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OSSERVAZIONI DAL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE 1)LA PREVENZIONE UNIVERSALE: si riferisce ad approcci/strategie che affrontano una intera popolazione.

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Presentazione sul tema: "OSSERVAZIONI DAL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE 1)LA PREVENZIONE UNIVERSALE: si riferisce ad approcci/strategie che affrontano una intera popolazione."— Transcript della presentazione:

1 OSSERVAZIONI DAL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE 1)LA PREVENZIONE UNIVERSALE: si riferisce ad approcci/strategie che affrontano una intera popolazione con l’intenzione di prevenire o ritardare l’uso di droghe. Esse riducono l’incidenza di un disturbo quando è ancora in fase latente, intervenendo sulla popolazione “sana” (esempio: interventi nelle scuole) 2)LA PREVENZIONE SELETTIVA: Si riferisce a strategie rivolte a specifici gruppi che più di altri rischiano di sviluppare comportamenti di addiction, indipendentemente dal grado di rischio di ciascun individuo che compone il gruppo. Il fine è prevenire l’uso di sostanze, rafforzando i fattori di protezione (considerazione di sè stessi e capacità di risolvere i problemi), aiutando le persone ad affrontare in modo efficace i fattori di rischio quali vivere in luoghi ove si fa uso di droghe. 3) (OEDT, Osservatorio Europeo Lisbona)

2 ALCUNE INDICAZIONI METODOLOGICHE E PRIORITÀ DI INTERVENTO 1)Si è osservata l’importanza di orientare gli interventi su gruppi giovanili situati anche in contesti poco strutturati e/o informali (es. mondo del lavoro), o in contesti “a rischio” di diffusione di comportamenti di addiction, senza trascurare le figure adulte di riferimento in stretto rapporto con essi. 2)Sono risultati maggiormente efficaci interventi basati sull’interazione col ragazzo, sul rinforzo di abilità di life skills e di social skills (elaborare esperienze, consapevolezza delle scelte, risoluzione di conflitti, ecc.) e sulla valorizzazione del protagonismo giovanile. (DPTAP, anno 2004, da OEDT)

3 ALCUNE INDICAZIONI METODOLOGICHE E PRIORITÀ DI INTERVENTO 1)A seguito dell’abbassamento dell’età di inizio di abuso di sostanze, è preferibile includere nei progetti di intervento anche un target pre- adolescenziale (prima dei 14 anni) 2)Gli interventi risultano maggiormente efficaci se non sono sporadici, ma rappresentano forme di continuità nel tempo 3)Risulta utile un progressivo coordinamento tra i diversi attori, favorendo una condivisione di informazioni, un apprendimento reciproco e un confronto valutativo sui risultati (OEDT, Ecc.)

4 STRATEGIA DI PEER-EDUCATION “Prevede progetti/azioni che utilizzano una strategia educativa che attiva un processo di passaggio di conoscenze, emozioni ed esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri di pari status”…(Antonietti, 2003) I “peer” vengono scelti all’interno di gruppi bersaglio, e formati per realizzare interventi strutturati e non, all’interno del proprio gruppo di pari Ipotesi sottostanti: –Tra i giovani vi sono inadeguate o parziali informazioni sugli effetti del comportamento di addiction –Il gruppo di pari ha un ruolo fondamentale per trasmettere informazioni “credibili e fiduciarie” perché trasmesse da pari, che inoltre utilizzano un codice linguistico proprio, omogeneo –La discussione in gruppo risulta essere maggiormente efficace –Il riconoscimento della leadership (contenuto e relazione) all’interno di un gruppo, rende il messaggio informativo trasmesso maggiormente credibile

5 STRATEGIA INFORMATIVA Prevede degli interventi rivolti al singolo, al gruppo di giovani o adulti, o all’intera popolazione (tramite i media). Per il singolo individuo: Comprende azioni quali la creazione di sportelli di ascolto, CIC, call center telefonici. I presupposti di partenza evidenziano la necessità di fornire chiarimenti e informazioni sulle sostanze, laddove venga fatta richiesta. Privilegiata è la relazione interpersonale, tra “richiedente” e esperto (analisi della domanda e supporto per invii) Per il gruppo: Comprende interventi in gruppi strutturati (es.classe) ove vengono fornite informazioni sulle sostanze, sui rischi e sulla rete locale. Il presupposto è che il gruppo possa favorire la modifica di atteggiamenti propensi al consumo, e le informazioni date a chi ancora non ha fatto uso di sostanze, può inibire o allontanare il giovane da tale esperienza. Per gli adulti tale intervento favorisce l’aumento di conoscenze, la capacità di percepire una situazione di rischio, l’individuazione di comportamenti errati e il migliore accesso ai servizi locali. Per la popolazione di massa: Ci si avvale di mezzi mediatici quali spot video, radiofonici, cartelloni, portali web, ecc. I presupposti di base evidenziano la forte influenza che i media hanno sulla percezione del pubblico, sulla capacità di stimolare dei confronti, come anche una tendenza a conformarsi. Risulta uno strumento utile anche per sensibilizzare la popolazione su specifici argomenti.

6 STRATEGIA DI LIFE SKILLS Sono interventi diretti o indiretti sui giovani (spesso i primi destinatari sono gli adulti), attuati con nell’ottica di prevenire il disagio agendo strategicamente sulla produzione di agio. In particolare, le “life skills” (probelm solving, pensiero critico, empatia, gestione delle emozioni, dell’assertività, ecc.) sono delle capacità di comportamento positivo che permettono di affrontare le sfide quotidiane che si presentano al giovane. I presupposti di base evidenziano come l’uso di sostanze sia sintomatico di un disagio profondo e complesso, da ricercarsi nelle competenze emotive e sociali del giovane. Agire nell’ottica di una prevenzione in tal senso potrebbe rimandare, ridurre o evitare l’uso di sostanze.

7 STRATEGIA DI SVILUPPO DI COMUNITA’ Tutta la comunità è coinvolta e partecipa attivamente in una ottica di protagonismo e di empowerment individuale, di gruppo, organizzativo e di comunità. Si cerca di favorire l’assunzione di responsabilità degli individui, delle agenzie educative, della popolazione, in una ottica sistemica. I presupposti di base indicano la comunità come l’arena efficace per influenzare alcuni atteggiamenti sull’uso di sostanze. Migliorando il tessuto di convivenza si può ostacolare l’insorgere di comportamenti “devianti”. Inoltre si può investire su sistemi normativi e sul controllo sociale (effetto moltiplicatore).

8 LINEE GUIDA 1)La diffusione di informazioni corrette, se non inserite in strategie più ampie, con interventi basati su approcci di tipo educativo o di sviluppo di comunità, può risultare inefficace. Risulta poco utile basarsi su strategie puramente informative, strutturandole all’interno di interventi più ampi (ad es. con life skills). (CSAP pag.53, 67, WHO, 48) 2)Gli interventi dovrebbero prevedere delle metodologie di apprendimento nelle quali viene stimolata la comunicazione interpersonale e lo scambio di idee ed esperienze del target, rispetto alle sostanze e al loro consumo. (Tale strategia risulta essere un punto di forza degli interventi indipendentemente dal tipo di approccio che viene utilizzato). (WHO pag.47, 53, NIDA, 3) Studio cevas 2005 Studio cevas 2005

9 LINEE GUIDA 1)Chi si occupa di prevenzione dovrebbe conoscere: a) le specifiche caratteristiche del contesto in cui si interviene rispetto al consumo di sostanze stupefacenti (età di inizio, tipo di sostanza, dati di prevalenza, ecc); b) le caratteristiche e i bisogni dei destinatari (genere, etnie omogenee o no, user e non user, ecc.). ( NIDA, 2, WHO pag.41, 42) 2)Sarebbe auspicabile che le azioni di prevenzione siano inserite in un programma più ampio, che prevede interventi su più aree: non solo quindi sull’individuo ma anche sulla famiglia, sulla scuola e sulla comunità. (NIDA, 4, EMCDDA, 12) Studio cevas 2005

10 LINEE GUIDA x progettisti 1) 1)Osservare le evidenze indicate dalla letteratura scientifica e le teorie di riferimento può migliorare significativamente l’efficacia della prevenzione. 2) 2)Condividere i risultati in itinere con i diversi stakeholders può stimolare dei feed-back utili per una progettazione sempre più efficace 3) 3)Si ritiene più utile approfondire interventi che hanno mostrato evidenze di risultato, come quelli che si basano su strategie di Sviluppo di comunità, Educativi promozionali (life skill), peer-education e anche verificare le potenzialità del mentoring; 4) 4)Fare attenzione al raggiungimento del target previsto in termini quantitativi. Studio cevas 2005

11 LINEE GUIDA x chi programma 1)Viene suggerito di incrementare gli interventi di prevenzione selettiva, in contesti, famiglie e soggetti a rischio, con target a rischio e in zone poco servite (es. quartieri con microcriminalità). 2)Sarebbe auspicabile evitare la sporadicità delle azioni e degli interventi inferiori a 18/24 mesi. Studio cevas 2005

12 LINEE GUIDA x chi programma 1)L’orientamento di chi programma dovrebbe andare nella direzione di ridurre gli interventi basati sull’approccio informativo (in particolare nei contesti scolastici), rivolti a target con età superiore ai 14/20 anni e con strategie di intervento solo sui singoli individui (ciò rappresenta uno spreco di risorse e un aumento di consumi) 2)Una facilitazione di lavoro potrebbe scaturire dal miglioramento del sistema di monitoraggio, e dalla promozione di una struttura che raccolga meno informazioni ma più attendibili Studio cevas 2005

13 www.famiglia.regione.lombardia.it/religo/biblio.asp

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15 Mappa Progetti Area Prevenzione anno 2003 e 2004

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17 VARI RIFERIMENTI SULLA PREVENZIONE FOCUS SULLE DROGHE DRONET LINEE GUIDA PROGETTI EFFICACI IN CONTESTI SPECIFICI EMCDDA EDDRA NIDA


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