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MARIO Rigoni Stern Tra memoria e natura:

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Presentazione sul tema: "MARIO Rigoni Stern Tra memoria e natura:"— Transcript della presentazione:

1 MARIO Rigoni Stern Tra memoria e natura:
Una splendida inattualità, per un autore di statura europea

2 La biografia ufficiale
Mario Rigoni Stern nasce ad Asiago (Vicenza) nel Trascorre l'infanzia tra la gente di montagna dell’Altopiano. Nel 1938, entra alla Scuola Militare d’alpinismo di Aosta e, più tardi, combatte come alpino, nel battaglione Vestone, in Francia, Grecia, Albania, Russia. Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l'8 settembre ,è trasferito in Prussia orientale. Rientra a casa il 5 maggio Non si muove più dal paese dove lavora al catasto fino al 1970, quando va in pensione Poi si dedica totalmente alla scrittura fino alla morte (giugno 2008). Nel 2005 è stato insignito della cittadinanza onoraria da parte del comune di Montebelluna, in nome di una comune patria etica, a fronte del “patrimonio di ricchezza umana che Rigoni Stern ci consegna”.

3 L’autobiografia Nell ‘Ultima partita a carte, un puntualissimo racconto autobiografico, evidenzia l’incapacità giovanile di valutare il momento storico (il primo impatto con la guerra non lo turba : “troppo lunga e insistente era stata l’educazione all’amore di patria”; ancora nel ‘41, al corso di Aosta, si parlava di sciolina e polenta, non dei fronti). La presa di coscienza avviene con la campagna di Russia (le donne ebree al lavoro sotto la tormenta, le fucilazioni o le impiccagioni di civili russi). Emerge poi un aspetto di Rigoni: quello di “pellegrino di guerra”. Forse per questo si identifica con i viaggi antichi dei migranti. f. meneghetti

4 Le opere principali 1953 Il sergente nella neve
1962 Il bosco degli urogalli 1971 Quota Albania 1973 Ritorno sul Don 1978 Storia di Tönle (premi Campiello e Bagutta) 1980 Uomini, boschi e api 1991 Arboreto salvatico 1994 Aspettando l'alba e altri racconti 1995 Le stagioni di Giacomo (premio Grinzane Cavour) 1998 Sentieri sotto la neve 2002 L'ultima partita a carte 2006 Stagioni f. meneghetti

5 I grandi temi La memoria L’amicizia l’emigrazione;
la prima guerra mondiale; Il fascismo; la seconda guerra mondiale; La memoria La natura: L’amicizia animali; boschi e piante; stagioni; f. meneghetti

6 La memoria e la storia (individuale/collettiva)
Scrivere per Rigoni è «determinare con parole l’oggetto della ricordanza» (pref. a Le stagioni di Giacomo). Dunque l’attività della scrittura è legata in modo essenziale alla trasmissione di memorie. Il confine tra la vicenda individuale/collettiva è molto labile: se Rigoni, molto pudico, parla di sé o di persone a lui note , è solo per distillare dall’individuale l’universale. f. meneghetti

7 La trama del libro più bello
Tönle Bintarn, contadino, pastore e contrabbandiere, è un uomo vissuto tra fine ‘800 e la Grande guerra, il cui destino si incrocia con drammatici eventi di vasta portata. Sullo sfondo, la comunità montana, la sua lingua, le feste, i riti, la cultura materiale, colti con un sguardo quasi antropologico.. f. meneghetti

8 L’emigrazione più recente
Sull’emigrazione più recente, anche definitiva, torna in diversi scritti: Le stagioni di Giacomo: è dedicato esplicitamente ai migranti degli anni ’50. Nel Bosco degli urogalli, più di un racconto torna sul tema. Vari riferimenti all’Australia sono disseminati nei suoi scritti (inclusi i due sopra citati) e parlano soprattutto di nostalgia per il paese, la montagna, la caccia. f. meneghetti

9 La prima guerra mondiale
E’ stata l'evento più tragico per la storia dell’altopiano di Asiago: per la distruzione totale degli abitati e del patrimonio forestale e per l'esodo della popolazione. f. meneghetti

10 Le stagioni di Giacomo: il dopoguerra
E‘ il seguito della Storia di Tönle, ma anche il ponte tra questa e il Sergente. Non è la classica analisi della crisi del dopoguerra, focalizzata su realtà urbane, od agricole: qui si parla della faticosa ripresa della vita in un ambiente di per sé duro, quello montano, per di più messo a fuoco dalla guerra. E’ anche il libro con cui R.S. fa i conti con il fascismo. f. meneghetti

11 Il fascismo E’ un tema con il quale Rigoni deve fare i conti più volte, in modo quasi ossessivo: Nell’ultima partita a carte Rigoni non cela la propria educazione fascista, da cui poi prende le misure In “Dentro il bosco” (da Il bosco degli urogalli) l’uccisione atroce di un giovane cacciatore da parte dei “briganti neri” spinge la gente dalla parte dei partigiani. Le Stagioni di Giacomo resta però il libro dove il fascismo è il perno degli eventi.

12 Le stagioni di Giacomo e il fascio
Il fascismo, approdando sull’altopiano, trova gli adulti ostili, diffidenti; i giovani sono invece ingenui, e si lasciano sedurre da nuove opportunità di lavoro (v. costruzione del sacrario militare), e da nuovi miti. f. meneghetti

13 La campagna di Russia R. parte il 13 gennaio 1942, con gli alpini della “Cervino” (spavaldi, insofferenti, un po’ ladri) portando con sé la Divina Commedia. E’ un inverno durissimo, con punte di meno 36: la zuppa bollente diventa ghiaccio mentre la si mangia, i soldati hanno difficoltà a defecare ed urinare. Rigoni perde la pelle del naso e delle orecchie. In aprile, rientrando in Italia, scopre una fossa comune di ebrei. Riparte ad agosto. Nota partigiani impiccati, scandali e ruberie nelle retrovie italiane, assurde rivalità tra le tedeschi e italiani, la testardaggine di Hitler che rifiuta la proposta di resa del generale Paulus. E’ qui che si compie il processo di liberazione mentale dal fascismo (pochi mesi prima leggeva ancora Papini: “Questa guerra (…) è contro la ripugnante commedia democratica”) che lo porta ad abbracciare posizioni radicalmente pacifiste. f. meneghetti

14 La campagna di Russia La rivelazione della guerra: la violenza verso i civili, la prossimità con la morte, il dolore fisico. f. meneghetti

15 Lo stile del Sergente Incipit: Ho ancora nel naso l'odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don. Il caposaldo: Per Natale volevo mangiarmi un gatto e farmi con la pelle un berretto, Avevo teso una trappola, ma erano furbi e non si lasciavano prendere. Avrei potuto ammazzarne qualcuno con un colpo di moschetto, ma (…) si vede ceri intestardito di volerlo prendere con la trappola, e così non ho mangiato polenta e gatto e non mi sono fatto il berretto con il pelo. f. meneghetti

16 Un romanzo dal “basso” I due passi evidenziano la prospettiva dal basso, “attraverso le zampe dei muli” (E. Affinati) o dal punto di vista degli alpini, che fanno la guerra senza disciplina, senza crudeltà, senza odio, ma … con obbedienza, come un lavoro. (F. Camon), ma anche rivolta verso gli aspetti di vita materiale. Ciò risalta specie nella prima parte, “Il caposaldo”. “C’era un odore forte lì dentro: odore di caffè, di maglie e mutande sporche che bollivano con i pidocchi e di tante altre cose.” f. meneghetti

17 Struttura e lingua Il libro trova la sua unitarietà nell’ ambiente e negli sfondi, più che nell’intreccio. Il linguaggio è semplice, ma preciso: compaiono termini del gergo militare (le “pesanti”) e parole russe (isba, mugila, katiuscia). La stessa regola di tipo “neorealistico” vale per i dialoghi, che includono intere frasi in russo o nei vari dialetti degli alpini, ottenendo però caratteristici effetti onomatopeici. f. meneghetti

18 La conclusione Nonostante la sofferenza fisica e psicologica per la perdita di tanti amici, libro non si chiude in modo disperante: Ero in una famiglia di gente semplice: una ragazza che filava la canapa e, sospesa al soffitto, una culla con un bambino. Spesso la ragazza cantava, si sentiva, nel silenzio, il rumore del mulinello a pedale, il sole avvolgeva la scena e tutto sembrava dorato. Se il bambino piangeva, la ragazza lo cullava dolcemente. A volte altre vicine arrivavano e insieme formavano un coro armonico. Questa è stata la mia medicina. f. meneghetti

19 Il testo diventa canzone (Mercanti di Liquore & Paolini)
Sento che ho fame e il sole sta per tramontare. Passo lo steccato, una pallottola mi sibila accanto. I russi ci tengono d'occhio. Corro e busso alla porta dell'isba, entro. Soldati russi, armati, stella rossa sul berretto. Io ho il fucile e li guardo, loro mangiano. Prendono col cucchiaio di legno dalla zuppiera comune, mi fissano col cucchiaio sospeso nell'aria... “Mnié khocetsia iestj” – “Datemi da mangiare” una donna mi riempie il piatto di latte e miglio, faccio un passo avanti metto il fucile in spalla, mangio... I russi mi guardano, non fiata nessuno. solo i cucchiai "spaziba" "pasausta" Mi guardano uscire senza che si siano mossi. …così è andato questo fatto nel febbraio 1943, durante la ritirata di Russia. E oggi a pensarci non mi sembra affatto strano. sono entrato, ho chiesto permesso… In quel momento non eravamo nemici. f. meneghetti

20 Un sentimento della guerra tolstoiano
Non ci sono parole di odio in R.S.: “loro” sono i russi, non i nemici. Loro hanno le Katiusce e le Maruske e la vodka e i campi di girasole; e noi le Marie e le Terese, vino e boschi d’abeti. Sono giovani e non hanno la faccia cattiva, ma solo seria e pallida, compunta e guardiva. f. meneghetti

21 Giudizi critici Ferdinando Camon ( ): “C'è una spietatezza nella vita militare, che si traduce nell'espressione «l'è dura... E' una condizione fatale, voluta dal destino. Mussolini sta in un altro orizzonte, oggetto di qualche breve sberleffo… La guerra di Rigoni Stern è una condizione esistenziale, non storica. “ Folco Portinari accosta Rigoni a Emilio Lussu, per ragioni “ambientali” (l’Altopiano), per la scelta narrativa (il racconto di guerra) e per il rovesciamento comune dell’epos, per cui la guerra è vista dal basso e senza eroi. f. meneghetti

22 La prigionia Le disavventure di Rigoni non finiscono con il rientro in Italia. Catturato dopo l’8 settembre, è spedito in un campo di prigionia. Al pari del vecchio Tönle Bintarn, attraversa le Alpi, e, dopo varie avventure, incluso un incontro con dei partigiani, torna a casa, magrissimo. f. meneghetti

23 “Eravamo uomini liberi”
Nell’ Ultima partita a carte racconta un episodio accaduto nel lager di ribellione verso gli ufficiali della RSI. L’illuminazione gli viene dal Vangelo, in particolare quando R. legge il discorso della montagna : “Noi lì rinchiusi eravamo uomini liberi”. (p. 107) f. meneghetti

24 La liberazione Il Lager avrebbe dovuto restare dietro le spalle, lontano; in una landa della Polonia. Ma non era perché le baracche allineate nei blocchi, i reticolati con sopra, alte come su trampoli, le torrette delle mitragliatrici mi seguivano... Reali, non di impressioni o di aria, e non riuscivo a liberarmene. (“La scure”). Lo salva il gesto semplice di un boscaiolo che gli offre dell’acqua da bere. f. meneghetti

25 Il bosco degli Urogalli
Era anarchico e partigiano nell’anima; si imboscava appena possibile e odiava la pianura perché c’era troppo rumore e troppa luce. (Paolo Rumiz) Il lessico è ricco e preciso, quasi da manuale di scienze naturali . f. meneghetti

26 Natura e ambiente Zanzotto ricorda che R. Fu un “antesignano della conservazione dell'ambiente”, avvilito o distrutto da un ottuso progresso. Ciò non gli ha impedito di criticare certi compagni di strada dell’ultima ora: Mi viene da dire che da quando sono state scoperte la “natura” e l’ “ecologia”, sono state divulgate conoscenze superficiali, tutti si sentono “verdi” e sapienti. f. meneghetti

27 Una montagna etica più che agonistica
Il rapporto con la montagna, di cui è grande conoscitore, è fondamentale. E’ il teatro non solo di camminate ma anche di imprese sportive e spericolate, specie in gioventù. Il suo non è stato però un alpinismo solo muscolare: R. vi ha attinto valori per tutta la vita. L'11 maggio 1998 l'Università di Padova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze forestali ed ambientali. f. meneghetti

28 Stagioni Le stagioni scandiscono in tempo in modo ciclico, in eterno ritorno: così si snoda il libro, con un libero ruotare della memoria attorno ai ricordi suscitati da ciascuna stagione, omologati dal clima, e resi quasi contemporanei tra loro. A Stagioni, che è stato paragonato allo schema delle Georgiche di Virgilio, non poteva mancare la cifra della neve: Sono nato alle soglie dell’inverno e la neve ha accompagnato la mia vita.

29 L’amicizia L'amicizia fa parte della sua moralità di montanaro.
Da un lato ci sono gli amici “di cultura”: Vittorini, Emilio Lussu (R, gli fa incontrare incontrare Tönle durante la guerra); Primo Levi; Nuto Revelli , Andrea Zanzotto … per finire con Marco Paolini e Carlo Mazzacurati. E poi i malgheri e i coetanei dell’altopiano e amicizie fatte di gesti e silenzi più che di parole.

30 Primo Levi Nel Natale del 1953… su Paese Sera apparve una risposta di Primo alla domanda: “Con chi vorreste passare il Natale?”. Disse: con Rigoni Stern, in un rifugio di montagna, con questo sconosciuto sopravvissuto... L'amicizia è nata lì. Così Rigoni. I due autori hanno molte cose in comune: la guerra, il campo di concentramento, la condizione di sopravvissuti, l'amore per la natura e la montagna, un'etica: l'essere scrittori non-scrittori, o produttori di “libri utili”. Sono anche diversi: uno cittadino e scienziato, l’altro montanaro e uomo pratico. Ogni tanto tra noi scendeva un silenzio improvviso che non era per ascoltare i rumori e le voci della natura, ma perché la tua e la mia presenza, reciprocamente, rievocavano i fantasmi di un’altra primavera f. meneghetti

31 La Medusa non ci ha impietriti
La poesia è scritta da Levi; Rigoni la cita nel testo scritto per la sua morte: A Mario e a Nuto Ho due fratelli con molta vita alle spalle, Nati all’ombra delle montagne. Hanno imparato l’indignazione Nelle neve di un paese lontano, Ed hanno scritto libri non inutili. Come me, hanno tollerato la vista Di Medusa, che non li ha impietriti. Non si sono lasciati impietrire Dalla lenta nevicata dei giorni. f. meneghetti

32 Il capolavoro di Rigoni
Per concludere si può citare una frase, che condensa l’etica della responsabilità di cui R.S. fu sempre portatore Il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari o scritto libri, ma quando la notte dal 15 al 16 sono partito sul Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa. Sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo: quello è stato il capolavoro della mia vita. f. meneghetti

33 Link 10y2kAqQ: intervista di Paolini (1999), 8:49 eature=f w (2006), 8:47: si parla di Stagioni a Che tempo che fa G0&NR=1 incipit dello spettacolo Il Sergente 8:18 f. meneghetti


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