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LABORATORIO “METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE”

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Presentazione sul tema: "LABORATORIO “METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE”"— Transcript della presentazione:

1 LABORATORIO “METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE”
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MACERATA Corso Abilitante Speciale A.A LABORATORIO “METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE” Dott.ssa SASANELLI LIA DANIELA Dottore di ricerca in “Scienze dell’educazione e analisi del territorio”, Insegnante, Pedagogista.

2 IL VALORE EDUCATIVO-DIDATTICO DEL CORPO E DEL MOVIMENTO
ATTIVITA’ LABORATORIALE DI PRODUZIONE COOPERATIVA IN PICCOLI GRUPPI. 1. Suddivisione della classe in piccoli gruppi (3 componenti); 2. Brainstorming sul focus: “CORPO E MOVIMENTO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA”; 3. Esposizione delle idee emerse.

3 Il valore educativo del movimento- 1
Le attività motorie e ludico-sportive si pongono, nelle diverse fasi della vita, come uno STRUMENTO DI MEDIAZIONE CON IL MONDO La valorizzazione della dimensione corporea è stata riconosciuta anche dalla PEDAGOGIA* (Cfr. _Dewey, Montessori, etc.) che sostiene il VALORE EDUCATIVO DEL FARE E DELL’AGIRE.

4 Il valore educativo del movimento- 2
CORPO E MOVIMENTO costituiscono una parte importante nel processo educativo e di sviluppo poiché favoriscono nel bambino: LA CONQUISTA DELL’AUTONOMIA L’ACQUISIZIONE DELL’IDENTITA’ PERSONALE L’ACQUISIZIONE DELLE COMPETENZE . La naturale spinta al fare all’agire, tipica del periodo dell’infanzia, deve essere indirizzata in percorsi di insegnamento e di apprendimento che valorizzino la dimensione corporea e, in primo luogo che favoriscono un’EDUCAZIONE SENSORIALE perché, come afferma M. Montessori: “i sensi sono esploratori della conoscenza e aprono la via alla conoscenza”.

5 Il valore educativo del movimento- 3
Pertanto le attività di movimento, i giochi motori e sportivi sono STRUMENTI EFFICACI ed originali per la formazione poiché aiutano i bambini a: Apprendere regole e principi morali utili per il processo di socializzazione Essere protagonisti del proprio sapere (i bambini scoprono e imparano le conoscenze, non le imparano a memoria)

6 Il valore educativo del movimento- 4
Occorre dunque un ripensamento della prassi educativa partendo dal riconoscimento dell’esistenza di una pluralità di stili apprenditivi e di “formae mentis”, considerando l’intelligenza non più come una “manifestazione unica ed esclusiva del potenziale cognitivo dell’uomo, ma come una modalità risolutiva dei problemi capace di utilizzare canali percettivi, strumenti e approcci diversi ed individuando nell’intelligenza corporeo-chinestetica quella forma della cognizione che entra in gioco in maniera prevalente in molte attività umane”® H. Gardner, “Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza. Fletrinelli, Milano 2005

7 Il valore educativo del movimento- 5
Fare del corpo il protagonista della DIDATTICA significa partire dal binomio inscindibile CORPO-EMOZIONI, strutturando percorsi di insegnamento –apprendimento a carattere laboratoriale, che possano costituire reali PERCORSI INTEGRATIVI anche per i bambini disabili

8 Il valore educativo del movimento- 5
Infatti le attività ludico-motorie si predispongono bene alla sfida dell’INTEGRAZIONE ponendosi come: straordinari contenitori sociali, ambienti privilegiati per le relazioni umane, terreno fertile per lo sviluppo del potenziale cognitivo e del SISTEMA VICARIANTE

9 Epistemologia dell’educazione motoria – 1
La storia delle attività motorie è stata sempre caratterizzata da una separazione fra: 1. LA DIMENSIONE SPIRITUALE E MENTALE DELL’UOMO 2. LA DIMENSIONE CORPOREA E MATERIALE DELL’UOMO. Questa separazione ha influito su una concezione dell’educazione nella quale la sfera corporea ha occupato SPAZI SECONDARI E RIDUTTIVI. Ci sono però illustri studiosi, come Dewey e Montessori che hanno contribuito a ridare all’educazione motoria un ruolo primario.

10 Il learning by doing (J.Dewey)- 1
Verso la fine del diciannovesimo secolo si è sentita l’esigenza di rinnovare le pratiche sottese all’EDUCAZIONE MOTORIA…..una delle espressioni più significative è stata la pedagogia di J. Dewey. Egli propose in ambito educativo di iniziare dall’ESPERIENZA DIRETTA DEGLI ALUNNI e di valorizzare l’APPENDIMENTO ATTRAVERSO IL FARE (“LEARNING BY DOING”). Infatti, “il pensiero scaturisce dall’esperienza pratica”. Egli auspicò la creazione di una SCUOLA ATTIVA, dove il bambino, opportunamente stimolato, ha la possibilità di sviluppare e coltivare le sue attività e i suoi interessi a partire dal GIOCO.

11 Il learning by doing (J.Dewey)- 2
“L’impulso del ragazzo a FARE si esprime anzitutto nel gioco, nel movimento, nei gesti, nell’inventare, poi si determina meglio e cerca sbocco nel plasmare materiale […]i ragazzi amano semplicemente fare e osservano attentamente quel che ne verrà fuori”.® La scuola ha il compito di costruire azioni ludiche(cioè di gioco) adeguate, creando un ambiente dove prevalgono i principi di COLLABORAZIONE, SOLIDARIETA’ E RISPETTO DELL’ALTRO.

12 Il learning by doing (J.Dewey)- 3
COLLABORAZIONE, SOLIDARIETA’ E RISPETTO DELL’ALTRO sono principi che corrispondono proprio all’architrave di ogni esperienza motoria a carattere educativo e sono una vera fucina di preparazione alla vita sociale. In particolare il GIOCO SPORTIVO corrisponde a questo modello teorico, poiché mira alla costruzione di principi e regole, contribuendo alla conoscenza dei propri limiti, favorendo un rapporto costante tra pensiero ed azione.

13 Il learning by doing (J.Dewey)- 4
“Una corretta educazione al movimento e allo sport in questa prospettiva scientifica, aiuta con le sue “pratiche specifiche” a promuovere un benessere psicofisico della persona e del gruppo, affermando nell’esperienza del fare e secondo una dimensione etica e morale, i valori che sono alla base del vivere sociale e dei principi comunitari”

14 LA PEDAGOGIA MONTESSORIANA- 1
Anche in Italia, grazie alla figura di M. Montessori, si affermò il primato in campo educativo-didattico, dell’ESPERIENZA MOTORIO-CORPOREA ed in particolare delle attività connesse alla MANUALITA’® La pedagogista si è guadagnata il merito di aver elaborato il primo metodo organico e scientificamente fondato di educazione infantile nel nostro Paese.

15 LA PEDAGOGIA MONTESSORIANA- 2
Attraverso il MOVIMENTO, dice la Montessori, il bambino sperimenta direttamente con i SENSI le qualità delle cose. Pertanto la pedagogista si dedicò all’interno delle sue scuole alla strutturazione di MATERIALE DIDATTICO che potesse stimolare L’EDUCAZIONE DEI SENSI®. Il modello costruito dalla Montessori insisteva sulla necessità di una EDUCAZIONE SISTEMATICA DEI SENSI. I materiali e gli esercizi montessoriani di dividevano in 2 gruppi: 1. I MATERIALI DI SVILUPPO: frutto di una determinata ricerca scientifica; 2. OGGETTI DI USO QUOTIDIANO

16 LA PEDAGOGIA MONTESSORIANA- 3
Nello specifico utilizzava: per il gusto e per l’olfatto: le esperienze attingevano a prodotti ed elementi naturali; per l’udito: erano previsti una serie di campanellini e fischietti; per la vista :erano previsti 3 serie di cilindri di grandezze graduate, blocchi colorati di legno in 3 sistemi (delle aste e delle lunghezze, dei prismi e dei cubi); per il tatto: erano previste tavolette levigate e ruvide, cartoncini, stoffe, materiali diversi per la conduzione del calore (vetro, feltro, marmo, ferro) e strumenti per fornire le “impressioni” di peso e di forma.

17 LA PEDAGOGIA MONTESSORIANA- 4
Il principio generale sul quale si basava l’educazione dei sensi era che il bambino NON POTESSE affrontare direttamente tutte le caratteristiche e le qualità di cui si compongono gli oggetti e quindi M. Montessori scomponeva questa complessità nei suoi elementi semplici, in modo da consentire al bambino di familiarizzare con le sensazioni. Inoltre nelle scuole montessoriane veniva educata soprattutto la MANO DESTRA con esercizi preparatori alla scrittura.

18 Modelli teorici di riferimento: Piaget (1)
Piaget descrisse il percorso evolutivo della persona come un processo lungo e complesso. Secondo Piaget L’INTELLIGENZA è una FORMA DI ADATTAMENTO che si esplica attraverso: ASPETTI FUNZIONALI: sono due (ADATTAMENTO e ORGANIZZAZIONE) e descrivono come opera la nostra mente nella sua attività di conoscenza e come si modifica nel corso del suo sviluppo; ASPETTI STRUTTURALI, ossia le STRUTTURE COGNITIVE, cioè il risultato del funzionamento della nostra mente. Analizziamo i due ASPETTI FUNZIONALI, che Piaget definisce “invarianti” (poiché operano sempre allo stesso modo), l’ADATTAMENTO che si divide a sua volta i due processi complementari: -l’ASSIMILAZIONE:processo attraverso cui l’individuo utilizza e incorpora gli stimoli provenienti dall’esterno; -l’ACCOMODAMENTO: processo messo in atto dall’individuo quando le risposte precedentemente apprese NON risultano idonee alla situazione attuale; l’ORGANIZZAZIONE: quando la nostra mente si organizza e costruisce STRUTTURE COGNITIVE che permettono di agire efficacemente sulla realtà.

19 Modelli teorici di riferimento: Piaget(2)
Secondo Piaget lo SVILUPPO COGNITIVO segue QUATTRO STADI sequenziali, ognuno dei quali implica una riorganizzazione così profonda da impedire al bambino di accedere alle sue forme interpretative precedenti. GLI STADI SONO QUINDI DA INTENDERE non COME PIANI SUCCESSIVI DI UN EDIFICIO, MA COME LE RICOSTRUZIONI DELL’EDIFICIO DOPO OGNI SUO CROLLO.

20 Modelli teorici di riferimento: Piaget(3)
1. STADIO SENSO-MOTORIO (Prima infanzia 0-2 anni): la conoscenza è legata all’esplorazione sensoriale e motoria (percezione visiva,uditiva, tattile e coordinamento. 2. STADIO PRE-OPERATORIO (Seconda infanzia 2-6 anni): sviluppa la capacità di rappresentare mentalmente non solo le percezioni immediate, ma anche quelle sperimentate in precedenza, ma spesso non riesce a percorrere a ritroso e a risalire alla situazione di partenza di una determinata sequenza (IRREVERSIBILITA’ DEL PENSIERO) 3. STADIO OPERATORIO CONCRETO (6-12 anni): il soggetto e’ in grado di operare attraverso rappresentazioni mentali sempre ancorate all’esperienza concreta, ma matura la capacità di conservare contemporaneamente più rappresentazioni mentali e di metterle in relazioni (REVERSIBILITÀ DEL PENSIERO). 4. STADIO OPERATORIO FORMALE (dai 12 anni in poi): tipico del periodo adolescenziale, in questo stadio viene sviluppata la capacità di operare mediante l’ASTRAZIONE e la GENERALIZZAZIONE. Si è in grado di fare deduzioni anche senza avere a disposizione dati concreti dell’esperienza. Quest’ultimo periodo viene considerato da Piaget come il PUNTO D’ARRIVO DELLO SVILUPPO, grazie alla capacità acquisita di fare ipotesi sulla realtà e di sottoporle a verifica mediante criteri logici.

21 Modelli teorici di riferimento: Piaget(4)
IMPLICAZIONI IN AMBITO MOTORIO DELLA TEORIA DI PIAGET Secondo la teoria di Piaget in un ambiente di apprendimento motorio occorre seguire alcune regole: PRESENTARE LE ATTIVITA’ IN MANIERA SEQUENZIALE Dunque nella 1° fase (quella senso motoria)si potranno proporre giochi di tipo psico-sensoriale che consentono al b. di immergersi , mediante i sensi, nella realtà che lo circonda. Nella 2° fase (quella pre-operatoria) si potranno proporre giochi percettivo-motori e simbolici ed il bambino potrà consolidare alcuni SCHEMI MOTORI DI BASE come camminare, correre, saltare, afferrare , lanciare, arrampicarsi e strisciare. Solo durante nelle ultime due fasi (quella delle operazioni concrete e formali) è possibile passare dai giochi di movimento, finalizzati alla conoscenza e consapevolezza de Sé corporeo e alla strutturazione degli schemi motori di base, ai giochi sportivi , proponendo attività ludiche connotate dal rispetto di alcune regole , dunque giochi che hanno anche un significato educativo e che aiutano i ragazzi a comunicare e a socializzare attraverso attività individuali e di gruppo.  UTILIZZARE UNA METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO CHE FAVORISCE L’AUTOSCOPERTA E L’APPRENDIMENTO ATTIVO, attraverso la manipolazione di oggetti e la realizzazione di esperienze di problem –solving, dove cioè il bambino trovi da solo soluzioni a problemi.

22 Modelli teorici di riferimento: J. Bruner (1)
Bruner ha valorizzato molto gli studi di Piaget sullo sviluppo cognitivo, ma si è concentrato soprattutto sui processi di APPRENDIMENTO. Secondo Bruner si può insegnare tutto a tutti, basta presentare le conoscenze con un tipo di comunicazione psicologicamente adeguata all’età del bambino che abbiamo di fronte.

23 Modelli teorici di riferimento: J. Bruner (2)
Egli individua, per lo sviluppo dell’intelligenza, tre diverse sistemi di rappresentazioni che corrisponderebbero ad altrettante modalità di apprendimento della nostra mente: 1. IL SISTEMA ATTIVO DI RAPPRESENTAZIONE: in cui il soggetto apprende in base all’esperienza diretta sulle cose e sulla realtà; si tratta attraverso l’AZIONE di tradurre l’esperienza in un modello mentale (SI IMPARA FACENDO) 2. IL SISTEMA ICONICO DI RAPPRESENTAZIONE: in cui la conoscenza è legata alla percezione uditiva e visiva; si apprende “VEDENDO FARE”, OSSERVANDO, IMITANDO l’azione che un’latra persona compie. 3. IL SISTEMA SIMBOLICO DI RAPPRESENTAZIONE: in cui la conoscenza è mediata da simboli (scrittura, formule matematiche, note musicale). Il bambino, per esempio, attraverso il linguaggio usa il concetto, per cui non ha bisogno di vedere l’oggetto per parlarne perché l’ha già elaborato nella sua mente.

24 Modelli teorici di riferimento: J. Bruner (3)
A differenza di Piaget, Bruner non ripropone una relazione gerarchica tra i 3 tipi di rappresentazione, in cui la più complessa ingloba e supera la precedente, che viene così abbandonata: egli ipotizza che tali forme possano essere compresenti nei diversi momenti della vita del bambino e dell’adulto (per esempio si può imparare a fare una cosa PROVANDO E RIPROVANDO/ OSSERVANDO UN ALTRO FARLA/ LEGGENDO UN LIBRO CHE SPIEGA COME FARE)

25 Modelli teorici di riferimento: J. Bruner -4
Secondo Bruner l’individuo deve amplificare le proprie CAPACITA’ COGNITIVE attraverso l’ESPERIENZA CORPOREO-CHINESTETICA. La scuola ha il compito di insegnare a costruire la conoscenza attraverso linguaggi alternativi , come quello della COMUNICAZIONE NON VERBALE A CARATTERE MOTORIO. Deve, perciò, favorire pertanto l’esperienza del fare, dell’agire e del comunicare corporeamente . La didattica del movimento, dunque, non è intesa solo come sviluppo di abilità e capacità motorie, ma richiede, secondo Bruner, il passaggio dalla EDUCAZIONE DEL CORPO EDUCAZIONE ATTRAVERSO IL CORPO ®

26 Modelli teorici di riferimento: H. Gardner -1
Gardner, rifiutando la concezione dell’intelligenza caratterizzata da un QI (quoziente intellettivo) da MISURARE mediante test psicometrici propone la seguente definizione: L’INTELLIGENZA E’ LA CAPACITA’ DI RISOLVERE I PROBLEMI O DI CREARE PRODOTTI CHE ABBIANO UN VALORE RICONOSCIUTO IN UNO O PIU’ AMBIENTI CULTURALI DIVERSI.

27 Modelli teorici di riferimento: H. Gardner -2
Per Gardner l’intelligenza è una struttura articolata in una “pluralita’ di “formae mentis” (cioè “forme intellettive”), ciascuna delle quali caratterizzata da specifiche abilità per la soluzione di determinati problemi. Gardner ha proposto 9 differenti intelligenze, cioè 9 diversi modi di conoscere il mondo: Linguistica Logico-matematica Spaziale Musicale Corporeo –cinestetica Interpersonale Intrapersonale Naturalistica Esistenziale

28 Modelli teorici di riferimento: H. Gardner -3
Ciascuna di queste “formae mentis” opera in maniera INDIPENDENTE dalle altre e ha modo di strutturarsi ed emergere solo a contatto con determinati sistemi simbolico-culturali. Secondo Gardner la scuola non deve soltanto enfatizzare le abilità linguistiche e logico-matematiche, come avviene di solito. La scuola ha il compito di riconoscere e valorizzare i diversi tipi di intelligenza e di offrire agli studenti approcci diversi e sussidi (materiali) che implicano l’utilizzo delle diverse intelligenze.

29 Modelli teorici di riferimento: H. Gardner -4
IMPLICAZIONI IN AMBITO MOTORIO DELLA TEORIA DI GARDNER Gardner identifica il corpo e il movimento come DIMENSIONI INTELLIGENTI DELL’INDIVIDUO. Pertanto si può imparare non solo attraverso il linguaggio verbale, quello logico-matematico, quello musicale ecc., ma anche attraverso le prestazioni cinestetiche. La dimensione corporeo-chinestetica permette di conoscere con il corpo, mediante il corpo.

30 Percorso laboratoriale
“ALLA CONQUISTA DEL RITMO!” Fase 1. Definizione di RITMO

31 COSA è IL RITMO? IL RITMO NON E’ UN FENOMENO RICONOSCIBILE E RINTRACCIABILE SOLO NELLA MUSICA E NEL MOVIMENTO, MA IN TUTTE LE INFINITE MANIFESTAZIONI DELL’ESISTENTE (A PARTIRE DALLA SUDDIVISIONE CELLULARE PER ARRIVARE AI CICLI COSMICI)

32 Una possibile classificazione dei ritmi
Se vogliamo individuare e schematizzare la presenza del ritmo in tutto ciò che accade , possiamo tentare una classificazione di questo tipo: Il ritmo nei fenomeni vitali (animali, vegetali, umani); Il ritmo nei linguaggi (verbale, musicale, motorio, figurativo, ecc); Nel comportamento (umano, animale e vegetale); Negli apprendimenti; Nelle cose (per es.le macchine); Negli eventi cosmici

33 I gruppi ritmici Secondo la scansione sequenziale si dividono i ritmi in 3 gruppi generali: RITMI REGOLARI: si caratterizzano per la ripetitività degli eventi Esempio: RITMI PERIODICI: si caratterizzano per la periodicità con cui gli eventi si verificano gli eventi Esempio: / / / RITMI IRREGOLARI: si caratterizzano per la totale imprevedibilità degli eventi Esempio: + + / / + / ,


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