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L’UE e l’economia globale: relazioni esterne economiche

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Presentazione sul tema: "L’UE e l’economia globale: relazioni esterne economiche"— Transcript della presentazione:

1 L’UE e l’economia globale: relazioni esterne economiche
Lezione 8

2 L’UE nel commercio mondiale: fatti essenziali
L’UE è una presenza notevole nell’economia mondiale. Una quota importante del commercio, circa i 2/3 si svolge intra-area. Il commercio intra-area è cresciuto più rapidamente di quello con il resto del mondo. L’UE, con le sue esportazioni extra-area, copre tra il 15 e il 20% delle esportazioni mondiali, rimanendo il più importante soggetto commerciale. La parte preponderante del commercio estero UE riguarda prodotti industriali (scambi intra-industriali)

3 L’UE nel commercio mondiale: fatti essenziali
La parte preponderante (80%) delle esportazioni UE e 60% delle importazioni UE riguarda prodotti industriali (scambi intra-industriali). Sono cresciuti gli scambi nei servizi Sono cresciuti gli scambi in IDE (anche qui la UE ha una preponderanza di flussi intra-area) Il posto e il ruolo dei principali partners esterni della UE è cambiato negli anni: A) Si è mantenuto importante, fra i paesi industrializzati, il ruolo degli USA (7%). B) E’ cresciuto il ruolo dei paesi delle tigri asiatiche e della Cina (7%) B) I paesi ACP hanno visto diminuito il loro peso C) Lo stesso sia pure in misura minore è vero per i paesi dell’area del Mediterraneo.

4 Principali partners commerciali nella EU-27 (2008)

5 Composizione del commercio di beni della EU-27

6 L’UE e il resto del mondo: strumenti negoziali
La costituzione della TEC risale alla trattato CEE ed è stato il primo e principale elemento della presenza internazionale della UE. La UE è nata e rimane un blocco commerciale. Tra gli strumenti a disposizione, contemplate dai trattati, anche i dazi anti-dumping, sussidi all’esportazione, e misure di ritorsione. Dopo l’Uruguay Round la TEC è di media del 4% per i prodotti industriali.

7 L’UE e il resto del mondo: strumenti negoziali
Nel campo delle trattative commerciali la UE ha centralizzato le competenze, più che in altre aree. La Commissione, infatti, agisce in rappresentanza degli stati membri, sia pure dietro consultazione con il Consiglio dei Ministri. Misure di liberalizzazione finanziaria estese al di là dei confini dell’UE. Altro strumento: gli aiuti allo sviluppo. Questi costituiscono un pacchetto non trascurabile, anche se molto minore degli aiuti dati, in forma bilaterale, dai singoli stati membri. Hanno beneficiato soprattutto paesi in via di sviluppo, con i quali l’UE ha negoziato accordi preferenziali.

8 Relazioni esterne: aspetti istituzionali
Il Trattato CEE (1957) parlava di politica commerciale comune, mentre lasciava agli stati membri la piena sovranità sulla politica estera. Il Trattato CEE apriva anche il capitolo di assistenza allo sviluppo verso le ex colonie dei sei paesi membri. Le competenze della Unione si sono allargate progressivamente, ad altre aree in relazione al principio del «parallelismo» fra competenze interne ed esterne (Corte di Giustizia 1971) Nonostante i cambiamenti intervenuti, le competenze dell’Unione rimangono forti in campo economico e deboli in campo diplomatico.

9 Relazioni esterne: aspetti istituzionali
Il Trattato di Lisbona prevede una figura unica di Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, che è Vicepresidente della Commissione e presiede il Consiglio dei Ministri degli Esteri. Questa figura raggruppa competenze su diplomazia, sicurezza, commercio, aiuti allo sviluppo e negoziati internazionali. Dispone di un «servizio europeo per gli affari esterni», un embrione di servizio diplomatico europea.

10 L’UE nelle trattative multilaterali: dal GATT al WTO
La CEE fu autorizzata dal GATT, secondo l’art. XXIV del suo statuto, che permetteva eccezioni al multilateralismo in caso di nascita di aree di libero scambio o unioni doganali. Durante il Kennedy Round del GATT (1963-7) la CEE si affermò come protagonista dei negoziati, rompendo il monopolio Usa. Kennedy invocò il Round Gatt per impedire che la CEE si affermasse come gruppo protezionista e invece fosse parte di un movimento per la riduzione dei dazi fra tutti i paesi industrializzati. Anche la Germania e i paesi del Benelux avevano interesse a ridurre la TEC che inizialmente era stata posta a un livello per loro penalizzante.

11 L’UE nelle trattative multilaterali: dal GATT al WTO
L’influenza della UE sui negoziati internazionali sembra aver agito nel senso della liberalizzazione globale, forzando la mano dei paesi membri più protezionisti. In altre parole la creazione di traffici ha prevalso sulla diversione dei traffici. Unica rilevante eccezione: l’agricoltura dove, invece, la CAP ha operato in senso inverso, favorendo i paesi UE a scapito del resto del mondo. Durante l’Uruguay round si affrontarono a livello multilaterale gli stessi problemi che l’UE affrontava nell’Atto Unico e cioè l’eliminazione delle NTB (barriere non tariffarie) e l’estensione della liberalizzazione nel campo dei servizi. I risultati raggiunti all’interno della UE furono maggiori che quelli raggiunti nell’Uruguay Round: dimostrazione del fatto che è possibile fare di più fra gruppi di paesi uniti da politiche regionali e sovrannazionali.

12 UE e USA nei negoziati internazionali
Accuse reciproche di protezionismo. “..sia l’economia europea che quella americana sono fondamentalmente aperte, ma non esenti da elementi protezionistici. Le manifestazioni di protezionismo europeo sono spesso più visibili, basate su regole dettagliate e accompagnate da maggiore retorica politica. Quelle americane sono a volte più sottili, basate su regole piuttosto generiche che lasciano al presidente un ampio margine di discrezione nell’applicazione; da un certo punto di vista questo è un bene perché la Casa Bianca è più liberale del Congresso; la forte discrezionalità ha però un valore deterrente” e scoraggia gli investimenti [Perissich]

13 L’UE e il WTO: posizioni negoziali
I nuovi capitoli dei negoziati internazionali sono le regole relative agli IDE, la politica anti-trust, la difesa della proprietà intellettuale, le regole ambientale, la difesa dei prodotti, la protezione dei consumatori e altre ancora. Su questi temi si sono verificati vari scontro fra UE e USA. Si è parlato di un contenzioso “regolatorio”. C’è da dire che Europa e Usa sono ancora le sole due fonti di regole internazionali, non è detto che questo stato di cose si protrarrà a lungo. Vedi per esempio la politica della concorrenza. La politica a Bruxelles è più incisiva e penalizzante verso le grandi imprese multinazionali (vedi Microsoft), quella di Washington più tollerante. E questo ha generato molte polemiche.

14 L’UE e gli USA: regole internazionali
Mentre i regolatori europei e americani perseguono obbiettivi, in larga misura convergenti, “le regole americane sono più leggere e quindi più rapide nel recepire l’innovazione; quelle europee sono invece più pervasive, ma più precise e con un maggior grado di certezza giuridica”. Sono inoltre più stabili e applicate da organi più indipendenti dalla politica. Per queste ragioni le regole europee hanno maggiore successo internazionale (vedi telefonia mobile, regole contabili, proprietà intellettuale). Standard UE più precisi e stabili e si prestano meglio a essere applicati in paesi che non dispongono delle complesse infrastrutture tecniche e del sofisticato sistema giudiziario degli USA. Gli Usa accusano gli europei di “imperialismo regolatorio”, ma si escludono loro stessi da soluzioni multilaterali condivise per la loro scarsa disponibilità al confronto.

15 Protezionismo nell’UE e in USA
La Francia ha recentemente adottato una legge che include una lista di settori strategici su cui vigilare in caso di acquisizioni straniere. Il provvedimento è stato aspramente criticato dai settori più liberisti e dagli americani. Negli Usa una simile legge esiste da tempo, è molto più generica e la sua applicazione è lasciata alla discrezione del Presidente e del Congresso.

16 Ue e Usa nel sistema globale
L’UE più sensibile degli Usa ai rischi dell’unilateralismo e più attenta ai problemi della governance internazionale del sistema. Vedi impulso UE dietro la creazione del WTO e, in particolare delle sue procedure arbitrali. Vedi il protocollo di Kyoto. Problema degli aiuti di stato. Reciproche accuse: vedi Boeing e Airbus. Problema delle protezioni: OGM. Conflitti all’interno del WTO hanno dato vita a ritorsioni

17 La Cap e il protezionismo europeo
La CAP. E’ un sistema basato sulla preferenza comunitaria articolata in: a) prezzi comuni minimi europei (i.e. prezzi più alti che sui mercati mondiali e acquisti finanziati sotto questi prezzi); b) dazi all’entrata variabili; c) sussidi per esportazioni, che altrimenti non avrebbero prezzi appetibili sui mercati mondiali. In altre parole vendite deprezzate sui mercati mondiali; d) sussidi ai produttori a vario titolo. Risultato: eccedenze invendibili e un forte impatto sul bilancio comunitario.

18 La Cap e il protezionismo europeo
Negli ultimi anni la CAP è stata riformata e resa meno protezionistica, nel senso che i prezzi UE sono diminuiti e i sussidi resi meno aggressivi. Nello stesso tempo le riforme hanno comportato una minuziosa regolamentazione e altre se ne sono aggiunte per la sicurezza alimentare ecc. Tra i paesi che sostengono maggiormente la CAP, la Francia. Il negoziato commerciale internazionale ha visto spesso un forte scontro fra la Francia e gli Usa e i grandi esportatori agricoli (Gruppo di Cairns: Canada, Australia, Nuova Zelanda, ecc.) da una parte e dall’altra tensioni fra la Francia e altri paesi europei, più disposti a concessioni.

19

20 La UE e il resto dell’Europa
Insieme alla CEE si creò una altra organizzazione l’EFTA, sotto forma di area di libero scambio. Con il tempo molti dei paesi EFTA sono entrati a far parte della UE (GB,Danimarca, Irlanda, Portogallo). Questo processo sembra essersi compiuto con l’allargamento del 1995 (Svezia, Finlandia, Austria). Rimangono fuori dalla UE ancora due paesi importanti come Norvegia e Svizzera più piccoli paesi come l’Islanda. Le relazioni reciproche sono regolate all’interno di una Area economica europea, che è una area di libero scambio in cui i paesi non-UE accettano molte delle procedure e delle regole dell’UE, pur rimanendo fuori. I paesi dell’AEE sono titolari di una sorta di “cittadinanza di seconda classe”, aderendo a regole che non contribuiscono a formare. Un capitolo a parte sono le relazioni con i paesi balcanici e dell’ex-Jugoslavia. Qui i problemi economici si sono strettamente intrecciati con i problemi politici, portando a operazioni di intervento diretto di contingenti dell’Unione (vedi Bosnia 2004). La Slovenia ha aderito nel La Croazia ha buone prospettive di diventare il prossimo paese membro.

21 Allargamento ai paesi ex comunisti: le premesse: pre-adesione
Strategia della pre-adesione: l’Ue dispensa nuovi aiuti per la modernizzazione e per facilitare l’integrazione in vista dell’adesione: - nuovi aiuti strutturali allo sviluppo; - partneriati per l’adesione - incoraggiamento di programmi nazionali per l’adozione dell’acquis comunitario.

22 Allargamento ai paesi ex comunisti: le premesse: pre-adesione.
Dal 1989 l’UE Elargisce aiuti attraverso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo Programma Phare per l’assistenza tecnica e scientifica (istruzione-formazione; infrastrutture; piccole imprese) Accordi di associazione, «accordi europei» con singoli paesi dell’Est: graduale liberalizzazione del commercio con i mercati dell’Unione, tranne l’agricoltura. Una volta applicati gli accordi le nuove democrazie erano libere di fare domanda per entrare nell’Unione. In coda c’erano già la Turchia (dal 1987), Malta e Cipro (dal 1990)

23 Allargamento ai paesi ex comunisti: le premesse.
Criteri di Copenhagen (giugno 1993): Tre principi chiave per essere ammessi nell’UE: a) stabili istituzioni democratiche; rispetto per la legge e i diritti umani e i diritti delle minoranze b) economia di mercato funzionante tale da poter sopravvivere alla competizione in un mercato come l’UE c) assunzione degli obblighi dell’appartenenza e di rispetto dei Trattati dell’Unione. Questo viene dettagliato in un Libro Bianco in 23 capitoli della Commissione che fissa i criteri per l’adeguamento dei paesi dell’Europa Orientale alla legislazione dell’UE. Domande di adesione: 1994: Ungheria e Polonia 1995: Romania, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Estonia, Bulgaria 1996: Repubblica Ceca,Slovenia,

24 Allargamento ai paesi ex comunisti: le premesse.
Consiglio Europeo di Madrid (dicembre 1995) chiede alla Commissione una analisi delle conseguenze dell’allargamento per l’Unione. Paure diffuse: necessità di trasferimenti massicci che avrebbero privato molti paesi della loro quota di fondi strutturali. immigrazione di massa. Luglio 1997: Commissione presenta Agenda 2000, approvata a dal Consiglio Europeo di Berlino (marzo 1999). Le indicazioni della Commissione sottolineano i rischi dell’allargamento e sono caute.

25 Allargamento all’est 31 marzo 1998: inizio dei negoziati fra l’UE e 6 paesi. Consiglio Europeo di Helsinki (10 dicembre 1999) adotta una strategia di negoziare con tutti i paesi candidati sulla base di pari opportunità. febbraio 2000, inizio negoziati con 12 paesi (6+6) Esclusa la Turchia dall’inizio dei negoziati, per la situazione economica del paese, il non rispetto dei diritti delle minoranze e la occupazione di una parte di Cipro. Alla Turchia viene concesso il regime di «pre-adesione».

26 Allargamento all’est Fase Negoziale: problemi.
A) agricoltura. Fattorie dell’Europa centro-orientale piccole e poco produttive. Molto costoso estendere la PAC. Si decide di limitare i sussidi fino al 2013 al 25% del resto della UE. B) Immigrazione. Timori di Germania e Austria che chiedono un lungo periodo transitorio per la libera circolazione, fissato in 7 anni. C) Problemi dell’adozione della legislazione comunitaria, particolarmente in campi in cui le leggi dei nuovi paesi erano più arretrati: regolamenti veterinari e fito-sanitari. D) Altri problemi: adeguamento delle istituzioni comunitarie; problemi dell’ambiente. E) Quali paesi fanno parte della prima ondata di adesioni: all’inizio e fino al 2001 vi erano 6 paesi in pole position: Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria, Polonia, Estonia e Cipro. Poi si arriva a 10.

27 Allargamento all’est 16 aprile 2003: firmati i Trattati di adesione di 10 paesi che entrano a far parte della Comunità il 1 maggio 2004. Nuovi paesi membri: i tre paesi Baltici, Polonia, Ungheria, Rep. Ceca, Slovacchia, Slovenia, Cipro e Malta. Bulgaria e Romania: l’ingresso nell’Unione è avvenuto il 1 gennaio 2007.

28 L’allargamento: successi e limiti
I “nuovi paesi membri” si sentono culturalmente e storicamente al centro della storia europea. Sono stati vittime delle grandi tragedie del ventesimo secolo: fascismo, comunismo. Con l’eccezione della Cecoslovacchia non avevano una consolidata tradizione democratica. Molti erano già prima del comunismo paesi arretrati economicamente. L’UE li ha integrati con notevoli sforzi finanziari e una certa rigidità nell’imporre loro l’acquis communitaire. Vi è stato un notevole flusso di IDE dall’Europa occidentale. Molti di questi paesi guardano, sul piano politico, agli USA e alla Nato. Sul piano economico hanno adottato un modello ultra-liberista, spesso sul modello americano: liberalizzazione, privatizzazioni, bassi salari, disparità sociali. A questo in alcuni paesi si accompagna un alto livello di corruzione (vedi Romania e Bulgaria). Tra i problemi vi sono anche movimenti e pulsioni nazionaliste molto forti (vedi Polonia); e problemi di minoranze etniche.

29 Fonti: Commission, Eurostat, IMF, UNO.

30 L’UE e il resto del mondo: accordi preferenziali
L’Ue ha violato spesso e volentieri le regole del multilateralismo per costruire percorsi di accordi preferenziali con gruppi di paesi. Tra questi: A) I paesi ex-colonie europee, gli ACP (in Africa, nei Caraibi e nel Pacifico). B) I paesi mediterranei.

31 I paesi ACP (ex-colonie europee) e la CEE/UE
Nel Trattato di Roma c’erano clausole speciali di aiuto da parte dei 6 per i paesi ex coloniali o ancora colonie. Quasi tutti erano paesi africani francofoni. 1963 e Accordi di Yaundè L’entrata della GB aumentò enormemente il numero di ex-colonie. 1975. Lomè I, accordo con 46 paesi in via di sviluppo, gli ACP (Africani, Caraibi, del Pacifico)

32 Accordi di LOME’ Lomè 1, cadde in un periodo di risveglio del Terzo mondo. Vedi Opec e voci terzomondiste per un Nuovo Ordine Mondiale I punti principali: - assistenza allo sviluppo (con il Fondo Europeo allo Sviluppo a cui Francia e Germania e GB, contribuivano per il 70% c) - concessioni unilaterali sul commercio da parte della CEE (non si stabiliva un regime preferenziale per le esportazioni CEE su quei mercati) - stabilizzatori di prezzo per garantire agli ACP prezzi delle esportazioni stabili (se i prezzi scendevano sotto una certa soglia i paesi esportatori venivano rimborsati), in campo agricolo (e più tardi minerario). - assistenza tecnica e un protocollo per acquisti straordinari di zucchero (da parte dell’India e altre ex colonie britanniche)

33 Accordi di LOME’ I punti di novità erano la unilateralità delle concessioni e gli stabilizzatori. Gli aiuti erano anche considerevoli. Vi furono notevoli contrasti fra Francia e GB nel corso delle trattative risolte con un compromesso. Veniva smantellato un regime commerciale di tipo paternalistico, ma altrimenti si manteneva un regime di aiuti privilegiato per le ex-colonie. La CEE ha introdotto i GSP (Generalized system of preferences) offerto a tutti i paesi in via di sviluppo. Si tratta di un accesso privo di dazi, ma soggetto ad alcune restrizioni, senza reciprocità. I GSP diminuivano, senza eliminare, il carattere preferenziale degli accordi di Lomè

34 Accordi di LOME’ Lomè 1, 2, 3 e 4. Furono firmati ogni 5 anni. Lomè 4, firmato nel 1989 fu in vigore fino al 2000. I paesi ACP si elevano in numero fino a 69, di cui 40 africani. Si tratta di circa la metà di tutti i paesi in via di sviluppo. I successivi accordi incorporano nuovi capitoli tra cui: diritti umani, protezione ambientale, misure per alleggerire il debito, misure in favore di progetti di integrazione regionale. I pacchetti di aiuto UE meno rigidi di quelli del FMI. Maggiore attenzione allo sviluppo di strutture educative e sanitarie. Problemi di spreco di fondi, e di monitoraggio degli obbiettivi si sono posti. Coordinamento con la Banca mondiale.

35 L’UE e l’Africa L’Africa attraversa negli anni una fase economica molto difficile. Calo dei prezzi delle esportazioni, crisi debitoria, interventi del FMI per aggiustamenti strutturali. Crollano gli IDE diretti in Africa. La dimensione degli aiuti UE insufficiente per ridurre la povertà o elevare in modo significativo i redditi pro-capite. Inoltre i criteri di assegnazioni diventano più rigidi, richiedendo un dialogo in cui la Commissione fosse in grado di monitorare i risultati (e gli eventuali sprechi). Il commercio con l’UE non è dinamico e diminuisce in percentuale (fra il 1976 e il 1992 la parte degli ACP nelle importazioni CEE cala dal 6,7% al 3,5% del totale). 95% delle importazioni dai paesi ACP è composto da materie prime o prodotti agricoli. Da solo il petrolio nigeriano ne copriva una notevole quota. Pochissimi i beni industriali. Scarsa capacità di riconvertirsi di queste economie. Le preferenze accordate erano di scarso significato: vista la bassa TEC, e le preferenze già estesi ai paesi in via di sviluppo in chiave multilaterale.

36 Accordi di LOME’ 4 Lome 4 (1990). Con l’entrata di Spagna e Portogallo interessati all’America Latina e il processo di avvicinamento dei paesi dell’Est l’interesse per gli ACP diminuisce. Rinazionalizzazione delle politiche di aiuto. Le risorse del Fondo Europeo allo Sviluppo per gli ACP diminuiscono. Gli aiuti resi più condizionali e elargiti non solo agli stati ma anche, in modo decentrato, a comunità rurali, villaggi, Ong. Aiuti condizionati a rispetto dei diritti dell’uomo e ristabilimento di regole democratiche. La UE pone sempre più l’accento su una politica mondiale delle cooperazione allo sviluppo, anche per le critiche agli accordi preferenziali in sede OMC/WTO.

37 Accordi di COTONOU Accordo di Cotonou (2000). Informato a un principio di integrazione progressiva degli ACP nel sistema multilaterale; liberalizzazione degli scambi fra UE e Acp, smantellamento di tutti gli stabilizzatori, aiuti in funzione di lotta alla povertà. Miglior coordinamento e destinazione degli aiuti condizionati alla performance politica dei paesi ricettori. Si punta sugli EPA (Economic Partnership Agreements), accordi di libero scambio, con i quali il regime di aiuti e di accordi fra ACP e UE si doveva adeguare alle norme multilaterali del WTO. Nel 2004 la UE è il maggiore donor ai paesi in via si sviluppo. Quasi la metà degli aiuti all’Africa subsahariana. L’influenza UE non era accresciuta. In Africa cresce rapidamente l’influenza degli aiuti cinesi. La svolta dell’UE verso una concezione liberista non sempre apprezzata dai paesi Africani.

38 Rapporti con i paesi mediterranei. Anni 1970
I rapporti con i paesi dell’area mediterranea ebbero aspetti di sicurezza molto importanti, e anche aspetti di relazioni economiche. Nella seconda metà degli anni Settanta si strinsero accordi commerciali di libero scambio fra la CEE e tre gruppi di paesi: Algeria, Tunisia, Marocco Egitto, Giordania, Siria e Libano. Israele. Questi accordi comprendevano una quota di aiuti allo sviluppo, e accesso di prodotti industriali al mercato comune, in cambio di preferenze commerciali per i prodotti CEE. I maggiori finanziamenti andarono ai paesi dell’Africa nord-occidentale e all’Egitto. Questi accordi sono stato poi periodicamente rinnovati Accanto a questo la CEE tentò un dialogo con i paesi arabi produttori di petrolio (Lega araba), ma, anche per differenze interne alla UE, esso condusse a un regime di aiuti, e a un tentativo di mediazione europeo nel conflitto arabo-israeliano e alcuni accordi tecnici.

39 Rapporti con l’area mediterranea
Nel rapporto con i paesi mediterranei, i paesi del Sud della UE (Italia, Francia, Spagna) hanno sempre favorito una politica di aiuti temendo la concorrenza di prodotti agricoli, mentre quelli del Nord (Germania, GB) hanno puntato sulle concessioni commerciali. La CAP ha costituito un limite invalicabile per le concessioni in campo agricolo.

40 Paesi mediterranei e trattative con l’Unione
Un certo numero di paesi mediterranei, dopo aver firmato accordi di associazione, e previa il ritorno di governi democratici sono diventati membri della CEE/UE: Grecia (1981); Spagna e Portogallo (1986). Questi allargamenti hanno complicato il negoziato economico con gli altri paesi del Mediterraneo, in quanto la UE era già eccedentaria nelle loro produzioni. Cipro e Malta hanno fatto parte dell’ultimo allargamento (2004). La Turchia ha avuto un rapporto lungo, cominciato nel 1963 con un accordo di associazione, poi diventato una Unione Doganale. Vi sono state molte difficoltà economiche (vedi restrizioni tedesche agli immigrati), politiche (vedi invasione turca di Cipro e partizione) e democratiche e di diritti umani (vedi governo dei militari dal 1980 al 1983). Nel 1987 la richiesta turca di ammissione fu lasciata cadere dalla CEE. La richiesta fu poi accettata nel 1999, ma i negoziati sono tuttora in corso.

41 I paesi mediterranei e l’UE
Anni 90: rinnovato interesse per una partnership euro-mediterranea. Alla base vi sono le preoccupazioni di Spagna, Italia e Francia per bilanciare a Sud una UE proiettata a Nord e a Est. vedi Dichiarazione di Barcellona del 1995 firmata dall’UE e dai paesi del Mediterraneo stabilisce una partnership basata su tre pilastri: politica e sicurezza, economia e cultura. Alla base vi era la creazione di un’area di libero scambio e un fondo di aiuti. Le risorse messe a disposizione erano cospicue. Vedi Progetti Meda 1 ( ) e Meda 2 ( ). Il Meda 2 stanziava oltre 5 miliardi di Euro a cui si aggiungevano prestiti della Banca Europea degli Investimenti. Dal 2001 crisi politiche e di sicurezza (vedi Irak, terrorismo e mondo islamico in fermento) si indebolisce la spinta per accordi multilaterali Nel 2008 Sarkozy rilancia il processo con la creazione di una Unione per il Mediterraneo fra la UE e 43 paesi del mediterraneo. Si è stabilito un segretariato a Barcellona e 6 settori prioritari: a) disinquinamento del Mediterraneo; b) creazione di autostrade del mare e della terra; c) protezione civile; d) energia solare; e) una università euro-mediterranea; f) iniziativa di sviluppo per le piccole e medie imprese.

42 Problemi aperti L’UE è una potenza civile e privilegia l’uso del soft power. Le sue relazioni economiche esterne hanno ruotato spesso intorno alla questione dell’allargamento. C’è spazio per nuovi allargamenti? L’allargamento a 27 pone ancora problemi di integrazione, sia ai vecchi che ai nuovi paesi membri. Per i vecchi, una questione di risorse disponibili per favorire la modernizzazione dei nuovi; per i vecchi problemi di condivisione di obbiettivi, di maturità democratica, di rifiuto di pulsioni nazionaliste e di convergenza. Nonostante l’uso di relazioni esterne basate su trade and aid, l’impatto politico è stato limitato in aree sensibili, come i paesi nel Nord-Africa e del Medio-Oriente. L’Ue non è stata in grado di regolare i flussi migratori. Non ha assunto un ruolo chiave nel mediare il conflitto medio-orientale. Non è in grado di intervenire efficacemente sul problema del terrorismo.

43 Problemi aperti Le relazioni esterne UE verso i pvs sono un tentativo di creare un nuovo modello di relazioni Nord-Sud. Ostacoli a un ruolo guida dell’UE nel sistema multilaterale: a) la CAP. b) l’enfasi su accordi commerciali privilegiati. c) la difficoltà di raggiungere un consenso interno.


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