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“Popolazione, risorse energetiche e mutamenti climatici. Alcune conseguenze economiche dell’antropizzazione” UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVACorso di.

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1 “Popolazione, risorse energetiche e mutamenti climatici. Alcune conseguenze economiche dell’antropizzazione” UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVACorso di Economia dello sviluppo

2 Alcune premesse Siamo quotidianamente tempestati da un profluvio di notizie, spesso contrastanti, circa gli effetti dell’antropizzazione. Eppure noi viviamo, panglossianamente, «nel migliore dei mondi possibili». Fonte: Bernardini, Prima lezione di fisica, Laterza, Bari 2007 La fazione «scientista», pone invece l’accento sui vantaggi che la comunità umana ha tratto dall’introduzione delle tecnologie (anche se talvolta ai danni dell’habitat e delle altre specie). Essa ritiene, da un lato, che i danni siano assai meno gravi dei benefici e, dall’altro, “che la ricerca verrà a capo degli inconvenienti immediatamente percepibili” (basti pensare al dibattito sul riscaldamento globale). La fazione «ecologista» o «ambientalista», la quale spinge affinché “si riconosca al sistema naturale una capacità di autoregolarsi per il meglio” e pone maggiormente l’accento sui danni collaterali introdotti dalle tecnologie e non ancora ben monitorati (basti pensare al caso degli OGM). La discussione è spesso condizionata da due opposte mentalità:

3 Homo sapiens? “Antropizzazione – Opera di modificazione e trasformazione dell’ambiente naturale attuata dall’uomo per soddisfare le proprie esigenze e migliorare la qualità della vita, spesso, però, a scapito dell’equilibrio ecologico.” DISC, Dizionario Italiano Sabatini Coletti. Osservata da lontano, per esempio da bordo di uno shuttle, la presenza dell’uomo sulla Terra è ben poca cosa: qualcuno l’ha paragonata, senza ironia, ad una sorta di muffa. I risultati degli studi più recenti sui mutamenti climatici sono concordi sul fatto che, per la prima volta nella storia dell’umanità, l’uomo, che ha sempre subito gli effetti del clima, con le sue attività sta influendo su di esso, ma con effetti che potrebbero rivelarsi catastrofici. Quali relazioni intercorrono tra l’evoluzione demografica, lo sfruttamento delle risorse energetiche e i mutamenti climatici? E’ quanto ci ripromettiamo di indagare con gli strumenti dell’Economia dello sviluppo

4 Pregiudizi sulla crescita economica La maggior parte degli economisti dà per scontato che la crescita economica abbia solo dei vantaggi e che solo con la crescita economica si possano affrontare le iniquità prodotte dallo sviluppo economico. Quale nesso esiste tra la crescita e lo sviluppo economico?  Abbiamo visto che la crescita economica comporta la trasformazione di un’economia agricola in una economia industriale e infine in un’economia di servizi.  Abbiamo al momento ipotizzato che tali modificazioni siano indotte dal progresso tecnologico e che l’intensità e la diffusione del progresso tecnico vadano di pari passo con la crescita economica.  Sappiamo inoltre che lo sviluppo economico è un fenomeno complicato, non riconducibile alla sola dimensione quantitativa della crescita.  In termini generali, esso consiste nell’ampliamento delle opportunità offerte agli abitanti di una economia, unitamente all’ampliamento delle libertà degli stessi nello scegliere l’opportunità che preferiscono all’interno di quel ventaglio. Si può infatti essere poveri, liberi e felici, ma anche ricchi, privi di libertà personali ed infelici.

5 I vantaggi della crescita economica Ciò in quanto una forte crescita del settore manifatturiero:  ha effetti positivi sugli altri settori (principalmente sul terziario);  favorisce i rapporti tra le imprese e agevola la formazione di distretti industriali;  favorisce la conquista di nuovi mercati di esportazione;  genera nuove conoscenze e contribuisce alla diffusione del progresso tecnico;  favorisce il riassorbimento della disoccupazione tecnologica rendendo meno acute le tensioni sociali.  Ma la crescita economica possiede solo vantaggi? L’autore che più di ogni altro ha cercato di evidenziare i vantaggi della crescita economica è Nicholas Kaldor (1908-1986). Secondo questo autore il settore manifatturiero è il «motore» della crescita economica.

6 I limiti della crescita economica La maggior parte delle teorie della crescita ignora la natura evolutiva del processo economico e trascura il ruolo che rivestono l’energia e le risorse naturali. Una crescita economica illimitata è impossibile perché:  La maggior parte delle risorse naturali necessarie ad alimentarlo sono finite;  Il processo produttivo genera una massa di rifiuti che provoca l’inquinamento delle risorse vitali per il genere umano (principalmente l’acqua e l’aria);  Il Sole è la sola fonte di energia pulita e le innovazioni tecnologiche possono ridurre il consumo di energia, ma difficilmente riusciranno a compensare l’inquinamento;  Il processo produttivo comporta modificazioni sia nelle strutture che nelle relazioni sociali e questi fenomeni sono ignorati dalle teorie della crescita;  Tali modificazioni necessitano l’introduzione di correttivi volti a limitare le ricadute sociali degli svantaggi della crescita nonché a favorire una più equa distribuzione delle risorse e dei redditi. Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994), fondatore della bioeconomia, è l’economista che più di ogni altro ha cercato di evidenziare i limiti della crescita economica è. A lui si ispirano i filoni della decrescita e dello sviluppo eco-compatibile, approcci che pongono al centro dell’attenzione il fatto che il processo produttivo non può crescere all’infinito.

7 L’uomo e l’energia Gli storici dei fatti economici ci rammentano che circa 10-11 mila anni fa, all’epoca della Rivoluzione Agricola, si è già verificata, anche se in proporzioni diverse, una forte espansione demografica. Carlo Maria Cipolla (1922-2000) già nei primi anni ’60 del Novecento mostrava come l’evoluzione demografica dipendesse dalla capacità dell’uomo di controllare l’uso delle fonti di energia. Fonte: C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966 “L’uomo – ci ricorda Carlo M. Cipolla - riesce ad utilizzare l’energia nella misura in cui ne conosce le fonti ed è capace di dominarle economicamente”. L’uomo, al pari di ogni organismo vivente, infatti, produce e consuma energia. Al pari di piante e animali, l’uomo è un convertitore di energia!

8 Il sole è la fonte primaria di energia. L’energia dell’Homo sapiens La scoperta del fuoco gli ha permesso di aumentare l’energia a sua disposizione. Ciò ha favorito la dispersione del genere umano nel globo e l’attitudine alla lavorazione di utensili. L’uomo cacciatore-raccoglitore ha imparato a distinguere ciò che era commestibile da ciò che non lo era: i suoi muscoli costituivano l’unica forza meccanica di cui disponeva.  Le piante convertono energia radiante in energia chimica (fotosintesi);  gli animali commestibili, che danno luogo alla catena alimentare, sono convertitori poco efficienti;  gli animali da tiro trasformano energia chimica in energia meccanica. Il limite dello sfruttamento di queste fonti di energia era costituito dalla capacità di riproduzione di piante e animali. Per superare questo limite occorreva incrementare la quantità disponibile di piante o animali, oppure scoprire nuove fonti di energia. Fonte: C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966

9  Con la domesticazione del bue e del cavallo, l’uomo ebbe a disposizione una sorgente completamente nuova di energia meccanica.  Con la Rivoluzione Agricola “la quantità di energia di cui la specie umana poté disporre – energia chimica da piante e animali commestibili, calore da legname, potenza da animali da tiro – aumentò ad un ritmo inconcepibile nelle società del Paleolitico inferiore”.  “I dieci millenni circa che separano l’inizio della Rivoluzione Agricola dal sorgere della Rivoluzione Industriale furono testimoni di numerosissime scoperte ed innovazioni che aumentarono il controllo dell’uomo sulle fonti di energia”:  La zappa e l’aratro (tra il 6000 e il 3000 a.C.);  poi la lavorazione dei metalli e del ferro (3000 a.C.);  la scoperta della ruota, delle briglie e del ferro di cavallo (intorno al 1500 a.C) e in genere degli attrezzi;  la scoperta del mulino ad acqua e a vento, nonché delle imbarcazioni a vela, sono esempi di importanti innovazioni che hanno efficacemente aumentato l’efficienza nell’appropriazione di energia da parte dell’uomo. La Rivoluzione Agricola Il fattore limitativo dello sfruttamento di queste fonti di energia era rappresentato dalla quantità di terra disponibile! Fonte: C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966

10 “Sotto la spinta di tutte queste scoperte, il processo cumulativo aumentò il proprio ritmo di sviluppo. Maggiore era la quantità di energia prodotta e maggiore era l’energia necessaria. L’uomo si volse all’energia solare, a quella delle maree, del calore terrestre, dei geiser e dell’atmosfera. Poi, verso la metà del secolo ventesimo, l’uomo scoprì che l’energia poteva ottenersi dagli atomi mediante un processo di fusione e di fissione”. L’equilibrio con l’ambiente Ma questa forma di sfruttamento energetico possiede due limiti: uno fisico e l’altro ecologico:  quello fisico deriva dal fatto che il pianeta Terra è un sistema chiuso,  quello ecologico risente del fatto che, tranne l’energia solare e le fonti cosiddette «rinnovabili», le altre fonti energetiche tradizionali (i combustibili fossili) sono «non riproducibili» e come tali limitate nel tempo e nello spazio. E qui entra in gioco la questione demografica e la sua compatibilità con l’equilibrio ambientale. E in quest’ottica ciò che più conta è la distribuzione geografica della popolazione unitamente alla sua concentrazione tra ricchi e poveri. Fonte: C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966

11 La popolazione dei ricchi e quella dei poveri  Sappiamo che la popolazione dei paesi poveri (che è superiore ai 5,6 miliardi) rappresenta l’84,1% del totale, mentre quella dei paesi ricchi (di poco superiore al miliardo) rappresenta solo il 16,0% della popolazione mondiale (era il 18% nel 1980).  Sappiamo inoltre che tra il 1990 e il 2010 la popolazione mondiale è cresciuta: - ad un tasso del 2,2% (il doppio rispetto alla media) nei paesi poveri; -ad un tasso dello 0,7% (poco più della metà rispetto alla media) nei paesi ricchi.  La conseguenza di tutto ciò è che la popolazione delle economie che crescono più rapidamente rafforza il proprio peso sulla popolazione complessiva! Fonte: Cohen, Una popolazione che cambia, in le Scienze, n. 447, novembre 2005 e WDI 2010

12 I limiti del controllo demografico Taluni invocano il controllo demografico, ma le politiche di controllo demografico sappiamo essere inefficaci se contrastano con i principi etici e sono di esito incerto in assenza del controllo politico del territorio. Una situazione come quella attuale non può reggere a lungo: la consapevolezza della propria condizione di povertà alimenta l’emigrazione. E’ notizia di qualche tempo fa che la popolazione urbana ha superato per la prima volta quella che vive nei centri rurali. Le megalopoli creano enormi problemi sociali, soprattutto nel campo della sicurezza. In esse, il controllo politico del territorio è scarso. Quando si parla di fenomeni migratori è opportuno non dimenticare che tra la metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ben cinquanta milioni di europei sono emigrati verso le Americhe e verso l’Australia!

13 Lo sviluppo economico: un «Giano bifronte» Se nei paesi industrializzati la sola politica possibile è quella di favorire l’integrazione pacifica degli immigrati, la promozione della cooperazione con i paesi in via di sviluppo e la promozione dello sviluppo dei paesi arretrati possono creare le condizioni per rallentare l’esodo. Ma lo sviluppo economico di paesi come la Cina e l’India, due paesi che da soli contano quasi la metà della popolazione mondiale, per non parlare del Continente Africano, comporta una accelerazione dei tempi in cui le risorse energetiche finiranno per esaurirsi, senza contare i riflessi che tale sviluppo può comportare sulle condizioni ambientali. In questo contesto divengono rilevanti sia la questione dello sviluppo compatibile con le condizioni ambientali, il cosiddetto «sviluppo sostenibile» sia quella dei cambiamenti climatici indotti dall’antropizzazione.

14 Lo sviluppo sostenibile  Il problema della compatibilità tra lo sviluppo economico e le condizioni ambientali è stato sollevato per la prima volta nel 1972 dal Rapporto del “System Dynamic Group” dell’MIT di Boston, divenuto noto come Rapporto del Club di Roma.  L’espressione «sviluppo sostenibile» è stata introdotta invece nella letteratura economica sul finire degli anni ’80 a seguito della divulgazione del cosiddetto Rapporto Brudtland sui primi risultati di una commissione di studio promossa dalle Nazioni Unite. Per «sostenibilità» si intende, nel linguaggio scientifico corrente, la gestione di una risorsa in modo tale che, nota la sua capacità di riproduzione, non si ecceda nel suo sfruttamento oltre una determinata soglia. Da allora, è nato e si è rapidamente sviluppato il filone di letteratura economica cosiddetto dell’«economia dell’ambiente». Un valido esempio di questa letteratura è contenuto in uno dei saggi pubblicati da uno dei maggiori esperti al mondo sul tema, Herman Daly, sul numero speciale di “le Scienze” del novembre 2005, dedicato alle “Strategie della Terra”.

15 Fonte: Daly: L’economia in un mondo pieno, le Scienze, novembre 2005 1.limitare l’uso di tutte le risorse a ritmi in grado di produrre livelli di rifiuti che possano essere assorbiti dall’ecosistema; 2.sfruttare le risorse rinnovabili a ritmi che non superino la capacità dell’ecosistema di rigenerarle; 3.sfruttare le risorse non rinnovabili a ritmi che, per quanto possibile, non superino il tasso di sviluppo di risorse rinnovabili alternative. Per essere sostenibile a lungo termine l’economia deve essere trasformata in modo da: L’«economia eco-compatibile» Ma anche l’Economia eco-compatibile possiede dei limiti!

16 Fonte: Diamond, “Ambiente, il fattore 32”, La Repubblica, 3 gennaio 2008 Secondo Jared Diamond, lo studioso dell’evoluzione delle civiltà, autore di «Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimil a anni» e del recente «Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere», le ricette dei sostenitori dello sviluppo sostenibile possiedono i seguenti limiti: 1.non esiste una istituzione globale in grado di costringere i governi dei paesi a rispettare gli accordi e ad imporre le eventuali sanzioni (esempio: gli accordi di Kyoto). 2.è praticamente impossibile limitare la crescita economica dei paesi (che rappresentano più dei due terzi della popolazione mondiale) che aspirano ai livelli di consumo delle economie industrializzate. 3.ciò che conta, ai fini della sostenibilità, è l’indice di consumo pro capite, vale a dire il rapporto fra le risorse consumate e i rifiuti prodotti. Questo indice è pari a 32 per il miliardo della popolazione dei ricchi, ma è pari a uno per gli oltre sei miliardi di poveri che aspirano ai nostri livelli di consumo. I limiti dell’«economia eco-compatibile» Il vero problema, sostiene Diamond, non è l’ammontare della popolazione mondiale, ma quante risorse essa consuma in rapporto ai rifiuti che produce.

17 Emergenza clima In quest’ottica diviene rilevante rapportare il tema dello «sviluppo sostenibile» a quello dei possibili effetti dell’antropizzazione, con i suoi riflessi sui mutamenti climatici. Si tratta di una questione di grande attualità, ma estremamente complessa, sulla quale sono impegnati sia gli economisti che i fisici del clima. E allora?

18 L’attenzione per i possibili effetti dell’antropizzazione sui mutamenti climatici è successiva alla divulgazione dei primi rapporti dell’Intergovernmental Pannel on Climate Change (IPCC) sullo stato delle ricerche climatiche nel mondo. Creato nel 1988 dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite, l’IPCC non è un centro di ricerche, ma ha il compito di raccogliere e valutare le ricerche altrui. Le emergenze globali secondo l’IPCC Al processo di elaborazione di ciascun Rapporto partecipano circa 2.500 scienziati da tutto il mondo. Una sintesi dei risultati viene sottoposta ai decisori politici. I dati più eclatanti contenuti nel quarto Rapporto dell’ IPCC sullo stato delle ricerche climatiche nel mondo sono: 1.è assodata inequivocabilmente la tendenza all’aumento al riscaldamento globale a partire dagli albori della Rivoluzione Industriale; 2.è plausibile che un contributo notevole al riscaldamento globale sia imputabile all’antropizzazione.

19 Fonte: Paola Rivaro, Ricercatrice Università di Genova Il riscaldamento globale

20 Abbiamo visto come sia possibile, con l’ausilio di un semplice modello dinamico, prevedere l’evoluzione nel tempo della popolazione mondiale. Ma la popolazione mondiale è aggregato relativamente stabile e prevedibile. Tempo logico e tempo atmosferico I modelli meteorologici (che sono limitati al sottosistema atmosfera) sono molto sensibili alle condizioni iniziali. Inoltre, le relazioni che li descrivono sono caratterizzate da un comportamento caotico. Ciononostante, grazie ai progressi delle discipline informatiche, le previsioni meteorologiche sono altamente attendibili alla scala temporale del «giorno».

21 Il clima: un sistema complesso Fonte: Paola Rivaro, Ricercatrice Università di Genova

22 I modelli climatici sono estesi al sistema complesso « terra», che comprende, oltre all’atmosfera, anche diversi sottosistemi (gli oceani, le superfici continentali, la criosfera, gli aerosol, nonché i cicli del carbonio, della vegetazione, della chimica della terra e, oggi, anche l’influenza dell’uomo) che interagiscono tra di loro con scale temporali differenti. Il «sistema terra» è quindi un «sistema complesso», del quale si iniziano solo da poco tempo a comprendere sia le caratteristiche, sia la natura delle interazioni tra i vari sottosistemi. Ma non è ancora stato individuato un corretto sistema di validazione. Fonte: Pasini, I cambiamenti climatici. Meteorologia e clima simulato, Bruno Mondadori, Milano 2003. La Big Science

23 2.i paesi poveri (nei quali il PIL pro capite è meno di un ventesimo di quello dei paesi ricchi) perseguono un rapido sviluppo (necessario per uscire dalla condizione di povertà), ma ogni unità addizionale di prodotto avrà un alto contenuto di energia derivante da materie prime non rinnovabili e ad alto impatto ambientale; Fonte: Livi Bacci, Popolazione e clima: le incerte relazioni, LIMES, n. 6, dicembre 2007 Le incerte relazioni La specie umana ha mostrato una straordinaria capacità di adattamento ai mutamenti climatici. La crescita futura della popolazione mondiale (che si calcola potrà aggirarsi sui 2,5 miliardi di abitanti) si distribuirà in maniera disuguale sul pianeta: 3.l’impatto ambientale dipende: dalla popolazione, dal consumo individuale e dalla tecnologia. Esso tenderà a diminuire nei paesi ricchi, ma tenderà ad aumentare nei paesi poveri; 1.tutta la crescita futura si concentrerà nei paesi poveri; 4. la tendenza all’urbanizzazione può comportare sia una razionalizzazione dei consumi energetici che una elevata concentrazione di emissioni dannose. L’intreccio dei fattori climatici, sociali, economici e biologici è talmente stretto e complesso da rendere estremamente complicato districare il peso di ciascun fattore.

24 Meditazione conclusiva E conclude: “Se l’umanità non farà uno sforzo enorme per autoeducarsi, non si può escludere completamente la possibilità che la Rivoluzione Industriale possa rivelarsi infine una calamità disastrosa per la specie umana”. Carlo M. Cipolla, “Uomini, tecniche, economie”, Feltrinelli, 1966 Scrive Carlo M. Cipolla: “Il fatto di istruire un selvaggio nell’uso delle tecniche avanzate non lo trasforma in una persona civilizzata, ma ne fa solo un selvaggio efficiente. Il progresso etico deve accompagnarsi allo sviluppo tecnico ed economico. Mentre insegniamo le tecniche, dobbiamo insegnare anche il rispetto per la dignità e il valore e il carattere sacro della personalità umana. Se non vogliamo che la fine sia peggiore dell’inizio è necessario intraprendere un’azione urgente”.

25 P. ACOT, Storia del clima, Donzelli Editore, Roma 2003. C. BERNARDINI, Prima lezione di fisica, Editori Laterza, Bari 2007. C.M. CIPOLLA, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966. J. COHEN, Una popolazione che cambia, le Scienze, n. 447, novembre 2005, pp. 50-59. H. DALY, L’economia in un mondo pieno, le Scienze, n. 447, novembre 2005, pp. 112-119. J. DIAMOND, Ambiente, il fattore 32, La Repubblica, 3 gennaio 2008. IPCC, Climate Change 2007: Synthesis Report. Summary for Policymakers. A. LANZA, Lo sviluppo sostenibile, il Mulino, Bologna 2002. M. LIVI BACCI, Storia minima della popolazione del mondo, il Mulino, Bologna 1998. M. LIVI BACCI, Popolazione e clima: le incerte relazioni, LIMES, n. 6, dicembre 2007. A. PASINI, I cambiamenti climatici. Meteorologia e clima simulato, Bruno Mondadori, Milano 2003. M. PIATTELLI PALMARINI, I linguaggi della scienza, Mondadori, Milano, 2003. B. SORO, Crescita o decrescita?, in «Il Gatto della crisi. Divagazioni e divulgazioni di economia e politica», De Ferrari, Genova, 2009. B. SORO, Rileggendo Cipolla: “The Economic History of World Population” cinquant’anni dopo, Forthoming, 2012 (disponibile su Aulaweb nella sezione degli altri materiali). C. STAGNARO, L’anatomia di un Panel, LIMES, n. 6, dicembre 2007. Per saperne di più

26 E se vi interessa un aggiornamento del libro (o se non siete intenzionati ad acquistarlo) collegatevi al sito www.cittafutura.al.it (Sezione “Politica” sottosezione “Dietro la notizia”) Se volete conoscere l’opinione del vostro docente sui fatti economici e sulle loro interpretazioni:


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