterario.

29 Il carro di fieno, 1821

30 Ciò che caratterizza formalmente la pittura di Constable è la capacità di indagare gli elementi visivi che formano un paesaggio. Del tutto assente un disegno compositivo, anche se si avverte la grande progettualità degli elementi che compongono i suoi quadri, lo stile pittorico è tutto affidato al colore. Il suo tocco è filamentoso e sporco. Le forme non hanno un contorno definito ma si riconoscono solo dai passaggi di tono e di colore. La superficie del quadro viene così a presentarsi, ad una visione molto ravvicinata, come un impasto formato da mille tonalità differenti. Questa tecnica fa sì che, ad una certa distanza, le immagini percepite sul quadro sembrano vibrare di una autonoma luce, rendendole più vive e dinamiche delle usuali rappresentazioni pittoriche. L’effetto è decisamente gradevole ed è ciò che suggestionò un pittore come Delacroix che, guardando quadri come questo, trasse le sue ricerche sulla scomposizione del colore. In questo quadro il soggetto, il carro di fieno, è solo un pretesto per consentire la rappresentazione di un paesaggio tipicamente inglese. Il carro sta guadando un piccolo ruscelletto che, nello spazio del quadro, forma una duplice curva ad esse. In una delle due anse del ruscello, a sinistra, c’è una casa che sembra quasi confondersi con il paesaggio circostante. La casa viene protetta da una cortina di alberi che creano una nicchia accogliente in cui si inserisce l’edificio. Sulla destra si apre una pianura che viene chiusa da una fila di alberi che si vede in lontananza. La parte superiore del quadro è occupata da un cielo percorso da nuvole. Da ricordare che Constable ha condotto notevoli studi sulla forma e il colore delle nuvole che egli fece oggetto di quadri autonomi. Anche qui è possibile vedere la sua grande capacità di controllare un elemento, le nuvole, così poco definito come forma ma che realizzano un’immagine molto varia nei suoi tonalismi atmosferici.Tutto il quadro tende ad un naturalismo molto accentuato. La forma non sono le cose, ma la percezione delle cose. Il sentimento che ispira è quella sottile vena di piacere che apre gli occhi per far loro godere l’atmosfera ampia che circola nella scena inquadrata.

31 Studio di nuvole, 1822 L’interesse per lo studio analitico del paesaggio in Constable è attestato da centinaia di tele che egli ha dedicato alle nuvole. Chi conoce l’Inghilterra sa che le nuvole costituiscono, qui più che altrove, un elemento determinante del paesaggio. L’interesse di Constable non si sofferma solo sulla diversa forma che i banchi di nuvole possono assumere, ma ne indaga soprattutto la qualità luminosa e cromatica in riferimento alle diverse ore del giorno. Questi esperimenti, che per certi versi anticipano l’Impressionismo francese, ci dimostrano l’intuizione di Constable che la luce è la grande protagonista del paesaggio.

32 Flatford Mill, 1817 Flatford Mill è una delle prime grandi realizzazioni di Constable realizzate in gran parte en plain air. Benché sia stato preceduto da numerosi studi e schizzi, il quadro cerca una visione quasi casuale del luogo raffigurato. Nella scena, ambientata nei suoi luoghi d’infanzia, vediamo sullo sfondo a sinistra il mulino ad acqua proprietà del padre con un attracco per le barche che venivano trainate da cavalli su e giù lungo il fiume. L’immagine è una ricerca di quella spontaneità della natura, al quale l’uomo adatta le sue necessità e non viceversa. Il gusto per il pittoresco è qui una dimensione non solo estetica, ma di grande partecipazione emotiva, come ci attesta la scelta di raffigurare i proprio luoghi d’infanzia. E qui si coglie la maggior differenza tra il pittoresco rococò e preromantico, che era una scelta fondamentalmente estetica, ed il pittoresco romantico che è dimensione propriamente poetica.

33 William Turner William Turner ( ) è l’altro grande interprete, insieme a Constable, della pittura di paesaggio romantica in Inghilterra. La sua formazione giovanile deriva soprattutto dalla pittura di Cozens, con una progressiva ammirazione per un altro paesaggista francese del Seicento: Claude Lorrain. Le categorie estetiche a cui è improntata la pittura di Turner sono il pittoresco e il sublime. Quel sublime dinamico, come lo definiva Kant, che riguardava le manifestazioni della natura caratterizzate da grande esplosione di energia. Il soggetto di alcuni suoi quadri più tipici sono proprio le tempeste. Quella furia degli elementi che imprime grande velocità all’atmosfera. Nei suoi quadri gioca un elemento fondamentale la luce. Egli cerca di dare un’autonomia alla luce rappresentandola non come riflesso sugli oggetti ma come autonoma entità atmosferica. Per far ciò, usa il colore in totale libertà con pennellate curve ed avvolgenti. Le immagini che ne derivano hanno un aspetto quasi astratto che non poco sconvolse il pubblico del tempo. Secondo alcuni critici egli non dipingeva ma impastava sulla tela ingredienti da cucina, quali uova, cioccolata, panna, ricavandone un miscuglio da pasticciere. Queste critiche dimostrano quanto fosse poco compresa la sua pittura. Essa, tuttavia, divenne un riferimento importante per la successiva pittura impressionista.

34 Pioggia vapore e velocità, 1844

35 In questo quadro di Turner sono ben evidenti gli elementi caratteristici della sua pittura che tanto sconvolsero i suoi contemporanei. La tela è un impasto di colori indefiniti che non danno una immagine molto riconoscibile. Tutto si riduce ad una linea di orizzonte e a due diagonali trasversali, una a sinistra, poco evidente, che rappresenta un ponte ad arcate, una a destra, più evidente, che rappresenta un altro ponte su cui sta correndo un treno. Il resto è solo luce, còlta nelle sue differenti colorazioni, nel momento che attraversa una atmosfera densa e dinamica. L’aria, infatti, è pregna di pioggia e di vapore, come dice il titolo, ed è una presenza che diventa immagine che sovrasta il resto della visione. Nei quadri di Turner tra i soggetti più usuali ci sono le tempeste di neve o le tempeste marine. Sono quadri vorticosi che riescono a curvare lo spazio in base alla energia impetuosa delle tempeste. Tempeste che travolgono tutto, rendendo irriconoscibile lo spazio e gli oggetti. E sono proprio quelle tempeste che rendono il senso del suo sublime dinamico. Un sublime che è caratteristica della sola forza della natura . In questo quadro compare invece un elemento decisamente nuovo: il treno. Le ferrovie sono state inventate solo da qualche anno e questo è probabilmente il primo quadro artistico che abbia a soggetto un treno. Questa invenzione – il primo mezzo di locomozione che sfrutta l’energia del vapore – non poco dovette colpire l’immaginazione di Turner. E l’artista riporta simbolicamente il treno nella stessa categoria del sublime. La categoria della potenza sovraumana ma che, in questo caso, non si curva come la tempesta ma procede per linee rette come è nelle cose fatte dall’uomo. Il taglio decisamente inusuale dato dalla diagonale del ponte, il dinamismo che suggerisce la velocità del treno, ma soprattutto la tecnica fatta di macchie di luce che rendono vaghi gli oggetti, rendono questo quadro uno degli esiti più sintomatici delle ricerche formali di Turner. E lo pongono come uno dei precedenti più diretti di tanta pittura della seconda metà dell’Ottocento che, dagli impressionisti in poi, abbandonerà sempre più la realistica rappresentazione di forme statiche e definite

36 Regolo, 1828

37 Il quadro appartiene alla serie di opere che Turner dedicò ad episodi storici. In esso è un episodio di storia romana ad essere rappresentato, ma basta confrontare il quadro con una qualsiasi altra opera di un artista accademico dedicata a questo periodo, per capire la profonda distanza che separa il romanticismo di Turner dal precedente stile neoclassico. Non vi è alcuna ricerca di bellezza in forme pure e tornite, nessuna visione di atmosfere chiare e arcadiche, ma la ricerca di un'emozione che sollecita inquietudine e stupore. Nel quadro è rappresentato il porto di Cartagine, la città nemica di Roma. I cartaginesi fatto prigioniero Attilio Regolo, lo rimandarono in patria per convincere i romani a desistere dalla guerra. Attilio Regolo incitò invece i romani a continuare, e, per l'onore della parola data, fece lo stesso ritorno a Cartagine dove i cartaginesi lo sottoposero a crudeli torture, quali il taglio delle palpebre, e poi lo uccisero. Il vero protagonista dell'immagine è la grande luce che proviene dal fondo, punto di fuga ideale nel quale convergono le quinte degli edifici che si affacciano sul canale del porto. Qui, più che altrove, appare evidente la ricerca di Turner di rappresentare direttamente la luce, senza utilizzarla come mezzo strumentale per la visione di altro.

38 Il Canal Grande, 1835

39 William Turner è stato un artista molto presente in Italia, e nei suoi numerosi viaggi ha toccato molti luoghi caratteristici della penisola, quali Roma, Tivoli, Napoli ed altri, di cui ci ha lasciato testimonianza in numerosi quadri e disegni. Uno dei luoghi a lui più congeniali fu comunque Venezia, in un periodo in cui tutta la cultura inglese romantica, anche grazie a John Ruskin, amò molto la città lagunare. Questo quadro raffigurante il Canal Grande è solo una delle numerosissime tele che Turner realizzò a Venezia. Le sue caratteristiche stilistiche sono ben evidenti soprattutto nel dissolversi della forma nella luce, che dà all'immagine un aspetto evanescente e un po' sfocato

40 Tempesta di neve, 1842

41 Il quadro, conservato alla Tate Gallery di Londra, è uno degli esempi più noti della ricerca di Turner legata alla percezione della forza della natura. Lo scatenarsi di una tempesta di neve avviene in mare, travolgendo una nave che nel quadro appena si intravede nel gran turbinio d'acqua che Turner rappresenta. Il mare è anch'esso un soggetto molto amato dall'artista inglese, che in numerosi quadri rappresenta scene marine e navi. Qui il mare diviene il luogo di quel "sublime dinamico" che abbiamo visto spesso comparire nei quadri di Turner, che in questa tela, più che in altre, abbandona ogni preoccupazione di rappresentazione figurativa per darsi ad una pittura di gesto che sfiora quasi l'astratto. Inutile dire che il quadro, troppo in anticipo sui gusti del tempo, non ricevette critiche entusiastiche. Per esso, come per altre tele di Turner, i critici inglesi parlarono di "pasticceria", in quanto un quadro così fatto sembrava loro più un tavolo sporco di latte, farina, uova, cioccolato, ecc. che non la tela di un pittore.

42 Dante Gabriel Rossetti
Dante Gabriel Rossetti ( ) è il principale esponente della Confraternita dei Preraffaelliti, costituita in Inghilterra nel Nonostante il nome italiano, Rossetti è un pittore inglese che sviluppa la sua attività nella seconda metà dell’Ottocento. La Confraternita dei Preraffaelliti è la corrente artistica che più di qualsiasi altro movimento romantico si rifà al medioevo. Tanto che già dal nome dichiarano le loro intenzioni poetiche e stilistiche: rifarsi all’epoca tardo-medioevale, in particolare alla spiritualità e allo stile tardo gotico e primo rinascimentale del Trecento e del Quattrocento. Ciò che rifiutano è quel rinascimento maturo che trovava in Raffaello l’esponente più tipico. Il fenomeno dell’arte preraffaellita, anche per il periodo in cui si manifesta, è un ultima manifestazione del romanticismo inglese ed insieme anche il contributo anglosassone alle poetiche simboliste europee che partecipano del decadendismo di fine secolo. Il medioevo dei preraffaelliti è infatti molto letterario, tradendo una rievocazione che sà più di sogno e di mito che non di riscoperta vera del periodo medievale. I quadri preraffaelliti di Rossetti sono pervasi da una dimensione del silenzio che risuona di note sensuali e decadenti. La figura femminile è sempre presente, svolgendo un ruolo simile a quello di Beatrice per Dante: lo svelamento, attraverso la bellezza, della dimensione trascendentale. Dante Gabriel Rossetti fu anche poeta, riproponendo nei suoi sonetti la stessa poetica di estetizzazione spiritualizzata ed ultra-raffinata che caratterizza anche i suoi quadri

43 Ecce ancilla domini, 1850

44 Il quadro di Rossetti, realizzato nel 1850, è una interpretazione moderna di uno dei soggetti più comuni della pittura religiosa: l’Annunciazione. Il titolo rimanda alle parole che la Madonna pronunciò in risposta all’annuncio dell’arcangelo Gabriele: «ecco la serva del Signore». Il quadro si basa sul colore bianco che omogeneizza tutta l’immagine. In questo bianco si stagliano poche note di colore, il rosso della stola in primo piano, i capelli dorati e le aureole gialle, l’azzurro della tenda dietro al letto. Gli elementi iconografi della Annunciazione presenti sono il giglio, che compare sia in mano all’arcangelo che sulla stola rossa, e la colomba simbolo dello Spirito Santo. La Madonna ha un atteggiamento triste e pensono. La sua espressione ha un carattere tipicamente femminile portando la vicenda da un piano religioso ad un piano umano molto più universale. Ciò che il pittore rappresenta non è tanto il mistero di un concepimento miracoloso ma il sentimento universale che provano tutte le donne quando sanno che dovranno diventare madri. La maternità è un passaggio fondamentale che viene accolto sempre con un po’ di paura e di timore per le nuove responsabilità a cui si va incontro. La sensualità molto terrena dell’immagine viene accentuata dalla figura dell’arcangelo che qui appare di una virilità molto evidente, a differenza di quanto avveniva nei quadri tardo gotici dove l’arcangelo prendeva un aspetto di indefinita sessualità. Tuttavia il quadro è pervaso da una spiritualità molto accentuata, giocando sulle corde di una malinconia lieve ma struggente. L’arcangelo Gabriele sembra che non poggi i piedi a terra e le lievi fiamme gialle che si notano ai piedi e riflesse sul pavimento lo qualifica come messaggero ultraterreno. Ma è da notare che la sua rappresentazione avviene da un diverso punto di vista, più basso, rispetto al resto dell’immagine che è vista da un punto di vista più alto. Questa incongruenza prospettica è sicuramente voluta, visto che è molto comune in tanta pittura del Quattrocento, e dalla quale Dante Gabriel Rossetti prendeva spunto

45 Beata Beatrix,

46 In numerose sue opere Rossetti trae ispirazione da Dante Alighieri
In numerose sue opere Rossetti trae ispirazione da Dante Alighieri. Di soggetto dantesco è anche questo «Beata Beatrix» in cui si confondono suggestioni che gli derivano dal poeta fiorentino con sue esperienze personali. L’immagine di Beatrice, la donna amata da Dante e prematuramente scomparsa, si confonde qui con la figura di Elizabeth Siddal, la moglie anch’ella morta giovane. La donna, infatti, riceve nelle mani da un uccello rosso, simbolo di morte, un papavero bianco. Elizabeth Siddal morì infatti per una overdose di laudano, una droga che si estrae anche dal papavero. In secondo piano compaiono due figure: sono di nuovo Beatrice, la cui testa è circondata da un’aureola, che riceve Dante nel paradiso. Sullo sfondo si apre uno squarcio luminoso che fa intravedere il Ponte Vecchio a Firenze. L’atmosfera di silenzio estatico, insieme ai pensieri funerei impliciti nell’immagine, ci permettono di collocare questa immagine nel gusto decadentista del tempo, di cui i Preraffaelliti rappresentano in qualche modo una notevole anticipazione.

47 Proserpina, 1874 ritratto femminile è uno dei temi che ossessivamente Rossetti ripete nell’ultimo periodo della sua attività. Qui, in uno dei suoi dipinti più celebri e riusciti, ad essere ritratta è Jane, moglie di William Morris, che in anni precedenti aveva già posato per Rossetti quale Ginevra per alcuni affreschi realizzati ad Oxford. In questa tela la ritrae quale Proserpina, o Persefone, la fanciulla, figlia di Zeus e Demetra, rapita da Ade, signore dell’oltretomba, per farla sua sposa. Rossetti ritrae Proserpina con un melograno in mano, simbolo di matrimonio ma anche di prigionia. In primo piano un incensiere ci riporta alla natura spirituale di Proserpina che simboleggiava nell’antichità l’immortalità dell’anima. Di sotto vi è un’iscrizione in italiano che dice: «Dante Gabriele Rossetti ritrasse nel capodanno del 1874». In alto, all’interno di un cartiglio, Rossetti scrive anche una breve poesia, sempre in italiano, per enfatizzare la condizione di infelicità in cui era costretta Proserpina.

48 Il padiglione nel prato, 1872
Il quadro di Rossetti è un ulteriore esempio della poetica preraffaellita. L’immagine di idilliaco convegno di fanciulle, intente a suonare e ballare, in un paesaggio pulito e bucolico, rivisitazione di campagne toscane, ha valenze simbolico-decadentiste molto evidenti. Se si considera che nello stesso periodo gli artisti francesi facevano nascere l’Impressionismo, possiamo ben comprendere la distanza che separa negli stessi anni i pittori dediti al realismo e quelli invece protesi all’eplorazione di altri territori, che confinano più con il sogno che non con la realtà.

49 Francesco Hayez Francesco Hayez ( ) ebbe una formazione giovanile neoclassica. Originario di Venezia, nel 1809 si trasferì a Roma dove entrò in contatto con Antonio Canova di cui divenne amico ed allievo. Trasferitosi a Milano nel 1820, in questa città raccolse l’eredità del maggiore pittore neoclassico italiano: Andrea Appiani. Il suo stile pittorico si formò di un linguaggio decisamente neoclassico che non perse mai neppure nella sua fase romantica. Il suo romanticismo è infatti una scelta solo tematica. Nel 1820 realizzò il suo primo quadro di ispirazione medievale «Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri» che venne considerato il manifesto del romanticismo italiano. Due anni dopo realizzò il quadro de «I Vespri siciliani». La sua produzione, oltre ai temi storici, fu proficua anche nel genere dei ritratti. Dal 1850 diresse l’Accademia di Brera, divenendo un personaggio di spicco dell’ambiente culturale milanese.

50 I vespri siciliani, 1822

51 I Vespri siciliani fu una rivolta popolare scoppiata a Palermo nel In Sicilia dominavano, dal 1266, gli angioini, dinastia francese che era subentrata agli svevi dopo la sconfitta di Manfredi di Svevia da parte di Carlo d’Angiò. I soldati francesi, all’ora vespertina del 31 marzo 1282, arrecarono offesa ad una donna che si era appena sposata e stava uscendo dalla chiesa. Questa fu la causa che fece scoppiare la rivolta popolare nei confronti degli angioini che sfociò in una guerra che durò venti anni. I siciliani furono aiutati da Pietro III d’Aragona. Nel 1302, con la pace di Caltabellotta, la Sicilia passava dalla dominazione angioina a quella aragonese. L’episodio dei Vespri siciliani acquistava il significato simbolico, nell’ottica risorgimentale, di rivolta contro lo straniero. Gli angioini erano francesi ed è da ricordare che l’Italia, ancora nell’Ottocento, era suddivisa in tanti stati e statarelli che erano dominate da dinastie o potenze straniere: i Borboni nel mezzogiorno, gli austriaci nel lombardo-veneto, e così via. Pertanto l’unità d’Italia andava perseguita affermando gli interessi degli italiani contro quelli degli stranieri. Il quadro di Hayez illustra l’episodio in maniera molto letteraria ma poco emozionante. Le figure sono scandite secondo pose molto teatrali che risentono ancora dei quadri storici neoclassici del David. Lo stile di esecuzione è anch’esso fondamentalmente neoclassico, fatto di precisione di disegno, rilievo chiaroscurale, fattura molto levigata, chiarezza di visione. L’unica cosa che fa collocare questo quadro nell’ottica del romanticismo è solo il soggetto ed il contenuto: il riferimento ad una storia del medioevo che ha come messaggio un contenuto patriottico e risorgimentale.

52 Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, 1818-20
Quest'opera è il primo quadro di soggetto storico-medievale della produzione di Francesco Hayez. Anche questo quadro, come «I vespri siciliani», utilizza un episodio storico come metafora da utilizzare per gli ideali risorgimentali. Siamo nel XIV secolo e Pietro Rossi fu chiamato dal doge di Venezia Dandolo ad assumere il comando delle forze veneziane per resistere ai tentativi di espansione degli scaligeri, guidati da Mastino della Scala, che stavano assediando il Castello di Pontremoli. La moglie e le figlie del condottiero lo pregarono di non accettare, ma, nonostante ciò, Pietro Rossi diede il suo assenso. In questo quadro vengono dunque esaltati i valori dell'eroismo, al pari di quanto avevamo visto ne «Il giuramento degli Orazi», nonché delle libertà repubblicane di contro a quelle dispotiche, rappresentate dagli scaligeri, signori di Milano.

53 Il bacio, 1859 Opera sicuramente tra le più note di Hayez, «Il bacio» è un po' la quintessenza del sentimentalismo romantico, per di più vestito di abiti medievali a richiamare molti di quei grandi amori tramandati da novellieri e drammaturghi, da Paolo e Francesca a Giulietta e Romeo, e così via. Così rievocazioni di sapore storico-letterario si uniscono ad atmosfere di facile effetto, creando un'immagine che, se da un lato banalizza alcune delle pulsioni che hanno creato il romanticismo, dall'altro riesce a sintetizzare in modo efficace le suggestioni condivise da gran parte del romanticismo italiano.

54 Rinaldo e Armida, 1813 Il quadro raffigurante «Rinaldo e Armida» realizzato da Hayez a soli 22 anni è un’opera pienamente neoclassica. Di grande qualità cromatica e tonale, l’opera è del tutto aderente ai principi stilistici neoclassici, sia per la perfezione esecutiva sia per il grande equilibrio compositivo, anche se in maniera decisamente accademica. Tuttavia lo stile neoclassico, che in quest’opera appare già maturamente padroneggiato, di fatto non scompare mai nei quadri di Hayez, portando a quel dualismo, già evidenziato, di molti pittori dell’Ottocento italiano che sono romantici solo per scelte poetiche alla moda, ma stilisticamente rimangono dei pittori di matrice neoclassica.

55 E LA SCUOLA DI POSILLIPO
Giacinto Gigante E LA SCUOLA DI POSILLIPO

56 Con il termine «Scuola di Posillipo» si intende una corrente pittorica che si sviluppò a Napoli tra il 1820 e il La corrente nacque dalla presenza a Napoli, a partire dal 1815, di un pittore di origine olandese: Antonio Pitloo ( ). La pittura di paesaggio era una tradizione che a Napoli risaliva già alla metà del Seicento con Salvator Rosa. Per tutto il Settecento, la pittura di paesaggio era stata orientata a due filoni principali: il gusto dello scenografico e il gusto del vedutismo turistico. Protagonista del primo filone fu soprattutto Filippo Hackert, con quadri dal taglio orizzontale e ampio sviluppo grandangolare. Del secondo filone ricordiamo in particolare Paolo Fabris che probabilmente introdusse a Napoli la tecnica della gouache, caratteristica di una grandissima parte della produzione partenopea. I piccoli paesaggi realizzati a gouaches erano indirizzati al mercato dei turisti che, nel Settecento, avevano a Napoli una tappa obbligata del loro Grand Tour italiano per ammirarvi il Vesuvio, gli scavi di Pompei e di Ercolano, le isole del golfo.

57 Anton Sminck Pitloo (Arnhem Napoli 1837) Castel dell‘vo a Napoli, 1820 Olio su tela, 76x103 cm

58 La novità introdotta da Pitloo, nella tradizione locale della pittura di paesaggio, consistette soprattutto nel disegno dal vero e nella resa impressionistica degli effetti di luce e di colore. La sua fu una ricerca che lo accomunò ad un altro grande pittore paesaggista di quel tempo: Camille Corot che, con la scuola di Barbizon, stava sperimentando per la prima volta la tecnica dell’en plain air. È da ricordare che l’ambiente napoletano era a conoscenza della pittura di paesaggio europea, anche perché i protagonisti di queste ricerche, come Corot, Constable, Turner, visitarono anche loro l’Italia facendovi conoscere le loro novità tecniche.

59 CAMILLE COROT Les Jardins de la Villa dEste

60 Corot, Jean-Baptiste Camille GIARDINI DI VILLA FARNESE , Rome 1826

61 Dopo il 1837, anno di morte del Pitloo, il protagonista indiscusso della scuola di Posillipo divenne Giacinto Gigante ( ). Figlio di un altro pittore, Gaetano, il Gigante portò a livelli eccelsi la sensazione pittoresca dei suoi paesaggi e delle sue vedute, dove prevale sempre il sentimento di intimismo lirico. Gli angoli visivi non sono mai ampi, ma ristretti a piccoli spazi visti con taglio quasi fotografico. La sensazione intima è data dalla quotidianeità quasi banale delle cose raffigurate che però si trasfigurano in una visione calma e quasi malinconica della realtà. La scuola di Posillipo esaurì la sua maggior vitalità tra il 1850 e il 1860, quando le nuove tendenze naturalistiche, che a Napoli furono introdotte soprattutto dai fratelli Palizzi, resero inattuali la liricità così forte e così romantica dei pittori di questa scuola. Tra i protagonisti minori di questa scuola è da ricordare Achille Vianelli che dal 1848 al 1894, anno della sua morte, ha vissuto ed operato a Benevento. La sua pittura, di un vedutismo più fotografico e meno lirico rispetto a quella di Gigante, rimane come interessante documento iconografico per scoprire l’aspetto ottocentesco di luoghi ancora esistenti o scomparsi.

62 GIACICINTO GIGANTE Le opere di Giacinto Gigante sono sempre di piccole dimensioni. I suoi quadri non superano mai i 70 centimetri di lato e sono raramente realizzati ad olio. La sua tecnica preferita era l’acquerello a cui lui aggiungeva dei tocchi di biacca a gouache. I soggetti sono quasi sempre vedute esterne. Solo nelle sue ultime opere si ritrova la rappresentazione di qualche interno. Da ricordare, infatti, che Giacinto Gigante aveva iniziato la sua attività giovanile come disegnatore topografico. Questa sua capacità di sintetizzare il paesaggio con pochi e precisi tratti di matita resterà una delle costanti della sua attività. Tuttavia la sua vena artistica gli permette di superare agevolmente il puro e semplice dato naturalistico per arrivare a cogliere aspetti della realtà che sono pure suggestioni interiori e psicologiche. I suoi paesaggi sono romantici proprio perché la lettura fatta è sempre sentimentale, accentuando tutto quanto vi è di suggestivo nella veduta stessa: dagli effetti luminosi, alla densità atmosferica, all’emozione del vissuto di tutti i manufatti umani che compaiono nei paesaggi. Le case sono sempre vecchie e rabberciate: hanno le qualità estetiche non solo del pittoresco ma dell’autentico e del vissuto. La sensazione di dejà vu (già visto) che trasmettono queste immagini sono la riprova della loro valenza intimistica. Ed è proprio questa sensazione di ricordo di un mondo, che sembra oramai confinato ad un passato scomparso, a caricare queste immagini di una dolce ma struggente malinconia. Nessuno come Giacinto Gigante riesce a rappresentare la bellezza dei luoghi come risonanza di sensazioni interne. Stilisticamente i suoi quadri mutuano la tecnica da Antonio Pitloo: l’anticipo della macchia, le abbreviazioni formali, il gioco di luce e di ombre, la voluta trasparenza della figura umana, tipica soprattutto dei suoi acquerelli.

63 Giacinto Gigante, Tramonto a Capri, 1849

64 In questo acquerello di piccolissime dimensioni (appena cm 23x30) Gigante da un saggio del suo virtuosismo. Il soggetto è così casuale che non riesce ad imporre una lettura organizzata dell’immagine ma costringe l’occhio a vagare dalla casa all’albero sulla sinistra, dal parapetto che si affaccia sul mare posto a destra alle montagne sullo sfondo, dal sole bianco e basso alla striscia di mare, senza trovare un centro compositivo preciso. Ma ciò che rimane dopo che l’occhio ha vagato tra queste macchie di colore è proprio il piacere di un istante di percezione. Un istante in cui tutto ciò che l’occhio riesce a percepire ci rimanda una sensazione di intimo piacere.

65 Tempesta sul golfo di Amalfi
L'immagine del golfo di Amalfi che Gigante ci propone ha sicuramente valenze estetiche molto evidenti. L'effetto atmosferico è determinato da un raggio di sole che riesce a passare tra le nuvole ed illuminare lo specchio di mare prospiciente la riva. La sensazione che ne deriva è di piacevole dolcezza. Se proviamo a confrontare i quadri di Gigante con quelli di Friedrich, appare evidente che il dialogo con la natura che il pittore napoletano cerca non è di effetti maestosi e terribili. La natura che egli rappresenta non ha le inviolabilità dei paesaggi nordici, ma ha angoli piacevoli e accoglienti, in cui la dimora dell'uomo non è solo possibile, ma sicuramente piacevole. Tempesta sul golfo di Amalfi

66 Mercato a Quisisana, 1836 Molte delle opere di Gigante sono acquerelli con qualche tocco di biacca realizzati su carta pesante. In questa rappresentazione di vita quotidiana, l'inquadratura non coglie un punto focale preciso, ma si compone soprattutto di spazi vuoti. In essi si dispongono secondo vari assi gruppi di figure, a volte solo accennati da pochi tratti di matita. Benché siamo a livello di una esercitazione di studio, l'acquerello riesce a proporsi come immagine già finita sul piano comunicativo, grazie soprattutto all'abilità di Gigante di giungere alla definizione di uno spazio visivo con pochi tratti e rapide pennellate

67 Tramonto a Caserta, 1857 Quadro di notevole suggestione, ci rivela come la ricerca di Gigante giunge a risultati stilistici molto aggiornati rispetto al panorama artistico europeo, al punto di anticipare rappresentazioni di solo colore che diverranno abituali solo dall'Impressionismo in poi. Gli effetti di luce al tramonto creano un'atmosfera di un caldo arancio, in cui pennellate azzurre, a simulare effetti atmosferici, e pennellate verdi, che rappresentano macchie di vegetazione, forniscono una ricchezza cromatica molto accattivante sul piano estetico.

68 Tranquillo Cremona Tranquillo Cremona ( ) rappresenta il pittore più tipico della Scapigliatura milanese. La Scapigliatura è un fenomeno tipicamente milanese che si sviluppò nei due decenni tra il 1860 e il Vide coinvolti letterati, pittori, scultori, tutti accomunati da atteggiamenti e comportamenti antiborghesi e anarcoidi. La tensione critica nei confronti della società del tempo si espresse con l’accentuazione della passionalità. Le passioni venivano viste come l’energia nascosta sotto la facciata perbenista della società milanese ottocentesca. Questa forte accentuazione dei sentimenti collocano la Scapigliatura nella ultime propaggini dello spirito romantico dell’Ottocento. Contemporaneamente la Scapigliatura, con la sua grande carica di sensualità, sembra anticipare l’estetica decadentista che si comincerà a manifestare dopo qualche anno. La pittura di Tranquillo Cremona deriva stilisticamente da quella di Giovanni Carnovali, detto il Piccio, da cui prende soprattutto la pennellata filamentosa e sporca, tesa più ad evocare che non a rappresentare, e la capacità di concentrare le atmosfere psicologiche. Nei quadri di Cremona sono del tutto assenti i temi principali del romanticismo italiano: il paesaggio e la storia. Egli si concentra solo sulla figura umana che diviene la protagonista unica dei suoi dipinti.

69 Tranquillo Cremona, L'edera, 1878
Questo quadro di Tranquillo Cremona è la sintesi della sua poetica romantica e scapigliata. Il nome del quadro deriva dal tralcio d’edera raffigurato sulla destra. L’edera, tuttavia, è solo un pretesto, o meglio un simbolo, che rimanda alla passione morbosa che si manifesta in un abbraccio stringente così come fa l’edera che si ramifica e si espande fino a ricoprire e soffocare completamente i muri e le facciate della case.

70 In questo quadro l’abbraccio vede protagoniste due donne
In questo quadro l’abbraccio vede protagoniste due donne. Il loro atteggiamento, tuttavia, non lascia spazio a dubbi: ad avvinghiarle è una passione forte e morbosa fatta di richeste, da parte della donna in basso che cerca di stringere l’altra, e di dinieghi, da parte della donna in alto che ha un atteggiamento di ritrosìa. Il soggetto è decisamente anticonformista con un chiaro intento scandalistico. La tecnica pittorica è molto libera e giocata solo sul filamento coloristico che vibra di sottile ma intensa luce al punto da rendere vaga e sognante l’apparizione. L’immagine, come nella maggior parte dei quadri di Cremona, si concentra solo sulle figure in primo piano mentre lo sfondo diventa assolutamente informe ed indistinguibile. Un impasto di colore che conserva le stesse tonalità delle figure rappresentate così che queste sembrano quasi apparire, o scomparire, nello spazio retrostante. L’immagine, proprio per questa sua apparente derivazione onirica, fatta di sensualità raffinata ma molto morbosa, anticipa alcuni dei temi poetici che saranno tipici dell’estetica decadente, soprattutto letteraria e poetica, di fine Ottocento e inizi Novecento.

71 La melodia, 1874 «La melodia» appartiene al periodo più fecondo di Tranquillo Cremona, ed è uno dei quadri che più esemplificano la carica romantica e decadente insita nel movimento della Scapigliatura. Tutto si svolge come in un sogno: l’immagine è soffusa e molti elementi vengono appena accennati. Per comprendere la differenza tra movimenti ancora di ispirazione romantica e movimenti realisti, si confronti questo quadro con «Il canto dello stornello» realizzato da Silvestro Lega solo qualche anno prima. Il confronto tra le due immagini è più eloquente di qualsiasi descrizione, e rende più che palese quali notevoli differenze stilistiche possono intercorrere tra due quadri di medesimo soggetto ma decisamente agli antipodi per scelte formali.

72 In ascolto, 1874 Il quadro «In ascolto» è di fatto il gemello de «La melodia», al punto che possono costituire quasi un dittico. La complementarietà della due immagini non è solo nella rappresentazione di un momento unico (l’esecuzione di un brano musicale e il suo ascolto), ma rappresenta la stessa atmosfera evanescente e trasognata, comunicando un’emozione che è praticamente unica.


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