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L' atomo ALBERTO FILIPUZZI MARCO MICHELI ALBERTO MONTAGNER

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Presentazione sul tema: "L' atomo ALBERTO FILIPUZZI MARCO MICHELI ALBERTO MONTAGNER"— Transcript della presentazione:

1 L' atomo ALBERTO FILIPUZZI MARCO MICHELI ALBERTO MONTAGNER
DIEGO RAINIS GIULIO DI PACE ANTONIO DI VAIO FILIPPO FEDERICI MARCO GUIDO GARGANO BARUSELLI PIER PAOLO NANI CLAUDIO RESTA FRANCESCA CE’ MICHELE

2 Esperimento di Thomson

3 Cenni storici XIX secolo: numerosi esperimenti per determinare le proprietà della materia leggi empiriche senza giustificazioni teoriche spettri discontinui dei gas raggi catodici deviati da campo elettrico 1897: Thomson determina il rapporto q/m di una particella che si rivelerà essere l’elettrone

4 Teoria Emissione degli elettroni: effetto termoionico
attraverso il riscaldamento (di una resistenza) è possibile estrarre dal metallo alcuni elettroni Accelerazione degli elettroni per mezzo di una differenza di potenziale, riusciamo ad accelerare gli elettroni emessi gli elettroni assumono la direzione del campo elettrico

5 Deviazione degli elettroni: la forza di Lorentz
Applicando un campo magnetico perpendicolare alla velocità, riusciamo a far percorrere agli elettroni una traiettoria circolare

6 Generare un campo magnetico uniforme: le bobine di Helmholtz
Per generare un campo uniforme e perpendicolare alla velocità degli elettroni sono state utilizzate le bobine di Helmholtz. Il modulo del campo magnetico è direttamente proporzionale all’intensità di corrente che passa attraverso le bobine. Da notare: la distanza fra le due bobine è pari al raggio delle bobine stesse (in questo modo il campo è uniforme con ottima approssimazione nello spazio fra le bobine).

7 Sfruttando tutti questi fenomeni e realizzando l’esperimento all’interno di un’ampolla contenente gas rarefatto (nel nostro caso elio) è possibile vedere la traccia del percorso fatto dagli elettroni.

8 Come calcolare q/m?

9 Misura del raggio dell’orbita
Misura di I Misura di V

10 Apparecchiatura

11 Dati sperimentali

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15 Osservazioni Valutazione del raggio dell’orbita:
utilizzo dello specchio per evitare errori di parallasse forma sferica dell’ampolla deforma immagine spessore della traccia impedisce una misura precisa la parte finale della traccia risulta meno nitida, a causa dell’interazione con le molecole del gas raggi piccoli non permettono una lettura ottimale sulla scala graduata la luce prodotta dal riscaldamento della resistenza disturba la lettura della misura

16 Misura dell’intensità di corrente:
vi sono differenze fra la misura fatta con il tester e con il generatore supponendo un errore sistematico pari a 0,1A nella misura dell’intensità di corrente, tutte le misure di q/m sarebbero molto più simili al valore reale

17 Ringraziamenti Al tempo atmosferico: quando ci serviva buio c’era un sole impensabile. Per il resto c’è stata solo pioggia… Allo spizzico che ci ha sostenuto…moralmente Al bar all’angolo e al suo caffè (anche se quello della casa era decisamente il massimo…) A questo computer che non si è piantato… A Marco che ci ha informato di ‘sto corso Alla mamma di Marco che ci ha viziato in ‘sti tre giorni A tutti i proff ‘un po’ bambini’ che ci hanno fatto smontare e scoprire come funzionano i giocattoli (?!?) A cicciobombocannoniere, a pissipissi e alla carogna, grazie ai quali abbiamo capito qualcosa in più... A uno, a nessuno e a centomila…a noi, a voi e anche a loro!

18 L' atomo di Rutherford

19 Il modello atomico Dopo molti studi e ricerche, l'inglese Ernest Rutherford, (premio Nobel per la chimica nel 1908), presenta, nel 1911, il proprio modello di atomo, non più indivisibile. Pur essendo stato perfezionato dal modello atomico di Bohr, è ancora valido per un'intuitiva spiegazione della costituzione dell'atomo. In tale modello l'atomo può essere paragonato al sistema solare dove, al posto del sole, si ha un nucleo centrale, molto piccolo rispetto alle già piccole dimensioni dell'atomo, e nel quale è concentrata quasi tutta la massa dell'atomo.

20 Il modello atomico Il nucleo è formato dai protoni che hanno carica elettrica positiva e dai neutroni che, sono sprovvisti di carica elettrica; attorno al nucleo ruotano gli elettroni dotati di carica negativa. In realtà, nel modello di Rutherford, i neutroni non erano previsti, essendo stati scoperti più tardi, ma per semplicità li abbiamo già citati; l'insieme dei protoni e dei neutroni, ossia del contenuto del nucleo, è detto anche "nucleoni".

21 Il modello atomico Rutherford scoprì, sperimentalmente, che il nucleo è mila volte più piccolo dell’intero atomo. Se il nucleo avesse la dimensione di una pallina da golf l’atomo sarebbe esteso come un campo da calcio. La massa sta prevalentemente nel nucleo al centro e lo spazio tra esso e gli elettroni è vuoto. I disegni sono quindi dimensionalmente falsati, servono solo a dare l’idea della struttura atomica come la ipotizzò Rutherford.

22 L’esperienza di Rutherford
L’esperimento funziona nel modo seguente: una sorgente di particelle alpha bombarda una lamina d’oro molto sottile. Secondo la teoria di Thomson, tutte le particelle avrebbero dovuto attraversare la lamina, o subire una minima deflessione. Inaspettatamente molte di esse subirono una grande deviazione o addirittura una riflessione. Particelle deviate Lamina d’oro Schermo Sorgente particelle alpha

23 L’esperienza di Rutherford
Secondo il modello di Thomson, la deviazione di una particella entrante nell’atomo era causata al più dall’interazione elettrostatica con gli elettroni. Calcolando, l’angolo di deflessione non avrebbe dovuto superare il millesimo di radiante. Sperimentalmente si osservano deflessioni più sensibili. Utilizzando il modello di Rutherford, la grande deviazione e la riflessione sono spiegabili dal fatto che le particelle alpha cariche positivamente, sono respinte dai nuclei della lamina d’oro. Secondo Thomson Secondo Rutherford

24 La nostra esperienza Con un rivelatore mobile abbiamo “contato” le particelle che vi giungevano in un intervallo di tempo. Nella prima colonna compare l’angolo di deflessione sul quale sono state effettuate le misurazioni; nella seconda, la durata della misurazione; nella terza il numero delle particelle contate; e nell’ultima una media del numero di particelle in un secondo. L’apparecchiatura utilizzata

25 La nostra esperienza Tracciando una curva approssimata con i dati misurati si ottiene la curva della figura. Matematicamente Rutherford trovò una relazione tra l’angolo di deflessione e la probabilità di trovarvi delle particelle: N() = k / sin4(/2)

26 La nostra esperienza La curva rappresenta i valori della funzione trovata da Rutherford; i punti blu rappresentano i dati da noi raccolti. Si nota che i punti sono sempre abbastanza vicini alla curva teorica. Avvicinandosi a zero, la curva diverge a infinito, mentre la curva interpolata dai dati presenta un punto di massimo. Questo perché fisicamente non è possibile che passino infinite particelle in una unità di tempo.

27 Spettrofotometro

28 Cenni Storici MODELLO DI THOMSON: - spiega la stabilità dell’atomo
- si rivela inadeguato dopo l’esperimento di Rutherford. MODELLO DI RUTHERFORD: - giustifica le osservazioni dell’esperimento di Rutherford - non spiega la stabilità dell’atomo Entrambi i modelli sono quindi inadeguati. SPETTRI DI EMISSIONE A RIGHE: - vengono emessi da gas ionizzati, e non sono continui; nessuno dei due modelli atomici esistenti all’inizio del Novecento riesce a spiegarli.

29 L’innovazione di Bohr Bohr propone un nuovo modello, esso si basa su alcuni postulati: 1°) All’elettrone sono consentite solamente alcune orbite, nelle quali esso non perde energia. L’energia associata a ciascuna orbita è data dalla formula: È così possibile capire che i livelli più interni (quelli con n basso), in uno stesso atomo, sono quelli a energia minore.

30 2°) Ogni elettrone può acquisire energia, e “saltare” ad un livello ad energia maggiore, quindi più esterno, per poi tornare spontaneamente nella propria orbita, cedendo la stessa quantità di energia assorbita (sotto forma di radiazione elettromagnetica, quindi di luce, che può essere osservata). L’energia da fornire all’elettrone per promuoverlo ad un livello superiore è data dalla formula: per passare, per esempio, dal 1° al 2° livello.

31 2°) Ogni elettrone può acquisire energia, e “saltare” ad un livello ad energia maggiore, quindi più esterno, per poi tornare spontaneamente nella propria orbita, cedendo la stessa quantità di energia assorbita (sotto forma di radiazione elettromagnetica, quindi di luce, che può essere osservata). L’energia da fornire all’elettrone per promuoverlo ad un livello superiore è data dalla formula: per passare, per esempio, dal 1° al 2° livello.

32 L’elettrone eccitato tende a tornare allo stato fondamentale, liberando l’energia sotto forma di onde elettromagnetiche di lunghezza: L’emissione di onde elettromagnetiche può quindi avvenire solo a determinate l

33 Previsione teorica: Lo spettro di emissione caratterizzante un gas eccitato sarà uno spettro discreto e si presenterà diverso per ogni elemento.

34 Verifica sperimentale
Strumenti Spettrofotometro Portalampada Lampade a scarica a bassa pressione (Idrogeno, Elio) Interfaccia Computer per elaborazione dati

35 Spettrofotometro

36 Procedura Taratura strumenti: il sensore di rotazione è stato tarato secondo le seguenti equazioni: con queste equazioni è possibile analizzare il completo spettro di emissione del gas tra -40° e +40°.

37 Spettro di emissione dell’idrogeno
Tabulazione Dati 1 Spettro di emissione dell’idrogeno

38 Spettro di emissione dell’elio
Tabulazione Dati 2 Spettro di emissione dell’elio

39 Abbiamo impiegato due fenditure d’uscita di diversa larghezza
Tabulazione Dati 3 Abbiamo impiegato due fenditure d’uscita di diversa larghezza

40 Elaborazione Dati Righe di emissione dell’idrogeno
Righe di emissione dell’elio

41 Conclusioni 1 Conferma delle previsioni ottenute con il modello di Bohr Le discrepanze tra i dati sperimentali e quelli teorici possono essere dovute ad incertezze sperimentali ed ad alcuni difetti dell’apparato impiegato.

42 Conclusioni 2 Al fine di ridurre le discrepanze tra le stime ottenute e i dati teorici è possibile: Aumentare la stabilità dell’apparato sperimentale Rendere più preciso il meccanismo di focalizzazione del raggio di luce Fissare la lampada in modo da rendere più accurato l’allineamento lungo l’asse ottico Rendere più fluido il movimento del sensore di luce


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