Il trattamento integrato nei DPS “Ci vuole un villaggio per crescere un bambino”
Per far crescere e curare un bimbo autistico ciò è ancor più vero Non si può pensare di intervenire sul bambino da solo, ma considerando il bambino nel suo sistema di vita: famiglia, scuola, sanitari (Pediatri, servizi di NPI), luoghi educativi. Ogni bimbo è corpo, psiche, relazioni familiari, socialità.
Deliberazione della Giunta Regionale 29 novembre 2016, n. 2-4286 «La cura dei pazienti cronici richiede risposte integrate e multidisciplinari, trasversali ai diversi ambiti di assistenza e di vita, che pongano attenzione alla centralità del paziente e della persona, alla prossimità dei percorsi, alla tempestività di intervento ed efficienza, al coordinamento degli interventi, specie per quanto attiene ai processi di integrazione socio-sanitaria, all’elaborazione di percorsi basati su evidenze scientifiche, alla semplificazione e trasparenza organizzativa, alla garanzia dell’informazione e della partecipazione del paziente e delle famiglie al processo di cura, al miglioramento delle modalità di integrazione con i servizi sociali comunali e del terzo settore. L’orientamento è verso logiche organizzative prioritariamente fondate sulla sinergia tra le reti sanitarie e socio-sanitarie attraverso la programmazione dei fabbisogni e delle adeguate risposte da erogare e l’interazione gestionale in funzione della continuità assistenziale.»
Deliberazione della Giunta Regionale 3 marzo 2014, n. 22-7178 “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo: recepimento dell'Accordo Stato Regioni del 22.11.2012 "Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico". Modalità di attuazione. Azione 14.4.6 di cui alla DGR25-6992 del 30.12.2013”.
La Delibera auspica: “La creazione di una rete coordinata di intervento, che si snodi lungo il percorso esistenziale della persona con autismo e che garantisca un approccio multi professionale, interdisciplinare ed età specifico, quale strumento indispensabile per poter affrontare la complessità ed eterogeneità delle sindromi autistiche, nel rispetto dei vigenti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)”
La rete coinvolge i servizi sanitari, sociali ed educativo-formativi, la famiglia e le associazioni presenti sul territorio ed ha come obiettivo: l’inclusione scolastica e sociale, il rafforzamento del supporto alla famiglia per renderne maggiormente sostenibile l’impegno, il raggiungimento della migliore autonomia possibile negli ambienti di vita normali (scuola, lavoro e famiglia) nell’età adulta il mantenimento e potenziamento delle abilità acquisite. In quest’ottica, gli interventi proposti debbono porsi come obiettivo la massima efficacia, per essere compatibili con la complessiva sostenibilità del sistema.
In ambito socio-sanitario ed EDUCATIVO la costruzione di interventi di rete costruiti intorno al paziente permettono di: Affrontare problemi di particolare complessità e gravità su più fronti Superare la frammentazione dei servizi e della prestazione professionale «solitaria»
Sentirsi parte di un sistema mirato ad un obiettivo preciso, anche se arduo Evitare ripetizioni e dispersioni di risorse
Costruire una rete non è facile…
…e neanche mantenerla!
L’efficacia degli interventi indicati aumenta se tutte le persone che interagiscono con i bambini adottano le stesse modalità di comunicazione e di comportamento. Ecco perché è importante che i genitori e le persone che passano molto tempo con questi bambini siano sempre attivamente coinvolti e guidati dai professionisti. Rete = efficacia
Per fare/essere una RETE è necessario: avere lo stesso obiettivo: sentirsi tutti responsabili e coinvolti nel processo di crescita del bambino «volere il bene» del bambino usando strumenti condivisi Il primo sistema/nucleo di attenzione e di impegno verso un bambino è composto da Famiglia, Scuola, Sanità.
Per raggiungere questi obiettivi la Delibera DGR n. 22-7178 del 3. 03 Per raggiungere questi obiettivi la Delibera DGR n. 22-7178 del 3.03.2014 invita ad individuare in ogni ASL un nucleo di operatori formati: il Nucleo DPS. Il Nucleo DPS è composto da tutti gli operatori di riferimento per la presa in carico di minori con autismo (neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista neuropsicomotricità, educatore) secondo il principio dell’integrazione multi-professionale e del superamento del criterio della consulenza. Il Nucleo DPS predispone alla formulazione della diagnosi, alla presa in carico ed alla definizione del progetto personalizzato di trattamento.
Il Nucleo ASD si rivolge a minori da 0 a 18 anni IL NUCLEO ASD ODIERNO DELL’EX ASLTO1 (Circ./ D 1-2- 3-8-9-10) DGR 2 (nov.2016) NPI ASL Città di Torino sud Dal 2018: Cinque medici NPI a tempo parziale (circa uno per distretto) Due psicologhe a tempo parziale e una psicologa consulente a monte ore Sette logopediste a tempo parziale Quattro TNPEE terapiste della riabilitazione a tempo parziale Quattro educatori a tempo parziale Il Nucleo ASD si rivolge a minori da 0 a 18 anni
Va ricordato che nella nostra ex ASL1 dal 2002 fino al 2014 esisteva un nucleo ambulatoriale di secondo livello, composto da: un medico NPI due logopediste due TNPEE (Neuropsicomotricista e Fisioterapista ) una educatrice a tempo pieno Rivolto a minori con sospetto ASD fino ai sei anni.
Fase 1: INDIVIDUAZIONE PRECOCE Le Linee Guida internazionali raccomandano l’individuazione precoce dei soggetti a rischio e la diagnosi precoce. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione dei PLS circa i fattori di rischio e in diverse ASL sono state utilizzati questionari e scale di valutazione come la CHAT, la M-Chat e la Q-Chat per: l’individuazione precoce di bambini con difficoltà sul versante socio comunicativo.
Fase 2: INVIO AL SERVIZIO SPECIALISTICO E ACCOGLIENZA Il PLS o MMG inviano il bambino e la sua famiglia al centro territoriale specialistico per l’inizio dell’iter diagnostico-terapeutico previsto. La prima visita, nei casi di sospetto disturbo dello spettro autistico deve essere garantita, presso l’ASL di residenza, in tutti i casi entro 30 giorni, definendo questi invii con un criterio di priorità. L’ACCOGLIENZA consiste in: prima visita neuropsichiatrica infantile o colloquio da parte dello psicologo. È formulato un sospetto di disturbo e il paziente è quindi avviato alle valutazioni clinica neuropsichiatrica e psicodiagnostica.
Fase 3: VALUTAZIONE CLINICA MULTIPROFESSIONALE La valutazione clinica neuropsichiatrica prevede: Esame obiettivo e neurologico Esami strumentali La valutazione psicodiagnostica, entro 120 giorni dalla prima visita, a cui collabora il Nucleo DPS, prevede: Anamnesi Osservazione di gioco libero e strutturato, se possibile videoregistrate; Compilazione di una scala o utilizzo di uno strumento standardizzato specifico (ad esempio CARS2, ADOS/2) Valutazione del profillo sensoriale in accordo con DSM 5; Valutazione del livello cognitivo e/o dello sviluppo e del livello del comportamento adattivo (Scala Vineland)
Fase 4 : RESTITUZIONE DELLA DIAGNOSI La diagnosi è multidisciplinare e multiprofessionale ed è fatta sulla base dei criteri diagnostici DSM 5 e codificata nel sistema informativo secondo i criteri ICD OMS. La restituzione è fatta anche in forma scritta dal neuropsichiatra infantile e/o psicologo del Servizio che ha fatto la diagnosi congiuntamente alle altre figure professionali della riabilitazione dell’età evolutiva
Comprensione e accettazione della diagnosi da parte delle famiglie “Le famiglie, se lasciate sole, possono percepire la disabilità come un masso che schiaccia qualunque azione, tentativo, iniziativa, come un peso impossibile da sostenere” (Micheli, 2007) Diventa difficile occuparsi delle necessità quotidiane Si blocca in questo modo il processo di adattamento del bambino ed è destinato ad aumentare il disagio psicologico dell’intero nucleo familiare
Fase 5: VALUTAZIONE FUNZIONALE La valutazione (e ri-valutazione) funzionale è un atto indispensabile per la formulazione di un progetto di trattamento e avviene in modo multi professionale ( logopedista, educatore, TNPEE). La valutazione funzionale viene aggiornata ai passaggi di scuola o in presenza di particolare necessità e al momento del passaggio all’età adulta. La valutazione funzionale prevede: Utilizzo di PEP-3, PEP/r o VB-MAPP Check List dell’Early Star Denver Modelin casi di bambini più piccoli. Per gli adolescenti, il TTAP.
Fase 6: IL TRATTAMENTO Come indicato nella DGR 3 marzo 2014, n. 22-7178, tra i requisiti irrinunciabili di qualsiasi progetto di trattamento, che deve comunque intendersi come integrato, vanno menzionati anche la formazione dei genitori (parent training) e la consulenza alla scuola, in un’ottica di rete di servizi. La stessa DGR afferma inoltre che: «La scuola ed in particolare il lavoro svolto dagli insegnanti si configura quale intervento educativo/formativo inserito a tutti gli effetti nel progetto terapeutico e psico/educativo. A livello organizzativo e operativo possiamo distinguere tra: trattamento sanitario, che viene attuato dai servizi sanitari e trattamento integrato, che comprende oltre all’intervento degli operatori sanitari, tutte le attività di carattere educativo effettuate da operatori socio assistenziali, insegnanti e genitori, all’interno di uno specifico progetto individualizzato condiviso, condotto secondo metodologie educative raccomandate dalle Linee Guida.»
Trattamento integrato Il trattamento precoce è fondamentale. Per bambini che non frequentano scuola dell’infanzia il trattamento precoce prevede cinque ore settimanali di intervento sanitario Dopo l’inserimento in scuola dell’infanzia il trattamento diventa integrato, perché comprende le attività abilitative sanitarie e le attività educative effettuate dai genitori, dagli insegnanti e dagli operatori socio sanitari, opportunamente formati e supervisionati. Per i bambini inseriti nella scuola dell’infanzia, primaria, secondaria, con insegnante di sostegno, il trattamento integrato prevede l’elaborazione del PEI (ove richiesta la figura del docente di sostegno ) o del PDP (Piano Didattico Personalizzato). Il percorso di trattamento mette in atto iniziative in ambito sanitario o educativo, per favorire la consapevolezza e l’autodeterminazione. Trattamento integrato
Nel progetto di trattamento integrato entrano a pieno titolo: La formazione dei genitori attraverso il Parent Training La consulenza alla scuola
Il Parent Training Informa sulla diagnosi e sulle peculiarità di ciascun bambino Insegna ai genitori i principi di un intervento precoce, usando metodi che siano adatti ai bisogni del bambino e che possano essere facilmente implementati nella vita di tutti i giorni Aiuta a prendere consapevolezza, ad affrontare e ad elaborare le emozioni Aiuta a creare una situazione a casa caratterizzata da un ambiente più sereno per tutta la famiglia.
Le ricerche DIMOSTRANO che se sosteniamo i genitori permettiamo loro di sviluppare le tecniche necessarie da usare con il bambino (Ingersoll and Gergans 2007): I genitori possono contribuire ad un maggiore sviluppo delle interazioni sociali (Aldred et al., 2004) I genitori aiutano i propri bambini a comunicare in modo più efficace, a migliorare le abilità imitative del bambino e lo sviluppo del gioco simbolico (Gilbert and LeBlanc, 2007) I genitori riescono a migliorare l’attenzione condivisa del bambino (Rocha et al, 2007)
Le ricerche DIMOSTRANO anche: Miglioramenti nelle funzioni socio-emotive ad un anno dal corso (Mahoney & Perales, 2003). Cambiamenti nelle risposte sociali dei genitori in correlazione a cambiamenti nel comportamento sociale del bambino. Cambiamenti nelle abilità socio-comunicative ad un anno dal corso (Wetherby and Woods, 2006)
Attività di Parent Training nell’ex ASLTO1 dal 2008 ad oggi Dal 2008 vengono effettuati interventi di Parent Training, due cicli all’anno di quattro incontri ciascuno, con medico NPI, logopedista , psicomotricista e educatrice; Dal 2014 al 2016, circa due cicli all’anno di cinque incontri, in collaborazione con OIRM, Presidio San Camilli e Casa OZ. Dal 2017 : due cicli di cinque incontri ciascuno con Medico NPI, logopedista, psicomotricista, educatrice, psicologa; un Parent Training secondo il modello di intervento per l’autismo ‘Parent Skills Training’ (PST) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e portato avanti a Torino in un ambito di ricerca con il Dipartimento di Psicologia Generale.
Attività di Parent Training nell’ex ASLTO1 dal 2008 ad oggi L'impegno del Parent Training per i genitori consiste in: 9 sessioni di lavoro gruppo (di due ore settimanali, con discussioni di gruppo, dimostrazioni strategie e roleplay); tre incontri domiciliari (di un'ora e mezza ciascuno, di coaching individuale a casa).
Interventi di consulenza da parte dell’ASL verso la scuola Interventi informativi e formativi verso il personale (asili nido, scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria) Per i casi in carico con certificazioni: tre reti all’anno di preparazione e verifica del PEI Ipotesi di progetto sperimentale (in corso di valutazione da gennaio 2018) di un incontro mensile per educatrici asili nido e scuola dell’infanzia per casi di particolare gravità o in connessione al lavoro di parent training avanzato condotto dai genitori. Interventi di consulenza da parte dell’ASL verso la scuola
Il trattamento integrato comprende le attività educative condotte a scuola: gli insegnanti e gli assistenti sociali devono essere formati sull’autismo e sulle strategie di intervento educative specifiche. La formazione degli insegnanti deve essere garantita dal sistema scolastico; gli insegnanti possono far riferimento agli Sportelli Autismo del proprio territorio istituiti dal MIUR. Formazione insegnanti e Assistenti comunali :
La prima alleanza educativa è tra Famiglia e Scuola Si basa su: Rispetto e riconoscimento per il ruolo di ciascuno, genitori ed educatori Fiducia reciproca Costruzione di un lavoro comune a favore del bambino
Non si sentono così preparati sulle tappe di sviluppo Questo è ancor più vero per un bambino in difficoltà: spesso i genitori percepiscono comportamenti problematici nel loro bimbo già a un anno e mezzo, ma oscillano tra riconoscerli e negarli, perchè: Non si sentono così preparati sulle tappe di sviluppo Sono spaventati da ciò che il bambino può avere Hanno paura di aver sbagliato qualcosa verso il figlio
Gli insegnanti possono aiutare i genitori a riconoscere aspetti problematici nel figlio a condizione di: Avere un rapporto già consolidato di fiducia con i genitori Far sentire i genitori alleati in un primo progetto condiviso di attenzione ed osservazione condivisa circa alcune difficoltà del bimbo Coinvolgere la famiglia in un iniziale impegno comune ad esempio di osservazione strutturata e stimolazione verso il piccolo, con passaggi graduali ma verificati che possano accompagnare il genitore all’accettazione delle difficoltà del figlio
Attenzione per gli insegnanti nelle comunicazioni con i genitori in queste situazioni a: Parlare ai genitori dedicando uno spazio e tempo preciso, senza fretta, in un clima di vicinanza affettiva Descrivere il bambino, anche negli aspetti positivi, senza usare etichette di patologia che possono aumentare la negazione di un genitore, inevitabilmente coinvolto e spaventato per il figlio Portare dati oggettivi, meglio se tratti da schede osservative standardizzate Non assumere atteggiamenti giudicanti o rigidi o direttivi Dare SEMPRE prospettive costruttive di intervento
L’insegnante: non deve stupirsi di una reazione negativa da parte del genitore, che non è legata a non-riconoscimento delle sue competenze professionali, ma a paura di fronte a un problema che appare spaventoso deve avere pazienza ed essere disponibile a più passaggi, affiancando il genitore in un percorso lento (perché doloroso) di riconoscimento
L’insegnante dopo questi passaggi potrà: Consigliare alla famiglia di rivolgersi a uno specialista di fiducia, innanzitutto il Pediatra, che potrà fare un invio a i servizi specialistici Dare informazioni sui servizi di NPI/ Psic Evol territoriali preparare una breve relazione sul bambino, descrivendo i comportamenti senza dare giudizi o interpretazioni.