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Narciso Mostarda Direttore Sanitario ASL Roma H

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Presentazione sul tema: "Narciso Mostarda Direttore Sanitario ASL Roma H"— Transcript della presentazione:

1 Narciso Mostarda Direttore Sanitario ASL Roma H
I Distretti socio sanitari: ruolo, funzioni, modelli nei diversi PSR. I Comuni, loro consorzi, e loro servizi Narciso Mostarda Direttore Sanitario ASL Roma H

2 “Governance” Nei Distretti sociali e nelle ASL si è passati da una programmazione con una prospettiva di tipo “government” in cui era il soggetto pubblico a prendere decisioni (a governare), a una prospettiva di tipo “governance” in cui il governo si realizza grazie alla mobilitazione di più soggetti (pubblici, di privato sociale e della società civile) tenendo conto delle compatibilità tra governo clinico e governo economico.

3 I Distretti socio sanitari nella legislazione sono chiamati a:
Governare i servizi incentrati sul bisogno della persona; Ricomporre la separazione tra elementi sanitari e socio-assistenziali; Governare domanda e garantire assistenza primaria. Accoglimento, analisi, valutazione ed orientamento della domanda ed organizzazione della risposta; Concorso dell’attività di pianificazione e di programmazione aziendale mediante l’analisi e la valutazione dei bisogni di salute

4 Quindi la programmazione deve essere
negoziata fra i partner, deve sostanziarsi in accordi di programma all’interno delle community. sostenibile in quanto, bisogna stare dentro le dotazioni esistenti Inclusiva poiché deve rafforzare il ruolo dei pazienti –empowerment-e degli operatori sanitari -a cui viene chiesto di partecipare in maniera maggiormente attiva alla produzione ed erogazione dei servizi

5 “un piano per l’integrazione socio-sanitaria” deve sostanziarsi di modelli e strumenti di governance quali : promuovere e migliorare l’assistenza integrata socio- sanitaria attraverso un sistema articolato,   di confronto e di comunicazione dei servizi e degli operatori coinvolti nei processi di integrazione socio-sanitaria - Audit Organizzativi      sviluppare una modalità di lavoro orientata per percorsi - Modello chronic-care model; costruire spazi permanenti di confronto tra ambiti sociali e sanitari per lo sviluppo del Welfare di comunità aumentare le conoscenze e le competenze dei diversi attori coinvolti -formazione specifica;      migliorare la verificabilità dei risultati.

6 Garantire la continuità assistenziale e qualità della vita alle persone fragili
Nella rete dei servizi accanto ai servizi territoriali o i servizi semiresidenziali e residenziali debbono esserci, fortemente integrati, anche gli ospedali e i medici di famiglia. Utenti M.M.G Familiari Ospedali Ospedali Associazioni Servizi territoriali Servizi sociali

7 Il Distretto nella normativa regionale
Ha inteso fornire indicazioni alle ASL circa le strategie di sviluppo del Distretto nell’ambito del percorso di riqualificazione dell’assistenza territoriale attraverso: Costruzione e diffusione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali Realizzazione dell’integrazione socio sanitaria soprattutto nella sfera della cronicità e della non autosufficienza Accesso alle cure e alla assistenza per mezzo del Punto Unico di Accesso Integrato Socio sanitario( PUA).

8 Il Distretto Sanitario nella normativa regionale
Assicurare la continuità assistenziale e l’integrazione tra ospedale e territorio UVM (Unità valutazione multidimensionale) Il decreto stabilisce che la valutazione multidimensionale costituisce un elemento fondamentale nell’ambito delle attività di ridefinizione e riordino dell’assistenza territoriale favorendo un appropriato utilizzo dei servizi nonché l’efficacia delle azioni clinico assistenziali.

9 Il Distretto nella normativa regionale
Alcune normative di riferimento: D.L.vo N.229/1999 D.G.R. N.433/2007 DGR N. 313/2012 DGR N.315/2011 DCA N.429/2013

10 Il Distretto Sociale nel quadro normativo
LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI (L. 328/2000) •TESTO UNICO DEGLI ENTI LOCALI (DLGS. 267/2000 ); •NORMATIVA REGIONALE : Legge Regione Lazio n.38/96 Deliberazione n.136/2014 Deliberazione n. 32/2013 proposta di Legge Regionale concernente il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della regione Lazio

11 LA LEGGE QUADRO 328/2000 Art. 1 - La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, e diritti di cittadinanza, previene elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e non autonomia in coerenza con la Costituzione.

12 PDZ. Piani di Zona Il Piano sociale di Zona è lo strumento di programmazione a disposizione dei Comuni per avviare nei diversi Ambiti Territoriali la progettazione e la realizzazione della rete dei servizi e interventi sociali. La programmazione è lo strumento indispensabile per creare una rete di servizi che dia a tutti i cittadini le stesse opportunità di accesso e per attivare un sistema di protezione sociale universalistico, cioè aperto a tutte le situazioni di vita dell’utenza. Il Comune definisce il piano di zona (ex art. 19 legge 328/2000) d’intesa con l’Azienda sanitaria di riferimento, mediante apposito Accordo di Programma. La Legge Regionale- relativa ai servizi sociali n.38 del è in fase di trasformazione con un testo proposto dall’On.le Visini Assessore alle Politiche sociali

13 GLI ATTORI DEL SISTEMA NEI PdZ
Il sistema di gestione ed offerta dei servizi risulta fortemente incentrato sulla relazione tra Enti Locali e Settore No Profit, soggetto attivo nella co-progettazione degli interventi e nella realizzazione concertata degli stessi. Sono soggetti attivi: .i cittadini; .organizzazioni sindacali; .associazioni ed enti di promozione sociale; .organizzazioni di volontariato; .organismi della cooperazione.

14 Il ruolo dei Comuni e della Regione
I COMUNI SONO TITOLARI DELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE CONCERNENTI GLI INTERVENTI SOCIALI A LIVELLO LOCALE, CONCORRONO ANCHE ALLA PROGRAMMAZIONE REGIONALE E SVOLGONO FUNZIONI DI VIGILANZA. LE REGIONI ESERCITANO FUNZIONI DI PROGRAMMAZIONE, INDIRIZZO E COORDINAMENTO DEGLI INTERVENTI SOCIALI NONCHE’ DI VERIFICA DELL’ATTUAZIONE SUL TERRITORIO. DISCIPLINANO L’INTEGRAZIONE DEGLI INTERVENTI SOCIALI E PROMUOVONO MODALITA’ DI COLLABORAZIONE.

15 Misure previste nei Piani di Zona
.MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’; .MISURE PER FAVORIRE LA VITA AUTONOMA; .SOSTEGNO AI MINORI IN SITUAZIONI DI DISAGIO; .SOSTEGNO DELLE RESPONSABILITA’ FAMILIARI E ALLE DONNE; .INTEGRAZIONE DELLE PERSONE DISABILI; .SOSTEGNO ALLE PERSONE ANZIANE E DISABILI; .CONTRASTO ALLE DIPENDENZE; .INFORMAZIONE E CONSULENZA.

16 I LIVEAS – livelli assistenziali presenti nei Distretti sociali
LE PRESTAZIONI DA EROGARE: .SEGRETARIATO SOCIALE; .ASSISTENZA DOMICILIARE; .INTERVENTI PER LE SITUAZIONI DI EMERGENZA SOCIALE; .STRUTTURE RESIDENZIALI E SEMI RESIDENZIALI PER SOGGETTI CON FRAGILITA’ SOCIALE; .CENTRI RESIDENZIALI E DIURNI DI ACCOGLIENZA CON CARATTERE COMUNITARIO.

17 IL PIANO STRATEGICO AZIENDALE
l’affermazione delle Aziende Sanitarie come momenti di sintesi e di snodo della programmazione sanitaria tra le Regioni e le Comunità Locali; l’unicità di gestione tra governo clinico e governo economico nei territori; l’affermazione del passaggio dalla gestione finanziaria a quella economico finanziaria.; l’applicazione della gestione budgetaria: bilancio preventivo e consuntivo; l’individuazione delle criticità del sistema e il ruolo di catalizzatori delle stesse delle Aziende Sanitarie.

18 Il Distretto socio sanitario
La configurazione organizzativa adeguata per i Distretti sembra essere quella di una struttura complessa in quanto il Distretto programma le sue attività, partecipa con la Direzione Aziendale alla definizione dei percorsi e delle modalità di accesso, necessita della nomina di un Direttore di Distretto. La figura del Direttore di Distretto garantisce le attività di programmazione locale, monitoraggio e verifica, coinvolgendo tutti gli operatori operanti a livello distrettuale ed aziendale, inclusi i MMG. Il Distretto si configura dunque come momento di vicinanza al cittadino e di radicamento nella comunità locale. Le sue dimensioni vengono definite in modo da essere abbastanza ampio da governare i percorsi di cura. E’, quindi, centro di organizzazione e coordinamento dei servizi e per questo non identificabile come luogo fisico unitario di erogazione dei servizi.

19 IL DCA 429/2013 e la riorganizzazione del Distretto
in particolare qualifica il distretto come l’unità di riferimento fondamentale per la gestione dei servizi sociosanitari nonché l’articolazione locale della funzione generale di governo delle Aziende sanitarie, sia per la parte rivolta al proprio interno (con l’obiettivo di adeguare la propria organizzazione alla produzione di servizi ad uso individuale e di interesse collettivo in modo da rispondere alle esigenze ed alle preferenze dei loro specifici utilizzatori e delle comunità locali) sia per quella rivolta all’esterno (in modo da rispondere agli indirizzi delle autonomie locali e da tener conto delle esigenze più generali del complesso della popolazione di riferimento dell’ Azienda).

20 LE CARATTERISTICHE DEL DISTRETTO
Vicino al cittadino e radicato nella comunità locale Abbastanza ampio da governare i percorsi di cura Centro di organizzazione e coordinamento dei servizi Non identificabile come un luogo fisico unitario di erogazione dei servizi

21 L’AREA DELLE CURE PRIMARIE
Al Distretto compete, in questo senso, di assicurare i servizi di primary ed intermediate care relativi all’attività sanitaria e socio-sanitaria assicurando, anche, le funzioni di coordinamento delle proprie attività con quelle dei dipartimenti e servizi aziendali, inclusi i presidi ospedalieri, divenendo, quindi, titolare delle attività territoriali, garante dell’appropriatezza e dell’esigibilità dei LEA (livelli essenziali di assistenza), responsabile dell’ottimizzazione delle risorse assegnate organizzando le modalità di risposta e coordinando i percorsi.

22 IL GOVERNO DELLA DOMANDA NEI TERRITORI
Le esperienze più avanzate del Distretto, in relazione alla programmazione aziendale e alle risorse assegnate, hanno permesso di : Governare i servizi incentrati sul bisogno della persona; Ricomporre la separazione tra elementi sanitari e socio-assistenziali; Governare domanda e garantire assistenza primaria.

23 LA RICOMPOSIZIONE DELLE RISPOSTE NEL TERRITORIO
accoglimento, analisi, valutazione ed orientamento della domanda ed organizzazione della risposta attraverso l’Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale come porta di accesso alla rete dei servizi; concorso dell’attività di pianificazione e di programmazione aziendale mediante l’analisi e la valutazione dei bisogni di salute; gestione diretta di servizi ed interventi che rientrano nel “livello di assistenza distrettuale” avvalendosi di operatori e di unità operative proprie oppure attraverso rapporti convenzionali con operatori e mediante strumenti gestionali “esternalizzati” (società miste, Fondazioni, Società della Salute, ecc.);

24 IL GOVERNO DELLE PRESTAZIONI
Governo dei consumi di prestazioni “indirette” (farmaceutiche, specialistiche, ambulatoriali ed ospedaliere) attraverso attività di orientamento del cittadino e, soprattutto, l’integrazione nell’organizzazione distrettuale dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta (strumenti ed obiettivi di governo manageriale della medicina generale). realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria a livello gestionale ed operativo, a livello istituzionale e comunitario (AUSL, Comuni, Privato Sociale) e a livello professionale come condizione essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di salute individuati dal P.A.T. e dal Piano di Zona dei servizi alla persona

25 IL PESO DEL DISTRETTO Nell’ambito dei nuovi PROGRAMMI OPERATIVI REGIONALI il tema del socio-sanitario si modella in maniera decisiva sul ruolo di un soggetto che ne diventa protagonista, il Distretto appunto e sui relativi strumenti utilizzati per garantirne la continuità dell’azione e la qualità delle prestazioni erogate.

26 Il Distretto: un centro di governance
Raccoglie la domanda dei cittadini; Organizza modalità di risposta (accesso) attraverso il PUA PUNTO UNICO DI ACCESSO; Coordina i PERCORSI SOCIO SANITARI INTEGRATI ; Organizza L’AREA DELLE CURE PRIMARIE E L’AREA DELLE CURE INTERMEDIE.

27 LEA distrettuali Assistenza sanitaria di base;
Attività di emergenza sanitaria territoriale; Assistenza farmaceutica (erogata attraverso farmacie territoriali); Assistenza integrativa; Assistenza specialistica ambulatoriale (diretta e convenzionata); Assistenza protesica; Assistenza termale; Territoriale ambulatoriale, domiciliare, RSA

28 Il Direttore di Distretto
Il Direttore negozia con la Direzione strategica obiettivi e risorse e ha autonomia/responsabilità nelle proprie scelte, “funge da connettore tra la Direzione aziendale, con la quale negozia il proprio budget, e i Centri di responsabilità di I° livello identificabili con le equipe territoriali”. Nel 2005 l’86% dei Distretti era una UOC. Nel 2010 la presenza di Centri di Responsabilità all’interno dei Distretti era scesa con le ristrutturazioni delle AUSL al 78%

29 I rapporti con i Dipartimenti territoriali e con l’Ospedale
48% condivide percorsi di cura con i DSM; 37% condivide percorsi di cura con i SERT; 88% condivide percorsi di cura con il Dipartimento di Prevenzione; 32% protocolli su dimissioni protette; 28% protocolli su ospedalizzazione domiciliare; 55% presenza formalizzata di operatori ospedalieri nei servizi distrettuali.

30 DISTRETTO SOCIALE E DISTRETTO SOCIOSANITARIO
Sul lato istituzionale il Distretto costituisce la sede delle relazioni tra attività aziendali ed Enti Locali, nel quale i Comitati di Distretto, composto dai Sindaci di quel territorio, sono chiamati a livelli di responsabilità sul piano della programmazione, al fine di prefigurare le aree di bisogno e delineare i processi per la costruzione delle priorità di intervento. E’ necessario pertanto consolidare le relazioni tra Distretti ed Enti Locali ponendosi obiettivi volti ad un approccio integrato nell’analisi dei bisogni, nelle scelte delle priorità d’intervento e nell’adozione di strumenti di programmazione integrata, per rispondere in modo adeguato alla complessità dei problemi di salute.

31 Integrazione Istituzionale tra ASL e Comuni
Ambito territoriale e sociale Ambito territoriale = Ambito sociale, insieme di Comuni che ha il governo locale delle politiche sociali; programmazione concertata, Distretto Piano Strategico Aziendale= Piano di Zona dei comuni; il distretto rappresenta una comunità locale con tutti i suoi bisogni (area fragilità non ammette separazioni).

32 Come avviene l’integrazione socio sanitaria nei Distretti ?
Nella maggioranza dei Distretti tramite:  Gli Accordi di programma/Protocolli d’intesa con i Comuni per le attività socio sanitarie e socio assistenziali; L’approvazione dei PAT(per la parte sanitaria) e dei Piani di Zona (per la parte sociale); I Gruppi di coordinamento sociosanitari; I Gruppi di lavoro misti tra i Comuni e le AUSL; La partecipazione del Direttore DSB al Comitato dei Sindaci;

33 Convenzioni e Accordi di Programma per la gestione integrata dei servizi ad alta integrazione socio-sanitaria Sanciscono la composizione dei contenuti programmatori (PDZ) definendo - in assenza di delega - le modalità dell’ integrazione operativa: quali servizi socio-sanitari (tipologia); quali attività sanitarie, quali sociali; come garantire la integrazione (protocolli allegati o richiamati); come informare sull’andamento e sui risultati. Definiscono le modalità di gestione delle reti di servizio (integrazione gestionale) ovvero: criteri di accesso; strumenti di filtro e orientamento; risorse per la gestione della rete; programmazione e sistema informativo della rete.

34 La ricerca AGENAS sui Distretti 2010
Utilizzo diffuso di database e flussi informativi; Incontri informali frequenti, organizzati dal Direttore di distretto; Giudizio “buono” sul livello dei rapporti multi professionali; La coincidenza tra l’ambito territoriale e quello sociale del Distretto non influisce sull’accesso ai servizi; I percorsi formativi impattano positivamente sulla frequenza della valutazione di bisogni; Audit, procedure, data-base e flussi informativi, incontri informali migliorano il giudizio sui rapporti multi professionali.

35 La ricerca AGENAS sui Distretti 2010
luogo di prevenzione e medicina pro-attiva, da svolgersi mediante i professionisti del territorio, rafforzando ed ampliando i programmi e le azioni rilevanti in termini di efficacia (screening, vaccinazioni, chronic care model e attività fisica adattata); luogo di integrazione professionale, di globalità della presa in carico e della risposta all’utente; luogo in cui si assicura la produzione dei servizi sul territorio; luogo di allocazione e gestione delle risorse rispetto ad obiettivi predefiniti; luogo dove l’integrazione diviene sempre più strutturale e fisica; luogo riconoscibile e di ricomposizione di una rete di servizi sempre più articolata.

36 La ricerca AGENAS sui Distretti 2010
Scarsa negoziazione delle prestazioni con gli erogatori pubblici e/o privati; Presenza di coordinamento interdistrettuale; Diffusione del PUA, con funzioni legate al governo dell’accesso; Diminuzione ADI erogata prevalentemente in forma diretta; Buona partecipazione al governo dell’accesso alle strutture residenziali; Diffusa concertazione con gli ospedali di protocolli per le dimissioni protette; Formazione diffusa e programmata;

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38 Le reti territoriali La costituzione dei Distretti socio-sanitari è la chiave di volta del processo di sviluppo dell’assistenza territoriale in un contesto di rinnovati bisogni e di nuove risposte alla domanda di salute, di cambiamento di obiettivi, di inadeguatezza dei grandi centri sanitari in risposta ai bisogni dell’utenza di riferimento. Il Distretto si configura come una vera e propria area di governo in grado di sviluppare una rete di servizi cui è affidato il compito di rispondere in modo costante e completo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico territorio.

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41 Le reti nascono pertanto con l’obiettivo di garantire l’accesso alle cure di livello appropriato a tutti i pazienti. In tal senso si persegue una differenziazione della offerta (per livello appunto) ed una centralizzazione del modello decisionale che prescinde dal luogo specifico in cui il paziente si trova in uno specifico momento del processo.  Si delinea un paziente che necessità di muoversi verso livelli di assistenza complessa e specializzata attraverso processi decisionali rapidi, spesso entro tempi obbligati (time window). Per queste ragioni i modelli di rete si sono applicati prioritariamente al trauma, all’IMA, all’ictus ed alle malattie oncologiche.

42 Lo sviluppo di una organizzazione rispondente a questa logica richiede alcune condizioni essenziali:
la definizione di bacini di utenza adeguati per sostenere una rete di servizi; la descrizione dei servizi che compongono il processo diagnostico- terapeutico e riabilitativo e l’esplicitazione della loro reciprocità funzionale e collocazione nella rete; lo sviluppo ed il mantenimento delle conoscenze e delle capacità necessarie per costituire gruppi di lavoro multiprofessionali orientati a specifici obiettivi di salute e gestiti mediante linee per funzioni e processi anziché per struttura; lo sviluppo del sistema delle comunicazioni, logistiche e professionali, sia per archiviazione e trasmissione a distanza delle informazioni cliniche necessarie per la gestione dell’assistenza, sia per la produzione e condivisione di linee guida e di percorsi assistenziali; la definizione del sistema di relazione centrato sulle autonomie e sulle responsabilità, sia gestionali, sia tecnico-professionali.

43 Quali possono essere le strategie di Networking?
Si basano sul mantenimento di politiche tradizionali di intervento, quali: Rinegoziazione contratti di acquisto; Organizzazione piatta / supporto amministrativo; Razionalizzazione supporto tecnico logistico alberghiero; Razionalizzazione disegno della rete (poli antenne; hub and spoke; ospedali multisito). Networking intelligente:  Trasferimento competenze e conoscenze;  Valorizzazione interrelazioni ed economia di apprendimento. Ridimensionamento rete di offerta Chiusura ospedali non integrati; Riconversione ospedali della rete (strutture specializzate, Centri lungo degenza e riabilitazione).

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45 Come identificare gli HUB?
Requisiti per l’identificazione dei centri HUB e delle aree di afferenza delle reti specialistiche DGR 420/07 Riferimenti di letteratura internazionale  Complessità della casistica trattata dalle strutture ospedaliere sede di PS/DEA  Presenza di caratteristiche strutturali desumibili dai sistemi informativi sanitari disponibili  Localizzazione geografica e viabilità

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48 Perché le reti? Garanzia di appropriatezza nei livelli della risposta
Assistenza non più affidata a singoli esperti, ma a team multispecialistici Garanzia di una qualità diffusa e garantita e non solo picchi di qualità non identificabili Passaggio dalla parcellizzazione di interventi scollegati alla presa in carico del paziente per tutto il percorso assistenziale Al problema del cittadino (anche il più periferico) risponde un’intera rete regionale

49 Obiettivi equità nell’accesso ai servizi e ai trattamenti (differenze geografiche e socioeconomiche) miglioramento della qualità e appropriatezza in modo diffuso sul territorio regionale; Riduzione variabilità nei comportamenti clinici; Riduzione percorsi di cura casuali o parcellari garanzia di percorsi adeguati, tempestivi e centrati sul paziente presa in carico unica e integrazione fra i diversi livelli realizzazione economie di scala e aumento dell’efficienza riduzione disagi logistici dei pazienti

50 Obiettivi Trattamento efficace del paziente critico nei centri di elevata intensità di cure, evitando la congestione dei centri (si accelera il turn-over dei pazienti - stabilizzati ai centri a complessità inferiore) Equilibrio tra bisogni di salute, sviluppo e costo delle tecnologie, tassi alti di occupazione e sostenibilità economico- finanziaria

51 Un SSN e un SSR ospedale centrico
Una delle critiche che viene rivolta più frequentemente al nostro Servizio Sanitario è quella di essere irrevocabilmente fondato sull’ospedale. L’ospedale non sembra più in grado di dare tutte le risposte che il cittadino si aspetta. L’innovazione di cui le nostre strutture ospedaliere hanno bisogno non è solo di natura edilizia : la loro riqualificazione passa anche attraverso la introduzione di nuove modalità gestionali ed operative.

52 Dagli ospedali al territorio
Sono oltre 53 milioni le giornate di degenza ospedaliera registrate ogni anno in Italia. E' come se ogni italiano passasse un giorno l'anno in ospedale (Rapporto ERA 2008) Sono realmente necessari tutti questi ricoveri ? Quale è la qualità del trattamento ricevuto in ospedale dai cittadini malati ? I nostri ospedali sono all’ altezza del compito che viene loro chiesto ?

53 Patto per la salute Ventisettemila posti letto in meno negli ospedali entro 5 anni, e già la metà tagliati nel 2011. Entro il il tasso di ospedalizzazione dovrà essere abbattuto dagli attuali 160 ricoveri ogni mille abitanti a 130. I posti letto per acuti dovranno passare entro il da 3,5 a 3 ogni mille

54 La riorganizzazione della rete ospedaliera
Il vecchio modello di ospedale, di tipo “estensivo”, di grandi dimensioni, a basso contenuto tecnologico, spesso con duplicazioni di servizi all’interno, ha lasciato il posto ad un nuovo modello di tipo “intensivo”, ad elevato contenuto tecnologico, accentrato, finalizzato al trattamento multidisciplinare in regime di ricovero ordinario dei pazienti ad elevata complessità ed in grado di offrire modalità alternative di trattamento per la casistica a minore intensità assistenziale (day hospital, day surgery, ambulatori coordinati).

55 L’ospedale per complessità di cure
L’ospedale moderno deve essere quindi sempre più luogo di cura per pazienti acuti ed iperacuti, sempre meno votato ad assistere pazienti cronici stabilizzati; deve avere sempre meno letti, nel suo complesso, ma più letti per l’ospedalizzazione diurna e più letti per l’ emergenza. In altre parole, l’ ospedale deve rispondere alla diversità espressa da pazienti molto diversi tra loro, garantendo una progressività di erogazione delle prestazioni sanitarie fondata su esigenze assistenziali e socio-culturali diversificate ed una filosofia di appropriatezza ed economicità di impiego delle risorse.

56 Riconfigurare l’organizzazione
Il concetto di gradualità delle cure si esplicita nella progressività di erogazione delle prestazioni sanitarie, rappresentando una risposta differenziata di fronte ad una molteplicità di esigenze cliniche Le cure graduali tendono al superamento della distinzione per disciplina / specialità, puntando a quella per intensità assistenziale Esse richiedono una riconfigurazione dell’assetto e delle gerarchie (mediche e infermieristiche) dei reparti di degenza

57 La gradualità delle cure
1.paziente in emergenza 2.paziente acuto non differibile 3.paziente bisognoso di ospedalizzazione programmata per patologia medica o chirurgica non altrimenti trattabile 4.paziente trattabile in ospedalizzazione diurna 5.paziente ambulatoriale 6.paziente in fase di recupero funzionale 7.paziente cronicamente stabilizzato, con differente grado di dipendenza, bisognoso di assistenza residenziale 8.paziente bisognoso di assistenza domiciliare

58 Il cambiamento nella rete
la struttura può cambiare (avanzamento tecnologico, nuove conoscenze e capacità professionali, quadro epidemiologico); Le attribuzioni dei centri ospedalieri ai differenti livelli della rete sono quindi da intendersi dinamiche, (rivalutazione periodica secondo; criteri espliciti); nella maggioranza dei casi le reti sono applicate per funzioni sanitarie di interesse regionale (alte specialità, emergenza, neuroscienze, trapianti, grandi ustioni, terapia intensiva neonatale …); in altri casi la rete è estesa alla gestione delle malattie in continuità delle cure con il coinvolgimento della medicina territoriale

59 L’obiettivo di ridurre il numero di PL per Acuti è condivisibile e praticabile ... se:
Basato realmente sulla valutazione dei volumi di attività, delle performance e dell’appropriatezza delle prestazioni erogate; Sostenuto da politiche di diffusione delle buone pratiche e implementazione di modalità di lavoro maggiormente efficienti; Accompagnato dalla definizione di indicatori di efficienza ed efficacia su cui valutare gli amministratori; Prevede contestualmente la costruzione di percorsi di acuzie/post acuzie e di deospedalizzazione.

60 Gli obiettivi della riorganizzazione
SVILUPPARE il diritto alla salute ed all’assistenza sanitaria, la centralità del paziente nel sistema, il volume dell’attività come proxy della qualità, la modulazione dell’offerta sul territorio, la riduzione dei costi attraverso le economie di scala.


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