IL NUOVO REATO DI AUTORICICLAGGIO Torino 25.3.2015
Art. 3 l. 186/2014 (vigente dal 1.1.2015) introduce l’art. 648-ter.1 nel cod. pen.: Pena 2-8 anni reclusione + multa 5000-25.000 € per chi, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, (c.d. reato-presupposto) impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative Il denaro, i beni o le altre utilità provenienti da tale delitto In modo da ostacolare concretamente la identificazione della loro provenienza delittuosa
La pena è dimezzata se il reato presupposto è un delitto non colposo punito con pena inferiore nel massimo ad anni 5 di reclusione (comma 2) (si propende a ritenerla un reato autonomo) Non si ha riduzione di pena se il fatto è commesso alle condizioni e con le finalità mafiose di cui all’art. 7 al d.l. 152/1991
IL FATTO NON E’ PUNIBILE se il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera UTILIZZAZIONE o al GODIMENTO PERSONALE
AGGRAVAMENTO della pena se il fatto è commesso nell’esercizio di una attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale ATTENNUANTE SPECIALE (fino alla metà della pena) in caso di collaborazione (adoperarsi efficacemente per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove e per individuare i proventi delittuosi)
L’autore di autoriciclaggio è punibile anche se egli non è imputabile o non è punibile per il reato presupposto o questo non è procedibile per difetto di una condizione di procedibilità
IL PRIVILEGIO DELL’AUTORICICLAGGIO NELLA NORMATIVA PRECEDENTE Fino alla l. 186/2014 era assodato che l’autore di un delitto non poteva essere punito per la condotta successiva riguardante il provento di quel reato (privilegio dell’autoriciclaggio), perché è connaturato al furto, alla rapina, allo spaccio di stupefacenti ecc. che il provento del delitto sia in qualche modo riutilizzato dall’autore del reato come conseguenza inevitabile dell’illecito commesso
Dal momento che (Cass. Sez. Un. 25191/2014) l’intero disvalore del fatto è assorbito dalla condotta originaria (post factum non punibile) (v. anche Cass. 9392/2015) non si può punire due volte lo stesso fatto sostanziale (ne bis in idem sostanziale)
In realtà l’impiego del profitto in attività in senso lato economiche riveste un AUTONOMO DISVALORE in quanto inquina e distorce la CONCORRENZA E IL MERCATO (l’ordine economico) attraverso l’immissione di capitali illegali (a minor costo), oltre a costituire OSTACOLO ALL’ACCERTAMENTO del reato presupposto e al recupero del profitto illecito E ciò vale tanto se il fatto è commesso da un terzo, quanto se è commesso dall’autore del delitto presupposto
Già la Convenzione di Strasburgo del 1990 sul riciclaggio (art Già la Convenzione di Strasburgo del 1990 sul riciclaggio (art. 6) prefigurava come reato l’autoriciclaggio, peraltro con facoltà per gli Stati aderenti di non punirlo Altrettanto ha previsto la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale del 2000 (art. 6)
In realtà già l’art. 12-quinquies dl In realtà già l’art. 12-quinquies dl. 306/1992 (trasferimento fraudolento di valori), relativo alla attribuzione fittizia a terzi della titolarità o disponibilità di beni al fine di eludere la normativa di prevenzione patrimoniale o contrabbando, o di agevolare la commissione dei delitti di cui all’art. 648, 648 bis e 648 ter c.p. , ha previsto una forma di autoriciclaggio punibile (Cass. Sez. Un. 25191/2014)
LA CONDOTTA IMPIEGO del provento illecito = re-immissione in qualsiasi forma in una attività economica ecc. (termine già utilizzato dall’art. 648-ter c.p.) Per es. investimento in ambito imprenditoriale aumento di capitale societario acquisto di beni strumentali acquisto di immobile da reddito o strumentale all’impresa
Cass. 11.12.2013, n. 5546 (su art. 648 ter) La nozione di attività economica o finanziaria è desumibile dagli artt. 2082, 2135, 2195 c.c. e fa riferimento non soltanto alla attività produttiva in senso stretto (diretta alla produzione di beni o servizi) ma anche all’attività di scambio e distribuzione dei beni nel mercato del consumo, nonché ad ogni altra attività che possa rientrare in quelle indicate nel c.c.
Secondo una certa tesi si avrebbe reimpiego punibile solo in caso di reimmissione del provento illecito nel circuito economico legale Perciò nel caso di reimpiego in attività imprenditoriale lecita, ma non per es. per l’acquisto di una partita di droga
La tesi è discutibile Per Cass. 9026/2013 (in tema di art. 648-ter) non è richiesto che il reimpiego avvenga in attività lecite, poiché in caso di impiego in attività illegali l’offesa giuridica è ancora più grave Avere a disposizione del denaro provento di un precedente delitto per comprare una partita di droga o per corrompere un pubblico ufficiale non è meno grave che inquinare l’economia legale
Si potrebbe obiettare che negli esempi (droga, corruzione) l’uso del denaro è strumentale alla commissione di un autonomo reato, sicchè potrebbe aversi una duplicazione sanzionatoria (bis in idem) Ma vi sono casi in cui l’impiego non implica automaticamente la commissione di uno specifico reato Per es. acquisto di immobile destinato a custodire l’ostaggio di un sequestro di persona
Forse un limite alla punibilità come autoriciclaggio dell’impiego del provento illecito in attività illegali potrebbe venire da una interpretazione restrittiva (o forse anche solo letterale) delle attività in cui l’impiego va effettuato (economiche ecc.) Però l’art. 648 ter reca analoga descrizione della fattispecie, e ciò nonostante Cass. 9026/2013 è arrivata alla conclusione che si è vista
SOSTITUZIONE del provento illecito (v. già art SOSTITUZIONE del provento illecito (v. già art. 648 bis) = qualsiasi immutazione in altro bene/utilità dello stesso o di altro genere Per es. deposito in banca (con cui avviene il «lavaggio» con altro denaro «pulito») (v. Cass. 13085/2014 su art. 648 bis) Acquisto di titoli o altri strumenti finanziari (che potrebbe essere reimpiego in attività finanziarie) Acquisto di beni
TRASFERIMENTO del provento illecito (v. già art TRASFERIMENTO del provento illecito (v. già art. 648 bis) = qualsiasi spostamento di titolarità o disponibilità Per es. intestazione fittizia di beni Passaggio di disponibilità materiale di denaro o beni Trasferimento del denaro da un conto all’altro (Cass. 43881/2014 su art. 648 bis)
Cass. 4800/2010 sui rapporti tra art. 648 bis e art Cass. 4800/2010 sui rapporti tra art. 648 bis e art. 648 ter aiuta a distinguere tra le condotte di sostituzione/trasferimento e quella di reimpiego Se il provento illecito viene prima «ripulito» e poi impiegato in attività economico-finanziarie si ha solo 648 bis Se invece esso viene direttamente utilizzato in queste ultime si ha solo 648 ter
In ogni caso non rileva tanto il tipo di condotta quanto la sua destinazione e idoneità modale («in modo da») a ostacolare l’identificazione del provento illecito L’ostacolo deve essere concreto - termine che non ricorre nell’art. 648 bis Mentre l’art. 648 ter non richiede la modalità ostacolante
la valutazione della concretezza dell’ostacolo va effettuata ex ante e non è quindi necessario che l’ostacolo si sia tradotto in un impedimento, essendo sufficiente una maggiore difficoltà di identificazione (nozione analoga a quella di «pericolo concreto») Deve trattarsi comunque di un ostacolo almeno potenzialmente (cioè al di là del reale risultato) effettivo (v. Cass. 55/14; Cass. 1422/13; Cass. 3397/13: sufficiente che sia resa difficile l’identificazione, non impossibile) Sicchè per es. che il mero deposito in banca del denaro «sporco» sul conto dell’autore del reato presupposto non dovrebbe integrare l’autoriciclaggio in assenza di altri fattori di mascheramento
RICICLAGGIO O CONCORSO IN AUTORICICLAGGIO? Normalmente l’autoriciclatore si avvale di terzi per ripulire il profitto criminale Se il terzo è consapevole della sua provenienza delittuosa, di quale reato deve rispondere?
L’autoriciclaggio è reato proprio Viene in campo l’art. 117 c.p.; infatti, si è in presenza di un mutamento del titolo di reato per taluno dei concorrenti (da riciclaggio ad autoriciclaggio) Il concorrente risponde del diverso reato che dipende dalle condizioni o qualità personali del colpevole (anche se è meno grave)
Ne deriverebbe una sostanziale abrogazione dei delitti di cui agli artt. 648 bis e 648 ter, che avranno normalmente origine in un autoriciclaggio E’ questa una conclusione sempre obbligata?
Secondo Cass. 5522/1992 l’art. 117 c.p. si applica solo se l’intraneo (l’autore del reato presupposto), cioè colui che determina il mutamento del titolo di reato, è colui che tiene la condotta tipica Se l’autoriciclatore si avvale di un terzo per riciclare, non è lui che tiene la condotta tipica e dunque non si porrebbe un problema di art. 117 L’autoriciclatore risponderebbe di 648-ter.1 e il terzo di 648-bis o ter
Cass. 4820/1991 ha sostenuto invece che per applicarsi il 117 non occorre che l’intraneo sia autore della condotta tipica, salvo il caso dei c.d. reati propri esclusivi (come l’incesto) non si direbbe che l’autoriciclaggio appartenga a questa categoria Con la conseguenza che opererebbe l’art. 117 e si avrebbe allora concorso del terzo nell’autoriciclaggio
Un caso in cui le fattispecie di cui all’art. 648 bis o ter e 648-ter Un caso in cui le fattispecie di cui all’art. 648 bis o ter e 648-ter.1 conservano autonomia e va escluso il concorso del terzo in autoriciclaggio si verifica quando ricorre l’uso personale del profitto da parte dell’autoriciclatore Se, come preferibile, l’uso personale costituisce un elemento negativo della fattispecie tipica di autoriciclaggio (Mucciarelli), questo reato manca Ergo vi è spazio per l’applicazione artt. 648 bis o ter per il terzo
Se l’uso personale fosse una causa di esclusione della pena (art. 119 c.p.), essa si estenderebbe a tutti i concorrenti (art. 119/2) Ma, esclusa la punibilità del terzo per 648-ter.1, dovrebbe rivivere la responsabilità per 648 bis o ter (v. Cass. su autore di art. 2 dlg 74/2000: se non risponde per qualsiasi causa di tale art., non opera più il divieto ex art. 9, e risponderà di concorso in art. 8)
Altro caso in cui il terzo risponde di riciclaggio o reimpiego (e non di concorso in autoricic.) si ha quando manca la concreta idoneità ostacolante di cui all’art. 648 ter.1 Qui non si pone un problema di concorso del riciclatore nell’autoriciclaggio, reato che in effetti non sussiste Si consideri che il 648 bis non richiede la «concretezza» dell’ostacolo e il 648 ter non richiede affatto l’ostacolo
Si potrebbe ritenere che si sia in presenza di condotte autonomamente punibili come autoriciclaggio e riciclaggio (per il terzo) quando l’autoriciclatore dia un mandato generico di ripulitura al terzo senza specifiche indicazioni delle modalità mimetiche da adottare (arg. da Brizzi, Capecchi, Rinaudo, Vanni su Altalex) Anche se per vero l’accordo che suggella il concorso di persone può prescindere dai dettagli esecutivi
Mentre si avrebbe concorso in autoriciclaggio se l’autoriciclatore e il terzo concordassero le specifiche modalità ostacolanti Perché in questa caso proprio quella determinata condotta di ripulitura sarebbe condivisa
In conclusione Sembra tecnicamente possibile ipotizzare casi in cui il terzo non commette art. 648 bis o ter ma concorre con autoriciclatore in 648-ter.1 Occorre però verificare caso per caso se tale soluzione è effettivamente quella corretta
DOLO Il dolo è generico Deve investire anche l’idoneità della condotta a costituire ostacolo (Bricchetti) Perciò non sarebbe ammissibile il dolo eventuale
CONSUMAZIONE Il reato si consuma nel momento in cui viene tenuta la condotta vietata Se l’autoriciclaggio si manifesta in una pluralità di atti finalisticamente concatenati, la consumazione dovrebbe abbracciare l’intero periodo in cui si articola la complessiva operazione riciclatoria
Quid nel caso di più condotte relative al medesimo bene in tempi diversi? Difficile ravvisare un unico reato a consumazione prolungata Piuttosto si è in presenza di continuazione nel reato
In chiave critica della nuova disposizione si è paventata una sorta di regressum ad infinitum del reato: autoriciclaggio di autoriciclaggio ecc. (Sgubbi) Per es. impiego il provento del delitto nell’acquisto di titoli Successivamente li vendo e acquisto un bene strumentale all’impresa
ESCLUSIONE DEL REATO (O DELLA PUNIBILITA’) La fattispecie di autoriciclaggio si connota anche per un requisito negativo costituito dal MERO UTILIZZO Ovvero GODIMENTO PERSONALE del provento illecito
NATURA DEL IV COMMA Si sono proposte le seguenti classificazioni: Esimente Causa oggettiva di esclusione del tipo Causa di non punibilità In altri termini il IV co. agirebbe in alternativa: Sulla antigiuridicità Sulla tipicità Sulla punibilità
Si è osservato (Bricchetti) che la clausola «fuori dei casi di cui ai commi precedenti» impedisce di considerare l’utilizzo/godimento personale come elemento negativo del tipo, proprio perché esso opera nei casi in cui ricorre l’autoriciclaggio Quindi il IV co. si riferirebbe a condotte (non determinate ma diverse da quelle del primo co.) di destinazione del bene a uso personale MA se sono diverse da quelle del I° co. NON sono già di per sé autoriciclaggio
Si è osservato che nei casi esplicitati dalla norma l’esenzione di responsabilità si sarebbe potuta dedurre anche in assenza del comma IV se l’impunità è riconosciuta «fuori dei casi di cui ai commi precedenti», si può dubitare della valenza connotativa dell’endiadi utilizzo/godimento personale
Per dare significato alla clausola «fuori dei casi…» si è proposto di intendere che siano irrilevanti le sole condotte di utilizzo o godimento che non interrompano la tracciabilità del profitto illecito Ma se si è «fuori dei casi» già manca il pericolo concreto di non tracciabilità
Si è anche proposto di ritenere penalmente irrilevanti le condotte descritte nel comma 1, che però siano destinate al mero utilizzo o godimento personale
Probabilmente la disposizione costituisce niente altro che una, comunque utile, ridondanza per ricordare all’interprete che dove vi è uso personale non vi è comunque autoriciclaggio
Nel tentativo di sceverare razionalmente le due modalità di esenzione dal reato si è detto che l’utilizzo riguarderebbe i beni mobili (specie il denaro) Il godimento riguarderebbe i beni immobili
Per esempio: Acquisto di beni di consumo Spendita del denaro illecito in servizi (viaggi ecc.) Acquisto della casa di abitazione o di villeggiatura Acquisto di veicoli
Quid se investo in strumenti finanziari con finalità di risparmio? Siamo nell’utilizzo personale? Direi di no, perché si tratta di attività finanziaria prevista dal comma 1 e il comma 4 si applica «fuori dei casi di cui ai commi precedenti»
Più in generale pare infatti che le nozioni di «mero utilizzo» e di «godimento personale» alludano all’autoconsumo di un bene, sia quando questo viene distrutto con l’uso, sia quando resta a disposizione per il futuro, ma sempre ed esclusivamente nella sfera dell’autore del reato presupposto
Se con l’utilizzo/godimento personale concorre qualsiasi forma di re-immissione del bene sul mercato NON opera la esclusione di punibilità Per es. acquisto di immobile utilizzato dal reo per la propria villeggiatura, ma locato a terzi negli altri mesi dell’anno
se il provento illecito ha una iniziale o successiva destinazione in attività economiche ecc., NON può mai darsi un uso/godimento personale scriminante Per es. con il provento illecito il reo acquista un veicolo per la sua azienda, che serve anche all’uso personale
Più discutibile se nel godimento personale possa farsi rientrare anche quello della propria famiglia (per es. moglie e figli) Ragionevole forse ipotizzare che non si abbia reato se per es. nella casa di abitazione (acquistata con il provento illecito) vive il riciclatore con i familiari Ma se il riciclatore cede o fa utilizzare l’immobile alla moglie da cui vive separato?
Se si enfatizza la «personalità» del godimento si potrebbe essere tentati di dare risposta per la sussistenza del reato Se invece si valorizza il mero utilizzo, la risposta dovrebbe essere negativa In realtà, non dovrebbe esserci reato perché in questi casi non si ha una reimmissione del bene nel circuito economico
Semmai , se l’intestazione è fittizia, potrà ricorrere se del caso l’art. 12-quinquies Il bene potrà eventualmente essere aggredito in sede di misure di prevenzione patrimoniali
Occorre allora individuare la condotta del reato di autoriciclaggio APPLICABILITA’ DELL’ART. 648-TER.1 C.P. A PROVENTI DI REATO COMMESSI ANTE L. 186/2014? Principio di legalità (art. 25 Cost., 1 c.p.): Nessuno può essere punito per un fatto che non costituiva reato al momento in cui lo ha commesso Occorre allora individuare la condotta del reato di autoriciclaggio
La condotta è senz’altro quella di impiego ecc La condotta è senz’altro quella di impiego ecc. di un bene oggetto di precedente delitto non colposo in attività economiche ecc. Quindi sembra che il principio di legalità non sia violato se l’impiego ecc. avviene dopo l’entrata in vigore della l. 186/2014 (dal 1.1.2015) Anche se il reato presupposto è stato commesso prima
Si pensi al trafficante di droga o all’usuraio che abbia acquistato nel 2005 l’immobile in cui è andato a vivere con il provento dello spaccio o dell’usura Se continua a viverci anche dopo il 1.1.2015, non si ha reato di autoriciclaggio perché si tratta di godimento personale Ma se dopo tale data lo vende e con il ricavato investe in una pizzeria, si avrà autoriciclaggio
La tesi esposta, che è quella preferibile, quella che probabilmente la giurisprudenza adotterà e che risponde all’intenzione del legislatore, non è però pacifica Infatti, se nel «fatto» di autoriciclaggio - che deve essere stato commesso dal 1.1.2015 – si fa rientrare anche la «situazione» costituita dalla commissione del reato presupposto, allora si avrebbe autoricicalggio punibile solo se da tale data fosse stato commesso anche il reato presupposto (usura, spaccio ecc.)
PRESCRIZIONE DELL’AUTORICICLAGGIO L’autoriciclaggio è un reato autonomo rispetto al reato presupposto Quindi il suo termine di prescrizione (che è di 8 anni – p. breve; ovvero 10 – p. lunga) decorre solo dal momento in cui è stata tenuta la condotta tipica (impiego ecc.) Per contro nulla rileva quando è stato commesso il reato presupposto, salvo un problema di prova, che è difficile qunato più indietro si va nel tempo (riconducibilità del bene autoriciclato a un determinato delitto)
REATI FISCALI E AUTORICICLAGGIO UN MATRIMONIO MALE ASSORTITO Secondo un orientamento, che è anche della giurisprudenza meno recente (Cass. 2206/1992 e 38600/2007), il riciclaggio (e così anche l’autoriciclaggio) non potrebbe essere costruito su di un reato presupposto di carattere tributario poiché per suo mezzo non si realizza un arricchimento patrimoniale, ma viene semplicemente evitato un depauperamento; dunque non sarebbe identificabile un provento da riciclare
Si deve invece ammettere che il reato presupposto possa essere un reato fiscale per queste ragioni: Per gli art. 648-bis e 648-ter.1 il profitto può derivare da qualsiasi delitto non colposo Il profitto può essere costituito anche da «altre utilità» qualsiasi (risparmio di imposta) La l. 186/14 introduce una apposita causa di non punibilità dell’autoriciclaggio (oltre che dell’art. 648-bis e ter) se commesso in relazione ad alcuni delitti di cui al d.lg. 74/2000 Le Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette di Banikitalia del 12.1.2001 indicano anche i delitti intesi a evitare esborsi di denaro
In giurisprudenza è assodato che il profitto suscettibile di confisca può essere costituito anche da un risparmio di imposta TUTTI QUESTI INDICI DEPONGONO NEL SENSO CHE E’ CONCEPIBILE L’AUTORICICLAGGIO DA DELITTO FISCALE
Cass. 6061/12 e Cass. 23396/05 individuano nel risparmio d’imposta le «utilità» menzionate dall’art. 648 bis Per Cass. 42120/12 e Cass. 49427/09 il reato fiscale commesso all’estero può costituire reato presupposto del riciclaggio Per Cass. 546/11 il versamento su conto corrente del profitto di reato fiscale è riciclaggio
TALE CONCLUSIONE NON ELIMINA OGNI DUBBIO DI APPLICAZIONE PRATICA il riciclaggio o l’autoriciclaggio devono esercitarsi su un bene identificabile come provento del reato presupposto Il problema non sembra potersi risolvere in toto con la fungibilità del denaro
In materia di sequestro funzionale alla confisca la giurisprudenza afferma che non è richiesto che il provvedimento cautelare si consolidi proprio sullo specifico denaro ricavato dal delitto presupposto Perché una volta entrato nel patrimonio di un soggetto quel denaro si confonde con il resto
La giurisprudenza penal-tributaria si è interrogata sulla confiscabilità per equivalente del profitto derivante da reati tributari Dubbio in particolare rispetto alla confiscabilità di denaro in capo alla persona giuridica nell’interesse della quale il reato è stato commesso Dando talvolta risposta affermativa
Un conto è, però, dire che si può sequestrare il profitto illecito per equivalente, un altro conto è riconoscere la configurabilità del reato di (auto)riciclaggio rispetto a un delitto (fiscale) che non ha prodotto un incremento patrimoniale, ma solo un risparmio di imposta
Infatti, i piani sono diversi: nel primo caso (sequestro) si afferma che la sanzione/confisca può colpire anche beni diversi dal profitto direttamente discendente dal reato (valore equivalente) Nel secondo caso (auto/riciclaggio) si tratta di individuare uno specifico bene che formi l’oggetto del riciclaggio
Per la verità, Cass. S.U. 10561/2014 ha affermato, in tema di confiscabilità in capo a una società del profitto di art. 10 ter dlg. 74/2000, che «la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è confisca per equivalente, ma confisca diretta».
Per cui: «E’ consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica»
Sembra che così si affermi che nel caso di denaro questo costituisce sempre e comunque, per sua natura, il profitto diretto del reato tributario Se così è, il denaro come tale – anche come risparmio di imposta – potrebbe costituire l’oggetto materiale del reato di (auto)riciclaggio
Infatti, sempre in materia di sequestro a fini di confisca Cass. S. U Infatti, sempre in materia di sequestro a fini di confisca Cass. S.U. 29951/2004 ha stabilito che: «E’ evidente che la fungibilità del denaro e la sua funzione di mezzo di pagamento non impone che il sequestro debba necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite, bensì la somma corrispondente al loro valore nominale»
La sentenza prosegue: «inconferenti devono ritenersi, pertanto, le argomentazioni circa la necessità di identificazione del denaro che costituisca il risultato empirico della condotta esecutiva criminosa quale immediata conseguenza materiale di essa»
Così, se in banca l’imprenditore evasore ha 100 e la sua evasione è di 50, il suo profitto illecito da reato è sicuramente 50 (che è perciò confiscabile) Ma in più si potrebbe dire che 50 – come valore, non come specie monetaria identificabile - è anche l’oggetto di un eventuale (auto)riciclaggio, in quanto il denaro è per sua natura privo di identificabilità materiale Con la conseguenza che QUALSIASI impiego di 50 nella attività d’impresa integrerebbe il reato di (auto)riciclaggio
E’, però, sempre Cass. S.U. 29951/2004 ad affermare che deve comunque sussistere un rapporto pertinenziale, quale relazione diretta, attuale e strumentale del denaro con il reato commesso; e che devono «escludersi collegamenti esclusivamente congetturali, che potrebbero condurre all’aberrante conclusione di ritenere in ogni caso e comunque legittimo il sequestro del patrimonio di qualsiasi soggetto indiziato di illeciti tributari»
Inoltre, Cass. 49630/2014, riconoscendo che nel reato tributario non si ha ricchezza che entra nel patrimonio dell’evasore, ma semplicemente ricchezza che non ne esce, afferma che «il sequestro dovrà necessariamente avvenire nella forma per EQUIVALENTE», e ciò tra l’altro perché in tal caso il denaro «NON ha mai avuto una sua MATERIALITA’ FISICA, ma è consistito in una immateriale entità contabile»
E allora dove sarebbe l’oggetto materiale del reato di (auto)riciclaggio?
Sicuramente vi sono dei casi in cui questo oggetto materiale è perfettamente identificabile Frode fiscale con emissione di fatture false Chi riceve le fatture effettua il pagamento Chi riceve il pagamento storna il denaro su conti riservati a disposizione di chi ha ricevuto le foi QUI E’ BEN INDIVIDUABILE L’OGGETTO MATERIALE DEL REATO FISCALE, e quindi del (AUTO)RICICLAGGIO
Si supponga, invece, che l’evasore fiscale ex art. 3 o 4 o 5 d. lg Si supponga, invece, che l’evasore fiscale ex art. 3 o 4 o 5 d.lg. 74/2000 sia totalmente privo di risorse liquide e che l’evasione sia di 50 Se successivamente l’evasore riceve un finanziamento dalla banca per 50, si potrà sequestrargli quel denaro (quantomeno per equivalente). MA SI PUO’ DIRE ANCHE CHE ESSO PUO’ ESSERE OGGETTO DI (AUTO)RICICLAGGIO?
Viceversa nella sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 d.lg. 74/2000 è facilmente individuabile il profitto suscettibile di (auto)riciclaggio Infatti il reato consiste, tra l’altro, nell’alienare simulatamente o compiere altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni
Nei reati fiscali come reato presupposto c’è un altro problema L’utilizzatore di foi non commette il reato di cui all’art. 2 d.lg. 74/2000 (idem artt. 3 e 4) se non con la presentazione della dichiarazione fiscale Ma lo storno su conti riservati del denaro pagato all’emittente delle foi sarà avvenuto magari molto tempo prima In questi casi il reato presupposto potrebbe essere, secondo un certo orientamento, l’appropriazione indebita di fondi, ma comunque non il reato fiscale (v. Cass. 981/2015 per l’art. 5 d.lg 74/2000, che ribadisce che il 648 bis può sussistere solo dopo la commissione del reato fiscale) Sgubbi richiama l’art. 646 a proposito dell’illecito fiscale sotto soglia
l’art. 646 c.p. come norma interposta Non c’è (auto)riciclaggio da bancarotta fraudolenta se la condotta viene tenuta prima della dichiarazione di fallimento Ma il reato c’è se posso ricostruire come appropriazione indebita quella che diventerà una distrazione fallimentare Non è automatico che ciò avvenga in ogni caso
Se l’amministratore distrae delle somme nel proprio interesse vi è art Se l’amministratore distrae delle somme nel proprio interesse vi è art. 646 c.p. in atto (e 223 LF in potenza) Ma se l’amministratore accantona fondi societari extrabilancio per corrompere pp.uu. nell’interesse della società non è pacifico che vi sia art. 646 cp In senso favorevole Cass. 5136/1997 Bussei In senso contrario Cass. 1245/1998 Cusani
PREMIALITA’ DA COLLABORAZIONE VOLONTARIA L’ART. 1 L. 186/2014 prevede per chi presta la collaborazione volontaria una causa di non punibilità : per alcuni reati fiscali di cui al d.lg. 74/2000 Per i reati di riciclaggio (648 bis) e impiego (648 ter) commessi in relazione ai reati di cui sopra Per la nuova figura di autoriciclaggio relativamente ai reati fiscali di cui sopra
Restano esclusi tra i reati fiscali del dlg 74/2000 L’emissione di foi (art. 8) L’occultamento/distruzione di contabilità (art. 10) La indebita compensazione di crediti (art. 10 quater) La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11)
Ove si seguisse quella giurisprudenza secondo cui non opera il divieto di concorso dell’utilizzatore delle foi con l’emittente se il reato di cui all’art. 2 non può essere perseguito Il collaboratore volontario, imputabile del reato di cui all’art. 2, che lucra la causa di non punibilità su tale reato, potrebbe essere perseguito per concorso in art. 8, vanificando l’effetto premiale voluto dal legislatore
CONDIZIONI E LIMITI DELLA PREMIALITA’ La causa di non punibilità opera solo con riguardo alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alla ritenute oggetto della collaborazione volontaria La non punibilità si estende a tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i reati per cui essa opera, evidentemente anche a favore di coloro che non hanno effettuato la collaborazione volontaria
La procedura deve essere stata completata per ottenerne i benefici: il mancato pagamento della rata unica o di una delle tre rate mensili comporta il venir meno dei suoi effetti (anche sul piano penale)
Non è ammessa la procedura se, tra l’altro, l’interessato abbia avuto formale conoscenza di procedimenti penali per reati tributari relativi all’oggetto della collaborazione La formalità della notizia può derivare dall’invio di una informazione di garanzia, dalla esecuzione di un sequestro, una perquisizione o una misura cautelare personale, o ancora da una comunicazione ex art. 335 cpp (registro delle notizie di reato)
La inammissibilità della procedura ricorre anche quando la formale notizia sia stata appresa non dall’aspirante collaborante ma da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti concorrenti nel reato
A proposito della premialità all’autoriciclaggio il legislatore crea una inedita legittimazione a delinquere Infatti non sono punibili le condotte di autoriciclaggio relative ai reati fiscali oggetto della collaborazione commesse fino al 30.9.2015, data entro la quale può essere attivata la procedura, nonostante che il nuovo reato scatti dal 1.1.15
LA CONFISCA Viene interpolato l’art. 648-quater, inserendovi il riferimento all’autoriciclaggio, in modo che è sempre obbligatoria la confisca diretta del prodotto o del profitto del reato ovvero quella per equivalente
LA RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI Nell’art. 25-octies d.lg. 231/2007 viene inserito il riferimento all’autoriciclaggio a fianco degli artt. 648, 648-bis e ter Questo vuol dire che i modelli organizzativi dovranno essere calibrati tenendo conto dei rischi da autoriciclaggio
In questo modo dovrebbero rientrare indirettamente nell’ambito della compliance anche i reati fiscali, che di per sé non vi sono inclusi, in quanto reati presupposto dell’autoriciclaggio
Taluno (Rossi Vannini) sostiene che non vi sarebbe responsabilità amministrativa per autoriciclaggio se il reato presupposto non è tra quelli contemplati dal d.lg. 231/2001 Tesi che non si accorda con il tenore della disposizione, che non prevede tale condizione