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IL REFERTO EMATOLOGICO: QUALI “ALLARMI” UTILI L.Ciardelli

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Presentazione sul tema: "IL REFERTO EMATOLOGICO: QUALI “ALLARMI” UTILI L.Ciardelli"— Transcript della presentazione:

1 IL REFERTO EMATOLOGICO: QUALI “ALLARMI” UTILI L.Ciardelli
Intorno al referto ematologico non vi è letteratura, forse perchè il commento interpretativo è visto come parte integrante dell’esame emocromocitometrico. P. Cappelletti, GdSE-SIMel: Riv. Med. Lab. –JLM Vol.3, N.2-S1, 2002 CISMEL (Comitato Italiano per la Standardizzazione dei Metodi Ematologici e di Laboratorio)

2 Necessità di individuare linee di consenso intorno al referto ematologico:
QUANDO COSA COME DA PARTE DI CHI si debba refertare, alla luce delle sempre più nuove proposte di risultati strumentali e all’evoluzione della nosologia e del trattamento delle malattie ematologiche

3 COS’E’ IL REFERTO EMATOLOGICO
COS’E’ IL REFERTO EMATOLOGICO? E’ l’atto scritto, ufficiale e definitivo con cui vengono comunicati i risultati dell’esame emocromocitometrico. E’ un prodotto di sintesi del lavoro tecnico e delle notizie strumentali, sottoposti a revisione dello specialista di laboratorio e viene rilasciato con la sua validazione clinica. Fornisce notizie che si riferiscono sia specificatamente al tessuto sangue ed organi emopoietici che, più in generale, al loro coinvolgimento in patologie che interessino altri tessuti ed organi.

4 SCOPO DEL REFERTO Affiancare e guidare il clinico nello studio e nella definizione della patologia e nel trattamento della malattia, sia in fase di diagnostica che di follow up, attraverso criteri razionali e basati sulla medicina delle evidenze. E’ un atto che deve risultare corretto nella forma e nei contenuti tecnici Deve fornire informazioni non ambigue, utili sul piano clinico e facilmente interpretabili

5 Elementi essenziali per l’espressività clinica del referto ematologico sono:
la standardizzazione della costruzione per forma e contenuti la comunicazione ai clinici del significato delle informazioni fornite e del percorso diagnostico del laboratorio attuato per ottenerle

6 CARATTERISTIGE GENERALE DEL REFERTO EMATOLOGICO
Un referto ematologico deve contenere: il paziente (cognome, nome, sesso, data di nascita, numero identificativo) il campione (identificativo, data e ora del prelievo) la provenienza (Unità Operativa, Ambulatori interni ed esterni) il richiedente (medico dell’ Unità Operativa) il referto (parziale, finale, cumulativo)

7 Il referto NON deve riportare allarmi strumentali di alcun genere, né deve contenere grafici ottenuti dal display delle apparecchiature utilizzate. I grafici e gli allarmi, caratteristici di ogni strumento di diversa produzione, legati al tipo di filosofia analitica utilizzata, devono essere interpretati da personale esperto nello specifico della materia. La consegna ai clinici di grafici/allarmi può condurre ad interpretazioni cliniche errate e fuorvianti

8 Lo specialista di laboratorio deve risultare esperto sia negli aspetti tecnico-analitici (filosofia strumentale, algoritmi e sistemi esperti utilizzati, possibili interferenze nella lettura, etc.) che nella conoscenza delle correlazioni tra suggerimenti strumentali, morfologia ematologica e realtà clinica

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10 I dati numerici del referto devono essere: - corredati da intervalli di riferimento - universali, ovvero prodotti da tutti gli emocitometri, indipendentemente dalla filosofia analitica impiegata - clinicamente utili, ossia hanno validità clinica sicura e consentono decisioni diagnostiche e terapeutiche certe - facilmente interpretabili, quindi espressi in linguaggio universale, comprensibile a prescindere dalla preparazione specialistica ematologica

11 I dati numerici definiti irrinunciabili devono essere obbligatoriamente nel referto: - WBC, RBC, Hb, Hct, MCV, MCHC, Plt - quantificazione delle 5 popolazioni leucocitarie, che devono essere espresse in numero assoluto - reticolociti in numero assoluto (quando richiesti)

12 Il referto può contenere alcuni parametri intorno alla cui utilità è ancora aperto il dibattito:
RDW , ampiezza di distribuzione dei volumi eritrocitari Indici reticolocitari, IRF, MCVr, CHr, ecc.

13 RDW Indice di anisocitosi eritrocitaria, le diverse tecnologie utilizzano algoritmi diversi per il calcolo. Il parametro non soddisfa la scarsa standardizzazione con conseguente ridotta confrontabilità ed esportbilità del dato. Inoltre il valore di RDW è uno specchio infedele di anisocitosi in presenza di una doppia popolazione eritrocitaria Un valore patologico DEVE rimandare all’analisi dei grafici di distribuzione dei volumi eritrocitari ed all’OSSERVAZIONE DELLO STRISCIO.

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15 Immature reticulocyte fraction
IRF Immature reticulocyte fraction Indice per il quale è stata riconosciuta una valenza clinica, tuttavia le diverse tecnologie non forniscono risultati confrontabili. Non tutti i metodi di determinazione di IRF sono stati approvati da FDA, che ha validato solo gli indici reticolocitari ottenuti mediante fluorescenza.

16 MCVr, CHr e RSF Sono dipendenti dalla tecnologia utilizzata e disponibili solo su alcuni tipi di emocitometri: ADVIA Siemens RSF (Red Size Factor) DXH Beckman Coulter La loro utilità clinica è stata dimostrata e i valori possono essere refertati, purchè con intervalli di riferimento strumento specifici.

17 Il referto ematologico NON deve contenere parametri la cui utilità clinica non sia definita o che siano strumento specifici: INDICI PIASTRINICI MPV : misura di volume Pct: indice di massa piastrinica PDW: indice di anisocitosi piastrinica

18 MPV Drammaticamente dipendente dal trattamento del campione relativamente all’anticoagulante ed è strumento specifico. Pur essendo stato approvato da FDA se ne sconsiglia l’uso al di fuori di sperimentazioni controllate. PDW Instabile in quanto dipendente da MPV

19 COMMENTI Il GdSE raccomanda di utilizzare commenti standardizzati, con un linguaggio rigoroso, chiaro e comune a tutta l’equipe refertante, CONDIVISO O SPEGATO AL CLINICO utilizzatore. Devono essere distinti per ciascuna serie cellulare. Nel caso suggerire esami di approfondimento.

20 LEUCOCITI Linea linfoide
Linfociti atipici o forme varianti di linfociti: l’atipia citologica presuppone un orientamento diagnostico in senso neoplastico, pertanto la definizione “atipico” va utilizzata esclusivamente se la morfologia è indicativa di trasformazione neoplastica - Linfociti attivati: quando la morfologia è suggestiva di reattività MAI usare “elementi linfomonocitoidi”: non corrisponde a nessun clone cellulare morfologicamente identificato.

21 Zini G, Bain B. et al: A European consensus report on blood cell identification; terminology utilized and morphological diagnosis concordance among 28 experts from 17 countries within the European LeukemiaNet network WP10, on behalf of the ELN morphology faculty. BJH, 151, , 2010

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24 Le popolazioni anomale dovrebbero essere quantificate almeno in termini semiquantitativi:
- rari <5% dei linfociti alcuni se tra 5 e 10% numerosi > 10% Si raccomanda la quantificazione dei prolinfociti

25 Linea mieloide - Le anomalie qualitative delle cellule anomale o immature devono essere descritte in modo esauriente, es. promonociti, mielociti, cellule di Pelger …. Suggerimenti preziosi possono venire dal riconoscimento/descrizione di elementi come i granulociti ipersegmentati (anemie macro-megaloblastiche), di peculiarità quali i corpi di Auer …. - Quantificare tutte le popolazioni anomale e introdurle nel conteggio percentuale, quando chiaramente identificabili.

26 E’ possibile utilizzare scale semiquantitative, es
E’ possibile utilizzare scale semiquantitative, es.: asincronie nucleo/citoplasmatiche di grado lieve, discreto, notevole. Le anomalie cellulari, se ritenute clinicamente rilevanti, o su richiesta del clinico, possono essere descritte riportando le dimensioni, la cromia, la presenza di nucleoli, etc.

27 BAND CELLS Il loro conteggio è prevalentemente riferito alla valutazione delle infezioni batteriche da parte di neonatologi e di medici di terapia intensiva. La definizione strumentale delle bands non è al momento soddisfacente. I dati forniti, sia al microscopio che strumentali, risultano in genere poco affidabili, come pure la formula di ARNETH.

28 ERITROCITI Segnalare anomalie di forma e volume.
Anomalie generiche quali anisocitosi e poichilocitosi vanno commentate in modo semiquantitativo. Anomalie riconoscibili ed ascrivibili a popolazioni con caratteristiche codificate vanno indicate.

29 Può essere necessario quantificare in termini percentuali la presenza di schistociti (ICSH Recommendations for microscopic identification of schistocytes, IJLH, 2008). Segnalare la presenza dei Corpi di Jolly Segnalare le emazie a bersaglio, quando sicuramente non artefattuali.

30 PIASTRINE Anomalie morfologiche quali anisopoichilocitosi, piastine giganti devono essere segnalate e commentate in modo semiquantitative. Durante la verifica microscopica la definizione di “piastrine giganti” va fatta in relazione alle dimensioni dell’eritrocita. Segnalare la presenza di micromegacariociti, nuclei nudi e frammenti di megacariocita. Segnalare la presenza di aggregati, di satellitismo e le pseudopiastrinopenie.

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32 Barnes, McFadden et al:The International Consensus Group for Hematology Review…Laboratory Hematology, 2005.

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34 Bibliografia P.W. Barnes, McFadden S.L., Machin S.J., E. Simson: The International Consensus Group for Hematology Review: Suggested Criteria for Action Following Automated CBC and WBC Differential Analysis. Lab. Hematol. 11, 83-90, G. Zini, B. Bain, et al.: A European consensus report on blood cell identification: terminology utilized and morphological diagnosis concordance among 28 experts from 17 countries within the European LeukemiaNet network WP10, on behalf of the ELN Morphology Faculty. BJH, 151, , G. Gulati, Song JS. Et al.: Purpose and Criteria for Blood Smear Scan, Blood Smear Examination , and Blood Smear Review. Ann Lab Med, 33, 1-7, G. Zini, G. D’Onofrio, C. Briggs, et al.: ICSH recommendation for identification, diagnostic value, and quantitation of schistocytes. Int. Jnl. Lab. Hem. 2011

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