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La Gestione Operativa Dell’Impresa Commerciale IV. EGIC – A.A. 2015 - 16 Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno.

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1 La Gestione Operativa Dell’Impresa Commerciale IV. EGIC – A.A. 2015 - 16 Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti”

2 2 Il retailing-mix è l’insieme delle leve operative dell’impresa commerciale. Marketing-mix Retailing-mix ASSORTIMENTO PREZZO COMUNICAZIONE SERVIZIO PRODOTTO PREZZO COMUNICAZIONE DISTRIBUZIONE DAL MARKETING-MIX AL RETAILING-MIX

3 3 La gestione delle attività operative di marketing nell’impresa commerciale  La gestione dell’assortimento  Le marche commerciali  Il merchandising  L’atmosfera  I prezzi di vendita  Le attività promozionali

4 4 Per linea di prodotti s’intende generalmente un gruppo di prodotti aventi determinate caratteristiche comuni. L’assortimento è il complesso di tutti i prodotti che l’azienda pone sul mercato, la cui ampiezza è di regola definita dal numero delle linee che la compongono e la profondità è invece in funzione del numero medio di prodotti che compongono le linee.

5 5 LA COSTRUZIONE DELL’ASSORTIMENTO Gli aspetti fondamentali relativi all’assortimento sono pertanto i seguenti:  le principali dimensioni per la classificazione dell’assortimento (ampiezza e profondità);  la struttura del processo decisionale per la sua definizione. L’ampiezza è espressione del numero delle macro categorie o categorie presenti nel p.v. La profondità è espressione della varietà dell’assortimento con riferimento a ciascuna categoria merceologica.

6 6 ASSORTIMENTO / COMBINAZIONE DI PRODOTTI L’ampiezza dell’assortimento è il numero delle differenti linee di prodotto La profondità è il numero di varianti di ogni prodotto della linea La coerenza è valutata in base alla correlazione esistente tra le diverse linee di prodotto LINEA DI PRODOTTI Una linea di prodotto è un gruppo di prodotti strettamente collegati, poiché svolgono funzioni simili, sono venduti allo stesso gruppo di Clienti, attraverso gli stessi sbocchi commerciali, oppure ricadono tutti nella stessa classe di prezzo.

7 77 L’assortimento rappresenta l’insieme dei prodotti offerti dall’impresa commerciale sul mercato nonché l’elemento fondamentale del retailing mix. In una prospettiva relazionale l’assortimento oltre a rendere disponibile i prodotti in termini giuridici e fisici, mira a realizzare un matching tra i bisogni del cliente e l’architettura dell’offerta. È necessario tener presente la centralità del cliente nella definizione e gestione dell’assortimento in qualità di coautore e non di mero destinatario di modelli di offerta precostituiti.

8 8 È utile ricordare la classificazione dei beni di consumo in base alle abitudini di acquisto dei consumatori….  BENI DI CONVENIENZA (convenience goods): sono beni che il consumatore acquista con frequenza e riducendo al minimo lo sforzo d’acquisto e di comparazione, come nel caso delle sigarette, dei detersivi e dei giornali. Possono essere ad acquisto corrente, ad acquisto di impulso o di emergenza  BENI AD ACQUISTO SALTUARIO E PONDERATO (shopping goods): si tratta di beni che il consumatore, durante il processo di selezione e di acquisto, confronta abitualmente con altri per quanto concerne la qualità, la rispondenza al bisogno, il prezzo o lo stile. Ne sono un esempio i mobili, i capi di abbigliamento e gli elettrodomestici comuni  BENI SPECIALI (speciality goods): si tratta di quei beni che possiedono caratteristiche uniche o una precisa identificazione di marca e per i quali un consistente gruppo di acquirenti è disposto normalmente a fare un particolare sforzo d’acquisto. Ad esempio alcuni tipi di beni voluttuari, di automobili, di apparecchi fotografici,…

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10 10 STRUTTURA DEL PROCESSO DECISIONALE PER LA DEFINIZIONE DELL’ASSORTIMENTO 1. Scelta delle classi merceologiche (settori-reparti), delle famiglie o delle macrocategorie o categorie da commercializzare (ampiezza dell’assortimento); 2. Scelta delle tipologie di prodotti per categoria (profondità dell’assortimento); 3. Scelta delle marche e delle referenze per ciascuna tipologia di prodotto; 4. Allocazione dello spazio espositivo per ciascuna referenza dipendente dalla: quantità di spazio espositivo disponibile nel p.v.; redditività lorda (margine lordo/vendite) e rotazione (vendite/scorte medie) sui singoli prodotti per unità di spazio occupato (GM ROI); frequenza di rifornimento delle strutture espositive.

11 11 INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DELLA REDDITIVITÀ COMMERCIALE DEI PRODOTTI Margine netto unitario (margine commerciale – differenze inventariali + “ricavi di marketing” non dirett. realizzati con le vendite (es. premi fine anno, contributi promozionali, sconti assortimento, ecc.); Margine netto complessivo (Margine netto unitario per il volume di vendite realizzato nell’unità di tempo considerata); Margine netto complessivo per unità di spazio; GM-Roi (Gross Margin Roi) per valutare concretamente quanti euro di margine commerciale un’azienda distributiva può ottenere a fronte di 100 euro mediamente investite in stock; Dpp (Direct Product Profitability) / Dpc (Direct Product Cost).

12 12 Gestione dell’Assortimento Grocery  Gestione più semplice orientata all’ottenimento delle migliori condizioni di approvvigionamento possibili invece che alla selezione dei riferimenti a monte o dei prodotti da trattare. Obiettivi Per ridurre al minimo il rischio di out of stock ci si aiuta con Centri di Distribuzione (Ce.Di.) per migliorare la qualità dei flussi logistici sia di materiali che di informazioni. Non Grocery  Il vantaggio competitivo origina nelle attività di ricerca e selezione dei fornitori. Il servizio informativo offerto mediante la ricchezza e/o esclusività dell’assortimento si costruisce individuando chi può rendere disponibile il bene da commercializzare; il know-how rappresenta una fonte di differenziazione. Obiettivi Ridurre al minimo la necessità di capitale circolante e di capitale fisso.

13 13 Vincoli e opportunità nelle scelte di assortimento

14 14 Oltre alle questioni riguardanti l’assortimento, l’impresa deve interrogarsi sul mix di servizi da fornire alla propria clientela Decisioni da adottare: 1.Ampiezza e profondità dell’assortimento (vincolate da comportamento della domanda e dell’offerta, caratteristiche del target, quantità e qualità – localizzazione,struttura immobile – di spazio e di impianti e attrezzature commerciali, autonomia imprenditoriale, competenze del management, margini, disponibilità risorse finanz.) 2. Referenziamento quantitativo (grado di intensità di servizio di stoccaggio)

15 15 Distinte fasi evolutive in cui disaggregare l’analisi della domanda e della concorrenza; ♣ I prodotti hanno vita limitata; ♣ Le vendite dei prodotti attraversano fasi distinte, ciascuna delle quali pone sfide diverse a chi vende; ♣ I profitti dei prodotti aumentano e diminuiscono in funzione delle diverse fasi del CVP; ♣ I prodotti richiedono strategie diverse di marketing, finanziarie, di produzione, di acquisti, di personale, nelle diverse fasi del CVP. ♣ Non tutti i prodotti seguono il classico modello a 5 fasi (es. Moda)

16 16 Introduzione Sviluppo (crescita) Maturità Declino Vendite Tempo IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

17 17 Il ciclo di vita del prodotto: modello introdotto da Theodore Levitt nel 1965, si basa su un concetto molto noto: il susseguirsi delle fasi di introduzione, crescita, maturità e declino, che implica l’adozione di differenti strategie di marketing e posizionamento del prodotto. Il prodotto, nella sua vita, attraversa pertanto quattro fasi che si differenziano per tendenza delle vendite e dei profitti.

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19 19 a) normaled) ringiovanimento o rilancio b) prodotto debole c) nuova introduzione fallita f) lunga fase di saturazione di un prodotto forte e) beni di moda

20 20 È il tempo intercorrente tra la generazione dell ʼ idea e il lancio del nuovo prodotto. Nei processi di sviluppo di nuovi prodotti la necessità è quella di ridurre sempre più tali tempi.

21 21 Schema delle variabili che influiscono sulle decisioni di referenziamento (Fonte: Pellegrini, 1990)

22 22 Due tematiche: 1 – la dimensione da dare all’ampiezza dell’assortimento e, quindi, l’intensità di un importante servizio logistico da offrire alla clientela, che sempre più spesso manifesta un bisogno prevalente di one stop shopping; 2 – il livello di profondità che deve caratterizzare il merchandise mix, con le relative scelte sulla “quantità” di servizio informativo da includere nella formula distributiva adottata. Nel grocery le scelte riguardanti il numero di categorie, di marche e di varianti di prodotto da inserire in assortimento sono di fatto “obbligate”, una volta che si è deciso con quale formula distributiva operare.

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24 24 Tra le più importanti leve di Trade Marketing – ovvero l’insieme delle strategie e delle attività che i produttori di beni realizzano per gestire i rapporti con i canali di distribuzione – rientra il

25 25 Consiste in un insieme di tecniche di comunicazione usate per sollecitare nel consumatore un determinato comportamento di acquisto.

26 26 Al fine di sollecitare i consumatori all’acquisto, il merchandising si avvale prima di tutto delle attività di promozione nel punto vendita. Poi usa anche altri strumenti, come:  Il layout delle attrezzature  Il layout merceologico  Il display

27 27 Consiste nel risolvere i problemi relativi all’attribuzione della superficie ai diversi reparti merceologici, alla disposizione delle attrezzature e alla definizione del percorso della clientela.

28 28 Affronta i problemi della dislocazione delle merci nel punto vendita che deve essere tale da consentire il più alto volume di ricavi.

29 29 Con questo termine si indicano i criteri che guidano le modalità di esportazione delle diverse linee di prodotti di una data categoria merceologica.

30 30 Il termine Merchandising può concettualmente avere due definizioni:  La prima definizione di merchandising è la pratica di utilizzare un brand o l'immagine di un prodotto noto per venderne un altro.  Nella seconda definizione, il merchandising raggruppa l'insieme di attività e di azioni aventi lo scopo di promuovere la vendita di una determinata linea di prodotti o anche di un solo prodotto una volta che lo stesso sia stato inserito nell'assortimento del punto vendita. Può essere riferita all'inserimento di una nuova referenza in un supermercato, oppure su un portale di vendita in internet, per dare impulso alla rotazione di una referenza già esistente ma con un basso indice di rotazione.  Una tipica azione di merchandising riguarda il controllo degli spazi e del posizionamento (chiamato tecnicamente scaffaling) assegnati dal rivenditore ai prodotti di una marca rispetto ai concorrenti, ai prezzi praticati, ecc.

31 31 É costituito dal complesso di fattori che contribuiscono a definire le caratteristiche fisiche del pv e dal complesso di azioni svolte per caratterizzarlo e renderlo attraente per il consumatore. Le aree di attività del merchandising sono:  classificazione/segmentazione assortimento: tale azione avviene coerentemente con le scelte di segmentazione e posizionamento dell’impresa commerciale e della forma distributiva;  lay-out delle attrezzature: assetto complessivo del p.v., scelta e disposizione delle attrezzature espositive, organizzazione del flusso di traffico della clientela;  lay-out merceologico: modalità ed organizzazione espositiva delle referenze e degli spazi di vendita;  display: modalità di attribuzione della superficie espositiva alle singole famiglie di prodotti e di referenze;  animazione del p.v. e visual merchandising.

32 32 a. il marketing del punto vendita, azioni svolte per caratterizzare e rendere più attraente il punto vendita al consumatore (detto anche Visual merchandising – vendita visiva); b. il marketing nel punto vendita, fattori che definiscono le caratteristiche fisiche del punto vendita. Il merchandising ha un impatto sulle politiche di marketing distributivo: costi/offerta per ridurre i costi di gestione e le scorte; vendite/domanda con lo scopo di aumentare le rotazioni, valorizzare i prodotti ed orientare le scelte; profitti per ottimizzare il rendimento della superficie.

33 33 VISUAL MERCHANDISING – VENDITA VISIVA Comprende le attività di gestione dello spazio espositivo e di valorizzazione degli assortimenti allo scopo di rendere più facile e immediato al cliente il processo di ricerca in shop che, specie nelle grandi superfici despecializzate, crea fenomeni di disorientamento con effetti negativi sulle performance aziendali. A tal fine è necessario: 1. prevedere un merchandising plan 2. che nella gestione della superficie espositiva “a scaffale” da assegnare alle singole referenze (shelf management), le tecniche utilizzate mirino a massimizzare il margine complessivo per unità di spazio occupato, espresso generalmente in metri lineari. La Classificazione delle categorie di prodotti di Nelson, prevede: categorie che generano flussi di domanda autonomamente; categorie che ricavano i propri flussi di domanda dalla vicinanza ad altri prodotti; categorie che sviluppano affari mediante flussi di traffico di origine diversa.

34 34 Home 8/10 Roberto VonaRoberto Vona » 7.La gestione delle attività operative di marketing Indice della lezione Obiettivo Formativo Presentare allo studente gli strumenti, le tecniche e le modalità con cui viene normalmente svolto il controllo direzionale nelle imprese commerciali. Indice della Lezione Le scelte di gestione di natura tattica. Il referenziamento qualitativo: ampiezza e profondità dell’assortimento. Tipologia di impresa commericale e politica di assortimento. Fine tuning e Basket analysis. Referenziamento quantitativo: il management della scorta in assortimento. Gli effetti della “rottura di stock”. Il GMROI. Le marche commerciali e gli effetti del private labelling. Il visual merchandising, il merchandising plan e le categorie di prodotto secondo Nelson. Lo shelf management: criterio delle vendite, metodo SLIM, criterio delle quote di mercato, criterio della marginalità. Il pricing a seconda della tipologia di impresa e di prodotto. Le loyalty card. Referenziamento qualitativo Due tematiche: 1 – la dimensione da dare all’ampiezza dell’assortimento e, quindi, l’intensità di un importante servizio logistico da offrire alla clientela, che sempre più spesso manifesta un bisogno prevalente di one stop shopping; 2 – il livello di profondità che deve caratterizzare il merchandise mix, con le relative scelte sulla “quantità” di servizio informativo da includere nella formula distributiva adottata. Nel grocery le scelte riguardanti il numero di categorie, di marche e di varianti di prodotto da inserire in assortimento sono di fatto “obbligate”, una volta che si è deciso con quale formula distributiva operare. Basket Analysis: Analisi tecnica del contenuto dei singoli scontrini alla ricerca di accoppiamenti tra prodotti in modo da sostenere l’attività di gestione dell’assortimento. Limiti: Si basa prevalentemente su dati interni; Non rileva la soddisfazione del consumatore; Non considera le marche non incluse in assortimento; Non fornisce informazione sui clienti potenziali. Vincoli e opportunità nelle scelte di assortimento. Assortimento, tipologia dell’impresa, e costo delle scorte Grocery Gestione più semplice orientata all’ottenimento delle migliori condizioni di approvvigionamento possibili invece che alla selezione dei riferimenti a monte o dei prodotti da trattare. Obiettivi Per ridurre al minimo il rischio di out of stock ci si aiuta con Centri di Distribuzione (Ce.Di.) per migliorare la qualità dei flussi logistici sia di materiali che di informazioni. Non Grocery Il vantaggio competitivo origina nelle attività di ricerca e selezione dei fornitori. Il servizio informativo offerto mediante la ricchezza e/o esclusività dell’assortimento si costruisce individuando chi può rendere disponibile il bene da commercializzare; il know-how rappresenta una fonte di differenziazione. Obiettivi Ridurre al minimo la necessità di capitale circolante e di capitale fisso. Il GMROI. Shelf Management: Definire quantità e qualità dello spazio espositivo assegnato ad ogni referenza. Metodologie Criterio delle vendite Spazio in proporzione al fatturato ponderato dal tasso di incremento delle vendite Ricerca dell’efficienza logistica Criterio delle quote di mercato Criterio della marginalità (lorda o netta) Loyalty Card: Possono essere “Carte membership” o essere utilizzate per raccogliere “punti” → Carte per la raccolta punti. Risultati ricercati Incremento del fatturato a parità di base clienti, ottenuto stimolando la crescita del livello di spesa media della clientela a elevato potenziale; Ampliamento del mercato servito, in virtù dell’opera di sponsorship (spontanea e gratuita) effettuata dai clienti fedeli e soddisfatti; Crescita della marginalità complessiva per effetto di iniziative di one to one marketing offerte ai clienti abituali più esigenti, solitamente disponibili ad accettare aumenti di prezzo a fronte di un servizio migliore; Riduzione dei costi di penetrazione e sviluppo commerciale. Ruoli e caratteristiche delle categorie di prodotto Il controllo delle politiche di marketing Chi siamoChi siamo | Friendly | Mobile e-Learning | Policy | Email | Facebook | YouTube | Twitter | PinterestFriendlyMobile e-LearningPolicyEmailFacebookYouTubeTwitterPinterest Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion La Cattedra

35 35 Determinazione delle referenze più adatte alla commercializzazione e del loro posizionamento all’interno del punto vendita in modo da rispondere alle necessità che il consumatore manifesta mediante il proprio comportamento d’acquisto. → È un supporto alla ricerca. → Migliora la leggibilità e la fruibilità dell’assortimento. → Viene sviluppato a partire della collocazione negli spazi del punto vendita delle referenze generatrici di traffico.

36 36 Leve di merchandising layout attrezzature: assetto complessivo del punto vendita e conseguenti modalità di circolazione dei consumatori al suo interno. Si hanno diversi tipi di layout delle attrezzature: 1. a griglia: dove gli scaffali sono posti in modo da guidare il consumatore. Gli scaffali sono posti ai lati e i consumatori camminano in mezzo; 2.a isola: dove si creano delle isole in modo che i consumatori abbiano piena libertà di movimento; layout merceologico: logica di raggruppamento dei prodotti/referenze e conseguente stimolo di associazioni di acquisto. display: criteri di sistemazione dei prodotti/referenze nelle diverse porzioni dello spazio di vendita ed effetti sulla loro visibilità e confrontabilità. assegnazione dello spazio: ottimizzazione del rendimento lineare dello scaffale (prodotti disposti in orizzontale o verticale?) e valutazione dell'elasticità delle vendite dei singoli prodotti nello spazio. oinformazioni al consumatore opromozione ovisibilità

37 37 Alcune problematiche di marketing distributivo Brand loyalty e store loyalty … Marketing esperienziale e atmosfera del punto vendita Il punto vendita: da P.O.P. (point of purchasing) a P.O.M. (point of meeting)

38 Marketing esperienziale e atmosfera del punto vendita atmosfera del punto vendita

39 39 Corrisponde a tutte quelle attività, iniziative e strategie che non si limitano ad offrire al consumatore semplici prodotti al fine di soddisfare le esigenze prettamente funzionali, bensì l’offerta si compone di plus atti a regalare stimoli, sorprendere, emozionare, coinvolgere.

40 40 Il ‘marketing esperienziale’ è così chiamato in quanto si basa più sull’esperienza del consumo, in questo caso dell’atto di acquisto, che sul prodotto in sé. Secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza (da lui detti SEMs, o Strategic Experiential Modules):  SENSE experiences ovvero esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale;  FEEL experiences ovvero esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni;  THINK experiences ovvero esperienze creative e cognitive;  ACT experiences ovvero esperienze che coinvolgono la fisicità;  RELATE experiences ovvero esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo.

41 41 Confronto fra: MARKETING TRADIZIONALE  focalizzazione sugli attributi funzionali del prodotto (product oriented);  definizione ristretta sia delle categorie di prodotto che degli ambiti competitivi;  il consumatore è considerato un decision-maker razionale;  utilizza metodi e strumenti di tipo analitico (prevalentemente quantitativi). MARKETING ESPERIENZIALE  si occupa dell ’ intera esperienza del consumatore (holistic experience);  colloca le azioni del consumatore e l ’ occasione d ’ acquisto in un contesto sociale pi ù ampio;  il consumatore è considerato un soggetto tanto razionale quanto emotivo;  utilizza metodi e strumenti eclettici (quali-quantitativi)

42 42 Principi teorici MARKETING TRADIZIONALE MARKETING ESPERIENZIALE Agire di consumo razionale Agire di consumo emozionale, oltre che razionale Homo oeconomicus Homo ludens Consumo utilitaristico Consumo edonistico BisogniDesideri

43 43 I FORNITORI DI ESPERIENZA Sono componenti tattici di implementazione a disposizione dei manager e utili a creare campagne incentrate sui diversi moduli esperienziali. Includono:  La comunicazione  L’identità visiva e verbale  La presenza del prodotto  Il co-branding  Gli spazi espositivi  I siti web e i media elettronici  Le persone

44 44 Per rendere uno spazio vendita esperienziale dobbiamo sapere come l’essere umano si rapporta con il mondo; la sua interfaccia sono i 5 sensi. Il cliente non torna in un luogo d’acquisto, un punto vendita dove comprare, ma torna in un luogo piacevole, stimolante, un luogo dove comprare idee. Il punto vendita esperienziale parla dei prodotti attraverso quelle che potremmo definire narrazioni espositive. È uno spazio che, se fortemente caratterizzato, ha la possibilità di raccontare e creare specifiche atmosfere che sono specchio di quello che siamo e di quello che vogliamo per il nostro cliente. Ci sono tracce, segni e simboli dell’identità aziendale.

45 45 La condizione primaria di un punto vendita esperienziale è quella di mettere il cliente in una condizione psicofisica di benessere per renderlo più ricettivo alle informazioni di vendita che vogliamo trasmettergli. Tramite il design e le nuove variabili economiche e sociologiche abbiamo la possibilità di mettere a punto gli strumenti per relazionare uomo- ambiente-spazio vendita, al fine di: stimolare percettivamente; rassicurare e ricreare ambientazioni familiari (il prodotto esposto nel suo ambiente è più riconoscibile); creare un benessere fisico (temperatura, clima, colore, illuminazione); caratterizzare i diversi universi merceologici (colore, luce, comunicazione, allestimento); progettare gli spazi di connessione fra i diversi settori merceologici come spazi di decantazione vivi (suoni, musica, servizi); caratterizzare il punto vendita e ricrearne la memoria; creare un grado di soddisfazione e di servizi integrati per fidelizzare il consumatore.

46 46 Gli elementi da considerare nella progettazione di esperienze memorabili sono: tematizzare l’esperienza; progettare e armonizzare le impressioni (indizi positivi ed eliminare indizi negativi); coinvolgere i cinque sensi; interagire con oggetti di ricordo.

47 47 LE FASI DEL MARKETING ESPERIENZIALE 1. Analizzare il mondo esperienziale del cliente: In questa fase si osserva il cliente in modo originale. Innanzitutto si analizza il contesto socioculturale/industriale nel quale i clienti agiscono. Il management deve mettere in relazione le tendenze generali dello stile di vita e dell’industria con i contesti d’uso e con la marca. 2. Costruire la piattaforma esperienziale: La piattaforma esperienziale collega la strategia e l’implementazione. È una descrizione dell’esperienza desiderata e specifica anche la promessa di valore esperienziale. La piattaforma esperienziale, inoltre, fornisce un tema d’implementazione che coordina le iniziative di marketing e comunicazione. 3. Progettare l’esperienza di marca: L’esperienza di marca include innanzitutto gli attributi esperienziali e l’estetica del prodotto, che sono il punto di partenza per la sua progettazione. Essa fa poi riferimento al fascino sensoriale e affettivo del logo, dei codici di marca, dei packaging e dei punti vendita. 4. Strutturare la relazione con il cliente: In questa fase troviamo tutti i tipi di interazione con il cliente. È importante progettare il contenuto e lo stile di queste relazioni per poter offrire al cliente le informazioni e il servizio desiderati nella giusta maniera. Infine, nella relazione con il cliente c’è l’esigenza di una certa consistenza esperienziale nel corso del tempo e la coerenza tra i vari punti di contatto.

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54 54 L’atmosfera si crea attraverso:  La gestione dello spazio:  Elementi tangibili (assortimento, attrezzature, arredamento, …)  Elementi intangibili (gusti, colori, illuminazione, musica, rumori, profumi, odori, …)  Le relazioni sociali:  Clienti / Personale di vendita (presenza, cortesia, professionalità,...)  Clienti / Clienti (numero, caratteristiche personali, affollamento,...)

55 55 IL CONCETTO DI PREZZO Il prezzo rappresenta il sacrificio economico che si richiede ai clienti in cambio di una prestazione o di un prodotto. STRATEGIA DEI PREZZI ELEVATI DIFFERENZIAZIONE STRATEGIA DEI PREZZI BASSI LOW COST

56 56 PREZZO: sacrificio economico che il compratore deve generalmente sostenere per disporre di un prodotto/servizio, talvolta fattore determinante di scelta per l’acquirente, e concretizzazione dei ricavi del produttore Il prezzo è una variabile molto importante perché spesso viene considerato indicatore di qualità dell’offerta aziendale. La sua determinazione dovrebbe fondarsi su valutazioni di mercato ed economiche. FASI DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO CARATTERISTICHE DEL PREZZO IntroduzioneElevato SviluppoCalante MaturitàStabilizzato declinoDifferenziato SITUAZIONE ECONOMICA CARATTERISTICHE DEL PREZZO SviluppoCalante InflazioneCrescente Recessione/stagnazioneStabile

57 57 La politica di prezzo La politica di prezzo si concretizza:  nella formulazione del «sistema» dei prezzi da applicare ai prodotti compresi nella gamma (problema della determinazione dei prezzi di vendita)  nell’amministrazione dei listini praticati alla clientela (discriminazione e controllo dei prezzi) La fissazione del prezzo assume un rilievo diverso a seconda del mercato servito e del grado di concorrenza tra i produttori.

58 58 La politica di prezzo (cont.) La determinazione del prezzo di vendita avviene, di solito, sulla base delle seguenti premesse generali: a)funzione del prezzo in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento della marca; b)equilibrio volumi-margini da conseguire; c) ruolo del particolare prodotto (modello) all’interno della gamma di vendita; d) peso della politica del prezzo nel marketing-mix.

59 59 I tre principali orientamenti che guidano le decisioni manageriali di definizione e gestione del prezzo sono: Orientamento ai costi Orientamento alla domanda Orientamento alla concorrenza Mediante uno studio che tenga conto della complementarietà di questi tre approcci, è possibile giungere a una visione completa ed equilibrata del problema.

60 60 LE DETERMINANTI DEL PREZZO In altre parole, il prezzo si elabora sulla base di almeno tre fattori, nessuno dei quali può essere fissato senza tener conto degli altri due.

61 61 Le decisioni di prezzo si devono basare su precisi elementi informativi tratti da:  Analisi dei costi – da cui emerge il livello minimo di prezzo praticabile (un prezzo inferiore risulterebbe anti-economico per l’impresa)  Analisi della clientela – da cui emerge il livello massimo di prezzo praticabile (un prezzo superiore non verrebbe accettato dal mercato)  Analisi della concorrenza e dei suoi comportamenti – per adottare le proprie scelte di posizionamento di prezzo

62 62 L’area di manovra risulta definita soprattutto da tre elementi: a.costo del prodotto; b.elasticità della domanda; c.pressione della concorrenza.

63 63 L’elasticità incrociata Serve a valutare l’interrelazione fra i prezzi dei prodotti venduti. Nell’ipotesi di 2 beni (A e B), l’indice di elasticità incrociata (Ea,b) misurato dal rapporto tra la variazione percentuale della domanda del bene A (Va) rispetto a quella del prezzo del bene B (Pb) può significare: E a,b > 1 -> beni intersostituibili. E a,b beni complementari. E a,b = 0 -> beni non correlati.

64 64 1.Definizione degli obiettivi di prezzo 2.Analisi della clientela - volumi di vendita potenziali, elasticità della domanda,... 3.Analisi dei costi - categorie di costi fissi e variabili, economie e diseconomie di scala,... 4.Analisi della concorrenza - struttura del mercato, punti di forza e di debolezza dei concorrenti diretti e indiretti, rapporti di forza, reattività, posizionamento,... 5.Selezione del metodo più efficace - può essere basato sui costi, ovvero mirare al conseguimento di un soddisfacente livello di profitto, sulla clientela, ovvero sulla quantificazione dei benefici ottenibili utilizzando i p/s, sulla concorrenza, ovvero discriminando rispetto al prezzo di un concorrente o del leader del mercato 6.Scelta definitiva - deve avvenire anche sulla base di considerazioni attinenti il prezzo psicologico, la coerenza tra le scelte di marketing- mix e le reazioni del pubblico esterno, ecc.

65 65 Prezzo di scrematura clienti relativamente insensibili al prezzo forte immagine sul mercato difficoltà di imitazione da parte dei concorrenti Prezzo di penetrazione sensibilità della domanda al prezzo volumi di vendita significati e rapido recupero dei Costi Fissi concorrenza aggressiva SCREMATURA  ALTO! PENETRAZIONE  BASSO!

66 66 IL PREZZO ALL’INTERNO DI UNA GAMMA La maggior parte delle imprese propone più di un prodotto sul mercato e raramente questi sono indipendenti gli uni dagli altri. Questo fenomeno sconvolge il processo di decisione di prezzo e deve essere tenuto in considerazione. Le interdipendenze che possono emergere sono: Complementarietà Sostituibilità Prodotti civetta: grazie alla loro convenienza hanno la funzione di attrarre il consumatore verso la linea e indirizzare i suoi acquisti sul prodotto cardine (es. stampante ink-jet tradizionale) Prezzo di altri prodotti Immagine dell’impresa In queste situazioni l’impresa deve fissare i prezzi in maniera tale da massimizzare il profitto globale e non quello sui singoli prodotti. Vanno pertanto individuati i prodotti all’interno della gamma il cui margine può essere variato per migliorare la redditività.

67 67 LA POLITICA DI PREZZO (1) SI DEVE PROCEDERE PER FASI: Si fissano innanzitutto le scelte in merito alla politica generale dei prezzi di vendita; Si decide quindi se incentrare la propria strategia competitiva sulla leadership di costo o sulla differenziazione; Si affronta la complessità operativa delle attività di formazione e gestione del pricing dei prodotti in assortimento, il cui grado di efficacia può condizionare in modo determinante il successo di un’iniziativa e la sua marginalità complessiva.

68 68 LA POLITICA DI PREZZO (2) Contestualmente alla previsione delle vendite, la direzione aziendale deve procedere con una stima ragionata del margine commerciale complessivo lordo, necessario per assicura la copertura di tutti i costi di produzione connessi con l’operatività della formula distributiva, ipotizzando un profitto soddisfacente per la proprietà. Successivamente, si procede a cascata alla determinazione dei margini a livello di area di business, di categoria di prodotto, di singola referenza, per poi derivare la formula di conversione che, partendo dal costo di acquisto, consente di calcolare in modo automatico il prezzo di vendita per ognuno dei prodotti trattati. Trattasi del cosiddetto processo di ventilazione di margini, ovvero un approccio del tipo top down.

69 69 I due approcci tradizionalmente adottati nella formazione del prezzo sono il top down e il bottom up. Viene stabilito un margine complessivo lordo che permetta la copertura dei costi fissi e la realizzazione di un margine adeguato. Successivamente si procede a cascata alla determinazione dei margini mediante ripartizione prima sulle aree di business (reparti), poi tra le unità di business (categorie) fino ad arrivare alle singole referenze. costi d’acquisto Prezzo = ---------------------------------------- 1 - %MC Ricavi di vendita totali categoria – costi d’acquisto %MC = ------------------------------------------------------------------ Ricavi di vendita totali Approccio adatto a formule distributive non grocery specializzate dotate di assortimenti difficilmente confrontabili.

70 70 Questo metodo parte dalla marginalità attribuibile alle singole referenze per poi risalire agli obiettivi raggiungibili. Tiene in maggior considerazione la curva domanda. Prezzo – costo d’acquisto Ricarico% = ----------------------------------------- Costo d’acquisto Questa pratica è diffusa nel commercio specializzato di minori dimensioni operative, ove però è applicato in misura standard nella maggior parte degli articoli in assortimento; talvolta differenziato a livello di fornitore o di categoria ma quasi mai articolato per singola referenza.

71 71 Determinazione e gestione del prezzo Viene influenzato dal price positioning delle imprese industriali, a meno di offerte e promozioni. Può portare alla determinazione di prodotti loss leader; il loss leader è il prodotto civetta e la pratica di marketing in oggetto, consiste nel vendere un prodotto o un servizio in perdita, al fine di attirare i clienti ad acquistare altri prodotti a prezzi normali. Anche se questa pratica è talvolta considerata illegale, in altri casi è vista come una positiva attività promozionale che produce l’effetto finale di aumentare le vendite totali. Nel non grocery spesso si limita alla definizione di un mark-up da applicare al costo di acquisto. Permette di ridurre, tramite promozioni in shop, il consumo di prodotti della concorrenza. Deve tener conto, se non sfruttare, la presenza dei cherry picker ( = il cherry picker ha la caratteristica di essere molto attento e focalizzato a scegliere solo i prodotti che gli garantiscono il miglior rapporto qualità/prezzo o a volta reso disponibile gratuitamente).

72 72 Variabili del processo di gestione del prezzo

73 73 Break even analysis È il metodo che permette di conoscere come modificare i livelli di output per raggiungere il punto di pareggio tra costi e ricavi. Questo però non è un metodo molto usato in quanto tiene conto dei prezzi costanti, ha validità solo nel breve periodo, non tiene conto della stagionalità, non è facilmente utilizzabile dalle imprese multiprodotto e infine non tiene conto delle scorte.

74 74 Break even point Il punto di pareggio (break even point o break even, abbreviato in BEP) è un valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria per coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine dunque di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite. Una fondamentale distinzione riguarda la tipologia di azienda di cui si vuole compiere l'analisi del punto di pareggio: se l'azienda è monoprodotto la formula del punto di pareggio è: indicando con Q Bep la quantità di produzione venduta necessaria al raggiungimento del pareggio, con CFT il totale dei costi fissi sostenuti dall'azienda e con M dcu il margine di contribuzione unitario del prodotto dell'azienda in analisi, pari cioè al prezzo di vendita unitario del prodotto cui sono stati sottratti i costi variabili per unità. Per trovare il fatturato di pareggio di un'azienda monoprodotto è sufficiente moltiplicare QBep per il prezzo del prodotto. Se l'azienda è pluriprodotto, la formula è: dove: F Bep è il fatturato di pareggio, CFT è il totale dei costi fissi aziendali e Mdc% è il margine di contribuzione totale aziendale / fatturato totale aziendale. In questo caso, trovare la quantità di pareggio è privo di significato in quanto il Mdc% è un margine "ipotetico" di un determinato mix di prodotti

75 75 La break-even analysis o analisi costi-volumi-risultati È una tecnica impiegata nelle decisioni aziendali che analizza le componenti economiche in funzione solo dell’output finale, ossia delle unità prodotte. Caratteristiche È estremamente flessibile e di facile applicazione perchè condizionata solo dalla variabile unità prodotte. Pone in relazione il volume di produzione, variabile indipendente, con l’andamento dei costi e dei ricavi totali. Finalità dello strumento I. Consente di evidenziare quali sono i livelli produttivi da raggiungere per: a)Ottenere il pareggio tra costi e ricavi b)Rilevare certi obiettivi in termini di redditività II. Consente di determinare graficamente o matematicamente il punto di rottura (bep), permette di verificare, in via preventiva o consuntiva, gli effetti sul reddito di possibili variazioni di quantità economiche (vendite, costi fissi, costi variabili, prezzi).

76 76 Ipotesi semplificatrici  Costanza dei ricavi unitari di vendita  Invariabilità della composizione quali-quantitativa della gamma  Proporzionalità dei costi variabili  Staticità dell’ambiente di riferimento

77 77 Modello del punto di pareggio RT = CT ovvero: pq = (CF + cv u *q) U = O 1. Processo per la determinazione della quantità di pareggio (ipotesi: prezzo fissato p) pq = (CF + cv u *q) pq - cv u *q = CF q (p – cv u ) = CF q = CF / (p – cv u ) 2. Processo per la determinazione del prezzo di pareggio (ipotesi: quantità di vendita fissata q) pq = (CF + cv u *q) p = (CF + cv u *q) / q

78 78 RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL MODELLO DEL PUNTO DI PAREGGIO

79 79 I costi fissi (CF) vengono rappresentati da una linea parallela all’asse delle ascisse. I costi variabili (CV) sono rappresentati da una retta che parte dall’origine degli assi e la cui pendenza è pari al coefficiente di variabilità. La retta dei costi totali (CT) è costruita come sommatoria dei punti delle rette CF e CV. La retta dei ricavi (RT) parte dall’origine degli assi.

80 80 Le rette dei ricavi (RT) e dei costi totali (CT) s’incontrano in un punto P, chiamato punto di pareggio (Break-even point), che segnala la grandezza del volume produttivo e di vendita per la quale costi e ricavi si eguagliano, cioè il profitto è pari a zero. Si determina un’area delle perdite, dove i costi superano i ricavi, ed un’area dei profitti, dove avviene il contrario.

81 81 La differenza tra volume realmente prodotto e volume di pareggio determina un margine di sicurezza, se positivo, o di deficit, se negativo. Più il punto di pareggio si sposta verso sinistra, più migliora la potenzialità economico-strutturale.

82 82 Vendite Straordinarie Le vendite Straordinarie Sono le Vendite di liquidazione Vendite di fine stagione Vendite promozionali Vendite sottocosto

83 83 Vendite di liquidazione Hanno lo scopo di vendere tutte le merci in caso di cessazione dell’attività, cessione dell’azienda, rinnovo dei locali. Vendite di fine stagione Si riferiscono a prodotti di moda, che, se non venduti entro un certo periodo di tempo, possono deprezzarsi largamente.

84 84 Vendite promozionali Possono essere effettuate per tutti o parte dei prodotti del mix, per limitati periodi di tempo. Vendite sottocosto Sono vendite nelle quali la cessione al pubblico avviene a un prezzo inferiore a quello effettivo di acquisto, comprensivo di IVA, al netto di sconti. Queste sono vietate se effettuate da esercizi che detengono più del 50% della superficie di vendita della propria Provincia.

85 85 Trattasi del complesso di azioni poste in essere dall’impresa per indurre, preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato (consumatori, intermediari, finanziatori, altri produttori, ecc.), allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo. Ha come obiettivo non solo l’aumento delle vendite, ma anche la creazione di una migliore immagine dell’impresa. ☞ lo scopo ultimo e più specifico della promotion è comunque di creare delle preferenze, d’informare e di persuadere ad acquistare i beni prodotti/venduti dall’impresa; ☞ deve indurre all’acquisto, sfruttando le motivazioni che determinano il comportamento del consumatore.

86 86 PERSONALI: prevedono due o più persone che comunicano direttamente tra loro. L’influenza personale ha grande peso quando il prodotto è costoso, l’acquisto è considerato rischioso, viene effettuato molto raramente. Si dividono in: - controllabili dall’impresa: vendita personale, dimostratori, distributori, direct marketing quali mailing, telemarketing, numero verde - non controllabili: leaders d’opinione, prescrittori, influenzatori IMPERSONALI: trattasi di mezzi che trasmettono i messaggi senza alcun contatto personale, né possibilità di verifica del loro impatto (mezzi di massa). Si dividono in: - controllabili dall’impresa: eventi, media pubblicitari, promozione vendite quali campioni, buoni sconto, confezioni con regalo, concorsi, dimostrazioni, depliant, cartelli, insegne, locandine - non controllabili: contenuto redazionale di articoli vari, fonti neutre come le riviste delle associazioni dei consumatori

87 87 Obiettivi della comunicazione Creare un’immagine aziendale forte e attrattiva al fine di consolidare il vantaggio competitivo.

88 88 Le aree della comunicazione aziendale  Comunicazione commerciale – rendere percepibile il valore dell’offerta, migliorando le relazioni con i clienti  Comunicazione istituzionale – far conoscere l’impresa, i suoi valori e progetti, migliorando le relazioni con gli stakeholders  Comunicazione gestionale – migliorare le relazioni con i soggetti coinvolti nella gestione  Comunicazione economico-finanziaria: migliorare le relazioni con i portatori di capitali, rendendo visibili gli aspetti patrimoniali, reddituali e finanziari

89 89 Le fasi dello sviluppo di una comunicazione efficace sono:  Identificare il proprio pubblico obiettivo (esso influenza il contenuto della comunicazione, il modo con cui questa è svolta, il momento in cui effettuarla, il luogo in cui proporla e il soggetto da scegliere per la comunicazione stessa);  Determinare gli obiettivi della comunicazione;  Elaborare il messaggio;  Scegliere i canali per la comunicazione;  Sviluppare e definire il budget totale;  Decidere il mix promozionale;  Misurarne i risultati;  Gestire e coordinare l’intero processo della comunicazione di marketing.

90 90 Definizione dello stanziamento promozionale totale Metodo del “disponibile o residuale”- lo stanziamento viene definito in funzione delle condizioni economiche e finanziarie, senza valutare l’impatto dell’investimento promozionale sui volumi di vendita; Metodo della “percentuale sulle vendite”- le spese promozionali variano in funzione di quanto viene venduto. Il problema è che le vendite vengono considerate come causa della promozione, piuttosto che come effetto di questa; Metodo della “parità competitiva”- gli stanziamenti vengono stabiliti in funzione dell’obiettivo di mantenersi alla pari con la concorrenza. In realtà, non vi sono motivi per ritenere a priori che i concorrenti abbiano conoscenze migliori delle nostre per determinare quanto va investito nella promozione; Metodo “dell’obiettivo da conseguire”- lo stanziamento viene stabilito mediante una procedura a tre fasi: specificazione degli obiettivi della comunicazione, individuazione delle operazioni che devono essere svolte per raggiungerli e stima dei costi di queste operazioni.

91 91 La scelta del tipo di distribuzione si collega, innanzi tutto, all’orientamento della azione di vendita da attuare. Strategia di marketing di spinta (o di push), deve far ricorso a forme distributive particolarmente incisive e penetranti nei confronti del mercato ultimo da raggiungere. Strategia di marketing di attrazione (cosiddetta di pull), deve sfruttare soprattutto lo strumento pubblicitario, a cui si aggiungerà lo sforzo distributivo.

92 92 l’azione di convincimento del rivenditore (che deve essere pertanto opportunamente stimolato ad agire in tal senso dal produttore) è fondamentale ai fini dell’acquisto effettivo da parte del consumatore l’azione di convincimento da parte dell’impresa produttrice si sviluppa direttamente nei confronti del consumatore per spingerlo a richiedere un determinato bene/servizio

93 93 STRATEGIE DI COMUNICAZIONE PUSH Gli sforzi di marketing sono concentrati ad incentivare direttamente gli intermediari per indurli a collaborare con l’azienda. STRATEGIE DI COMUNICAZIONE PULL L’impresa focalizza i suoi sforzi di comunicazione sul consumatore finale, bypassando gli intermediari e cercando di costruire la domanda aziendale rivolgendosi direttamente ai potenziali consumatori nel segmento target.

94 94 Le politiche push e pull PULL (prodotti “tirati”) PUSH (prodotti “spinti”) Produttore Intermediario Consumatore pubblicità e consumer promotion Produttore Intermediario Consumatore forza vendita e trade promotion

95 95 IN SINTESI: Una decisione di fondo nei rapporti con la distribuzione, riguarda pertanto la scelta tra: adozione di una politica push: l’azienda predispone le condizioni affinché siano gli intermediari a suggerire il prodotto al consumatore finale. adozione di una politica pull: punta invece essenzialmente sul convincimento del consumatore finale, in modo che sia quest’ultimo a richiedere espressamente il prodotto al dettagliante.

96 96 Posizionamento diretto e indiretto (distributivo) Segmento STRATEGIA DISegmento obiettivo POSIZIONAMENTO distributivo DELL’IMPRESA obiettivo Benefici attesi Benefici attesi dal Distributore Attributi IMMAGINE Funzioni del prodotto COMPLESSIVA commerciali CONSUMATORE SCELTA

97 97 Il controllo delle politiche di marketing

98 98 LA MARCA: UNA DEFINIZIONE PARZIALE …. La marca è un nome, un termine, un simbolo, un design o una combinazione degli elementi elencati, che viene utilizzata per identificare i beni o i servizi di un’impresa o di un gruppo di imprese, nonché per differenziarli da quelli realizzati dalla concorrenza. ( Philip Kotler)

99 99 La marca: prime definizioni Marca = Nome o simbolo che distingue un bene o servizio, offerto da un’impresa, da quelli dei prodotti concorrenti. Marchio = rappresentazione del nome o simbolo, che l’impresa è in grado di far valere anche giuridicamente. Marca = insieme delle rappresentazioni mentali ad essa associate (immagine di marca). Presupposto per creare un capitale di fiducia (brand equity) su cui l’impresa può contare per praticare politiche di brand extension.

100 100 Le componenti della marca La componente identificativa è costituita dai segni di riconoscimento della marca (ad esempio, il nome, i simboli, i colori, il jingle, lo slogan, il logo); La componente percettiva o valutativa è l’insieme delle valenze denotative (connesse ai benefici tecnico- funzionali) e connotative (direttamente connesse ai benefici psico-sociali) che il consumatore attribuisce alla marca; La componente fiduciaria consiste nelle strutture e nei processi organizzativi che consentono all’impresa o all’organizzazione di generare soddisfazione e fiducia in coloro i quali sperimentano l’acquisto o il consumo dei prodotti recanti una determinata marca.

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102 102 “La reputazione è quello che la gente dice di te dopo che hai lasciato la stanza.” Jeff Bezos, fondatore ed Amministratore Delegato di Amazon È più durevole dell’immagine, non può essere sviluppata o alterata così velocemente e richiede che sia alimentata nel tempo. È importante per ricevere legittimazione dai diversi stakeholders. Aziende con giudizi molto positivi dai gruppi di pressione crescono velocemente, mentre le altre stagnano o regrediscono. Ha assunto un ruolo di primo piano con lo sviluppo dei social network.

103 103  Brand Identity: insieme di elementi espressivi utilizzati dall'azienda per veicolare le credenziali di una marca, corrisponde a ciò che l'azienda vuole trasmettere al mercato;  Brand Awareness: attività, generalmente di tipo comunicativo, che permettono di aumentare la conoscenza del brand nel mercato;  Brand Image: come la marca viene percepita dalla clientela, può non corrispondere all'identità che l'azienda ha costruito;  Brand Positioning: posizionamento del Brand rispetto alla concorrenza;  Brand Loyalty: fedeltà dei consumatori nei confronti di un determinato brand;  Brand Equity: valorizzazione della marca. Il processo di Brand Management è caratterizzato dalle seguenti componenti:

104 104 Un terzo del valore dell'impresa deriva da elementi invisibili come la marca, l'esecuzione della strategia, la reputazione e la cultura innovativa; si è giunti dunque a parlare di un vantaggio invisibile derivante dalla strategia di Brand.

105 105 Fattori che ampliano l’importanza della marca La frammentazione e l’apparente differenziazione dell’offerta generano difficoltà di individuazione delle discriminanti del valore e di scelta ☞ La crescente rilevanza delle valenze simboliche (consumatori appagati sotto il profilo tecnico- funzionale e attratti da consumi connotativi) ☞ La crescente velocità dei processi di scambio (tecnologia) e la capacità di sintesi informativa (funzionale e simbolica) della marca la rendono un veicolo di informazioni e di valore

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107 Le funzioni della marca per il cliente nei mercati B2C Le funzioni della marca per il produttore nei mercati B2C Le funzioni della marca nei mercati B2B Funzione di orientamento Funzione di praticità Funzione di garanzia Funzione di personalizzazione Funzione ludica Funzione di posizionamento Funzione di comunicazione Funzione di protezione Funzione di capitalizzazione Funzione di fedeltà Funzione di barriera all’entrata Sono simili a quelle delle marche dei prodotti di largo consumo, a eccezione della funzione ludica. Caratteristiche proprie dei mercati industriali sono: l’acquistabilità e la visibilità. Funzione di rintracciabilità. Funzione di facilitazione. 107

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110 110 In sintesi, perchè adottare una logica di Brand? I vantaggi sono così sintetizzabili:  preferenza e riacquisto della marca;  vantaggio competitivo;  minore sensibilità dei clienti al prezzo;  minore vulnerabilità alle azioni di marketing della concorrenza;  maggior efficienza ed efficacia dei programmi di marketing;  maggior potere contrattuale e maggiore cooperazione dei canali distributivi;  possibilità di attuare estensioni della marca.

111 111 APPARTENERE A UN PRODOTTO DI QUALITÀ OCCUPARE IL PRIMO POSTO NEL MERCATO AVERE UN POSIZIONAMENTO UNICO AVVALERSI DI UN PROGRAMMA DI COMUNICAZIONE TEMPI LUNGHI E AZIONI COERENTI

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114 114 Esse sfruttano la store loyalty e la disponibilità di informazioni dirette e aggiornate sui comportamenti di consumo e di acquisto che le imprese commerciali detengono! Rotture di stock “ragionate” su prodotti industriali leader consentono di valutare la brand loyalty e......

115 115 Trattasi di Brand non di proprietà di un costruttore o produttore, ma di un rivenditore o fornitore, che lo propone al mercato con una propria etichetta. Le private label o marche private, sono prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (Distributore). Nel passato erano anche chiamati "white label" (etichette bianche) in quanto la marca offerta da Sainsbury (catena di supermercati inglese) era appunto un'etichetta bianca su cui era scritto il semplice nome del prodotto. Questa tipologia di prodotti, non avendo la componente del costo di marketing tipico dell'industria di marca, permette al distributore di incassare margini più alti, rispetto agli analoghi prodotti di marca, e al consumatore di portare a casa un prodotto di qualità assimilabile a quella di marca a dei costi più contenuti. La marca privata, se sfruttata correttamente, è una leva di marketing in più nelle mani dal distributore. Con essa si può rafforzare agli occhi del consumatore l'immagine dell'insegna, della sua convenienza e/o della sua qualità.

116 116 Peculiarità della marca commerciale in passato a. aumentare la capacità di attrazione di assortimenti e punti di vendita; b. favorire i confronti di prezzo e (price leadership competition); c. costruire politiche di assortimento basate su prodotti già noti sul mercato e supportati da continue iniziative promozionali; d. massimizzare la velocità di reintegro degli investimenti in scorte; e. delegare all’industria il problema della garanzia di qualità sui prodotti trattati. Settori merceologici e private labelling Caratteristiche dei settori merceologici favorevoli all’utilizzo di private label: maturità della domanda; scarsa percepibilità della differenziazione legata al brand; esistenza di una capacità produttiva in grado di offrire, nel rispetto dei tempi e dei costi, una standardizzazione della qualità.

117 117  ripensamento delle politiche di referenziamento in un’ottica di category management;  intensificazione del private labelling mediante la marca-insegna, sovente a scapito anche di brand industriali noti;  semplificazione e razionalizzazione nelle decisioni riguardanti il merchandise mix e la logistica in entrata, finalizzati a ottenere robusti recuperi di marginalità e produttività tramite: 1. l’integrazione “efficiente” di alcune attività di marketing precedentemente affidate all’industria; 2. la compressione dei tempi di permanenza delle merci “a scaffale”.

118 118 Le tipologie di private label sono principalmente quattro: 1.Primi Prezzi, ovvero i prodotti con il minor prezzo nella categoria, con prezzi inferiori di oltre il 50% rispetto alla marca leader, a volte con un nome di fantasia che non richiama nel logo o nei colori quello dell'insegna. Ad esempio Eco+ (portato in dote a Conad dal partner francese Leclerc), Fidel di Esselunga, 1 di Carrefour, Clever di Standa, i prodotti con l'immagine dell' "euro nel salvadanaio" di Coop 2.Premium, ovvero prodotti con un prezzo maggiore di quello della marca leader (anche il 30% in più) caratterizzati da alta qualità. In Italia sono spesso declinati su gamme di prodotti tipici italiani come Sapori e Dintorni di Conad, Terre d'Italia di Carrefour, Il Viaggiator Goloso di Unes, "Fior Fiore" di Coop 3.Marca Insegna, ovvero prodotti con il marchio dell'insegna commerciale con un prezzo in media inferiore del 25% rispetto alla marca leader. Nelle aziende della DO, che hanno insegne diverse a livello locale, vengono utilizzati marchi ombrello come Consilia per il Gruppo Sun, Selex per il gruppo Selex, Primia per il gruppo Agorà 4.Altre, ovvero le marche private che non rientrano nelle precedenti e sono linee dedicate a prodotti biologici, equo e solidali, per bambini. Alcuni esempi possono essere Rik & Rok di Auchan, Naturama di Esselunga, Fairglobe di Lidl, Solidal "Viviverde" "Bio-logici" "Eco-logici" "Crescendo" di Coop

119 119 Vantaggi delle private label PER IL RIVENDITORE:  più libertà e flessibilità nella fissazione dei prezzi  un maggiore controllo sugli attributi e qualità dei prodotti  margini più elevati (o prezzo di vendita inferiore)  elimina buona parte dei costi promozionali del produttore PER IL COSTRUTTORE: riduzione dei costi promozionali stabilità del volume delle vendite (almeno mentre il contratto è operativo)

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