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L’oro bianco Introduzione Esposizione Approfondimenti.

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Presentazione sul tema: "L’oro bianco Introduzione Esposizione Approfondimenti."— Transcript della presentazione:

1 L’oro bianco Introduzione Esposizione Approfondimenti

2 Fu probabilmente Marco Polo a fare conoscere la porcellana in Europa e fu lui a usare il termine "puorcelaine" per primo, dal nome di una conchiglia orientale. Gli europei iniziarono i loro esperimenti per la scoperta della magica alchimia necessaria a produrre oggetti in porcellana, solo dopo che dal Portogallo si era iniziato ad importare dalla Cina grandi quantità di manufatti.

3 Nel l’ alchimista John Frederich Bottger produsse la prima formula di vera porcellana a pasta dura. Augusto il Forte Elettore di Sassonia, aprì una ditta a Meissen , dando origine a quella grandiosa produzione di porcellane di Sassonia che fino ai nostri giorni hanno influenzato con il loro stile, tutta la produzione europea . Il suo più abile decoratore, J.G. Höroldt ( ), dette il proprio nome a uno stile grazie al quale le "chinoiseries" che uscivano da Meissen , divennero in breve tempo le uniche in grado di rivaleggiare con quelle di produzione orientale. Il Codice Schultz è la collezione di disegni e bozzetti di soggetto cinese usati fino a tutto il XIX secolo a Meissen.

4 L’oro bianco era stato creato con una grande alchimia e faceva gola a tutti, anche , e principalmente , ai regnanti. Da Meissen la formula segreta si diffuse in tutta Europa grazie ad intrighi e tradimenti..... Conrad Hunger, collaboratore di Bottger ottenne la preziosa formula facendo "ubriacare" il suo maestro . Insieme ad altri operai infedeli di corte Claudius du Paquier aprì la seconda grande fabbrica europea di porcellane in pasta dura, quella appunto di Vienna. Altri operai, inizialmente formatasi a Meissen, diedero origine a piccole manifatture, in seguito diventate famose, ad Hochst e Fustenberg.

5 La prima manifattura italiana di pasta dura fu fondata a Venezia da un orafo, Francesco Vezzi e produsse, purtroppo per un breve periodo, preziosi oggetti molto influenzati dallo stile cinese. La Manifattura di Doccia sorge nel 1737 nelle vicinanze di Firenze per volere del Marchese Carlo Ginori . Negli anni seguenti sorsero le altre importanti manifatture italiane, come Capodimonte sorta nel 1743 a Napoli, famosa per la produzione di Porcellana a pasta tenera e di splendide statuine. In Francia la tradizione della pasta morbida continuò per buona parte del XVIII secolo; seguendo l'esempio di St.Cloud, il Principe Condè fondò una fabbrica a Chantilly, il duca di Villeroy una a Parigi; a Sevres , sotto la diretta protezione del re , era la produzione per le residenze reali .

6 L'Inghilterra giunse alla manifattura di oggetti in porcellana relativamente tardi rispetto agli altri paesi europei. Worcester, Wedgwood, Royal Doulton, Royal Crown Derby sono marchi ancora presenti sul mercato . Agli inglesi il merito di aver inventato la “bone china “ o porcellana di polvere d'ossa, di consistenza molto omogenea, trasparente ma più resistente della normale porcellana a pasta tenera, di colore bianchissimo/traslucido . In Italia ,comunque, a parte la vera e propria porcellana, si producevano ceramiche, famose quelle di Deruta, Savona, Nove, Faenza, da cui il termine “ Faiences” che indicò , per molti secoli, tutti i prodotti ceramici, porcellana compresa! Esposizione

7 China

8 China XIV sec.

9 China 1487

10 China 1573

11 China Ming

12 China 1662

13 China

14 CHINA Ching metà del XVIII sec.

15 China Quing 1723 1730 ( con applicazioni francesi di bronzo del 1740)

16 China 1734

17 1790

18 Meissen

19 1715

20 1730

21 Meissen 1736

22 1740

23 1744

24 1745

25 1750

26 1754

27 1755

28 1755

29 1759

30 1776

31 1790 Burriera 1792

32 1800

33 1833

34 1885

35 1915

36 1925

37 VIENNA

38 Vienna 1730

39 Copie da : Vienna 1744

40 1750

41 1753

42 1760

43 1784

44 Biedermeier

45 1805

46 1860

47 1927

48 Doccia

49 1580 Firenze protoporcellana dei Medici

50 1735 1745

51 1740

52 1741

53 1796

54 1754

55 1758

56 1787

57 1790

58 1856

59 1896…..1950…… oggi

60 Capodimonte

61 Servizio delle vedute o dell’oca

62 Servizio delle vedute o dell’oca

63 Real fabbrica 1790 rinfrescabicchieri

64 Real fabbrica 1790

65 Real fabbrica dejeuner 1790

66 Real fabbrica 1790

67

68

69

70

71 Sevres

72 1759

73 1760

74

75

76 1764

77 1764

78

79 1770

80 1771

81 1771

82 1774

83 1781

84 1781

85 1814

86 1820

87 De Paris

88 1805

89

90

91 1820

92 1882 introduzione del verde cromo

93 Limoges

94 1836

95 1839

96 1878

97 Comte d’Artois

98 Manifacture de la reine 1780

99 Vincennes 1724

100 Vincennes 1752

101 Le Danesi

102 1798 Royal Copenaghen 1776

103 Delft 1788

104 Delft 1789

105 Le Inglesi

106 Wedgewood 1788 detti Borghese

107 Wedgewood 1868

108 Worchester royal 1887

109 Worchester royal 1917

110 Hammershley

111 Stafforshire 1876

112 Stafforshire 1895

113 Ceramiche Italiane

114 Savona 1530

115 Savona 1760

116 Savona 1760

117 Savona 1773

118 Nove.Bassano del Grappa Antonibon 1715

119 Nove.Bassano del Grappa Antonibon 1724

120 Novi Manifattura Antonibon 1738

121 Novi Manifattura Antonibon 1738

122 Antonibon 1750

123 Nove.Bassano del Grappa Antonibon 1755

124 Novi 1783 tazza della puerpera

125 Novi Manifattura Antonibon 1796 porcellana

126 Novi Manifattura Viero 1890

127 Novi Manifattura Viero 1896

128 Novi Manifattura Viero 1886

129 Deruta 1530

130 Deruta 1535

131

132 Faenza 1478

133 Faenza 1520

134 1765 Faenza 1535 calamaio

135 LE ORIGINI DELLA PORCELLANA
Il mito della porcellana nasce in Europa durante il XIII secolo quando i primi intraprendenti mercanti europei, fra i quali va ricordato il veneziano Marco Polo, decidono di tentare l'avventuroso viaggio verso le terre lontane della Cina e al loro ritorno, insieme a sete pregiate e spezie, portano anche alcuni esempi di vasellame eseguito in questo misterioso materiale. Non è facile stabilire con esattezza in che epoca sia stata avviata nell'Est asiatico la produzione della porcellana anche se si è generalizzata la consuetudine di circoscriverla intorno all'anno Mille quando apparve un tipo di vasellame ad impasto molto duro e abbastanza chiaro ricoperto di una vernice bianca o marrone, comunemente definito "proto-porcellana". Va comunque precisato che la messa a punto di questo straordinario prodotto artificiale cinese così come noi lo conosciamo, è il risultato della fusione fra le diverse esperienze dei ceramisti del vicino e del lontano oriente avvenuto nel Duecento a seguito della conquista dei Mongoli. Fu grazie a questi contatti con la Persia e la Mesopotamia che giunse in Cina l'arte di decorare il vasellame con il bleu di cobalto, tecnica che, realizzata sul più raffinato impasto caolinico cinese, doveva dare l'avvio a quella spettacolare produzione di porcellane dette in "bianco e bleu" che tanto a lungo avrebbe condizionato il gusto dell'Europa.

136 Meissen L’ Europa ammira attonita questi rari e preziosi oggetti che tra il XV e il XVI secolo iniziano ad essere importati prima limitatamente dai portoghesi e, successivamente al 1602, anno in cui venne costituita la "Compagnia delle Indie", sempre più numerosi per soddisfare la crescente richiesta dei raffinati aristocratici europei che morbosamente se li contendevano per le loro eteroclite collezioni racchiuse nei "cabinets de curiositées" o "wunderkammer". Il successo delle porcellane cinesi trasformò automaticamente il raro materiale di importazione nella maggior fonte d'ispirazione per i ceramisti sia europei che del vicino e medio oriente. Tutta l'arte vasaria a partire dal Rinascimento fino a tutta la prima metà del secolo XVIII, da un lato sembra volta a riprodurre su altro materiale decori e forme che ricalcano quelli più tipici della lontana Cina, e dall'altro con rinnovati esperimenti mostra tenacemente di non volersi arrendere di fronte al nascosto mistero del bianco impasto della porcellana, duro come una pietra semipreziosa bianco e translucido, che continua a rivelarsi inspiegabilmente irriproducibile con le terre dei paesi europei.

137 Le difficoltà tecniche e chimiche che ne hanno bloccato nel nostro territorio fino ai primi anni dei Settecento la realizzazione, hanno come conseguenza trasformato la porcellana in un materiale mitico intorno al quale sono fiorite favolistiche leggende e coloriti aneddoti che hanno contribuito non poco all'aura di mistero e di preziosità di cui tanto a lungo ha beneficiato la produzione sia cinese che giapponese, tanto che il Barone von Tschirnhaus, un aristocratico sassone, critico nei confronti della dispendiosa passione per la porcellana orientale di Augusto il Forte, non esitò a definire la Cina una "sanguisuga della Sassonia" mentre nel contempo indirizzava l'Elettore verso i più proficui esperimenti per produrla in loco. Tutto ciò avveniva durante l'ultimo decennio del Seicento quando il problema della fabbricazione della porcellana era divenuto oggetto di studio da parte di quella particolare nuova categoria di studiosi naturalisti, che operavano i più disparati esperimenti sotto l'egida delle "Accademie", in particolare la "Academie des Sciences" di Parigi e la "Royal Society" di Londra. Il Barone von Tschirnhaus puntava sullo sviluppo delle manifatture reali per la completa auto-sufficienza dello stato. Subito dopo l'ascensione al trono di Augusto il Forte - avvenuta nel venne incaricato dal nuovo Elettore di esaminare le potenzialità minerarie della Sassonia con la finalità di utilizzarle per impiantare nuove fabbriche.

138 In questa atmosfera di ricerche scientifiche e di relazioni accademiche, trovò largo spazio anche una nuova categoria di geniali avventurieri, gli alchimisti, che lasciavano intendere di poter trasformare in laboratorio dei vili metalli in oro. Fra questi personaggi riscosse particolare attendibilità proprio con il miraggio di riuscire a tramutare qualsiasi metallo in oro, un giovane sassone, Johann Friedrich Bóttger, che nel 1701, appena diciannovenne, venne letteralmente rapito da Augusto il Forte e sostenuto per qualche anno ad esercitare dispendiosamente le sue discusse capacità alchemiche. Tuttavia quando nel 1707, una volta accertata l'inutilità dei suoi esperimenti, gli venne imposto di lavorare sotto la sorveglianza del Barone von Tschirnhans, le sue conoscenze di tecnico di laboratorio gli permisero di scoprire finalmente - già nel il mitico segreto della composizione della porcellana individuando i due componenti basilari dell'impasto, il caolino o il feldspato: il primo inattaccabile anche ad altissime temperature e il secondo fusibile durante la cottura e quindi con l'essenziale funzione di legante per gli infinitesimali granuli caolinici. Anche l'Europa scoprì quindi così, grazie proprio al "ciarlatano Bóttger, di cosa erano costituite le "ossa" e la "carne" dello scheletro della porcellana secondo la felice definizione usata dai cinesi per designare il caolino e il feldspato.

139 La fabbrica di Meissen, entrata in attività nel 1710 non riuscì a mantenere a lungo segreta la formula della composizione della porcellana caolinica, ossia di quel tipo di porcellana comunemente detta "La pasta dura". Le prime informazioni vitali trapelarono già nel 1717, quando Bóttger sotto l'effetto dell'alcool si fece circuire dal doratore C. K Hunger, un collaboratore esterno della fabbrica. Hunger, ottenute le notizie essenziali, si spostò subito a Vienna dove Claudius Innocent Du Paquier desiderava aprire una fabbrica in concorrenza con quella di Meissen. Tuttavia ben presto ci si rese conto che per produrre la porcellana non era sufficiente conoscerne la composizione chimica, ma perché il processo di fusione e di agglomeraggio potesse verificarsi, era essenziale procedere alla cottura in fornaci che consentissero il raggiungimento di temperature altissime, molto superiori a quelle necessarie per le maioliche. Du Paquier quindi per riuscire nel suo intento, dovette attendere fino al 1719 quando anche Stólzel, un tecnico dì Meissen decidette di spostarsi a Vienna-, portando con se i disegni del forno speciale da porcellana.

140 Venezia La terza fabbrica europea fu quella del veneziano Francesco Vezzi, un ricco orafo che approfittando di uno dei tanti litigi fra Du Paquier e Hunger convinse quest'ultimo nel 1720 a spostarsi a Venezia. Oltre a portare con se il segreto alchemico della composizione della pasta e della tecnica di cottura Hunger era certamente in grado di far giungere di contrabbando a Venezia il caolino sassone dalle miniere di Aue. Quando nel 1727 Hunger abbandonò Francesco Vezzi che si trovava in gravi difficoltà finanziarie, rientrando a Meissen svelò alle autorità questo traffico clandestino. Le autorità Sassoni intervennero con severissimi controlli e misure punitive e bloccando da quel momento le esportazioni non autorizzate, segnarono di fatto la fine dei nuovi imprenditori della porcellana .

141 Doccia Fra le prime manifatture europee apertisi nella "seconda ondata" troviamo ancora una fabbrica italiana, fondata a Doccia dal Marchese Carlo Ginori, grazie ad un privilegio che egli riuscì a ottenere dal Granduca di Toscana Francesco III nel 1737, privilegio che gli consentì inizialmente di importare il prezioso caolino e di avviare una produzione sistematica a partire dal 1740. Nel 1743 apriva anche la fabbrica borbonica di Capodimonte dove, tuttavia, per aggirare l'ostacolo dell'assenza di caolino - bisognerà attendere la fine del Settecento per individuarne una cava - si trovò il sistema di mettere a punto un impasto diverso basato sulla riuscita unione di varie argille più o meno tutte fusibili ossia una cosiddetta "pasta tenera". Capodimonte In Italia, comunque erano già fiorenti le ceramiche di Deruta , Savona , Nove e Faenza, dalla quale il nome “ Faiences” dato dai francesi a tutti i prodotti ceramici. EXIT

142 Capodimonte La manifattura di Capodimonte inizia la sua produzione nel 1743 in un edificio già esistente che l'architetto Ferdinando Sanfelice aveva trasformato con grande rapidità in soli tre mesi. In precedenza, tuttavia, le ricerche alchemiche per individuare la formula più idonea per l'impasto della porcellana si erano protratte per alcuni anni da prima del in alcuni locali a ridosso del Palazzo Reale di Napoli dove, secondo i racconti di alcuni storici, Carlo Borbone e la sua consorte Maria Amalia di Sassonia erano soliti seguire e controllare quotidianamente gli esperimenti che il chimico fiorentino Livio Vittorio Schepers andava attuando con le terre che i presidi delle varie province del regno raccoglievano nelle cave locali e inviavano a Napoli. Nel 1743 i risultati raggiunti da Livio Schepers devono comunque essere stati giudicati abbastanza soddisfacenti e tali da ritenere giunto il momento di avviare la produzione in locali idonei, quelli appunto riadattati dal Sanfelice. Abbastanza presto dopo il trasferimento nel parco di Capodimonte inizia una produzione che già da alcuni documenti del 1744 sembra di notevole portata, affidata per i decori pittorici all'abile e raffinato Giovanni Caselli e per il modellato al geniale scultore fiorentino Giuseppe Gricci.

143 Le caratteristiche della pasta tenera di Capodimonte, ad alto contenuto feldspatico, vennero sapientemente esaltate dalle belle miniature eseguite in punta di pennello da Giovanni Caselli, che per la capacità propria alla pasta tenera di permettere alla vernice di copertura di "assorbire" la decorazione, si presentano ai nostri occhi con un piacevolissimo e inconfondibile effetto di "sotto vetro". Anche i problemi di modellato derivanti dall'alta fusibilità dell'impasto che non consentiva di indugiare in minuti dettagli dato che durante la cottura tutti gli spigoli troppo vivi subivano un processo di arrotondamento, vennero brillantemente risolti da Giuseppe Gricci. Costretto a rinunciare a quelle rifiniture prettamente rococò utilizzate felicemente dalle fabbriche tedesche che lavoravano pasta dura - nastri annodati e svolazzanti, trine alle scollature delle dame, mani dalle minute dita ben stagliate - il Gricci si concentrò nell'armonia strutturale delle figure e nel movimento delle composizioni trasformando i limiti propri dell'impasto di Capodimonte nell'elemento di maggior fascino.

144 Nel 1759 Carlo di Borbone, chiamato alla morte del fratellastro ad occupare il trono di Spagna con grande magnanimità lasciò a Napoli la preziosa raccolta Farnese e sostanzialmente tutto il patrimonio artistico locale da lui potenziato. Costituiranno l'unica eccezione le strutture amovibili della manifattura di Capodimonte, i relativi materiali esistenti nei magazzini, le forme, ma soprattutto i prestigiosi artefici che avevano reso possibile il miracolo Capodimonte: uomini e cose vengono imbarcati su tre tartane al seguito del sovrano e, sistemati in un edificio al Buen Retiro, dove in meno di un anno, furono in grado di riprendere l'attivitá interrotta sul suolo napoletano. Partendo da Napoli re Carlo, oltre a portare al suo seguito in Spagna quanto era trasportabile dalla Fabbrica di Capodimonte, aveva esplicitamente cercato di rendere inagibili le strutture fisse, sia perché dalla Spagna egli ormai temeva che una ripresa di produzione della porcellana a Napoli potesse rivelarsi una temibile concorrente per quella del Buen Retiro, e sia per il morboso attaccamento riservato alla sua più riuscita manifattura napoletana. Quindi per tutto il periodo della reggenza, con Ferdinando IV giovane ragazzo - al momento della partenza del padre Ferdinando aveva solo nove anni -

145 Il progetto di una nuova fabbrica per la porcellana non si pose nemmeno sebbene molti degli antichi lavoranti di Capodimonte rientrati dalla Spagna, scrivessero lettere per ottenere sussidi o per suggerire di rinverdire una tradizione che tanto lustro aveva dato alla corona al tempo di Carlo. Si dovette però attendere la maggiore età di Ferdinando IV perchè il giovane re potesse iniziare a prendere delle iniziative autonome sottraendosi al pesante controllo che il padre esercitava dalla Spagna attraverso il suo fidatissimo ministro Bernardo Tanucci che quotidianamente lo informava epistolarmente dei più minuti avvenimenti napoletani. Tra le prime decisioni autonome di Ferdinando vi fu però l'apertura di una nuova fabbrica di porcellana, i cui esperimenti iniziali vennero addirittura condotti in un ufficio in gran segreto all'insaputa del ministro Tanucci proprio per evitare che dalla Spagna giungesse un veto prima che si fossero ottenuti dei risultati. Soltanto nel 1773 quando si erano già risolti sia i problemi tecnici che quelli diplomatici con Carlo, la nuova fabbrica venne spostata a Napoli e iniziò la sua effettiva produzione.

146 I traumatici e ripetuti sovvertimenti politici che si susseguirono a ritmo incalzante per tutta la prima metà del secolo fino all'Unità d'Italia si ripercossero in profondi rivolgimenti anche nella vita quotidiana napoletana la monarchia di Murat non poteva permettersi di sovvenzionare manifatture reali dovendo continuamente far fronte alle pressanti richieste di danaro che Napoleone dalla Francia richiedeva per le sue campagne belliche. In un panorama così mutevole e instabile non sorprenderà quindi che anche in ambiti minori si risentissero contraccolpi negativi. Per ciò che concerne la porcellana, come si è già accennato, il governo francese firma nel 1807 l'atto di cessione della privativa per la fabbricazione della porcellana a dei privati rappresentati da Giovanni Poulard Prad. Come sede viene dato ai concessionari l'ex Monastero di S. Maria della Vita - divenuto oggi l'ospedale San Camillo - dove la produzione riprende tra notevoli difficoltà economiche. Fra l'altro nel contratto di cessione il nuovo governo francese, per garantire un minimo di vendita alla società, aveva promesso di effettuare acquisti di porcellane corrispondenti ad un imposta mensile di 1000 ducati mentre da parte loro i concessionari si erano impegnati ad assumere tutto il personale della precedente Real Fabbrica Ferdinandea. .

147 Tuttavia abbastanza rapidamente Murat, a causa della situazione politica, non fu in grado di mantenere l'impegno dell'acquisto mensile e di conseguenza Poulard Prad non riuscì a tener fede a quanto promesso nei confronti degli antichi ceramisti. Questa crisi aziendale in un certo senso ineluttabile, costrinse gli operai formatisi alle dipendenze della manifattura reale ad imboccare le strade alternative della lavorazione della terraglia o della decorazione su porcellane prodotte all'estero e importate bianche proprio a tal fine. Ai fini della produzione ceramica napoletana, l'Unità d'Italia viene a chiudere con una data storica un ciclo produttivo che di fatto si era andato lentamente estinguendo a partire dal Dopo il brillante exploit settecentesco che grazie alle manifatture borboniche aveva posto le nostre porcellane ai più alti livelli artistici permettendo loro di contendere il mercato a quelle di Meissen e di Sèvres, la produzione napoletana aveva potuto affrontare ancora brillantemente la prima metà dell'Ottocento grazie agli artisti e ai tecnici formatisi all'ombra della Real Fabbrica Ferdinandea sotto la guida di Domenico Venuti.

148 Ma via via che a questa prima generazione di operai si erano andate sostituendo le nuove leve, inevitabilmente cominciò a delinearsi una certa "decadenza" caratterizzata da aspetti di provincialismo. Chiusesi per fallimento nel 1848 la fabbrica Giustiniani e poco dopo intorno al 1855 quella dei Del Vecchio, possiamo dire che venne bruscamente interrotta la trasmissione diretta dei mestiere da padre in figlio e benché sul piano tecnico i giovani risultino ancora in grado di lavorare bene, sul piano creativo appaiono fortemente limitati. Ma anche la materia non è più la stessa: la porcellana è del tutto scomparsa dopo gli ultimi prodotti che i Giustiniani, associati ai del Vecchio, avevano sfornato tra il 1830 e il 1840 e anche la "terraglia all'uso inglese', che con tanto successo era entrata nelle case cittadine più agiate, non viene più lavorata. Le varie piccole industrie cittadine lavorano un impasto di terra più simile alla maiolica che presenta pochi problemi di foggiatura e di cottura ma che non si presta più alla esecuzione di servizi di piatti e in genere al funzionale vasellame da tavola che era stato il maggior vanto della produzione locale durante i primi cinquant'anni dell'Ottocento.

149 Johann Friedrich Boettger
Nato a Schleiz in Turingia il 4 Febbraio 1682, morto a Dresda il 13 Marzo 1719 a soli 37 anni. Fu avviato allo studio per diventare un medico, come allievo della Farmacia di Berlino, ma presto si lasciò affascinare dai metalli anche perché, essendo stato suo padre un "maestro della zecca", sin dall'infanzia aveva visto ed apprezzato le tecniche di lavorazione per fabbricare le monete e iniziò ad essere affascinato dal problema della "pietra filosofale" cioè della trasmutazione dei metalli in oro. Nel laboratorio della Farmacia condusse degli esperimenti con monete di 2 Groschen d'argento, ottenendone una trasmutazione (amalgama?) da farle ritenere effettivamente trasformate in oro. La sua fama divenne pericolosa per lui, perché il Re di Prussia Federico I° con l'idea dell'oro a disposizione, stava per requisirlo alla Zecca dello stato, in condizione di prigioniero. Perciò, nel 1701 per sfuggire a questa prospettiva si allontanò in incognito da Berlino per entrare a servizio del principe elettore di Sassonia, Augusto il Forte, che lo accolse per affidargli a sua volta lo stesso compito: realizzare un laboratorio per la trasmutazione dei metalli, di fatto rendendolo prigioniero.

150 In queste condizioni, Boettger entrò in contatto con altri "filosofi naturali", anch'essi al servizio del principe, tra i quali Ehrenfried Walther von Tschirnhaus ( ), un fisico esperto nella costruzione di forni riscaldati con la radiazione solare concentrata da grandi lenti, e Gottfried Pabst von Ohain ( ) minerologo e metallurgista. Nel loro lavoro non raggiunsero la trasmutazione dei metalli ma scoprirono le condizioni per realizzare due diversi tipi di materiale ceramico: nel 1708 il grés detto "di Delft" (un ceramica rosso-bruna già nota in Olanda) e nel 1709 la porcellana bianca di tipo cinese (biscuit). Questi materiali, il cui commercio di importazione produceva grande profitto, avevano un elevato valore perché erano molto ricercati. Per produrre la porcellana bianca in quantità tale da soddisfare le esigenze della corte e del mercato, il 23 Gennaio 1710 fu avviata la costruzione dello stabilimento della Manifattura di Meissen-Albreschtsburg che Boettger diresse fino alla sua morte nel In pochi anni, la tecnica della porcellana, malgrado fosse stata tenuta segreta, si diffuse in Europa per dare vita alle varie manifatture nazionali : Sèvres (Francia), Wedgewood (Inghilterra), Ginori e Capodimonte (Italia) e molte altre ancora.

151 Doccia La Manifattura di Doccia sorge nel 1737 nelle vicinanze di Firenze per volere del Marchese Carlo Ginori che aveva adibito a tale scopo la propria Villa Buondelmonti. Storicamente la nascita della Manifattura si colloca in un periodo particolare per il Granducato di Toscana: è l'anno della morte dell'ultimo esponente della dinastia dei Medici e come nuovo Granduca di Toscana veniva scelto Francesco Stefano di Lorena, consorte di Maria Teresa d'Asburgo. Gli anni fino al 1742 vengono considerati una fase sperimentale: la Manifattura infatti non riuscì subito a produrre manufatti di buona qualità, da una parte per mancanza di personale qualificato, dall'altra per non aver ancora trovato la composizione ottimale degli impasti, determinanti per la qualità e la resistenza della porcellana. Carlo Ginori aveva provveduto ad assumere due personaggi che si riveleranno fondamentali per il futuro della Manifattura: un certo Giorgio Delle Torri, fornaciaio e manipolatore di paste, e Carl Anreiter von Ziernfeld, pittore viennese.

152 I costi di produzione erano ancora alti e onde evitare un bilancio passivo della Manifattura, durante la fase sperimentale il Marchese Ginori continuò a produrre maioliche, con la cui vendita riuscì parzialmente a finanziare la produzione pionieristica della porcellana. Negli ultimi anni della sua vita il Marchese fece costruire a Villa Buondelmonti una Galleria affrescata con scene originali del processo di fabbricazione della porcellana, ornandola con due grandi lumiere formate da ghirlande di fiori in porcellana e da un alto caminetto interamente in porcellana: in questa Galleria egli espose i migliori manufatti, incluse le splendide plastiche di soggetto mitologico e religioso, che vi restarono fino al 1965 quando venne costruito l'attuale Museo sito a Sesto Fiorentino. Il Marchese Carlo Ginori si spense nel 1757 a soli 55 anni, lasciando in eredità ai suoi figli una Manifattura ormai ben avviata.

153 Vengono realizzate caffettiere, zuppiere, vasi e compaiono le prime teiere. Da menzionare i beccucci che assumevano forma di serpente o volatile, mentre i punti di giuntura del manico erano costituiti da teste di ariete. Le tazzine hanno la tipica forma a campana e cominciano ad essere fornite di robusti manici a forma di orecchio. A partire dagli anni '40 viene incrementata e diversificata la produzione degli oggetti: vengonoUn gruppo particolare della produzione di Doccia è rappresentato dalle porcellane decorate "a stampino" rappresentanti prevalentemente ciocche o mazzetti di foglie e fiori. Uno dei decori più famosi, di ispirazione orientale, è quello a fiori di vari colori alla chinese, ora meglio conosciuto come del "tulipano" "Il galletto" è uno dei decori più conosciuti e ripetuti a Doccia, ed ebbe molto successo sin dai primi anni. Si tratta di due galli di profilo che combattono su dei massi, con uno sfondo composto da uno o più alberi con rami intrecciati. Maggiore impegno era richiesto dai pittori per le decorazioni "a paesaggio": si trattava di vedute classiche di campagna, case, rovine e ponti dipinti entro una cartella. Le decorazione "alla Sassonia" o "alla sassone", utilizzata sin dal 1740, è caratterizzata da cartelle molto elaborate contenenti piccole figure con sfondo di paesaggio.

154 Un'altra produzione caratteristica del primo periodo, che pare sia iniziata alla fine degli anni Quaranta, è costituita dagli oggetti "a doppia parete": si tratta di recipienti con una parete interna puramente contenitiva, generalmente decorata a stampino e, a poca distanza, di una altra parete più elaborata e traforata. Lo scopo della parete esterna non era solo di tipo estetico, ma anche funzionale per evitare di scottarsi le mani con il calore delle bevande contenute. Grazie ad un'attenta analisi degli archivi storici della famigliaGinori è stato possibile attribuire a Doccia la produzione di porcellane a bassorilievo che erroneamente era stata attribuita alla fabbrica napoletana di Carlo di Borbone e chiamati pertanto "tipo Capodimonte": dagli inventari dell'epoca è stato possibile verificare che le porcellane a bassorilievo furono fabbricate in gran numero durante il primo periodo della Manifattura. Oltre alla produzione di serviti da tavola ed altro oggetti in porcellana la Manifattura si cimentò sin dai primi anni nella produzione di plastiche che lo portò ad acquistare negli anni una serie di cere dal figlio dello sculture Massimiliano Soldani Benzi, da Vincenzo Foggini, figlio dell'ormai scomparso Giovanni Battista, e da Giovanni Battista Piamontini.

155 Alla morte di Carlo Ginori la Manifattura passò ai tre figli Lorenzo, Bartolomeo e Giuseppe, dei quali solo il primo era maggiorenne. Resasi conto che le terre provenienti da lontano erano troppo care e che quelle di Vicenza non erano sufficienti, Doccia aveva nel frattempo deciso di provare ad utilizzare un espediente proposto da un certo Samuele Sassone: egli suggeriva di ricoprire la porcellana con una vernice contenente stagno che rendeva bianca la superficie dell'oggetto. Questo metodo ebbe successo e consentì di aumentare la produzione e le vendite, nonostante avesse dei difetti: la vernice stannifera era molto densa ed opaca, e quindi non era adatto ai rilievi ed ai piccoli particolari, ed era attaccabile dai coltelli e dalle punte delle forchette. Le prime applicazioni di tale vernice, che prese la definizione di "masso bastardo" risalgono al 1765 e venne utilizzata fino al 1830 circa. Purtroppo erano cominciati i problemi tra fratelli per la proprietà della Manifattura e solo dal 1779 Lorenzo rimase unico proprietario dell'attività di famiglia. Sulla base della propria esperienza ed alfine di evitare problemi di successione, Lorenzo si preoccupò di garantire l'unità e la continuità della Manifattura stabilendo nel suo testamento che solo il primogenito ne ereditasse la proprietà.

156 Nel 1787 si comincia a parlare di gruppi in "biscuit", cioè in porcellana bianca non verniciata che era di moda in Francia. In quegli anni iniziarono anche a modificarsi le forme per l'avvento dello stile Neoclassico. Le caffettiere assunsero forme meno slanciate ed il beccuccio talvolta era triangolare e più corto rispetto al alla consueta teste di serpe: i tappi si appiattirono fino quasi a scomparire. Nelle tazzine verso il 1760 appare il manico a volute detto "alla Napoletana"; le zuppiere diventano più semplici e a volte sono a forma circolare. Le ornamentazioni, pur rimanendo simili a quelle del primo periodo, si moltiplicano in varietà e tipi tanto che negli anni Ottanta venivano prodotti 53 differenti serviti da caffè. Una nuova decorazione fu quella "a rosellina" che ebbe molto successo: accompagnata da qualche foglia o boccio, veniva sparsa, in pochi esemplari, sui fondi e sulla falda. Un altro decoro tipico è quello " a fiori e frutta sparse": pere, prugne, fichi, ciliegie e fragole sono alternate a fiorellini stilizzati in un insieme molto equilibrato ed originale. I paesaggi che inizialmente erano decorati solo in porpora divennero policromi e venne introdotta la decorazione "a vedute", ossia medaglioni con vedute di città quali Firenze, Roma e Napoli. La produzione di grandi plastiche venne quasi abbandonata: è però da menzionare l'altare maggiore della chiesa di Colonnata.

157 La Società Ceramica Richard, fondata nel 1873, gestiva già due stabilimenti: quello di S. Cristoforo a Milano e quello dei Palma a Pisa. Nel 1949 la Manifattura di Doccia venne trasferita nell'attuale sede di Sesto Fiorentino e nel 1965 venne incorporata la Società Ceramica Italiana di Laveno. La Società Ceramica Richard produceva già a livelli industriali tutta la gamma della ceramica, dalla terraglia alla porcellana ma, in seguito alla fusione, la produzione di porcellana fu riservata alla Manifattura di Doccia. L'impronta di tipo industriale che Augusto Richard aveva applicato ai suoi stabilimenti, venne portato a Doccia: ciò si tradusse in un ampliamento dello stabilimento con conseguente costruzione di ulteriori forni e di attrezzature specifiche, ad esempio per la produzione di porcellana ad usi elettrotecnici. Venne intensificata l'esportazione e, per far fronte alla concorrenza, si iniziò ad utilizzare la tecnica della decorazione con mezzi meccanici quale l'incisione e la cromolitografia.

158 Da un lato si continuavano a produrre i modelli "classici", dall'altro la Manifattura cominciò adadeguarsi al rinnovamento stilistico introdotto dall'Art Nouveau, che già da qualche anno era stata adottata dagli artisti tedeschi e francesi. Il merito del rinnovamento della produzione presso la Manifattura di Doccia è dovuto anche al direttore della pittoria Luigi Tazzini: in occasione della sua visita all'Esposizione Universale di Parigi del 1900 egli si appuntò e disegnò parecchie delle novità che erano rappresentate. La figura femminile ricorre nei servizi da tè e da caffè e, drappeggiata da lunghe vesti, viene utilizzata quale porta lampade. Da menzionare la famosa fioriera formate dagli abiti drappeggiati di tre fanciulle: ma è soprattutto il mondo vegetale e quello acquatico che sono fonte di ispirazione per gli artisti di Doccia. Questo rinnovamento si affermò con l'Esposizione di Torino del 1902, dove la produzione di Doccia di distinse per l'originalità e l'adattamento ai nuovi criteri artistici internazional

159 Tra il 1923 ed il 1930 Giò Ponti assume la carica di Direttore Artistico presso la Richard-Ginori. Gli sfondi geometrici, la tendenza a distribuire figure singole facenti parti di gruppi, l'uso di forme classiche quali le urne ole ciste, e la presenza di motivi architettonici classici quali la colonna, l'arco ed il piedistallo diverranno una caratteristica costante della produzione ceramica di Ponti. Ogni tema viene proposto su grandi pezzi e contemporaneamente viene sviluppato in famiglie di oggetti minori che riportano solo singole immagini o figure, già rappresentate sui pezzi grandi. Giò Ponti non voleva limitare la propria produzione ai pezzi unici, ma auspicava una produzione di serie: a Doccia, anche a causa dei costi, dei tempi di produzione e delle esigenze di mercato, si continuò però a prediligere l'oggetto d'eccezione ed il prodotto di lusso.

160 Deruta si identifica con la produzione di maioliche artistiche
Deruta si identifica con la produzione di maioliche artistiche. Il documento più antico su questa forma di arte porta la data 12 agosto 1290, ed attesta un pagamento "natura" con "unam saumam vasorum". E' questo il periodo arcaico con produzione di oggetti d'uso comune: versatori, bacili, scodelle, panate, con decorazioni scarse, geometriche e zoomorfe. 1 colori dominanti sono il verde ramina ed il bruno manganese. Nei secoli successivi, la maiolica derutese raggiunge il massimo splendore, diffondendosi nel '500 nelle principali piazze, non solo italiane. Artisti come Giacomo Mancini (El Frate) e Francesco Urbini, firmano opere di grande rilievo. Piatti da pompa, coppe amatorie, impagliate, stemmi nobiliari, presentano un repertorio di motivi con figure femminili, scene mitologiche, battaglie e immagini sacre. Numerose, diverse ed originali sono le decorazioni: floreali, zoomorfe e grottesche, a girali floreali, imbricazioni a occhio di penna di pavone, a corona di spine, a denti di lupo, a petal back. Intanto la tavolozza dei colori si è arricchita con l'arancio, il blu ed il giallo. Appare, altresì, la tecnica del lustro metallico, con splendidi riflessi dorati nelle opere di maggior pregio. Il primo lustro, attribuito a Deruta, è datato 1501 ed è una larga a rilievo che raffigura il martirio eli S. Sebastiano, conservata al Victoria and Albert Museum di Londra. Pavimenti, quali quello della chiesa di S. Francesco di Deruta, di S. Maria Maggiore in Spello o della sacrestia di S. Pietro a Perugia, sono ulteriori della migliore produzione delle maioliche derutesi. Attraverso i tempi, lo stile ed i decori si trasformano nel "compendiario" dai tratti veloci, e nel "calligrafico", di ispirazione moresca, con intreccio di fiori, foglie, arabeschi, uccelli ed altri animali. Il secolo XVIII vede un periodo di crisi, durante il quale, tuttavia, si' nota la reazione di Gregorio Caselli che apre a Deruta una fabbrica di maiolica fina ad i'mitazion della porcellana. Dopo l'Unità d'Italia inizia una significativa ripresa dovuta all'opera, soprattutto, di Angelo Micheletti, Alpinolo Magnini, Davide Zipirovic, mentre Ubaldo Grazia si qualifica per "l'ingegno della copia,>. Deruta Il documento più antico su questa forma di arte porta la data 12 agosto 1290, ed attesta un pagamento “in natura” con “unam sauma vasorum”. È questo il periodo arcaico con produzione di oggetti d’uso comune: versatori, bacili, scodelle, panate, con decorazioni scarse,geometriche,zoomorfe I colori dominanti sono il verde ramina ed il bruno manganese. Nei secoli successivi, la maiolica derutese raggiunge il massimo splendore, diffondendosi nel ’500 nelle principali piazze, non solo italiane. Artisti come Giacomo Mancini (El Frate) e Francesco Urbini, firmano opere di grande rilievo. Piatti da pompa, coppe amatorie, impagliate, stemmi nobiliari, presentano un repertorio di motivi con figure femminili, scene mitologiche, battaglie e immagini sacre Appare, altresì, la tecnica del lustro metallico, con splendidi riflessi dorati Il primo pezzo a lustro, attribuito a Deruta, è datato 1501 ed è una targa a rilievo che raffigura il martirio di S. Sebastiano, conservata al Victoria and Albert Museum di Londra

161 Pavimenti, quali quello della chiesa di S. Francesco di Deruta, di S
Pavimenti, quali quello della chiesa di S. Francesco di Deruta, di S. Maria Maggiore in Spello o della sacrestia di S. Pietro a Perugia, sono ulteriori testimonianze della migliore produzione delle maioliche derutesi.Attraverso i tempi, lo stile ed i decori si trasformano nel “compendiario” dai tratti veloci, e nel “calligrafico”, di ispirazione moresca, con intreccio di fiori, foglie, arabeschi, uccelli ed altri animali. Il secolo XVIII vede un periodo di crisi, durante il quale, tuttavia, si nota la reazione di Gregorio Caselli che apre a Deruta una fabbrica di maiolica fina ad imitazione della porcellana. Dopo l’Unità d’Italia inizia una significativa ripresa dovuta all’opera, soprattutto, di Angelo Micheletti, Alpinolo Magnini, Davide Zipirovic, mentre Ubaldo Grazia si qualifica per «l’ingegno della copia».                            

162 Faenza e Nove Faenza per la natura del terreno ricco di argille atte alla foggiatura e per la posizione geografica che ne faceva un punto di incontro tra la cultura padana e quella toscana, seppe costituirsi come centro ceramico di primaria importanza sin dal Medioevo. I vasai di questa città, di fronte alla necessità di dare all’oggetto di argilla grezza, o biscotto, un rivestimento bianco che permettesse loro di valorizzare la decorazione svilupparono e perfezionarono nel corso dei primi secoli dopo il Mille, su forme semplici e quasi sempre subordinate ad esigenze di uso domestico(piattelli, ciotole, boccali), due particolariprocedimenti tecnici di rivestimento dei manufatti: la smaltatura (bianco vetrosa) e l’ingobbiatura (bianco terrosa). Le superfici così rivestite vennero pertanto decorate, sia per mezzo del pennello sullo smalto, sia con una punta (chiodo) sull’ingobbio, con temi tratti di preferenza dal repertorio ornamentale delle arti applicate coeve (tessuti, oreficeria, miniatura): principalmente cioè motivi vegetali (tralci, fiori, palmette), faunistici (pesci, uccelli fantastici) e araldici; questi ultimi molto importanti poichè spesso si possono riferire a personaggi e a famiglie che hanno contrassegno la storia della città.

163 Passato il periodo medievale, o fase «arcaica», le ceramiche di Faenza, specie quelle smaltate (maioliche), si perfezionarono sia nella bianchezza e corposità del rivestimento (smalto), sia nella gamma cromatica, grazie anche alla adozione di nuovi colori quali un giallo intenso ed un turchino Nel XVII secolo la crescente richiesta in Europa delle preziose porcellane cinesi  indusse i ceramisti olandesi ad imitarne la lavorazione invadendo anche i mercati della Serenissima; il Senato veneziano perciò, nel 1728, tentò di porvi rimedio stimolando la produzione interna con agevolazioni  fiscali per chi fosse riuscito a  produrre porcellane e a migliorare le Maioliche. ll momento era favorevole per Giovanni Battista Antonibon, il quale aprì, nel 1727, nella vecchia casa paterna a Nove quella che sarebbe diventata la più importante fabbrica di ceramiche della Repubblica Veneta, e che nel 1732 ottenne il privilegio dal Senato di essere esente da tutti i dazi per venti anni. Pasquale Antonibon, che successe al padre nel 1738, nel 1762 riuscì in un’altra impresa importante: la produzione della porcellana. Nel 1770 si diffuse in Italia la terraglia, un impasto ottenuto in Inghilterra fin dal 1725, che per la bianchezza e il basso costo aveva causato un’inaspettata concorrenza alle maioliche e alle porcellane italiane: ancora una volta la fabbrica Antonibon, con Giò Maria Baccin, nel 1786 riuscì ad ottenere un  impasto perfettamente imitante quello inglese.    .  . .

164 Doccia -- Ginori La rinomanza in cui erano salite le fabbriche di Meissen e quella di Vienna , fece nascere nel marchese Carlo Ginori il desiderio di dotare la Toscana di tal genere d'Industria. Quest'illustre patrizio, meritvole di esser ricordato ai posteri per la sua operosa attivita' e l'amore alle industrie, usciva da una famiglia, la quale fin dal passato secolo non tardo' a conoscere che lo splendore della ricchezza inoperosa e consumatrice di se' non abbagliava piu'; che le grandezze puntellate dal privilegio crollavano e che grandezza e ricchezza vera non si potevano ormai cercare se non la' dove le trovarono gli antichi capi delle piu' illustri famiglie fiorentine: nell'agricoltura, nelle industrie e nel commercio. Gia' fin dall'anno 1735 egli aveva imprese a Doccia, villa della famiglia, esperienze per giungere a fabbricar vasi di porcellana a somiglianza di quelli che si acquistavano da noi a gran prezzo sui mercati della Cina e del Giappone. A tal fine, dopo di avere inviata a sue spese una nave nelle Indie Orientali per avere i saggi di quelle terre medesime che servivano alla composizione delle porcellane Cinesi, chiamo' a se' il chimico viennese Carlo Wandhelein al quale affido' la direzione dei lavori della sua nascente manifattura, che nel 1740 fu in grado di mettere in commercio i suoi primi prodotti.

165 Al fondatore della manifattura di Doccia, morto nel 1757, successe il figlio Lorenzo, il quale ingrandi' gli edifici e le officine, aumento' i comodi relativi alla lavatura delle terre, alla miscela ed alla preparazione delle paste, facilito' i mezzi della lavorazione. Fino al 1805 la manifattura di Doccia per cuocere le porcellane erasi servita delle fornaci rettangolari a riverbero; ma essendo queste dispendiose ed insufficenti al bisogno, fu costruito un forno cilindrico verticale simile ai forni adoperati in Francia nella manifattura di Sevres e nelle fabbriche di Wedgwood in Inghilterra. Veduti gli ultimi risultati del primo forno verticale, il marchese Lorenzo ne costrui' un altro piu' potente per azione colorifica alto braccia 37, a quattro piani, e molto piu' economico di quelli usati comunemente, per la minor quantita' di combustibile che vi si consumava. L'operosita' senza limiti del Marchese Carlo Leopoldo (succeduto al padre Lorenzo, morto nel 1791) trovo' largo campo di azione nelle opere diverse necessarie all'incremento della lavorazione fondata dall'avo. Ma provvedendo ai bisogni della fabbricazione ed ai comodi materiali, non lascio' negletta l'educazione dei suoi operai. Per il che volle aperta nella sua fabbrica una scuola elementare gratuita ed una di disegno per i figli dei lavoranti; e questa ultima scuola corredo' di ottima scelta di modelli delle piu' pregiate opere di scoltura della Grecia e dell'Italia.

166 L'amore che il marchese Carlo Leopoldo porto' ai suoi operai, i provvedimenti da lui presi per migliorarne le condizioni morali e materiali, le larghe vedute economiche da cui era improntata ogni sua impresa industriale od agraria, gli meritarono il nome di Owen della Toscana. Morto il marchese Carlo Leopoldo, ancora in buona eta', essendo i suoi figli giovanetti, la fabbrica fu per vari anni amministrata e diretta dal loro tutore marchese Rinuccini e dalla vedova Marianna, che con rara intelligenza si occupo' pure di migliorarne le condizioni. Ma tocco' al marchese Lorenzo (II), primogenito, il merito principale di dare alla manifattura di famiglia quel largo impulso, quell'imponenza di prodizione, quel carattere sommamente artistico che oggi la rendono ammirata. Dedicatosi il marchese Lorenzo fin dalla prima eta' agli studi speciali dell'arte ceramica, viaggio' in Francia ed in Inghilterra allo scopo di visitare le fabbriche piu' rinomate; e nelle sue scientifiche peregrinazioni gli furono di non poco giovamento i titoli di amicizia che lo legavano al celebre Brongniart ed al chimico Pelouze, che per un anno lo accoglieva nel suo laboratorio . Questi viaggi e gli studi, a cui erasi dato anima e corpo, lo misero ben presto in grado d'introdurre miglioramenti ed innovazioni rilevanti, sia nella mano d'opera, sia nella costruzione dei forni, ed in ogni altro ramo della sua manifattura, che prese allora nuovo impulso, e divenne floridissima.

167 Fra i molti miglioramenti , merita una speciale menzione un forno immaginato dal marchese Lorenzo e destinato alla ossidazione del piombo e dello stagno per comporre le vernici metalliche. Questo nuovo forno, di dimensioni piu' piccole dell'antico, ebbe su quello il vantaggio di produrre in egual tempo una doppia quantita' di ossido di qualita' molto migliore con una economia del 35% sul combustibile occorrente per l'addietro. Aggiungasi poi che , esso uni la prerogativa preziosa di non danneggiare la salute degli operai con micidiali esalazioni e con elevatezza di temperatura Allora i prodotti di Doccia ottennero il primato sopra quelli di tutte le fabbriche d'Italia. Pero' non devesi tralasciar di notare com'egli abbia dovuto lottare con attivita' e sapere contro la crisi da cui era minacciata la fabbrica per la stragrande importazione di stoviglie estere, favorita dai trattati commerciali dell'Italia con la Francia, l'Inghilterra e la Germania. Per questa condizione di cose egli si trovo' nella grave alternativa, o di restringere la fabbricazione ai soli oggetti d'arte, pei quali ogni altro confronto si mostrava poco temibile, oppure porre lo stabilimento di Doccia in tali condizioni di produttivita' e di lavoro da potere far fronte alla concorrenza straniera,cambiando sistemi di lavorazione, costruendo piu' grandi molini e nuovi forni; adottando utensili e macchine gia' in uso nelle piu' accreditate fabbriche d'Europa, aumentando il numero degli operai, ed abbassando i prezzi .

168 La fabbrica Ginori pote' raggiungere, anche dal lato economico, quel grado d'importanza industriale, a cui, in passato, aveva dovuto inutilmente aspirare per le infelici condizioni politiche dell'Italia. Il fabbricato e le officine furono ampliati e gli antichi soggetti a rinnovamenti e migliorie. Demolito l'antico forno, ne fu costruito uno nuovo su modelli francesi e quindi un altro di proporzioni anche maggiori a cinque focolari (Alandiers) aventi un diametro di metri 4,70; dimodoche' compreso il forno a quattro piani, la fabbrica allora possedeva tre forni per la cottura delle porcellane; ai quali era da aggiungere una fornace a tre piani di modello speciale per la biscottura delle maioliche, riconosciuta ottima per la buona riuscita del lavoro e per la singolare economia di combustibile.Si approssimava l'Esposizione Mondiale di Parigi del 1878, ma il marchese Lorenzo non doveva vederne l'inaugurazione . Successero nella proprieta' i figli. Nel 1896 la Manifattura di Doccia si fondeva con la Societa' Ceramica Richard che ne assumeva con la gestione anche il nome, costituendo cosi' la Societa' Ceramica Richard Ginori. Da questo momento ha inizio un nuovo periodo che gloriosamente illustra la storia ceramica d'Italia. Lo spirito fervido e sempre pronto degli antichi Ginori fu costante guida ai nuovi dirigenti dell'importantissimo stabilimento; la ricca preziosa Raccolta di antiche porcellane, gelosamente custodite, e' fonte viva e continua di ispirazione ed esercita una potente azione incitatrice a nuove opere.

169 Ma occorrerà molto tempo ancora per le porcellane francesi, a pasta dura, fino a …..Vers 1765, Madame DARNET, femme d’un chirurgien de Saint Yrieix, découvre une terre blanche et onctueuse qu’elle utilise comme matière première savonneuse propre au lavage de son linge. Son époux a l’idée d’en demander l’analyse à un ami pharmacien. Un échantillon de cette argile est alors transmis à la Manufacture Royale de Sèvres. Celui – ci a permis immédiatement la réalisation d’une très belle porcelaine. On venait de découvrir le fameux kaolin. Esposizione

170 FINE Approfondimenti

171 Avete ascoltato musiche di Wolfang Amadeus Mozart


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