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Antropologia - Lezione 21^

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Presentazione sul tema: "Antropologia - Lezione 21^"— Transcript della presentazione:

1 Antropologia - Lezione 21^
Momento sistematico 1 Le strutture della libertà creata

2 (Giacomo di Sarug, Omelia su nostro Signore)
Il Figlio di Dio vendette le sue sofferenze per amore sposando a prezzo delle sue piaghe la chiesa abbandonata. Per questa adoratrice di idoli, egli soffrì sulla croce perché per le sue sofferenze essa diventasse sua, tutta santa. Egli accettò di condurre al pascolo l’intero gregge degli uomini con il grande bastone della crocifissione, soffrendo. Nazioni, mondi, classi, folle e popoli: accettò di condurre tutto, per ottenere nient’altro che la sola chiesa. (Giacomo di Sarug, Omelia su nostro Signore)

3  e il dono creato  Elementi costitutivi della grazia
A questo punto è possibile individuare gli elementi costitutivi della giustizia cristiana: umanità conforme all’intenzione originaria di Dio  il dono increato  e il dono creato

4 a) Il dono increato La Grazia increata è il dono stesso dello Spirito Santo, la sua Persona, che «diventa il vincolo interpersonale più profondo tra noi e Cristo». Nel momento stesso della giustificazione Dio stabilisce una nuova relazione con l’uomo. È ciò che la tradizione ha efficacemente espresso con il tema della inabitazione, ossia della presenza della Trinità nel credente.

5 L’inabitazione è un dato biblico:
 nell’AT è presente il tema della Gloria di Dio  che inabita nella creazione (vedi il tema della Sapienza), nel tempio (cfr. 2 Cron 7,1-3), nel giusto (cfr. Ez 36,26-28)  La gloria è la manifestazione sovrabbondante della presenza di Dio nel mondo

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7 L’inabitazione nel NT:
1Cor 3,16 = l’uomo come tempio di Dio Gv 15, = rimanere in Cristo – dimorare nello Spirito (me…nate ™n ™mo…)  è una relazione di mutua immanenza = “noi siamo in Lui ed Egli in noi” il testo più ricco sulla inabitazione dello Spirito di Cristo è senza dubbio Rm 8, :

8 9 Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 10 E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. 11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 13 …se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.

9 14 Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.
15 E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». 16 Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 23 …anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

10 essere inabitati dallo Spirito Santo è l’unica condizione per appartenere a Cristo: Se qualcuno non possiede lo Spirito di Cristo, questi non è suo (v. 9) inabitando in noi lo Spirito comunica al nostro essere la stessa vita del Figlio: è per la guida dello Spirito che abita in noi che diventiamo figli di Dio (v. 14) lo Spirito ricevuto è uno spirito di filiazione adottiva che attesta che siamo figli di Dio (v ) e che “geme - grida” come Cristo e in unione con Lui: “Abba, Padre”  l’inabitazione non va intesa metaforicamente (come se…), ma realisticamente: “la prova è che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo” (Gal 4,6)

11 ma Lui stesso viene a noi!»
 Per questo i Padri, specie i Padri greci, desi-gnavano i cristiani con l’appellativo di teofori oppure pneumatofori, cioè portatori dello Spirito «La Grazia è, per prima cosa, una misteriosa Presenza di Dio, una particolarissima intimità di Dio nell’anima del giusto; Dio non ci colma di doni, quasi distaccandoli da sé, ma Lui stesso viene a noi!» (G. Colzani)

12 Problema sorto nella patristica:
Se lo Spirito si unisce all’anima non è più esteriore ad essa Però lo Spirito Santo è distinto dall’anima: Contro l’eresia dei messaliani si afferma che “l’ospite divino è unito all’anima e distino da essa” (non come in un “nirvana” fusionale) Afraate il Siro e Filosseno di Mabbug: “Lo Spirito è l’anima della nostra anima”, la parte più spirituale dell’uomo, il suo vero io Origene per dire il peccato di un già cristiano: “anima abortiva dello Spirito del Logos”.

13 Immagini usate da Basilio Magno per dire il tipo di rapporto che c’è tra l’anima e lo Spirito:
Lo Spirito è come la “Luce nell’occhio sano” L’arte nell’artista Lo Spirito è il nostro “logos” (termine che viene tradotto con “ragione formale”) Circa il rapporto Spirito santo – corpo umano: Ireneo – spiegando la dottrina della tricotomia - afferma che, tramite l’anima che riceve lo Spirito Santo, anche il corpo è spirituale.

14 In sintesi: “Il giorno di Pentecoste lo Spirito in persona agisce e discende dentro la natura umana e si pone come fatto interno della natura umana” (P. Evdokimov, Lo Spirito santo e la Chiesa, p. 98). «Più che un maestro o una guida che dirigerebbe o insegnerebbe dall’esterno, lo Spirito è invece un principio interiore d’amore che opera nel cristiano l’amore dandogli la possibilità di pregare ed amare» (S. Lyonnet).

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17 L’azione dello Spirito inabitante nell’anima è espressa dalla tradizione con i titoli riservati alla terza Persona della Trinità: Santificatore (Origene, Atanasio, Basilio) Vivificante (simbolo niceno-costantinopolitano) cioè colui che da la vita Illuminatore: a commento del Sal 35,10, Basilio dice “nell’illuminazione dello Spirito noi vedremo la vera luce che illumina ogni uomo” Purificatore: rimette i peccati, purifica i corpi nell’ascesi, consente di osservare le virtù

18 L’intimità dell’anima con lo Spirito è soprattutto frutto della preghiera.
Il cristiano prega “nello Spirito”: Pregate mediante lo Spirito Santo (Gd 20; Ef 6,18) Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili (Rm 8, ) Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abba, Padre» (Gal 4,6) caratteristica La preghiera contiene sempre una epiclesi (epi-kalein = gridare su).

19 «Ricorda: lo Spirito Santo è come una madre che insegna al proprio bambino il nome “padre”, e lo ripete con lui, finché lo porti all’abitudine di chiamare chiaramente il padre anche nel sonno» (Diadoco di Fotica). La preghiera è resa possibile per mezzo del Padre che predestina, elegge e ci rende suoi figli per mezzo del Figlio, il quale ci interpreta il Padre e ce lo dona nella sua dedizione fino alla morte e al mistero del pane, per mezzo dello Spirito Santo che ci mette nell’anima la vita di Dio e ce la sviluppa (H.U. Balthasar)

20 La riflessione teologica moderna si è trovata impegnata su due interrogativi:
il soggetto proprio dell’inabitazione («Chi?») e la sua modalità («Come?»). CHI = deve intendersi riferita allo Spirito di Cristo in senso proprio, cioè come persona distinta dalle altre persone della Trinità. Lo Spirito è il mediatore del rapporto Cristo/uomo. Lo Spirito è “communicatio Christi” (Ireneo).

21 Lo Spirito inabitante nell’uomo:
è una “meta-persona” (B. Sesboüé): una Persona divina immanente a una persona umana “più intimo a me di me stesso” (Agostino)

22 una persona in molte persone (Mühlen):
mediatore tra il Padre e il Figlio, come “Amore dell’Amore” e “Donatore dell’Amore” nella Chiesa come sua “anima” Prospettiva di Lossky nella sua kenosi lo Spirito si con-fonde con il soggetto umano (V. Lossky) per cui le operazioni umane sono “sinergiche” ed hanno come co-soggetto sia Dio che l’uomo

23 Inabitazione dello Spirito e
“profondità misteriosa” della persona umana. Idea ripresa nella teologia moderna che indaga circa un “fondo divino” nell’uomo. Citiamo alcune nomenclature indicatrici di questa realtà divina immanente nell’umano: «sovra-cosciente dello spirito» (J. Maritain) «sovra-conscio luminoso» (P. Florenskij; O. Clément) “inconscio divino” (B. Sesboüé) inconscio spirituale o teofilo (J.C. Larchet).

24 (Patriarca Atenagora di Constantinopoli).
«La preghiera risveglia la grazia battesimale che è sepolta nel profondo del tuo cuore. La vita eterna comincia sin da quaggiù col Battesimo, “seconda nascita”, “piccola risurrezione”. Ci immergiamo nell’acqua come una materia amorfa e vi riceviamo una forma di estrema bellezza. Il Battesimo è già il risveglio dopo la morte. L’illuminazione battesimale tuttavia rimane per lo più sepolta nell’inconscio, il quale d’ora in poi non è un semplice “inconscio psicologico”, perché racchiude la presenza stessa di Dio che raggiunge e restaura la persona rendendola aperta a Dio. La santità è la coscienza del nostro Battesimo» (Patriarca Atenagora di Constantinopoli).

25 H. De Lubac, Mistica e mistero cristiano, 162-163
Le trasformazioni e i progressi realizzati lungo la storia, l’entrata in un’epoca dominata dalla tecnica, lo sviluppo delle “scienze umane” che tendono ad assimilare l’uomo all’oggetto delle scienze della natura, non modificheranno nulla al riguardo: non soltanto l’elevata vita mistica, ma anche ogni vita spirituale, pur tenendo in gran conto la morale e includendola (come pure l’attività razionale), comporta, con delle sfumature differenti a seconda dei casi, un al di là della morale presa nel senso umano del termine e della prassi dell’uomo. Mantenere la distinzione fra la zona dello psichismo e quella dello spirituale è di maggiore importanza per collocare al loro giusto posto, entro i limiti della loro competenza, tutti i generi di psicologia.

26 Essa si oppone alla distruttrice confusione psicoanalitica dello psichismo e dello spirituale. Se il fissare l’attenzione al “razionalismo” e alla “morale” fu spesso la grande tentazione, e se questa tentazione continua, ciò che è più da temere oggi è il soffermarsi allo “psichico”. È senza dubbio vero che a causa della nostra partecipazione al mistero della Vita Trinitaria noi siamo in grado di superare questa visione psicologica che può si scrutare certe “profondità”, ma a cui non è accessibile quella profondità che è la Trascendenza umana, quella zona diversamente misteriosa dove dimora lo slancio verso Dio, l’incontro con Dio.

27 MODO = quello della causalità quasi formale:
«il Dio trinitario comunica sé stesso all’uomo non secondo una causalità meramente efficiente, ma rendendolo partecipe della natura divina» (K. Rahner)  una causalità meramente efficiente? = Dio è presente dove opera (come fa in genere in tutte le creature anche non umane = agisce “a distanza”)

28 causalità quasi formale:
L’unione tra l’uomo giustificato e la Trinità è una “incoazione della visione beatifica” Dio stesso si unisce alle facoltà umane attuandole in ordine alla conoscenza e all’amore È un’attuazione ontologica = antecede ed è principio degli atti personali di conoscenza e amore Però Dio non diventa parte di una realtà creata = perciò è un’unione a modo di causa quasi –formale (Dio non “informa” le facoltà umane facendole diventare di “natura” divina)

29 (S. Massimo il Confesssore).
I Padri greci avevano risolto la questione distinguendo tra la essenza di Dio che è impartecipabile e le energie divine che sono partecipabili all’uomo. “Dio è tutto intero inaccessibile e tutto intero egli si rende partecipabile” (S. Massimo il Confesssore). Facciamo un breve excursus per approfondire la questione:

30 L’Oriente ha spiegato questa “antinomia” distinguendo tra essenza e energie divine (la teologia di Gregorio Palamas – dogmatizzata dai concili greci del 1341 e 1351). Dio nella sua essenza – o meglio nella sua “sovraessenza”, visto che la sua esistenza personale ingloba e supera l’essenza stessa – è totalmente impartecipabile e inaccessibile. Nelle sue energie, invece, egli è totalmente partecipabile. Le energie sono increate, sono Dio stesso nel senso più realistico; esse si “effondono” eternamente dall’essenza una della Trinità, come una sovrabbondanza di divinità. È la gloria nella quale Dio vive e regna, e della quale i veggenti dell’AT hanno visto il fulgore.

31 Per l’Ortodossia l’unità di Dio é l’unità di una esistenza personale trinitaria che ingloba e supera la sua natura e può dunque liberamente ‘oltrepassare il muro’ della sua trascendenza per comunicare a noi la sovrabbondante pienezza. Il termine “energia” designa insieme lo straripamento eterno della divinità “fuori” dell’essenza, e l’atto personale con il quale questa effusione ci viene adattata. L’energia-atto sottolinea la sovrana libertà della rivelazione e della grazia. L’energia-manifestazione designa il contenuto ontologico di questa “condiscendenza”, vale a dire la comunicazione dell’essere stesso di Dio. L’essenza e l’energia non sono due parti di Dio, bensì due modi della sua esistenza, i due poli esistenziali della sua realtà personale: l’alterità inoggettivabile e il dono totale di ciò che egli è.

32 La comunicazione dell’energia divina costituisce così il contenuto ontologico di una comunione personale. Quando la Trinità viene ad abitare nell’uomo, egli è penetrato dalla divinità che promana dalla sua stessa essenza. Quando l’essere umano comunica col Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito (la legge dell’economia salvifica: con – per – in), la sua esistenza personale ingloba “un raggio della divinità” di Dio stesso che penetra la sua natura creata e la trasforma.

33 Il dato centrale: la teologia moderna recupera il primato al dono increato (ossia alla persona dello Spirito di Cristo inabitante nell’uomo). Si attua così un passaggio determinante nella comprensione della natura della grazia: da una sostanziale cosificazione (reificazione) alla personalizzazione della grazia La grazia non è una cosa o una realtà separabile da Dio, ma è Dio stesso nella sua benevolenza e nel suo favore, è Dio stesso nelle sue viscere d’amore e nei gesti concreti che lo esprimono. La grazia, quindi, è un concetto personalistico (G. Colzani)

34 Se la nozione di “rivelazione” è quella di una “autocomunicazione di Dio” (K. Rahner):
una realtà comunicata da Dio non può essere separata dalla comunicazione stessa, essendo questa comunicazione di Dio la realtà che è comunicata (= grazia) non può essere separata della realtà che comunica (cioè dal Comunicatore = Dio che è Grazia) se lo fosse, la realtà comunicata (= grazia) sarebbe altra rispetto a quella che comunica (= Dio) in questo caso Dio ci darebbe un’altra realtà e non sé stesso – ma Dio non dona meno di Se stesso

35 Il passaggio è incompleto finché non si dà una risposta pienamente cristiana all’identità della grazia: non è una “generica” presenza di Dio, né una generica presenza della Trinità. Gesù Cristo ha rivelato il nome della grazia: dopo la risurrezione lo Spirito è Spirito di Cristo Gv 14,15: Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore (paraclito = “chiamato presso”) perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità

36 Mantenere la struttura trinitaria della inabitazione:
Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo ammettono l’uomo alla propria intimità, donandosi a lui come una persona si dà ad un’altra persona. In questa comunione esiste un ordine: il Padre invita l’uomo alla sua amicizia per mezzo del Figlio che s’incarna il Figlio a sua volta manda lo Spirito Santo, che è l’amore unitivo tra il Padre e il Figlio lo Spirito si dona come “anima della Chiesa” (LG 7), in quanto unendosi agli uomini li incorpora al Cristo totale (capo e corpo) e li rende capaci di vivere una vita filiale-fraterna.

37 ? …come una Persona divina si dà ad un’altra persona umana… ?
La donazione trinitaria suppone: una iniziativa divina (le “missioni”) ed esige una mutazione ontologica, prodotta nell’uomo dallo Spirito di Cristo, anima della sua anima e anima della Chiesa. ? …come una Persona divina si dà ad un’altra persona umana… ? Arduo compito – ancora aperto – di ripensare la teologia della grazia attorno alla categoria della relazionalità:

38 Intendiamo per grazia santificante quello stare lì di Dio per me, presente e attuante, come un «tu» personale e vivo che trasforma la mia vita, e la salva in Cristo e le offre nuovo orientamento, forza e dinamismo nello Spirito. Questo modo di parlare della grazia richiede che noi la intendiamo non tanto come «ente», quanto come Persona o presenza personale; che non la riceviamo come «cosa», ma la viviamo dinamicamente come «relazione» (D. Borobio)

39 il risultato e l’effetto dell’opera e della presenza di Dio nell’uomo»
b) Il dono creato «Se la grazia increata corrisponde a Dio stesso che si autocomunica in Cristo mediante lo Spirito... la grazia creata è il risultato e l’effetto dell’opera e della presenza di Dio nell’uomo» (I. Sanna)

40 il dono creato indica la grazia santificante, una modificazione ontologica indotta nell’anima dal dono increato (= lo Spirito) questa tesi non è direttamente biblica deriva da concezioni antropologiche della Scolastica in particolare il concilio di Trento – in risposta alla definizione luterana della mera non-imputazione – insiste sull’esigenza di salvaguardare la realtà e quindi l’efficacia effettiva della giustificazione che incide sulla struttura antropologica

41 Al di fuori dell’origine polemica antiprotesta-nte il nucleo si può ricondurre ai temi biblici giovannei della rigenerazione, della nuova nascita (Gv 1,13; 1Gv 2,29; 3,9) e a quello paolino della nuova creazione (2Cor 5,17; Gal 6,15; Ef 2,10; 4,24; Col 3,9-11) rigenerare = l’azione di Gesù Cristo e l’infu-sione dello Spirito raggiunge veramente l’uomo modificandolo nel suo essere: cede un tipo di vita e ne acquisisce un altro esprime nell’uomo la novità e quindi la nuo-va situazione creata dall’azione giustifi-cante di Dio

42  la cifra biblica dell’uomo nuovo: “se uno è in Cristo è una creatura nuova” (2Cor 5,17)
 venendo ad inabitare nell’uomo lo Spirito Santo, diventa l’origine della sua vita umano-divinizzata

43 e quindi della sua natura divina
 Gli effetti antropologici della Grazia La grazia realizza una modificazione reale nell’uomo  Chi diventa l’uomo? approfondiamo gli effetti della giustizia cristiana: Enunciazione della tesi: l’unione/incorporazione a Cristo, prodotta dal dono dello Spirito Santo, esprime la propria realtà nel rendere l’uomo partecipe della condizione propria del Cristo, in particolare della sua condizione di Figlio rispetto a Dio, e quindi della sua natura divina

44 la radice data dallo Spirito di Gesù non produce una “generica” opera di “divinizzazione”, bensì rende l’uomo cristiforme, dunque lo introduce in Dio, con quella forma e quella relazione par-ticolare che è propria solo di Gesù: la figliolanza «Siamo inseriti nell’amore con il quale il Padre da prima di tutti i tempi è rivolto al suo Figlio. Questo amore è lo Spirito Santo. Diventiamo, dunque, partecipi di una relazione che non ha il suo termine ontologico costitutivo in noi come realtà creata, ma nel Figlio, che è Dio» (G. Gäde)

45  poiché non si tratta che di aspetti particolari di un’unica realtà
Qui il senso e l’unificazione di due temi biblici e tradizionali: la filiazione (cfr. Rom 8,15.23 = precisa che si tratta di filiazione adottiva; Gal 4,5; Ef 1,5) 2) e la partecipazione alla natura divina (Gv1,16 - 2Pt 1,3-4)  poiché non si tratta che di aspetti particolari di un’unica realtà

46 «Il tema della filiazione esprime la modalità cristiana della divinizzazione: il cristiano partecipa della vita divina a modo di figlio, poiché riceve in sé la presenza dello Spirito di Cristo, che è il Figlio di Dio» (L. Serenthà) Conferma dalla tradizione: «Coloro che conoscono il Figlio, egli chiama Figli e dei» (Clemente Alessandrino, VI Stromati, 16, 146).

47 La parola “divinizzazione” traduce il greco théōpoiein, che designa in modo generico la fabbricazione degli idoli. Traslata in ambiente cristiano vuole indicare la somiglianza a Dio acquisita per contemplazione – partecipazione alla vita trinitaria: «L’azione dello Spirito Santo presente in noi, ci mette in comunicazione viva con Gesù e col Padre, ci “deifica”. La divinizzazione dell’uomo risponde alla logica interna della “umaniz-zazione”, incarnazione di Dio: si tratta di uno scambio misterioso in cui “ciascuno fa sue le proprietà dell’altro”» (T. Spidlík)

48 Il versante negativo di tale tesi è l’obiettiva incompatibilità con lo stato di peccato
per cui si ricava che al dono della grazia consegue necessariamente, come suo primo effetto, la remissione del peccato il termine stesso giustificazione – usato come sinonimo di grazia - indica che la grazia concessa trova nell’uomo uno stato di peccato = l’uomo non è come dovrebbe essere (= SO) è a questo livello che si è storicamente giocato l’equivoco amartiocentrico, che condizionava la grazia al peccato  felix culpa: il peccato costituisce la ragione della grazia, altrimenti non la avremmo avuta (?)

49 recuperato coerentemente il primato della grazia sul peccato e la sua priorità – cfr. la tesi della predestinazione – si comprende che: l’esperienza storica del peccato umano non condiziona la grazia, non la “produce”: semplicemente le fa assumere una formalità nuova  il piano salvifico di Dio non cambia, sempli-cemente cambia la sua modalità di attuazione, che assume da questo momento una connotazione “redentrice”.

50 Di qui quel complesso cammino storico della grazia nell’esistenza umana che denominiamo giustificazione:  la grazia si rivela come principio di vita per l’uomo, una vita che può esser descritta nel suo dinamismo storico: in che condizione dell’uomo agisce la grazia? In sintesi due sono gli elementi da evidenziare: In positivo, la filiazione divina adottiva o divinizzazione in negativo, la remissione dei peccati - giustificazione.

51 L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata
Momento sistematico II L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata

52 Tesi fondamentale della Predestinazione:
Momento sistematico I (= strutture della libertà creata) Tesi fondamentale della Predestinazione: Figli nel Figlio per grazia Momento sistematico II (= vicenda storica della libertà creata)  Lo Stato Originale  La complicità in Adamo: il Peccato Originale

53 Capitolo VII Lo Stato Originale

54  Lo SO può ben esser definito come stato di «Santità e Giustizia» (concilio di Trento)
secondo la tesi della predestinazione: nel suo progetto originario: Dio crea l’uomo in Grazia, ossia “buono”, non peccatore Nostro obiettivo = recuperare il senso profondo e permanente del cosiddetto Stato Originario ma in direzione cristocentrica

55 Perché? La dottrina è giunta a noi condizionata:
da una lettura storicizzante del testo biblico di Genesi da una visione “favolistica” delle origini (non si conoscevano ancora i generi letterari della Bibbia) Esito = radicale messa in questione, sino al punto di proporne un definitivo abbandono  Le critiche di tale dibattito vanno integrate entro l’intentio profundior della dottrina tradizionale

56 1. Il modello Classico Conoscere il linguaggio della teologia classica: per distinguere coscientemente tra la verità in esso consegnata e gli aspetti caduchi di quella formulazione per evitare gli esiti unilaterali di alcuni manuali che conducono – troppo sbrigativamente ? – ad un abbandono della teologia dello S.O.

57 Due presupposti del vecchio manuale
un’interpretazione letterale di Gen 2-3, che viene sin da Agostino (utilizzava i metodi e le conoscenze scientifiche ed ermeneutiche di cui era in possesso) e una visione storicizzante, come se lo S.O. “raccontasse” “cosa” e “come” è avvenuto agli inizi della storia (il paradiso terrestre)

58  Elementi Adamo, primo uomo e progenitore della stirpe umana, è stato creato: direttamente da Dio in una condizione di privilegio, definita “stato di santità e giustizia” e descritta nei seguenti termini: l’uomo era dotato di doni naturali: ossia corrispondenti alla natura dell’uomo (intelligenza, libertà, relazionalità, sessualità, ecc.) doni soprannaturali: ossia l’amicizia con Dio e la grazia

59 3) doni preternaturali: ossia, quei doni non esigiti dalla natura in quanto tale, ma che la perfezionano, che la “esaltano” e sono l’effetto della presenza della grazia stessa. Tra questi se ne ricordano in particolare quattro:  immortalità impassibilità (assenza di sofferenza) scienza infusa integrità (assenza di concupiscenza). Lo SO = una “mitica età dell’oro”, già attuata all’origine con la creazione e da cui l’uomo sarebbe decaduto a causa del peccato?!

60  Immortalità?! in base allo SO = “non significava che la grazia originaria avrebbe impedito la fine della vita terrena; solo che tale fine non avrebbe avuto il carattere doloroso della morte nello stato di peccato e l’uomo si sarebbe semplicemente rimesso, come già ininterrottamente faceva, nelle mani del Dio benevolo” (J. Feiner) Scoperte scientifiche (XVIII): fossili dei terreni mesozoici confermavano che la morte faceva già parte integrante del ciclo biologico prima che l’uomo fosse esistito e avesse potuto introdurre col suo peccato la morte nella natura

61 L’uomo non muore perché pecca
L’uomo muore perché vive e perché altri devono vivere a loro volta (cede il posto ad altri) È un fatto naturale e dipende dalla struttura del vivente = la morte è una componente dell’ordine biologico e non in primo luogo della moralità (un fenomeno spirituale legato alla libertà)  La morale ha qualcosa da dire sulla morte, ma in forma modale (come si muore: dolore, angoscia, assurdo) e non anzitutto causale.

62 2. La critica moderna allo SO
Due stimoli ad una revisione critica della presentazione tradizionale della dottrina: “ad extra”: dal progresso della ricerca scientifica “ad intra”: dal progresso in campo esegetico. Concordano nel rifiuto di una visione dello SO come mitica età dell’oro che starebbe alle origini della nostra storia.

63  La critica delle scienze
La visione evoluzionista del mondo (scoperte scientifiche dal 1750 in poi)  pone il problema dell’ominizzazione: una lenta ascesa biologica verso forme più complesse di vita che approdano ad un’esperienza di coscienza e libertà rifiuta l’immagine di un punto di partenza idealmente perfetto di particolare integrità e superiore armonia ai primordi della storia come invece proponeva il modello creazionista

64  La critica della moderna esegesi
lo studio critico del testo biblico (il riconoscimento dei generi letterari) gli esegeti prendono la distanza dalle interpretazioni letterali e storicizzanti del racconto genesiaco, riconoscendone in Gen.1-2 invece il significato di una “eziologia metastorica”

65 un’affermazione sulla condizione dell’uomo nel suo derivare creaturale da Dio
a partire dall’esperienza di sofferenza, dolore, divisione, miseria e peccato, sperimentata dal sapiente come una condizione universale fatta risalire fino alle origini dell’umanità ma il racconto genesiaco afferma che “prima” non era così: l’umanità originaria è in armonia con Dio/uomini/natura

66 superare una lettura storicizzante di Genesi
evitare gli eccessi opposti: sia del letteralismo storicizzante sia di un simbolismo debole che svuoterebbe la narrazione di ogni contenuto veritativo, riconducendola a sola “metafora” o “parabola”.

67  Necessità di un’ermeneutica della dottrina dello SO
L’esito di questa messa in questione è stato purtroppo drastico:  accantonare sia sotto il profilo critico che teoretico la dottrina della “santità e giustizia” originaria  di fronte alla radicalità di tale esito s’impone la necessità di un’ermeneutica di questa dottrina, per giungerne all’autentico nucleo dottrinale, che non è interessato ad una analisi descrit-tiva degli inizi umani, ma al loro senso all’interno del piano divino

68 Occorre: separare la «raffigurazione» mitica e favolistica di un paradiso terrestre dal «contenuto teologico» in esso veicolato, poiché questo non vi si identifica La nostra posizione:  riconosciamo la necessità di una revisione critica della sintesi classica che superi la lettura storicizzante del racconto biblico e una presentazione «descrittiva/favolistica» delle condizioni originarie di Adamo

69  rifiutiamo anche gli esiti radicali cui molti autori moderni sono giunti, con un tacito abbandono di ogni riferimento e di una riflessione sulla condizione originaria, tralasciata quasi fosse un puro residuo di una rappresentazione “mitica” degli inizi.

70 Denunciare: la silenziosa identificazione tra la dottrina teologica dello stato originario – che intende raffigurare plasticamente (ma non immagina-riamente) l’Alleanza originaria tra Dio e l’uomo, il legame di comunione e di sintonia che qualifica l’intento ed il piano divino e una sua «raffigurazione» particolare, storicamente e culturalmente contrassegnata (il genere letterario del testo di Gn).

71 ambiguità: alla semplificazione della descri-zione dell’orizzonte delle origini ha fatto riscontro una sua progressiva «scomparsa» si è accettato pacificamente di abbandonare non solo le «immagini» con cui veniva descritta la «Giustizia Originale», ma ogni sua affermazione!

72 Manca un’autentica lettura ermeneutica della dottrina dello SO:
qual è il messaggio ch’essa intendeva veicolare? anche con un linguaggio limitato o superato, l’intento didattico si fermava alla rappresen-tazione della scena oppure includeva un più profondo contenuto teologico? la destoricizzazione della raffigurazione comporta di per sé la perdita di ogni consi-stenza del messaggio?

73 La pars construens (da fare)
 L’interrogativo radicale che rimane eluso in questo ampio dibattito è sul senso teologico delle origini: qual è il nucleo rivelato sotteso?  reagire alla soluzione sbrigativa che abbandona ogni affermazione teologica dello S.O. (= un dato tradizionale privo di contenuto)  distinguendo il contenuto teologico permanentemente valido dal linguaggio figurativo e favolistico con cui esso ci è stato trasmesso

74 3. Rilettura sistematica: dal figurativo al cristologico
Il criterio per capire lo SO: L’in principio… dal figurativo = racconto di Gn: Eden/Adamo… al cristologico = Gv 1: in principio era il Logos, tutto è stato fatto per mezzo di Lui

75  le origini dell’uomo: non tanto un problema storico o scientifico (solo un evento biologico o naturalistico)  sono determinate da un «momento sopran-naturale»: l’uomo è creato ad immagine di Cristo (= tesi della predestinazione) Il succo dell’affermazione dello SO: è l’attuazione – reale, storica – della creazione da parte di Dio il risultato dell’azione creatrice di Dio nella sua originaria bontà = mette in evidenza la verità che Dio ha creato l’uomo, non solo buo-no, ma come suo amico, o, nella prospettiva dell’alleanza, come suo “alleato” (nel Figlio)

76 dal figurativo al cristologico
costituisce anche la premessa, lo sfondo, sul quale interpretare teologicamente la realtà del male (chiusura – rifiuto dell’alleanza, nel Figlio) l’affermazione dello SO mantiene anche una pretesa storica: in quanto attuazione concreta della creazione, essa vuole rifarsi anche alle origini storiche dell’umanità per recuperare il nucleo teologico dello SO una rilettura che passi dal figurativo al cristologico

77  Contenuto dello SO: da “luogo” a “relazione”
Alla luce della predestinazione = creazione dell’uomo ad immagine del Figlio lo S.O., il “paradiso terrestre” non indica un luogo, bensì una relazione in qualunque forma l’uomo sia stato creato all’inizio – sia morfologicamente che culturalmente –, di questo uomo si dovrà riconoscere che era voluto come figlio nel Figlio e senza il peccato

78 Dunque: l’umanità delle origini è stata creata in stato di grazia = è il minimo a cui si può ridurre il senso della tesi tradizionale. Lo stato di giustizia originale si caratterizza come stato di comunione con Dio in Gesù Cristo attuato nella modalità di una assenza completa di peccato  la grazia dello Spirito inabitava in questa umanità primordiale.

79 Il contenuto «teologico» dello SO:
non «generico» = si precisa in senso propria-mente cristologico/pneumatologico Cristo è colui nel quale l’uomo viene creato: ne è sin dall’inizio la verità ed il riferimento determinante nella luce di Cristo va riletto il senso di un paradiso terrestre: se questa è l’immagine pla-stica per esprimere la comunione e l’Alleanza con Dio, evidentemente andrà precisato ed esplicitato che tale offerta di comunione è data nel Logos e si attuerà dunque nella piena comunione con Lui

80 Il paradiso originario non sarà un «luogo» geografico, ma un Volto personale / una relazione personale dell’uomo con il Figlio e la correlativa condizione di vita che ne consegue non il giardino dell’Eden, non il paradiso terrestre, ma la comunione con Dio in Cristo cf i passi paolini circa il rapporto Adamo/Cristo Il passaggio orienta meglio il recupero del fondamento biblico, che richiede una de-storicizzazione del suo studio, non un abbandono della questione teologica delle origini.

81 Risultato ricompreso il contenuto proprio dello SO (ossia l’autocomunicazione di Dio nel Figlio Gesù sin dalle origini) si può recuperare e comprendere la consistenza effettiva della dottrina dello SO (= l’intenzione profonda oltre il rivestimento letterario del “paradiso terrestre”)

82 …una relazione “dinamica”: dalla protologia all’escatologia
riletto alla luce di Cristo, lo S.O. passa dalla descrizione di uno stato o luogo all’annuncio di una relazione umano-divina offerta in Cristo sin dal principio  va però intesa non come “una condizione meravigliosa” offerta come privilegio agli inizi della storia e persa a causa del peccato, bensì come una “realtà dinamica, ma reale” (in questo senso “storica”)

83 Una teologia rinnovata dello S.O. ci dice che:
 la protologia non va più pensata come l’attuazione piena e poi perduta del piano divino un’età dell’oro a cui volgersi nostalgicamente!  bensì è la condizione incoativa  l’inizio storico, reale del progetto di incorporazione a Cristo  che si realizza nella Incarnazione/Pasqua  lettura tipologica della patristica dell’Eden/giardino del Sepolcro di Cristo – Albero della Vita/Croce)  e si attua pienamente solo nell’escatologia

84 inizi e fine della storia dell’umanità (= protologia ed escatologia)
non vanno sbrigativamente scissi e contrapposti ma colti nella loro unità dinamica

85 protologia escatologia
Cristo protologia escatologia 1° Adamo Adamo definitivo Α Ω stato stato ORIGINALE FINALE

86 «Il paradiso ci rivela il piano primitivo di Dio sull’uomo, ma si compirà solo alla fine… la fine è il compimento del disegno creatore e salvatore di Dio, realizzato in Cristo che è principio e fine (Ap 1,8). L’immagine del paradiso ci rimanda alla fine della storia. Il peccato non ha distrutto il piano di Dio, anche se può aver modificato il modo di realizzarlo… perciò conosceremo pienamente solo alla fine ciò che Dio pensò sin dal principio per noi» (L. F. Ladaria)


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