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PubblicatoLalia Campo Modificato 11 anni fa
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L’INFARTO DEL MIOCARDIO OGGI COME PREVENIRLO COME CURARLO OVVERO ( Prevenzione primaria e secondaria della cardiopatia ischemica) RELATORE DR. ADOLFO BADIN Resp: Riabilitazione Cardioligica OC Rovigo Divisione di Cardiologia Ospedale Civile di Rovigo Primario dr. L. Roncon
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1° sessione Epidemiologia della cardiopatia ischemica e dei fattori di rischio cardiovascolare.
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MORTALITA’ MALATTIE CARDIOVASCOLARI
44% DI TUTTI I DECESSI Cardiopatia ischemica 28 % Ictus 16 % Per poter parlare del rischio CV è necessario ricordare che, ancora oggi, le malattie CV sono la più importante causa di morte( 44% di tutti i decessi) e la cardiopatia ischemica è al primo posto con il 28% dei casi di morte a cui seguono gli accidenti cerebro-vascolari con il 13% per i quali vi è un incidenza di 300/ /anno in aumento, sino a ictus /anno nel 2008; il 75% si verifica dopo i 60 anni. DIA 2 Incidenza : 300/ /anno
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Diminuisce la mortalità per evento acuto, ma:
N° pazienti consapevoli di avere una malattia seria. popolazione assistita con IMA pregresso e microinfarti. pazienti cronici con instabilità clinica
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La correzione dei fattori di rischio ha costi molto ridotti.
Prevenzione della cardiopatia ischemica Dimensioni economiche del problema La correzione dei fattori di rischio ha costi molto ridotti. I costi di un appropriato trattamento farmacologico dei F.di R . sono ampiamente compensati dai benefici. In più situazioni la correzione del fattore di rischio ( FUMO – OBESITA’) ha costo zero (!) anzi, produce vantaggio economico per il diretto interessato.
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Dimensioni economiche del problema
INCREMENTO VITA MEDIA = INCREMENTO MALATTIE CARDIOVASCOLARI
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I fattori di rischio modificabili possono essere corretti con modificazioni delle abitudini di vita, che non comporta spesa, o con interventi di carattere farmacologico
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Sul piano epidemiologico la correlazione tra livelli di colesterolo e rischio di eventi cardiovasoclari è lineare e non esiste un valore soglia
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Il colesterolo HDL è invece protettivo è il suo valore è inversamente proporzionale al rischio
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La sospensione del fumo di sigarette si associa a una riduzioen del RCV dopo circa 2 anni
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Anche i valori di ipertensione arteriosa si correlano in modo diretto e senza valore soglia con il RCV cerebrale e coronarico La pressione arteriosa elevato è un fattorie di rschio maggiore di ictus che di coronaropatia
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Al di sotto dei 50 anni la PAD è maggior predittore di rischio,sopra i 60 anni è più a rischio un aumento della PAS: sul piano preventivo, quindi è auspicabile differenziare l’intervento nelle due fasce di età
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L’ipertensione sistolica isolata crea rischi maggiori negli anziani
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Ricordiamo comunque che nell’anziano che ha pareti vascolari più rigide, l’aumento della pressione sistolica è un meccanismo compensatorio
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Il rischio assoluto identifica quindi la probabilità di una malattia
Il rischio relativo indica la probabilità di un soggetto di un gruppo rispetto a un altro individuo di un gruppo omogeneo di rischio
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Rischio Assoluto Probabilità per un soggetto di andare incontro ad un evento in 10 anni.
Rischio Relativo Rapporto tra il rischio stimato di un individuo e quello di un altro individuo dello stesso sesso ed età che sia portatore dei valori medi dei fattori di rischio nazionali di riferimento. Per meglio comprendere e poter calare queste evidenze nella pratica clinica quotidiana, occorre soffermarsi su due elementi importanti per la valutazione dei benefici dei diversi trattamenti sugli eventi: Rischio assoluto (o, per un trattamento, riduzione assoluta del rischio) e Rischio relativo (o, per un trattamento, riduzione relativa del rischio). La riduzione relativa è la riduzione del rischio di un evento sfavorevole nei pazienti in trattamento rispetto al controllo, rapportata al numero percentuale di eventi osservato nel gruppo di controllo. La riduzione assoluta è la riduzione del rischio di un evento sfavorevole nei pazienti in trattamento rispetto al controllo. A Poli, Rischio Cardiovascolare Globale 2002
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RAPPORTO TRA ALTERAZIONI ANATOMICHE E MANIFESTAZIONI CLINICHE
La malattia coronarica ben il 90% degli individui nella fascia di età corrispondente a quella dei pazienti con cardiopatia ischemica. La Coronaropatia Malattia Ischemica solo in una percentuale ridotta di pazienti. interessa Quindi solo una piccola percentuale di pazienti svilupperà manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica evolve
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Struttura delle carte del rischio
ETA’ espressa in anni: 40-50, 50-60, anni PAS: 4 livelli 120,140,160,180mmHg COLESTEROLEMIA: 5 livelli 154, 193, 232, 309 mg/dl FUMO: 2 settori: Non fumatore fumatore:1-10 sigarette 11-20 sigarette ≥21 sigarette
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RISCHIO ASSOLUTO 30 o più % colore viola 6° Da 20 a 30% colore rosso
5° Da 15 a 20% colore arancione 4° Da 10 a 15% colore rosa 3° Da 5 a 10% colore verde 2° < 5% colore verdino 1° Ricordiamo che il rischio assoluto è la probabilità per un soggetto di andare incontro ad un evento cardiovascolare in 10 anni Sono state preparate quindi delle carte del rischio associando per convenzione un colore ad une probabilità di rischio. Possiamo stabilire convenzionalmente 6 livelli di rischio
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LA nuova NOTA 13 Dislipidemie familiari
Pazienti con precedente coronaropatia documentata o pregresso ictus o arteriopatia obliterante periferica o diabete (prevenzione secondaria) Soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare maggiore: rischio a 10 anni >20% in base alle Carte di Rischio del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità (prevenzione primaria)
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Nel caso specifico ddell’iperolesterolemia non si tratta più di definire un singolo valore soglia , oltre il quale il trattamento va iniziato ma considerare che questa soglia si può incontrare a diversi livelli a seconda della popolazione a cui ci si riferisce: dal punto di vista delle curve del rischio quindi la curva singola di sn va sostituita da un fascio di curve di diverse popolazioni a rischio diverso in cui è possibile che non si intervenga mai se la popolazione è a basso rischio anche per valori di colesterolo alti, o al contrario in popolazioni ad alto rischio è necessario intervenire anche per valori di colesterolo apparentemente innocui. ( linea rossa alto rischio, linea giallla basso rischio)
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Sulla base di questre considerazioni , nei soggetti a basso rischio, ( linea lu) interventi che comportano anche importanti riduzioni della colesterolemia, comportano piccole variazioni del rischio, in soggetti invece a rischio alto( linea rossa) anche piccole riduzioni della colesterolemia possono portare a una significativa riduzione del rischio assoluto di eventi perché la curva e più pendente
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Numerosi studi hanno evidenziato che esiste una correlazione continua tra i livelli di ipertensione arteriosa sisto diastolica e il rischio CVG
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Fattori di rischio: il Diabete
rischio > 2-5 volte, 60 – 70 % dei diabetici sviluppa cardiopatia ischemica. Nel diabete spesso confluiscono ed interagiscono: iperglicemia, iperlipemia, ipertensione e trombofilia. malattia coronarica più frequente e più grave molti rimedi risultano meno efficaci Il diabete rappresenta il più grande fattore di rischio biologico sia insulino dipendente che non specie per i danni microangiopatici
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CARDIOPATIA ISCHEMICA
L A DIAGNOSI
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LA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Modalità di presentazione: 1)Angina da sforzo o stabile 2)Sindrome coronarica acuta: Angina instabile Infarto acuto del miocardio Insufficienza cardiaca acuta Shock cardiogeno Arresto cardio circolatorio (rottura, F.V., B.A.V.)
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ANGINA DA SFORZO Stenosi coronarica non complicata CONCENTRICA
Circolo collaterale: discretamente sviluppato
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ANGINA DA SFORZO Elementi a conferma della diagnosi
Età: sesta decade di vita Tipo di dolore: costrittivo moderato, sordo Durata del dolore: 1-5 min. e, comunque < 10 min. Modalità di comparsa: durante il cammino, con esposizione a vento e freddo; ma anche: al primo sforzo del mattino, coricandosi la sera da stress psicologico
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ANGINA DA SFORZO Cosa fare per definire la diagnosi
Interrogare il paziente con domande orientate a conoscere: Modalità di insorgenza del dolore, localizzazione, durata, tipologia, rapporto con attività fisica; Se + ECG di base - normale nel 35-70% dei casi. - Alterazioni ripolarizzazione nel 25% dei casi
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ANGINA DA SFORZO Cosa fare per definire la diagnosi
ECG + Proseguire indagini tenendo conto del soggetto in esame ( età, ecc.ecc.) Test da sforzo ECG - Se l’ecg di base è positivo il paziente va posto in terapia e si prosegue con gli accertamenti invasi Se l’ecg di base è negativo si prosegue con gli accertamenti non invasivi: il primo è il test da sforzo
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ANGINA DA SFORZO Cosa fare per definire la diagnosi
Test da sforzo: - Sensibilità 65% Specificità 90% Controindicazioni: - Ipertensione arteriosa grave - Arteriopatia periferica Stenosi aortica - Scompenso cardiaco - Età avanzata Se Test da sforzo + a basso carico( <100Watt) Coronarografia
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ANGINA DA SFORZO Cosa fare per definire la diagnosi
Se Test da sforzo DUBBIO SCINTIGRAFIA ALTRE INDAGINI: ECO E ANGIOSCINTIGRAFIA: UTILI DURANTE UN ATTACCO ISCHEMICO HOLTER: UTILE SIA SUBITO SIA PER FOLLOW (FALSIPOSITIVI 2-30%) TEST PROVOCATIVI: IPERVENTILAZIONE
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ANGINA DA SFORZO COME GESTIRE LA PROGNOSI
Escluse le morti improvvise, circa il 50% dei casi di CHD esordisce con ANGINA DA SFORZO Il dolore è tipico in circa l’80% dei casi Età di comparsa: sesta decade (uomini) settima decade(donne) La remissione ECGrafica è frequente nel 1° anno con remissione dei sintomi nel 0-20% Dopo 10 anni 1 paz. su 3 conserva lo stesso tipo di angor
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ANGINA DA SFORZO COME GESTIRE LA PROGNOSI
Nel 15% dei casi: Morte improvvisa Infarto Nel 50% dei casi Infarto miocardico entro 8-10 anni 3 su dieci paz. Evolvono verso l’Insufficienza cardiaca entro 3 anni Mortalità: 3-4% anno in assenza di lesioni del tronco comune.
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ANGINA INSTABILE O SPONTANEA ( SINDROME CORONARICA ACUTA)
E’ un ischemia transitoria per presenza di OSTRUZIONE CORONARICA CRITICA(95%) Non c’è rapporto fisso con il carico di lavoro, la soglia è variabile, varia la durata, può non regredire alla sospensione dello sforzo.
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Presentazioni cliniche dell’angina instabile.
Angina postinfartuale (entro 2 settimane) Angina ingravescente (entro gli ultimi 2 mesi) Angina di nuova insorgenza (entro gli ultimi 2 mesi) Tabella I. Presentazioni cliniche dell’angina instabile.
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ANGINA INSTABILE COSA SUCCEDE NELLE CORONARIE?
Stenosi coronarica con placca ECCENTRICA: - placca complicata - segni di ulcerazione recente - fenomeni trombotici non ostruenti ma che realizzano una stenosi critica. CIRCOLO COLLATERALE: MENO SVILUPPATO
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ANGINA INSTABILE ELEMENTI A CONFERMA DELL’IPOTESI DIAGNOSTICA
E’ un dolore prolungato sino a 30 min. E’ sensibile alla TNG E’ un dolore presente da non più di un mese E’ un angor che si verifica senza poter riconoscere la causa dell’incremento del consumo di O2. E’ un angina da sforzo a decorso ingravescente E’ un angina a riposo Vi sono segni di disfunzione di pompa(4° e 3° tono, rigurgito mitralico), sino all’EPA.
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ANGINA INSTABILE Cosa fare per definire la diagnosi
ECG: ALTERAZIONI DI ST-T PROVA DA SFORZO: controindicata per 1 mese dall’inizio dei sintomi, in particolare in quella di nuova insorgenza CORONAROGRAFIA: DA EFFETTUARE SEMPRE RAPIDAMENTE
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ANGINA INSTABILE Come gestire la prognosi
L’Angina instabile - in Infarto entro 1 anno nel 21% dei casi. - in Angina Stabile - può scomparire temporaneamente Mortalità: 20% ad 1 anno 39% a 5anni 52% a10 anni E V O L V E
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ELEMENTI DI FISIO PATOLOGIA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Non esiste alcuna correlazione fra gravità della malattia coronarica ed entità e caratteristiche della sintomatologia, solo alcuni test “ provocativi” possono fornire informazioni in tal senso. E’ elevata la percentuale di individui con aterosclerosi coronarica, ma solo una percentuale bassa di questi svilupperà una malattia coronarica conclamata !!. E’ utile a questo punto ricordare che nella cascata degli eventi ischemici il dolore compare all’ultimo posto: in corso di ischemia si verifica prima una allterazione della diastole,poi alterazioni sistoliche ( evidenziabili all’eco, quindi alterazioni della ripol. Vent. all’ecg e per ultimo il dolore)
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I farmaci per il trattamento della cardiopatia ischemica
4 SESSIONE I farmaci per il trattamento della cardiopatia ischemica Dr. Adolfo Badin
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
GLI OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO E. Braunwald 1980: “ la malattia coronarica è troppo complessa per poter essere trattata con successo con un unico “proiettile magico” La terapia della malattia coronarica in generale e dell’angina pectoris in particolare deve obbligatoriamente essere personalizzata al paziente.
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
La personalizzazione della terapia non impedisce che essa comunque debba perseguire tre obbiettivi ben precisi: arrestare/rallentare evoluzione CHD; ridurre il rischio di IMA, re IMA e MI; consentire una qualità di vita adeguata alle aspirazioni, alla professione ed all’età del paziente .
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
arrestare/rallentare evoluzione CHD; Correzione dei fattori di ischio. Utilizzo antiaggreganti piastrinici. Variazione stile di vita
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Ridurre il rischio di IMA, re IMA e MI; Prevenzione Cogliere precocemente variazioni cliniche Scelte terapeutiche
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
consentire una qualità di vita adeguata alle aspirazioni, alla professione ed all’età del paziente . Scelte terapeutiche Riabilitazione Stile di vita
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Prima di iniziare (e proseguire) qualsiasi terapia medica, sia essa la sola terapia, o il completamento di una procedura di rivascolarizzazione, due punti devono continuativamente essere tenuti presenti: Educazione del paziente Valutazione presenza fattori aggravanti e/o scatenanti (fattori di rischio e situazioni patologiche concomitanti) Sono questi i punti, dove l’azione quasi quotidiana, comunque continuativa del MMG è fondamentale, altre scelte più specifiche non possono prescindere invece da un’azione combinata e condivisa cardiologo/MMG, dove al primo spettano alcune scelte di fondo.
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I FARMACI PER IL TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Antiaggreganti “Antianginosi” Nitrati Calcioantagonisti Betabloccanti Unitamente a tutti farmaci ritenuti necessari per favorire la correzione dei fattori di rischio o di situazioni patologiche concomitanti. Antidislipidemici Trombolitici
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ASA e antiaggreganti nel trattamento cronico del cardiopatico ischemico
La terapia cronica con ASA ha generalmente un rapporto costo/beneficio molto favorevole La gestione del pz con intolleranza all’ASA è spesso fatta autonomamente dal MMG. La terapia con ASA è da fare a tempo indefinito nel cardiopatico ischemico In Italia il 50-60% dei pz con angina o pregresso infarto non fa terapia antiaggregante. I cardiopatici e gli anziani sono più vulnerabili al rischio di emorragie gastriche
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Personalizzazione della terapia
Per una corretta impostazione terapeutica di un paziente con cardiopatia ischemica nota e sintomatica è fondamentale ribadire la necessità di conoscere: Presenza o meno di angina e sue caratteristiche “ Frequenza Cardiaca “ Volume e “ Contrattilità “ del ventricolo sinistro Pressione arteriosa sistemica Presenza di Aritmie Meccanismo d’ Azione dei Farmaci
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il trattamento della cardiopatia ischemica
Antianginosi L’angor qualunque ne sia la causa, qualunque sia il suo meccanismo, nasce da una discrepanza fra apporto e necessità di O2 a livello miocardio. Mentre gli interventi di rivascolarizzazione (bypass, angioplastica) hanno come scopo il miglioramento del primo, i farmaci, salvo rare e parziali eccezioni, tendono a ridurre il secondo: il consumo di O2.
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il trattamento della cardiopatia ischemica
Consumo di O2 miocardico Le determinanti il consumo di ossigeno a livello miocardio sono sostanzialmente 3: Frequenza cardiaca Contrattilità Tensione parietale Pressione ventricolare Volume ventricolare
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
I NITRATI Sono vasodilatatori venosi ed arteriosi periferici La loro azione antianginosa inizia in periferia con la vasodilatazione venosa ed arteriolare che determinano una riduzione di tutte le componenti del consumo O2 , tranne la frequenza cardiaca. Sono il farmaco di elezione ( acuti e cronici) Non hanno sostanziali controindicazioni Possono associarsi a tutti, meglio i Beta blocc.
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
I BETABLOCCANTI Sono degli antagonisti competitivi delle catecolamine la contrattilità e la FC, soprattutto da sforzo Prolungano la fase diastolica Hanno azione antiaritmica
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IL TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
I BETABLOCCANTI Parametri da valutare prima di iniziare terapia: Funzione ventricolare sinistra frequenza cardiaca broncopneumopatia tipo di angor presenza di aritmie età del paziente emicrania. Sospensione del farmaco Possibili associazioni
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
I CALCIOANTAGONISTI Esplicano la loro azione attraverso riduzione di FC, RVP e contrattilità miocardica. Hanno un’azione di vasodilatazione coronarica. Controindicata associazione verapamile/betabloccante Parametri da controllare
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Il TRATTAMENTO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Conclusioni 1 Non esiste un’unica terapia per tutti i casi di angina, così come non esiste una terapia migliore di un’altra, esiste solo una terapia ottimale per quella determinata fase della malattia, in quel particolare momento e per quel particolare paziente
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IL TRATTAMENTO DELLA CARDIOPAIA ISCHEMICA
Conclusioni 2 La terapia dell’angina NON è fatta di soli farmaci La scarsa efficacia della terapia può/deve indurci a scelte alternative, anche precedentemente scartate L’improvvisa inefficacia di una terapia consolidata DEVE metterci in allarme
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– Sessione 5 Il monitoraggio del paziente ischemico: gli indicatori del rischio Dr. Adolfo Badin
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Il monitoraggio del paziente ischemico
Il primo punto da ricordare è che si sta giocando una partita a tre: paziente ( e suo ambito familiare), medico di famiglia, cardiologo. Ognuno ha ruoli e compiti ben precisi che possono assicurare al paziente ischemico una più che buona prognosi ed una qualità di vita sostanzialmente normale.
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Il monitoraggio del paziente ischemico
compito fondamentale è riconoscere la malattia al suo primo insorgere ed avviare immediatamente i pazienti verso strutture adeguate, stanti le moderne possibilità di diagnosi e cura disponibili, la cui efficacia è però tempo dipendente. In tale ottica l’ obbiettivo non deve tanto essere quello di individuare i “sani”, quanto piuttosto di non lasciarsi assolutamente sfuggire i malati, ossia i pazienti con insufficienza coronarica.
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Il monitoraggio del paziente ischemico
Nel paziente con malattia nota l’impostazione più specifica in termini di diagnostica e scelte terapeutiche deve essere lasciata allo specialista, od ormai ad un gruppo di specialisti: cardiologo, emodinamista, elettrofisiologo, cardiochirurgo, non esistendo una terapia valida per tutti ma delle terapie da adottare caso per caso ed aggiornare periodicamente nello stesso paziente.
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Il monitoraggio del paziente ischemico
Solo il medico di famiglia ha quella vicinanza con il paziente da poterlo educare, seguire nel controllo dei fattori di rischio, e degli schemi terapeutici, nel cogliere intolleranze ai farmaci o iniziali modificazioni dello stato clinico. La ri-comparsa di sintomi, molte volte subdoli o più spesso minimizzati dal paziente, rappresenta sempre un preciso campanello d’allarme, che soprattutto proprio nel paziente già colpito dalla malattia dobbiamo cogliere ed “aggredire “ immediatamente.
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Il monitoraggio del paziente ischemico
Anche in stato di benessere il paziente con precedenti di malattia coronarica deve affettuare periodici controlli: Biochimica ogni 6 – 12 mesi ECG e visita cardiologica ogni 6 mesi Ecocardiogramma ogni 12 – 24 mesi Holter almeno una volta all’anno Rx grafia del torace
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Il monitoraggio del paziente ischemico
Più e prima di monitorare dei pazienti ischemici, dobbiamo cercare di…non avere dei pazienti ischemici!!.
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CONCLUSIONE J. Bernard - Presidente del Comitato etico francese -
Grandezza e tentazione della medicina: "...si profila il pericolo che la salute diventi troppo cara e non possa essere salvaguardata... la soluzione del problema angoscioso e paradossale della medicina di domani deve essere basato sulla prevenzione e sui progressi operati in questo campo"
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Percorso dinamico per ottenere la stabilità clinica al fine di favorire la ripresa di un ruolo attivo nella società con l’obiettivo di ridurre i rischi di eventi cardiovascolari, di migliorare la qualità della vita e di incidere positivamente sulla sopravvivenza
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Riabilitazione per gruppi di popolazione: Paz. con insufficienza cardiaca Pazienti sottoposti a By pass aorto cronarico Pazienti sottoposti a PTCA Paziente con vasculopatia periferica arti inferiori (operata e non) trapiantati Aritmici; fibrillanti atriali , portatori di PM; portatori di ICD anziani diabetici obesi con malattie polmonari croniche con insuff. Renale
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Riassumendo, i tempi di un evento cardiovascolare possono essere così schematizzati in rapporto al periodo in settimane dall’evento acuto: 0-3 settimane :riabilitazione nel paziente ospedalizzato 1-6settimane. Trattamenti predimissione, domiciliari e di mantenimento 1-12- settimane: programma riabilitativo dei pazienti dopo l’evento acuto ( Fase 2 della riabilitazione) dalla 4 settimana in poi: mantenimento a lungo termine dei programmi riabilitativi a domicilio con l’integrazione nel territorio della attività fondamentale svolta dai MMG e dalla organizzazioni di volontariato.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Componenti dell'intervento di CR La cardiologia riabilitativa CR costituisce il modello più efficace per la realizzazione di una prevenzione strutturata e a lungo termine. Le analisi economiche disponibili sull'argomento suggeriscono che la CR è un intervento costo-efficace dopo un evento coronarico acuto. Gli ultimi dati indicano che in Italia vengono dimessi vivi pazienti post-infartuati/anno cui vanno aggiunti , pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica, by-passati e operati alle valvole: di questi pazienti, solo il 50% dei by- passati è stato sottoposto a riabilitazione, il 25% degli infartuati e il 10% degli scompensati.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Negli ultimi 10 anni la CR ha subito importanti variazioni in rapporto all'evoluzione demografica, alle caratteristiche dei pazienti ( sempre più anziani e con pluripatologie) con il progressivo invecchiamento della popolazione è aumentato il numero di anziani che si possono giovare del programma di CR. Va considerato infine che, con la progressiva riduzione della durata della ospedalizzazione, il decondizionamento fisico si è ridotto, ma la degenza molto breve orientata alla esclusiva soluzione del problema acuto non consente durante la degenza una adeguata stratificazione del rischio residuo, una valutazione funzionale globale, una ottimizzazione della terapia, una educazione – informazione sanitaria adeguata, una ripresa di una adeguata attività fisica in regime di sicurezza, e non ultima una impostazione di una significativa modificazione dello stile di vita. La combinazione di un adeguato monitoraggio ed intervento clinico e un programma di esercizio fisico e di interventi strutturati educativi e psicologici rappresenta la forma più efficace di CR.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
I programmi di CR includono: assistenza clinica volta alla stabilizzazione della patologia di base valutazione del rischio cardiovascolare globale identificazione degli obiettivi specifici per la riduzione di ciascun fattore di rischio ottimizzazione farmacologica mediante un piano di trattamento individuale che includa: -1) interventi terapeutici finalizzati alla riduzione del rischio -2) programmi educativi strutturati dedicati e finalizzati ad un effettivo cambiamento dello stile di vita ( abolizione del fumo, dieta appropriata, controllo del peso, benessere psicologico) -3) prescrizione di un programma di attività fisica finalizzata a ridurre le disabilità conseguenti alla cardiopatia, migliorando le capacità funzionali e favorendo il reinserimento sociale e lavorativo interventi di mantenimento a lungo termine (terza fase) allo scopo di consolidare i risultati ottenuti nella seconda fase e favorire l'aderenza a lungo termine garantendo la continuità assistenziale ( collaborazione con i Medici di Medicina Generale e con le associazioni tipo Amici del Cuore).
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
LE FASI DELLA CR Fase 1 Si svolge durante la fase acuta della malattia definita come: infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, chirurgia cardiaca, angioplastica coronarica, scompenso cardiaco, trattamento delle aritmie minacciose, procedure di impianto di PM, resincronizzatori e/o defibrillatori.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Fase 2 Comprende la valutazione globale del rischio cardiovascolare nel paziente cardiopatico e l'intervento complessivo di attività fisica, comportamentale, igienico dietetica, di supporto educativo e psicologico al fine di evitare e ridurre gli specifici fattori di rischio. Questo progetto deve necessariamente includere inoltre: un intervento informativo, educativo e comportamentale per modificare ad esempio credenze errate sulla cardiopatia, incoraggiare la sospensione del fumo e il raggiungimento del peso ideale per quel paziente attraverso una corretta alimentazione. un intervento di riabilitativo atto a favorire il ritorno alla attività lavorativa
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Fase 3 Include il mantenimento a lungo termine dell'attività fisica e di un adeguato stile di vita. In questo contesto deve essere sostenuta la partecipazione a gruppi locali di supporto ( Amici del Cuore) in cui venga stimolata una attività fisica (da svolgere o i palestra o in attività ricreative), che consenta il mantenimento di uno stile di vita sano e correttamente motivato dal punto di vista psicologico.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Gli obiettivi della seconda fase a breve termine sono: perseguire la stabilità clinica; limitare le conseguenze fisiologiche e psicologiche della malattia cardiovascolare; migliorare globalmente la capacità funzionale incidendo così favorevolmente su grado di autonomia e indipendenza e quindi sulla qualità della vita.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
PROGRAMMA RIABILITATIVO Esercizio Fisico L'inattività fisica incrementa di 2 volte il rischio di sviluppare malattia coronarica Benefici dell'esercizio fisico nella CR : la CR favorisce il benessere psicologico, il recupero sociale, il ritorno alla attività lavorativa e contribuisce alla riduzione dei fattori di rischio. L'esercizio fisico costituisce un elemento centrale dei programmi di cardiologia riabilitativa. La stratificazione del rischio clinico basata sulla storia clinica, sull'esame fisico , ECG e su un test di capacità funzionale ( test da sforzo da eseguirsi a cura del medico cardiologo riabilitatore alla prima seduta di riabilitazione al momento dell'arruolamento del paziente) sono sufficienti per avviare con sicurezza il programma di riabilitazione fisica che poi potrà essere continuato nelle sedute successive dal personale infermieristico di supporto con la supervisione del Cardiologo.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Frequenza e durata del programma di riabilitazione fisica Dopo la visita preliminare in cui il cardiologo esegue una valutazione clinica complessiva con l'anamnesi , l'esame obiettivo , un test da sforzo individualizzato e una valutazione dell'appropriatezza farmacologica per quel paziente, le successive sessioni di esercizio fisico per un totale di 2-3 accessi settimanali almeno per otto settimane, dovrebbero comprendere: un periodi di riscaldamento e di esercizi respiratori di almeno 15 minuti, una fase di attività aerobica di minuti; un periodi di raffreddamento di 10 minuti e un periodo di rilassamento e stretching di 5-10 minuti. E' stato dimostrato che l'attività fisica praticata almeno 2 volte alla settimana aumenta la capacità fisica massimale.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Interventi psicologici ed educativi Esiste una forte evidenza di associazione tra depressione, carenza di supporto sociale e comparsa di malattia coronarica. La depressione aumenta di circa 3-4 volte il rischio di mortalità cardiaca. Lo screening per l'ansia e la depressione dovrebbe essere effettuato con un test appropriato da personale qualificato e somministrato all'inizio della riabilitazione e a 8 settimane dall'evento acuto.
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Cenni sulla fase 3; follow-up a lungo termine Passaggio all'assistenza primaria: il principale intervento nel follow-up a lungo termine dei pazienti con malattia cardiovascolare viene eseguito dal medico curante, che individualizza il suo intervento adattandolo ai bisogni del singolo paziente, evitando che diverse componenti dell'intervento della seconda fase si perdano alla conclusione del programma riabilitativo. Gli interventi del medico curante, i questo senso, si faranno risentire sia nel contribuire a consolidare un certo stile di vita del paziente che nel mantenere ed eventualmente modificare il trattamento farmacologico, secondo queste linee fondamentali: terapia farmacologica nel cardiopatico post ischemico: antiaggreganti, ipolipemizzanti, beta bloccanti, ace-inibitori e/o sartanici; controllo dell'ipertensione arteriosa sotto i130 / 85 interventi atti a consolidare l'astensione dal fumo interventi atti a consolidare il mantenimento di un esercizio fisico regolare, di intensità bassa o moderata almeno per 3-4 volte la settimana interventi atti a consolidare il mantenimento di un peso corporeo adeguato Diabete:ottimizzazione dei livelli glicemici .
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CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
Gruppi di auto-sostegno Esistono in Italia dagli anni '70 diversi gruppi di auto sostegno attualmente oltre un centinaio. Nel Polesine è operante da oltre 20 anni il Gruppo Amici del Cuore di Rovigo. Tra le varie attività cui questi gruppi possono contribuire a sostenere ricordiamo: -corsi di ginnastica di mantenimento presso palestre pubbliche o private convenzionate; -organizzazione di gite, passeggiate e attività ricreative; -lezioni di cucina dietetica; -partecipazione a gruppi per il controllo del fumo; -organizzazione della assistenza per la programmazione delle visite e degli esami di controllo cardiologico ecc... Purtroppo la principale limitazione dell'opera dei gruppi di auto-sostegno è rappresentata attualmente dalla scarsa partecipazione dei pazienti, e ciò è secondario non solo a problemi di informazione ma spesso dipende da una scarsa collaborazione da parte dei sanitari e delle Istituzioni. Sono pertanto fondamentali oltre alla ufficializzazione di questi gruppi, la collaborazione dei sanitari, il sostegno delle istituzioni e il riconoscimento della loro fondamentale funzione per assicurare al paziente una necessaria “continuità assistenziale”.
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