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Di sala in sala Temi e protagonisti delle collezioni della Galleria per comprendere l’evoluzione dei linguaggi artistici tra la fine dell’Ottocento e la.

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1 Di sala in sala Temi e protagonisti delle collezioni della Galleria per comprendere l’evoluzione dei linguaggi artistici tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento A cura di Sara Pizzi e Serena Silvestrini Coordinamento scientifico: Giorgia Corso Impostazione grafica: Fabiana Verolini

2 Percorsi di approfondimento correlati all’allestimento multimediale “Le vie dell’arte attraverso le emozioni” Le quattro opere esposte nell’allestimento multimediale diventano il punto di partenza per un approfondimento sui mutamenti dell’arte italiana ed europea tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. I due brevi percorsi proposti, “ I volti del vero ” e “ Le forme dell’astrazione ”, conducono il visitatore “di sala in sala”, alla scoperta di temi cruciali e protagonisti delle collezioni della Galleria.

3 “I VOLTI DEL VERO” a cura di Sara Pizzi

4 Intorno alla figura della donna Il tema della figura femminile fa da filo conduttore per il percorso che si sviluppa nelle sale del II Ottocento, prendendo le mosse dal dipinto “Un riflesso” di Filadelfo Simi. Il riferimento alla grande tradizione del Rinascimento fiorentino, evidente nella tela di Simi, è presente anche nella scultura di Ettore Ximenes, in particolare per la presenza femminile, aggraziata e flessuosa, che ricorda le donne dipinte da Botticelli. Allo sguardo di Simi, rivolto al passato, si contrappone quello di Adolfo Tommasi, attento alle novità del mondo moderno. Nel paesaggio rurale in cui immerge la sua contadina fa irruzione il treno a vapore. Il realismo pacato, venato di sensibilità sociale, accomuna i due artisti, entrambi post-macchiaioli. Le soluzioni pittoriche di Simi sono ancora legate all’uso del disegno e alla cura del particolare, mentre nel caso di Tommasi sembra prevalere il colore. Il dipinto di Gaetano Previati sviluppa il valore simbolico dell’immagine femminile, un aspetto che lo stesso Simi ha talvolta sperimentato; tuttavia l’esito di Previati si congiunge con l’innovativa tecnica pittorica del divisionismo.

5 E TTORE X IMENES Rinascita Materia e tecnicabronzo Dimensionicm 214 x 120 x 95 Datazione1895 (fusione in bronzo 1897) Provenienza(acquisto) 1897 CollocazioneGNAM - Vestibolo della Rinascita La scultura in bronzo raffigura una giovane donna poggiata su una base posta dietro di lei. Con la mano destra si sostiene, mentre nella sinistra tiene un giglio; la testa è leggermente piegata e rivolta a sinistra. I capelli sono raccolti e la figura è avvolta da una veste molto leggera perfettamente aderente al corpo formoso. La figura femminile è aggraziata e morbida, simile a quelle tipiche delle opere d’arte del Quattrocento. La base è ornata con motivi decorativi a bassorilievo. Quest'opera è emblematica del gusto neorinascimentale e liberty di cui l'artista fu significativo interprete. Attraverso la presenza di una figura femminile armoniosa e flessuosa, l'opera vuole essere un omaggio a Botticelli e al culto della giovinezza che si associa alla stagione floreale della primavera. Oltre alla stessa figura, tipicamente “botticelliana”, anche il titolo dell’opera e l’iscrizione posta sulla base (A LEXANDER B OTTICELLIUS F LORENTINUS LUMEN DEDIT ) sono richiami al Rinascimento quattrocentesco. Invece i rilievi ispirati all’arte altomedioevale sul piedistallo alludono alla rinascita del senso plastico della scultura romanica. L'artista appare legato al nuovo stile dell'Art nouveau che si diffonde a fine secolo in Europa: la natura diventa fonte di ispirazione per motivi decorativi da sottoporre ad una progressiva stilizzazione e semplificazione.

6 A DOLFO T OMMASI Il fischio del vapore Materia e tecnica olio su tela Dimensionecm 123 x 208 Datazione1884 Provenienzaacquisto alla Esposizione Nazionale di Torino, 1884 CollocazioneGNAM Il dipinto rappresenta uno scenario campestre su cui si profila in primo piano una contadina, abbigliata con vesti tipiche di fine Ottocento, una gonna lunga di colore scuro, una camicia e un fazzoletto al collo, con i capelli raccolti; la donna, colta di spalle, è affiancata alla sua destra da pollame. Un bambino, seminascosto dalla gonna, appare avvinghiato alle gambe della contadina, presumibilmente sua madre. I due si trovano su un terreno accidentato; alla loro destra si estende un campo su cui si intravede in fondo la sagoma di un contadino al lavoro, a sinistra il prato è attraversato da rotaie. In lontananza è possibile scorgere un treno, che lascia dietro di sé una nuvola bianca di fumo. Ancora sullo sfondo, si trovano dei casolari. Il binario ferroviario che attraversa questo tradizionale scenario rurale rappresenta la compresenza di due diverse realtà, o meglio l'insinuarsi del nuovo nel vecchio e definisce uno spunto di riflessione sulle grandi trasformazioni che investono la società e la vita nell’Ottocento. L'autore esprime una marcata sensibilità sociale avvolgendo i personaggi della famiglia contadina in un'atmosfera quasi bloccata, come se volesse fermare il tempo e conservare la pace di quel momento. L’atmosfera malinconica esprime forse le difficoltà causate dagli importanti cambiamenti sociali ed economici della realtà contemporanea. La scena di pacato realismo sembra infatti minacciata dall'incombere della rivoluzione moderna, anche se la realtà delle rotaie e del treno appare appena accennata. Dal punto di vista tecnico-formale l'opera presenta una pittura che privilegia il colore sul disegno e la semplificazione del paesaggio in un realismo asciutto, privo di abbellimenti.

7 G AETANO P REVIATI Mammina Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 99,5 x 78 Datazione1908 circa Provenienzaacquisto alla X Biennale di Venezia, 1912 CollocazioneGNAM Il dipinto rappresenta una donna con in braccio un bambino, immersi nella natura. Le figure stanno sulla destra e sono entrambe rivolte alla pianta fiorita dipinta in primo piano sulla sinistra. La donna indossa un abito azzurro, e un velo bianco si appoggia sui capelli biondi; il viso è caratterizzato da un’espressione dolce e premurosa. Il bambino indossa una veste bianca e tende le sue piccole braccia in avanti, quasi a voler afferrare i fiori che la madre sembra mostrargli. Tutto l’insieme è dipinto con colori chiari, in tonalità calde. L’opera evidenzia il senso di dolcezza e familiarità del soggetto materno. Nonostante lo spunto realista, la scena è avvolta in un’atmosfera quasi sognante, dove i colori e la luce suggeriscono non tanto l’evidenza materiale dell’abbraccio, quanto la sensazione che un’immagine simile potrebbe suscitare. L’artista si serve di forme e colori come se fossero segni per esprimere un’idea simbolica. Egli intende raggiungere l’espressione sintetica e precisa del sentimento per mezzo del linguaggio cromatico. Previati affronta spesso il soggetto della madre con il bambino nell’ambito della sua produzione di arte sacra, con chiari riferimenti al tema della Maternità divina. Dal punto di vista tecnico, dipinge un’opera divisionista, accostando sulla tela sottili filamenti di colori complementari; l’originale effetto di vibrazione luminosa dissolve la forma nella luce, restituendo una dimensione più intima e spirituale.

8 Dal realismo all’astrazione Il passaggio dalla figurazione all’astrazione, attuato da numerosi artisti all’inizio del Novecento, può essere esemplificato seguendo l’evoluzione dell’arte di Balla. Le opere scelte sintetizzano i momenti chiave della sua produzione: il realismo sociale, l’esperienza divisionista e l’adesione al Futurismo. Il dipinto “La pazza” offre una rappresentazione ancora realistica, impregnata da una forte ispirazione sociale. La ricerca degli effetti luministici si esprime in questo caso attraverso la tecnica divisionista. L’interesse per i temi della modernità, combinato con lo studio della luce e le sperimentazioni della fotografia, già testimoniato dal ritratto “Nello specchio”, condurranno Balla verso l’adesione al Manifesto tecnico della pittura futurista nel 1910. Nella fase successiva, documentata dall’opera “Espansione dinamica + velocità”, l’artista sceglie come soggetti i voli di rondine e le auto in corsa, attraverso i quali tenta di ritrarre la velocità in senso assoluto e astratto. Boccioni, altro grande protagonista del Futurismo, con il “Ritratto del maestro Busoni” si inserisce esattamente a metà tra figurazione e avanguardia. Il ritratto del famoso musicista, amico del pittore, richiama il dipinto “Nello specchio” di Balla per il genere e per il soggetto, ma se ne distacca nettamente per la forma.

9 G IACOMO B ALLA La pazza Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 175 x 115 Datazione1905 Provenienzadono di Luce ed Elica Balla, 1984 CollocazioneGNAM Il dipinto rappresenta una donna, a figura intera e in primo piano, che sosta davanti ad una porta aperta, probabilmente presso lo studio dell’artista stesso. Davanti a lei si scorge l'uscio, a destra la porta, dietro invece una ringhiera, mentre sullo sfondo è visibile un paesaggio naturale. La donna è abbigliata con vesti visibilmente povere e sdrucite: una lunga gonna marrone, una camicia di colore chiaro, calze e scarpe scure; i capelli sono mossi e spettinati. La posa assunta è caratterizzata da gesti incisivi e nervosi. La mano destra, portata al volto, con il dito indice davanti alla bocca intima di fare silenzio; la mano sinistra tende nevroticamente le dita. L’espressione del volto è come persa nel vuoto. La donna del dipinto è Matilde Garbini, malata di mente, vissuta tra l’accattonaggio e il carcere. La figura è resa in tutta la sua intensità emotiva e con colori accesi. Il corpo è bloccato in controluce e inquadrato tra ringhiera e porta, in un’espressione che esprime la drammatica condizione della pazzia e dell’alienazione. In questa fase figurativa, Balla è legato al verismo diffuso in quegli anni, di cui approfondisce l’aspetto sociale. L’opera fa parte della serie “Viventi” dedicata proprio alle figure che vivono ai margini della società, a coloro che non avrebbero comunque potuto usufruire delle novità che il Novecento sembrava promettere e dei prevedibili miglioramenti nella qualità della vita umana. Dal punto di vista tecnico l’opera presenta un’originale resa pittorica della teoria divisionista, basata sull’accostamento dei colori complementari: le tinte sono divise in rapide pennellate giustapposte e permettono un’accurata restituzione della luce. Proprio lo studio delle vibrazioni luminose sembra preludere agli sviluppi futuristi. L’adesione al Manifesto del 1910 sarà occasione per portare alle estreme conseguenze questo interesse verso una rappresentazione “scientifica” della luce e del movimento.

10 G IACOMO B ALLA Espansione dinamica + velocità Materia e tecnicavernice su carta intelata Dimensionicm 65,5 x 108,5 Datazione1913 circa Provenienzadono di Luce ed Elica Balla, 1968 CollocazioneGNAM Il dipinto rappresenta il movimento di un’automobile in corsa, ma l’immagine è decisamente astratta: è assente la figura stessa dell’automobile. Nell’insieme, apparentemente caotico, è possibile riconoscere forme e linee geometriche (triangoli, curve, spirali) che rappresentano l’estensione del movimento nello spazio. Le spirali danno il senso di progressione e dei sobbalzi della macchina, le punte aguzze alludono al terreno che fugge sotto le ruote veloci. Queste ultime sono sdoppiate per suggerire la percezione simultanea della stessa ruota in due punti dello spazio. Le curve ellittiche raffigurano le onde di moto che l’auto in corsa genera nell’atmosfera. L’opera fa parte del ciclo delle “Automobili in corsa”, espressione dell’analisi delle tematiche della modernità, che impegna intensamente Balla negli anni successivi all’adesione al Futurismo. La figurazione è sparita a favore di un’immagine astratta che in questo turbinio di linee e vortici suggerisce un’idea di movimento e velocità, una sintesi del concetto dell’automobile, simbolo del progresso. Tutto è espresso da segni che escludono riferimenti alla natura perché devono esprimere qualcosa che effettivamente non è naturale, ma è realizzato da congegni meccanici. Anche i colori sono eliminati: la rapidità del moto, infatti, annulla il tempo necessario a percepirli, ed essi si fondono in una bicromia di toni chiari e scuri. Questa soluzione si riallaccia ai contemporanei studi sulla cronofotografia di Anton Giulio Bragaglia, con cui Balla era in stretto contatto

11 U MBERTO B OCCIONI Ritratto del maestro Ferruccio Busoni Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 176 x 121 Datazione1916 Provenienzaacquisto da Gerda Sjöstrand Busoni CollocazioneGNAM Il dipinto raffigura in primo piano un uomo, seduto presso la balaustra di una terrazza, riprodotta sulla parte inferiore del quadro. Alle sue spalle compare un albero, di cui si notano il fusto e parte della chioma verde; a destra è accennato un panorama naturale. La figura è ritratta col busto leggermente ruotato verso sinistra; le braccia poggiano sulle gambe incrociate, la mano sinistra tiene un cappello. L’uomo indossa un’ampia camicia ocra, pantaloni blu e scarpe scure. Il viso è rivolto verso lo spettatore. Il dipinto è tra le opere più importanti dell’ultima produzione di Boccioni. L’uomo raffigurato è il compositore Ferruccio Busoni, il quale apprezzò molto il ritratto realizzato dall’artista, per giunta suo amico. Boccioni è tra i massimi esponenti del Futurismo italiano, ma in quest’opera risultano pressoché assenti la sintesi del movimento ed altre soluzioni di stampo futurista. Le caratteristiche formali del dipinto testimoniano piuttosto la componente espressionista e il ritorno alla figurazione stimolato dalla riflessione sulla pittura di Cézanne, evidente soprattutto nella combinazione dei colori blu, verde e ocra, come pure nella scomposizione dei piani in varie sfaccettature. La scelta cromatica di toni caldi conferisce alla figura una forte carica emotiva, mettendola in contrasto col freddo sfondo paesaggistico, che infonde una nota melanconica alla composizione. Nelle opere di Boccioni, forma e spazialità si amalgamano attraverso un uso particolare del colore che viene sottoposto a nuove combinazioni complementari, contrasti di toni e deformazioni espressionistiche. Il colore è denso e si accende segnalando l’incidenza della luce che tesse la composizione, secondo la lezione post-impressionista.

12 “LE FORME DELL’ASTRAZIONE” a cura di Serena Silvestrini

13 Attraverso le opere degli artisti qui selezionati si può osservare lo stato dell’arte negli anni Trenta del Novecento. Ci troviamo di fronte a tre grandi maestri delle avanguardie, Kandinskij. Mondrian e Moholy-Nagy, e ai due capofila dell’astrattismo italiano, Licini e Soldati. Tutti sono accomunati dalla scelta di superare la rappresentazione tradizionale tramite un nuovo linguaggio non figurativo, che ognuno di essi esprime in modo diverso. Si può notare come la geometria sia assunta come mezzo attraverso il quale reimpostare il rapporto tra arte e realtà esterna; le figure geometriche iniziano a campeggiare sulle tele rivendicando significati e valori differenti a seconda del pensiero dell’artista. Il 1934, anno della mostra personale di Kandinskij tenutasi presso la galleria “Il Milione” di Milano, segna l’arrivo dell’arte astratta in Italia. Nasce un movimento in rottura con gli ideali di ritorno all’ordine che aveva caratterizzato il primo dopoguerra. Gli artisti italiani possono finalmente aprirsi all’Europa e lasciarsi influenzare dai capolavori dei grandi maestri delle scuole dell’astrazione. La forma e il colore

14 P IET M ONDRIAN Grande composizione A con nero, rosso, grigio, giallo e blu Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 91 x 91 Datazione1919-1920 Provenienzaacquisto alla Marlborough Gerson Gallery, 1972, NY CollocazioneGNAM La superficie del dipinto è suddivisa da ordinate linee verticali e orizzontali che incontrandosi creano ambienti geometrici di forma rettangolare dalle dimensioni differenti. Alcuni di questi riquadri sono interamente riempiti con colori primari uniformi, rosso, giallo e blu, mentre per gli altri vengono utilizzati i “non colori”, bianco, nero e grigio. L’intera composizione è il risultato di un delicato ma al tempo stesso rigoroso bilanciamento delle parti, tramite linee e colori, assunti come elementi fondamentali dell’arte. Nel 1919, il pittore olandese Piet Mondrian arriva a Parigi; qui è libero di abbandonare lo stile naturalistico a favore di un cambiamento di rotta verso l’astrazione pura. In questo periodo prende forma il celebre motivo “a griglia”, di cui questa opera fornisce un’importante testimonianza. La forma si riduce a quelli che sono i suoi elementi fondamentali, ossia la linea e il colore, in un razionale equilibrio di opposti. I principi dell’arte di Mondrian sfociano nella creazione del movimento modernista De Stijl, il cui manifesto del 1918 dichiara la volontà di definire un nuovo linguaggio detto “neoplastico”, comune a tutte le arti (architettura, pittura e scultura), basato sulla ricerca dell’essenziale e sull’eliminazione di ogni convenzione superflua.

15 L ASZLO M OHOLY -N AGY Croce gialla Q VII Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 96 x 71 Datazione1922 Provenienzaacquisto alla Galleria del Levante, 1966 CollocazioneGNAM: Sala 22 - Avanguardie Al centro del dipinto, su uno sfondo uniforme color avorio, si stagliano due piccoli rettangoli grigio-azzurri sovrastati da una grande croce gialla diagonale. La composizione riesce a ottenere profondità grazie alla sovrapposizione delle figure che, come lastre di vetro colorate, giustapponendosi danno luogo a nuove combinazioni cromatiche. La croce emerge in modo deciso dallo sfondo con i suoi spessi contorni neri. La sua posizione obliqua rappresenta la scelta dell’abbandono dell’orizzontalità a favore dell’asimmetria e della libertà spaziale. La pura sintassi di segni di Moholy-Nagy si esprime attraverso forme e colori semplici. Da questo momento in poi, la croce verrà spesso utilizzata dall’artista per il suo valore simbolico. In questa come in altre precoci opere di pittura, lo studio della luce e del movimento mostra evidenti richiami al neoplasticismo. La sovrapposizione di elementi geometrici e le trasparenze che si creano nell’incontro delle forme sono caratteristiche tipiche dell’astrazione sperimentale dell’artista ungherese che, proprio in questi anni, si rivela una figura determinante per lo sviluppo del Costruttivismo, per poi assumere nel 1923 il ruolo di insegnante nel Bauhaus, al fianco di importanti personalità come Kandinskij, Klee e Albers. L’opera di Moholy-Nagy risente inoltre dell’influenza dello stile dell’architettura di vetro che si stava facendo largo proprio in quegli anni e che veniva considerata estremamente rivoluzionaria sia a livello progettuale che stilistico.

16 A TANASIO S OLDATI Pittura Materia e tecnicaolio su tela Dimensionicm 80,0 x 60,3 Datazione1935 circa Provenienzaacquisto da Maria Soldati, 1986 CollocazioneGNAM: Sala 28 Lo spazio del dipinto si organizza razionalmente in tre parti, definite da colori differenti in tonalità chiare; due dei tre ambienti ospitano piccole costruzioni geometriche sostenute da una griglia di incontri ortogonali di linee sottilissime. Queste strutture sono composte rispettivamente da due elementi triangolari di colore giallo e blu e si collocano sulla tela con ordine rigoroso e calcolato. Lo spazio lasciato bianco è l’unico punto di luce in una rappresentazione altrimenti caratterizzata da tinte opache. Negli anni Trenta Soldati alterna la creazione di opere figurative a quelle di carattere prettamente astratto, superando l’antitesi all’origine dei due diversi generi. La geometria viene considerata non solo come principio d’ordine, ma anche come proiezione di un’elaborazione mentale; questa progettualità deriva dalla formazione dell’artista, diplomato alla scuola di architettura di Parma, e resterà una costante della sua produzione. Nel quadro prendono forma le influenze neoplastiche promosse da Mondrian, sia nel rigore della composizione che nell’uso del colore steso per campiture spazialmente delimitate. Soldati si concentra nella ricerca dei valori simbolici delle forme geometriche, svuotate della loro natura asettica e caricate di lirismo, in un continuo dialogo con lo sfondo.

17 O SVALDO L ICINI Memorie d’oltretomba Materia e tecnicatempera su tela Dimensioni cm 35,5 x 47,5 Datazione1938 circa Provenienzaacquisto alla XXIV Biennale di Venezia CollocazioneGNAM Lo spazio del dipinto è occupato quasi interamente da una campitura uniforme di colore blu delimitata in basso da una striscia orizzontale nera. Le due zone cromatiche sembrano suggerire la suddivisione tra cielo e terra. Dalla base scura sorgono sagome geometriche bianche e nere, definite da incroci di sottili linee verticali e orizzontali. Anche queste forme sono il risultato della trasformazione fantastica di elementi naturali, come alberi e cespugli. Il tono carico dello sfondo allude all’infinito, inteso come spazio sia emotivo che simbolico. Licini crea figure astratte che si allontanano dall’ideale spirituale di Kandinskij per trovare invece un punto di equilibrio tra realtà e irrealtà. Il legame con la rappresentazione naturalistica non è del tutto cancellato; l’artista fonde il rigore formale con la libertà inventiva, creando strutture senza peso che sembrano galleggiare sulla superficie. Il suo idealismo, supportato da un’acuta attenzione per le regole matematiche e da una profonda sensibilità poetica, spazia quindi tra costruttività dei segni e sfera dell’immaginario. Licini è affascinato anche dall’autonomia formale e dalle potenzialità estetiche delle lettere dell’alfabeto; in questo caso inserisce una grande “T” trasformata in una freccia. Il suo lavoro rappresenta uno dei vertici dell’Astrattismo italiano, un movimento che nasce in Lombardia intorno al 1934 e si concentra nella storica sede della Galleria “Il Milione”. Quest’opera fu presentata alla celebre Biennale “astrattista” del 1948, insieme a capolavori di Mondrian, Klee, Maleviĉ e Kandinskij.

18 Il colore e la materia Le opere prescelte nel settore del II Novecento esemplificano modi e tecniche dell’arte italiana nel secondo dopoguerra. L’arte informale nasce tra gli anni Cinquanta e Sessanta in seguito alla profonda crisi morale, politica e ideologica conseguente agli orrori dalla Seconda Guerra mondiale. La perdita di fiducia nella ragione si traduce nel rifiuto della forma, sia essa realistica o astratta. Gli artisti arrivano a mettere in discussione anche i capisaldi dell’arte come la linea, il colore e la figura, stravolgendone totalmente il linguaggio. Da qui ha inizio la ricerca delle possibilità espressive della materia, che diventa nuovo oggetto d’arte; il colore è trattato come una massa da modellare con il pennello, la spatola, o gli utensili più svariati. La pittura mantiene in sé ancora un legame con la tradizione, ma questa verrà totalmente superata con l’utilizzo di materiali extrapittorici. Burri agisce in maniera distruttiva su legni, plastiche, ferro e sacchi di juta; Rotella si dedica al collage (poi décollage) di frammenti di manifesti pubblicitari. Fontana e Manzoni vengono solo in parte toccati dal movimento informale, ma sono altrettanto interessati alla nuove possibilità che i materiali di uso quotidiano possono offrire: Fontana mescola pittura a frammenti di vetro, sabbia e cementite, mentre Manzoni si rivolge al candore di materiali industriali quali il polistirolo, il cotone e la lana di vetro.

19 M IMMO R OTELLA Up – tempo Materia e tecnicadécollage Dimensionicm 172 x 283 Datazione1957 Provenienzaacquisto dall’artista, 1964 CollocazioneGNAM In quest’opera il materiale utilizzato e il soggetto coincidono; l’artista lacera manifesti pubblicitari che trova in strada e, una volta tornato nel suo studio, li ricompone e li fissa su tela. Si può osservare la sovrapposizione dei vari strati di carta, la presenza di frammenti di intonaco rimasto intrappolato nella colla per l’affissione e varie tracce lasciate sui cartelloni dallo scorrere del tempo e dagli agenti atmosferici. Il risultato è quindi simile ad una tela monocroma nella quale l’oggetto reale si sostituisce alla materia pittorica. Nel 1953 Rotella assume il manifesto pubblicitario come mezzo privilegiato della sua ricerca artistica. Ad esso associa l’uso di una nuova tecnica, il décollage (o anche doppio décollage), in stretta connessione con i collage cubisti, per via della presenza di materiali estranei al mondo dell’arte, catturati senza mediazione dalla realtà quotidiana. Attraverso queste composizioni viene svelato ciò che normalmente resta nascosto; il retro dei manifesti e l’intonaco dei muri diventano i protagonisti delle creazioni attraverso le quali l’artista offre una visione simbolica della città. Fortemente influenzato dal movimento Informale, dalla Pop Art e dall’Espressionismo americano, Rotella sviluppa, nei primi anni Sessanta, modalità di lavoro neo-dadaiste, contribuendo allo sviluppo del Nouveau Réalisme.

20 L UCIO F ONTANA Concetto spaziale Materia e tecnicaacrilico, sabbia, polvere di vetro su tela con buchi Dimensionicm 130 x 97 Datazione1957 Provenienzaacquisto dall’artista, 1957 CollocazioneGNAM La tela, dipinta interamente con colore cupo, è costellata di buchi che la lacerano secondo un ordine prestabilito, facendo perdere compattezza alla superficie. L’artista vi aggiunge il colore con pennellate astratte e gestuali, dense e cariche di pittura nera e gialla brillante. Attraverso l’uso di sabbia e polvere di vetro Fontana crea effetti luminosi che fanno sfavillare la superficie a contatto con la luce. Tutte le parti si uniscono per dare vita in modo coerente ad una composizione estremamente dinamica nella quale lo spessore materico del colore sembra voler compensare, con le sue sporgenze, l’apertura della superficie verso l’interno dovuta ai fori. Dal 1949, Fontana agisce sulla tela colpendola in modo da produrre buchi; interrotta da tali ferite, la superficie entra così in rapporto diretto con lo spazio e la luce reali. A partire dal 1951- 1952, nelle tele dipinte e forate si fanno largo echi dell’Informale materico: a grandi pennellate cariche di colore si aggiungono elementi extrapittorici, quali il vetro, la cementite e la sabbia. Quest’opera rientra nella serie dei “barocchi”, così definiti per via dell’esplicita artificiosità del dinamismo e delle forme. L’attenzione di Fontana è rivolta alla dimensione spaziale dell’opera; i buchi di questo periodo sfoceranno nei celebri “tagli” del 1959.

21 P IERO M ANZONI Achrome - lana di vetro Materia e tecnicalana di vetro in teca di legno dipinto Dimensionicm 87,2 x 79,5 Datazione1961 Provenienzadono di Valeria Manzoni, 1969 CollocazioneGNAM Questo lavoro appartiene ad una serie di opere in cui la tela viene sostituita direttamente da materiali bianchi come batuffoli di cotone, polistirolo o, come in questo caso, lana di vetro. Manzoni assume il quadrato come modulo attraverso il quale selezionare porzioni di materiale da esporre in una teca di vetro, su una base dipinta. La lana di vetro non subisce alcuna operazione da parte dell’artista; viene presa dalla realtà quotidiana e introdotta senza mediazione nel mondo dell’arte. A partire dal 1958 l’artista si dedica alla vasta serie degli “Achrome”, lavoro che porterà avanti fino alla prematura scomparsa nel 1963. Tutte le opere che vanno sotto il nome “achrome” ricorrono al bianco, inteso come assenza di colore, come indica il titolo. La totale spersonalizzazione delle opere è avviata con le prime tele bianche ‘grinzate’, imbevute di gesso o caolino e solidificate senza alcun intervento diretto dell’artista. Queste rappresentano la volontà di Manzoni di escludersi dal processo artistico a favore dell’autonomia della materia. Successivamente la tela viene definitivamente abbandonata attraverso l’uso diretto di materiali industriali bianchi; tale cambiamento avvicina l’artista a tematiche sempre meno informali ma più vicine agli ideali neo-dadaisti e concettuali.


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