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Fraternità e gratuità dentro il mercato Una lettura economica della “Caritas in veritate” Luca Crivelli Università della Svizzera italiana (Istituto.

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Presentazione sul tema: "Fraternità e gratuità dentro il mercato Una lettura economica della “Caritas in veritate” Luca Crivelli Università della Svizzera italiana (Istituto."— Transcript della presentazione:

1 Fraternità e gratuità dentro il mercato Una lettura economica della “Caritas in veritate”
Luca Crivelli Università della Svizzera italiana (Istituto MEcoP) e SUPSI 23 marzo 2010

2 Debiti intellettuali Bruni, L. (2010). Reciprocità e gratuità dentro il mercato. La proposta della “Caritas in veritate”. Aggiornamenti Sociali , Bruni, L. (2009). In Tettamanzi, D. (a cura di), Etica e Capitale. Un’altra economia è davvero possibile? Smerilli, A. (2009), Il valore della gratuità: “Caritas in veritate” e scienza economica. Mimeo. Toso, M. (2010), Lo sviluppo umano integrale (relazione tenuta all’Istituto Elvetico di Lugano, il ). Zamagni, S. (2009). Fraternità, dono, reciprocità nella “Caritas in veritate”. In AaVv, Amore e Verità. Commento e guida alla lettura dell’Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, Milano: Paoline.

3 Struttura della presentazione
Le radici delle dicotomie dell’epoca post-moderna Il legame della CV con l’attuale crisi economica Il mercato è buono … quando è “mercato civile” Reciprocità e gratuità dentro il mercato Sviluppo all’insegna della fraternità Urgono nuovi soggetti economici Spazio domande e di dialogo

4 Legame con la conferenza precedente
Tratto dalla presentazione di Mons. Mario Toso (3 marzo 2010) CV come rifondazione del discorso morale per superare le dicotomie dell’epoca post-moderna, [in particolare] tra (…): sfera economica e sfera della società: la prima sarebbe sempre e necessariamente «cattiva», assolutizzando la massimizzazione del profitto senza curarsi dei diritti dei lavoratori e del bene comune, contrapponendosi alla seconda, il cui fine sarebbe unicamente quello di intervenire per porre rimedio agli scompensi e ridistribuire una ricchezza ingiustamente concentratasi nelle mani di pochi (CV 36); economia, fraternità, gratuità e giustizia sociale: solidarietà, fraternità e gratuità non troverebbero spazio nella sfera dell’economia, anzi dovrebbero rimanerne escluse, pena l’inefficienza del sistema economico di un Paese (CV 34)

5 Una convivenza umana retta sugli interessi
La modernità si è costituita attorno all’idea che l’ordinamento sociale è più sicuro quando poggia sull’interesse piuttosto che sulla benevolenza. Favorire la ricerca dell’interesse economico (anche mediante opportuni incentivi) può pertanto aiutare a contenere gli effetti di motivazioni intrinseche negative, più nocive per la vita in comune. “La gratuità è meno essenziale della giustizia per l’esistenza della società. La società può sussistere senza gratuità” “La società civile può esistere tra persone diverse… sulla base della considerazione dell’utilità individuale, senza alcuna forma di amore o di reciproco affetto”

6 Logiche e istituzioni dell’attività economica (Polanyi)
REDISTRIBUZIONE (GIUSTIZIA) Stato FOR PROFIT NON PROFIT FORMALE INFORMALE PUBBLICO PRIVATO SCAMBIO (LIBERTÀ) Mercato DONO (RECIPROCITÀ) Comunità

7 L’evoluzione della scienza economica
Tutto ciò che ha a che fare con dono, gratuità, fraternità … deve stare, rispetto al mercato e alla sfera economica, prima, dopo, o comunque fuori nella scienza economica si è venuta via via affermando l’idea che la gratuità o la reciprocità siano categorie ‘inefficienti’, in quanto creano attriti al modo normale di procedere del mercato.

8 Il peccato originale di Adam Smith
L’amor proprio [Self-love] è la forza motivazionale che caratterizza il comportamento degli esseri umani in campo economico. “Non è dalla benevolenza del macellaio, o da quella del birraio o del fornaio che noi ci attendiamo il nostro pranzo, ma dal loro interesse personale. Ci rivolgiamo non al loro senso di umanità ma al loro interesse [self-love], e non parliamo mai loro delle nostre necessità ma dei loro vantaggi” (Smith 1976[1776], p. 26).

9 Indipendenza Il messaggio nascosto in questo brano è il voler sottolineare l’indipendenza dalla “benevolenza dei nostri concittadini” come una virtù positiva associata alla nuova forma di socialità introdotta dall’economia di mercato. Le relazioni di mercato ci permettono di soddisfare i nostri bisogni senza dover dipendere dall’amore degli altri. Invece, qualunque azione che si proponga come scopo diretto quello di promuovere il bene comune produrrà effetti perversi per l’impresa e per la società. Da questo teorema scaturisce poi anche un corollario: “Non ho mai visto fare qualcosa di buono da chi pretendeva di commerciare per il bene comune” (La ricchezza delle nazioni, 1776, p. 456). Il mercato consente di economizzare l’amore. Il contratto di mercato è un buon sostituto del dono Il dono lega … il contratto libera

10 Albert Hirschman (1985) Se da un lato occorrono istituzioni (come il mercato o lo Stato) che fanno leva sull’interesse o sull’autorità, per economizzare la benevolenza e proteggere efficacemente l’individuo dalla possibile penuria di spirito civico, dall’altra l’idea che moralità, spirito civico e fiducia siano risorse da centellinare con parsimonia è completamente assurda. “Non è affatto vero che la quantità di senso civico è destinata a diminuire attraverso il suo uso. È vero il contrario. Lo spirito civico assomiglia alla capacità di parlare una lingua straniera o al suonare il pianoforte. È un’abilità che si atrofizza quando non se ne fa mai uso”.

11 Gli effetti L’espulsione di gratuità, reciprocità, fraternità dalla sfera economica. L’allontanamento dalla dimensione economica di chi vuole ispirare i propri comportamenti a gratuità. L’invasione della razionalità economica anche nelle altre sfere della vita.

12 “La storia dell’occidente (e oggi del mondo) poteva essere diversa se la sfera del mercato fosse stata confinata in un suo ambito ben preciso, e fosse cresciuta la sfera privata nella quale sperimentare la felicità che i rapporti tra pari, ma anche di intimità e densità affettiva, producono. In realtà la storia di questi ultimi due secoli ha mostrato un’altra traiettoria: la sfera del mercato ha invaso sempre più ambiti civili, e anche la sfera privata …” (Bruni 2009)

13 Legame con l’enciclica “Deus Caritas est”
In DCE il Papà aveva sottolineato la necessità di non contrapporre l’amore umano (eros) all’amore evangelico (agape) … in quanto entrambi espressione di un’unica realtà. Dove “le due dimensioni si distaccano completamente l'una dall'altra si profila una caricatura o in ogni caso una forma riduttiva dell'amore”. È la stessa unità della persona umana a suggerire che non è salutare vivere le faccende sociali (politiche ed economiche) in modo dissociato da quelle private. Se l’amore, nelle sue varie tonalità, caratterizza l’esperienza umana, allora esso può e deve ispirare non solo il dono ma anche il contratto, non solo la famiglia ma anche l’impresa e l’azione politica.

14 La crisi: punto di partenza
“La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente.” [CV 21]

15 Tesi 1: È anche una crisi di “cultura” (e non solo tecnica)
“Gli aspetti della crisi e delle sue soluzioni … richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica. … dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore.” [21] “Non va dimenticato che il mercato non esiste allo stato puro. Esso trae forma dalle configurazioni culturali che lo specificano e lo orientano.” [36] C’è una “crisi epistemologica” in cui versa la stessa scienza economica

16 Anche le scienze economiche sono in crisi?

17 Lettera di 10 economisti alla Regina d’Inghilterra

18 Gli argomenti degli economisti “dissidenti”
Le spiegazioni “ortodosse” dimenticano di riconoscere le lacune nella formazione e nella cultura dominante degli economisti. Le scienze economiche hanno cessato di analizzare le istituzioni ed i fatti del mondo reale. La specializzazione è andata a scapito di una visione sintetica. La sparizione dai programmi formativi delle intuizioni di altre scienze umane e sociali ha finito con lo sfornare una generazione di “esperti imbecilli”, molto competenti nei metodi ma ingenui nell’interpretazione dei fatti economici.

19 Quali competenze giovano al buon economista?
“Nel campo dell'economia, la sovraspecializzazione è doppiamente disastrosa. Un uomo che è matematico e nulla più che matematico potrà condurre una vita di stenti, ma non reca danno ad alcuno. Un economista che è nulla più che un economista è un pericolo per il suo prossimo. L'economia non è una cosa in sé; è lo studio di un aspetto della vita dell'uomo in società... se, a causa di una crescente specializzazione, il suo sapere economico resta divorziato da ogni retroterra di filosofia sociale, egli rischia veramente di diventare un venditore di fumo, dotato di ingegnosi stratagemmi per uscire dalle varie difficoltà ma incapace di tenere il contatto con quelle virtù fondamentali su cui si fonda una società sana. La moderna scienza economica va soggetta ad un rischio… la trattazione dei problemi sociali come mere questioni tecniche e non come un aspetto della generale ricerca della Buona Vita". (J. Hicks, 1941, p.6 – Nobel dell’economia 1972)

20 Tesi 2: il mercato è potenzialmente buono
“Il mercato non è … il luogo della sopraffazione del forte sul debole. La società non deve proteggersi dal mercato, come se lo sviluppo di quest'ultimo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani. È certamente vero che il mercato può essere orientato in modo negativo, non perché sia questa la sua natura, ma perché una certa ideologia lo può indirizzare in tal senso. La dottrina sociale della Chiesa ritiene che possano essere vissuti rapporti autenticamente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità, anche all'interno dell'attività economica e non soltanto fuori di essa o « dopo » di essa. La sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale.” [36]

21 Quale mercato? Tre visioni “classiche” del mercato
IL MERCATO CREA LA SOCIETA’ BUONA: estensione dei mercati e della logica dell’efficienza come soluzione a tutti i mali sociali IL MERCATO DISTRUGGE LA SOCIETA’ BUONA: l’avanzare dei mercati è una minaccia per la vita civile (mercato come desertificazione della società) IL MERCATO CREA E DIVIDE LA SOCIETA’ BUONA: alle tante virtù del mercato è necessario associare una serie di vizi La prima è quella liberale. Il liberalismo è un mondo di cui si è cercato perfino di redigere un atlante orientativo (Cubeddu 1997). Ma forse un'idea accomuna tutti i liberali: "il mercato crea la società buona". I liberali hanno scoperto e descritto nel tempo le tante virtù del mercato. Il mercato addolcisce i costumi barbari (Montesquieu), favorisce il rispetto della legge e dei contratti (Smith), soprattutto assicura libertà e uguaglianza. Il mercato trasforma infatti le relazioni asimmetriche di potere in paritari rapporti tra uomini liberi. Spezza le catene della società feudale, liberando i contadini dalla servitù dei proprietari, i garzoni dal dominio dei maestri, i miseri dalla beneficenza degli abbienti. Invera i primi due grandi principi della rivoluzione francese: libertà e uguaglianza. Non solo: il mercato assicura la massima efficienza, equità e solidarietà possibili in questo mondo. Sì, proprio così, non solo efficienza ma anche equità e solidarietà. Il mercato è il più potente meccanismo escogitato dall'uomo per coordinare le decisioni, di consumo e produzione, di milioni di individui. Solo il mercato riesce ad allocare in modo efficiente le scarse risorse esistenti. I sistemi economici che hanno introdotto e sperimentato meccanismi centralizzati di allocazione delle risorse sono miseramente implosi. Il mercato assicura anche equità e solidarietà. Chi o cosa può stabilire qual è il giusto salario o la giusta ricompensa per un servizio fornito alla collettività se non la collettività stessa? E la collettività valuta beni e servizi, finali e strumentali, attraverso il voto democratico che ogni giorno esprime nella pubblica piazza del mercato. Se un calciatore guadagna più di un metalmeccanico è perché nella stima comune, considerando la scarsità di buoni calciatori e il bisogno acuto di spettacoli sportivi avvertito da milioni di persone, il servizio del primo vale più del secondo. Infine, il mercato, generando ricchezza, crea le condizioni per poter assistere gli esclusi: coloro che restano ai margini della pubblica piazza. Come hanno scritto Alesina e Giavazzi (2007) "il liberismo è di sinistra". Ciò che il mercato non può garantire è inclusione e fraternità (il terzo principio della rivoluzione francese). Se si volesse ad ogni costo garantire un lavoro per tutti o un "giusto salario" determinato con criteri politici o si pretendesse di impostare le relazioni economiche secondo principi di amicizia e fraternità si finirebbe per distruggere l'"ingegnoso meccanismo" (come lo definiva Bastiat). La seconda è la tesi marxista e post-marxista, rintracciabile nelle frange più radicali del movimento no global: "il mercato distrugge la società buona". Il mercato sollecita e incentiva gli spiriti animali innati e latenti nell'uomo. Premia l'egoismo e punisce la solidarietà. Scatena la lotta di tutti contro tutti. Mercifica il lavoro ed i rapporti personali. Erode le virtù sociali praticate e difese per secoli nella società civile. Il mercato rappresenta la desertificazione della società buona. La terza e ultima tradizione è quella che genericamente possiamo definire riformista: "il mercato crea e divide la società buona". Alle tante virtù elencate dai liberali puri i riformisti di vario orientamento, socialista e cattolico, aggiungono una serie di vizi. In particolare, il mercato crea efficienza ma non equità: diffonde benessere e civiltà ma genera anche esclusione, povertà, precarietà, disoccupazione. I riformisti hanno immaginato una soluzione dualistica: lasciare al mercato la libertà di generare ricchezza e riservare ad una mano pubblica il compito di ridistribuirla. Il mercato per l'efficienza, la politica per l'equità. In Europa si è preferito il modello dello Stato sociale o la formula ibrida del terzo settore. Negli Stati Uniti ci si è affidati alla generosità di ricchi filantropi. Cosa accomuna queste posizioni? E’ l’idea che l’economico sia uno spazio separato dal civile! Nel mercato non è possibile vivere rapporti autenticamente umani

22 Tesi 3: Al mercato e all’economia servono dono e gratuità
“La carità nella verità pone l'uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell'esistenza. L'essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. … la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall'esterno.” [34]

23 “dono” sinonimo di “gratuità”
Non è gratis Non è il regalo Non è filantropia Benedetto XVI utilizza le espressioni «dono» e «gratuità» come sinonimi, dimostrandosi in questo senso un innovatore rispetto alla scienza economica contemporanea, e per certi versi anche rispetto alle scienze sociali in generale, che associano il dono al comportamento altruistico o filantropico, e in generale a un contenuto (a un «che cosa») dell’azione umana. Il dono che ritroviamo nell’enciclica invece è soprattutto un «darsi», un donarsi della persona, che quindi attiene prima all’essere e poi all’agire, un’azione che può assumere varie forme: è quindi una modalità dell’azione — un trascendentale direbbero i medioevali — un «come» si agisce. Questo è il significato più vero e profondo della gratuità-dono e in questo senso possiamo e dobbiamo trovare la gratuità nello svolgimento di ogni tipo di azioni, anche nell’esercizio del doveroso, del contratto, del mercato, dell’impresa.

24 Gratuità abbiamo a che fare con la gratuità tutte le volte che un comportamento ha un valore in sé e non è solo mezzo per qualcos’altro. Quando si attiva la dimensione della gratuità la strada da percorrere è importante come la meta da raggiungere. La condizione sufficiente perché si possa parlare di gratuità è l’orientamento intenzionale dell’azione verso il bene

25 Essa non è associata ad un “che cosa” si fa, o ad una classe di azioni (altruistiche, ad esempio); è piuttosto un “come”, una modalità o una dimensione dell’azione, che può accompagnare vari contenuti. In un linguaggio antico si potrebbe parlare di gratuità anche come di un “trascendentale”, cioè di una dimensione dell’essere, come il bello o il buono

26 La visione di San Francesco
«Dovete provare più gioia, elemosinando, che un uomo per un soldo vi desse in cambio cento denari, poiché offrite a quanti domandate la carità, l’amore di Dio in contraccambio dicendo “Per amore del Signore Dio, fateci la carità!”. E al confronto di questo amore cielo e terra sono nulla». La gratuità non va quindi associata al “gratis”, di cui spesso è proprio il suo opposto, poiché l’atto gratuito non corrisponde ad un prezzo nullo ma ad una assenza di prezzo o, più propriamente, ad un prezzo infinito.

27 gratuità charis grazia o “ciò che dà gioia” da cui proviene anche la parola “CARISMA” agisce con gratuità chi trova nel comportamento la sua prima ricompensa, perché è mosso da “dentro” e non da incentivi esterni

28 La gratuità come imperativo interiore
PRIMO LEVI: «Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del “lavoro ben fatto” è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità» Tirar su «un muro dritto» per dignità è espressione di gratuità, poiché dice che esiste negli altri, in sé stessi, nelle cose, persino nei «muri», una vocazione che va rispettata e servita, e mai asservita ai nostri interessi.

29 Tesi 4: Fraternità, fin dentro gli affari
Il sottosviluppo ha una causa ancora più importante della carenza di pensiero: è « la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli » [PP,52] [19] “… lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” [34] … nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica.

30 I nuovi stili di vita I nuovi stili di vita proposti dall’enciclica sono quelli “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione degli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti”

31 È perché tu mi stai a cuore
che limito i miei consumi. Quando Dio domanda, a Caino dopo l’assassinio di Abele “dov’è tuo fratello?”, egli risponde: “sono forse io custode di mio fratello?” (Gn 4,9). lo stesso verbo shamar, custodire, viene utilizzato dall’autore della Genesi per esprimere il rapporto di reciprocità con la terra. Quando si rompe il rapporto con l’altro, si rompe anche il rapporto con la natura: se non custodisco il fratello, non posso neanche custodire la terra, non posso lavorarla come esperienza di benedizione.

32 La posta in palio “L’urgenza è inscritta non solo nelle cose, non deriva soltanto dall’incalzare degli avvenimenti e dei problemi, ma anche dalla stessa posta in palio: la realizzazione di un’autentica fraternità” “Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana”

33 Tesi 5: Alla ricerca di nuovi soggetti economici
“La vittoria sul sottosviluppo richiede di agire … soprattutto sulla progressiva apertura, in contesto mondiale, a forme di attività economica caratterizzate da quote di gratuità e di comunione. Serve un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. (…) È dal loro reciproco confronto che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione sensibile alla civilizzazione dell’economia.” “Sembra che la distinzione finora invalsa tra imprese finalizzate al profitto (profit) e organizzazioni non finalizzate al profitto (non profit) non sia più in grado di dar conto completo della realtà. In questi ultimi decenni è andata emergendo un’ampia area intermedia tra le due tipologie di imprese [composta da] … gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal variegato mondo dei soggetti della cosiddetta economia civile e di comunione.” [46] Analogia con Stiglitz “Success requires a more balanced economy: a plural economic system with several pillars to it. There must be a traditional private sector of the economy, but the two other pillars have not received the attention which they deserve: the public sector, and the social cooperative economy, including mutual societies and not-for-profits.” p. 356

34 Visione condivisa dal Nobel Stiglitz
Occorre un’economia più bilanciata, un sistema economico plurale, in cui trovino posto (accanto alle normali imprese private), anche imprese pubbliche e imprese sociali e civili (organizzazioni del Terzo Settore). Questa pluralità di forme istituzionali di impresa contribuirà a generare un mercato più civile e al tempo stesso più competitivo. Numero di settembre 2009

35 Un percorso di studio accattivante
SPAZIO PER IL DIALOGO E LE VOSTRE DOMANDE


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