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Un fenomeno politico caratteristico della storia del ‘900

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Presentazione sul tema: "Un fenomeno politico caratteristico della storia del ‘900"— Transcript della presentazione:

1 Un fenomeno politico caratteristico della storia del ‘900
Il totalitarismo Un fenomeno politico caratteristico della storia del ‘900 Prof. F. Meneghetti

2 L’era dei totalitarismi
Per totalitarismo si intende una dittatura tipica del ‘900 che utilizza i mezzi di comunicazione di massa per esercitare il massimo controllo sulla società. Vi sono però vari tipi di totalitarismo. Prof. F. Meneghetti

3 I sistemi politici nel ‘900
Nel corso del ventesimo secolo si sono alternati diversi modelli politici: come si può vedere dal grafico sottostante, l’era dei totalitarismi ( che nasce dalla crisi del dopoguerra) si colloca tra gli anni ’20 e ’40 e si conclude con la seconda guerra mondiale (che ne è invece il prodotto più drammatico). 1900 2000 Prof. F. Meneghetti

4 Caratteri del totalitarismo
Le principali caratteristiche di un sistema totalitario sono: 1. Un partito unico di massa guidato da un capo che diffonde il culto della sua persona; 2. Un sistema di terrore fisico e psichico realizzato dal partito; 3. Il monopolio dei mass media (stampa, radio, cinema…); 4. Una dottrina, ovvero un’ideologia che viene diffusa in modo capillare, a partire dalle scuole; 5. L’accentramento del potere (inclusi economia, esercito, giustizia) Prof. F. Meneghetti

5 Il caso italiano: la crisi del dopoguerra
Dovuta alla riconversione industriale e al deficit del bilancio, innescò la crisi sociale e indusse le grandi aziende a favorire una solu-zione autoritaria Le istituzioni liberali,di fronte ad un sistema pro-porzionale che vedeva i ceti dirigenti tradizionali perdere il controllo della situazione, si rivelarono inadeguate. Per di più la destra agitò il mito della vittoria mutilata, a proposito di Fiume La mancata promessa, fatta in guerra, di dare la terra ai contadini; il mito della rivoluzione russa; infine la disoc- cupazione favorirono numerose manifesta- zioni di protesta Prof. F. Meneghetti

6 Il “biennio rosso” e i fasci
Mentre operai e contadini occupavano fabbriche e terre, specie negli anni ’20-’21, senza ottenere nulla di significativo (ciò che provocò la crisi del PSI e la nascita del PCI), nacque un movimento di segno contrario, quello dei fasci di combattimento, che si carat-terizzò fin da subito per azioni violente, come assalti alle sedi sindacali o di partito e aggressioni fisiche ai militanti di sinistra. Prof. F. Meneghetti

7 Le due anime del fascismo
Il fascismo, come movimento, nacque nel 1919 con un programma (detto di San Sepolcro), molto ibrido: nazionalismo, antibolscevismo, culto della violenza, coesistevano accanto ad uno spirito “rivoluzio-nario” (voto a 18 anni, imposta progressiva, abolizione del senato, anticlericalismo). Del resto il fondatore, Benito Mussolini, era un ex-socialista (interventista). Due risultavano le radici del fascismo: RURALE : Rappresentata dai grandi agrari animati da volontà punitiva verso i contadini. Questi assoldavano squadristi per punire i contadini ribelli URBANA: Rappresentata da ex ufficiali, ora impiegati, frustrati dal lavoro di routine che li escludeva da responsabilità (crisi psicologica) penalizzati dall’inflazione, bisognosi di un capro espiatorio. Prof. F. Meneghetti

8 Dallo squadrismo alla marcia su Roma
Ben presto Mussolini si rese conto che, per puntare al governo (dopo la buona affermazione elettorale del ’21), era necessario avere la piena fiducia degli imprenditori, delle istituzioni e dell’ esercito. A tal fine bisognava acquisire un’im- magine di rispettabilità: passare “dalla camicia nera al doppiopetto”. Pertanto M. decise di dare un freno agli atteggiamenti più illegali; il movimento diventò partito, così da contenere i più fanatici. Tuttavia per strappare al re la nomina a capo di governo dovette inscenare una manifestazione di forza ( la marcia su Roma: 28 ottobre ’22) di fronte alla quale il re non volle firmare lo stato d’assesio Prof. F. Meneghetti

9 Cambiano le regole del gioco
Inizialmente M., presiedendo un governo di coalizione, sembrò rispettare la legalità. Ma già la legge Acerbo, del ’23, fortemente maggioritaria (2/3 dei seggi al partito di maggioranza) rivelava i reali intenti del governo. Le elezioni del ’24, per di più, vennero precedute da violenze ed intimidazioni, tanto da pregiudicare la libertà di voto. Prof. F. Meneghetti

10 Comincia la dittatura fascista
Avendo denunciato i brogli elettorali, il deputato Giacomo Matteotti venne fatto rapire da M.. Quando si ritrovò il cadavere, gran parte dei deputati abbandonò l’aula per protesta (Aventino), ma M. reagì alla crisi politica creatasi assumendosi la unica e piena responsabilità dei fatti accaduti e del futuro del paese, con il discorso del 3 gennaio Iniziò così la dittatura vera e propria Prof. F. Meneghetti

11 Le linee della politica fascista
Politica interna Ideologia Politica estera Politica culturale Politica economica Propaganda Rapporti stato/chiesa Politica sociale Prof. F. Meneghetti

12 Politica interna: fine della libertà
Il primo atto della dittatura fu la soppressione della libertà di opinione, di stampa e di associazione, politica e sindacale. Essere antifascisti diventò un reato, punito dal Tribunale speciale e perseguitato dalla Milizia, una polizia violenta, che sarebbe stata poi presa a modello dalle SA e dalle SS. Per quanto riguarda la politica istituzionale, dopo aver accentrato su di sé le cariche di capo del governo, ministro degli interni e degli esteri, M. trasformò gradualmente ma radicalmente lo stato, pur senza toccare lo Statuto Albertino: così il Parlamento lasciò il posto alla Camera dei Fasci, e le elezioni, dapprima su lista unica, diventarono plebisciti: si poteva votare solo per il Duce, perché il “no” era riconoscibile e dava a luogo a pestaggi. Prof. F. Meneghetti

13 La politica estera Il neo-popolazionismo alimentò il mito del “posto al sole” per l’Italia e giustificò la ripresa dell’impresa coloniale. Si ebbe così la conquista dell’ Etiopia, che permise la proclamazione dell’Impero, ottenendo però le sanzioni economiche della Società delle nazioni anche per l’uso dei gas asfissianti ai danni dei civili. Forte di questo successo, M. si avvicinò alla Germania nazista: l’Asse Roma-Berlino è del ’36, il Patto d’acciaio del ’39. La seconda guerra mondiale era alle porte, e si rivelò gravida di sconfitte ed umiliazioni. Prof. F. Meneghetti

14 La politica economica In un primo tempo, il f. seguì la linea liberista del ministro De Stefani, nell’ambito di un piano defla-zionista avente come obiettivo la lira a quota 90 (ciò che comportò anche una riduzione dei salari nominali). Successivamente, raggiunto l’obiettivo nel ’26, subentrò il dirigismo economico, che si sarebbe accentuato con la crisi del ’29: ecco allora la crea-zione dell’ IRI e il varo dell’ autarchia, supportata dalla battaglia del grano e dalla campagna per la bonifica integrale. Durante la guerra, dato l’isolamento economico, si arrivò al razionamento dei viveri e al sistema delle “tessere”, alimentando un fiorente mercato nero. Prof. F. Meneghetti

15 La politica sociale Nei confronti dei lavoratori, il f. usò il sistema del “bastone e della carota”, alternando autoritarismo e paternalismo: ridusse i salari reali, abolì i sindacati e il diritto di sciopero, autorizzò solo i sindacati fascisti, che, nelle Corporazioni, mediavano in modo unilaterale tra lavoratori e imprenditori. Per sedare malumori e proteste, cercò di “distrarre” i ceti umili con varie iniziative, che includevano riti di socializzazione e di integrazione ideologica (il dopolavoro, le sfilate del sabato fascista), misure assistenziali (colonie, befana fascista), misure di politica economico-sociale come la bonifica integrale e la colonizzazione dell’Agro Pontino, favorendo migrazioni interne. Prof. F. Meneghetti

16 L’ideologia fascista Come si è visto, nella fase iniziale, il f. non possedeva una grande coerenza ideologica, a parte l’anti-bolscevismo, ma, nel momento in cui andò al governo, gli atteggiamenti “rivoluzionari” vennero abban- donati al fine di garantire l’Ordine, che divenne uno dei tanti miti: Dio, Patria, Famiglia, la Fede nel Capo, l’Obbedienza, la Giovinezza, la For-za, l’Impero. Dopo la conquista d’Etiopia, ancor prima di accodarsi al nazismo con l’ introduzione, nel 1938, delle leggi razziali, avvenne l’innesto nell’ideologia fascista del nuovo mito della superiorità della “razza italiana”, suffragato da alcuni “scienziati” amici del regime. Prof. F. Meneghetti

17 Documenti sul razzismo fascista
Prof. F. Meneghetti

18 La politica culturale Il rapporto tra f. e cultura non fu traumatico perché la maggior parte degli intellettuali “si adeguò”: nel 1931, su docenti dell’univer- sità, solo due non giurarono. Questa relativa collaborazione rese possibile un’importante impresa culturale, come l’Enciclopedia Ita- liana. Al di fuori del mondo accademico, il f. ebbe molta cura nell’ indottrinare le menti dei giovani, grazie a docenti iscritti al PNF e all’introduzione della “dottrina fascista” come materia scolastica. Prof. F. Meneghetti

19 La propaganda Il f. fu uno dei primi sistemi autoritari a curare meticolosamente la propaganda. A tal fine fu anche creato un ministero apposito, il MINCULPOP. Le principale strategie usate a tal fine furono due: l’organizzazione della gioventù in associazioni para-militari e l’ uso massiccio dei mezzi di comunicazione di massa. Prof. F. Meneghetti

20 … e i media Radio e cinema furono i due principali mezzi di comunicazione e di propaganda. Il f. promosse la diffusione di apparecchi radio a prezzi più contenuti che nel passato, mentre il cinema, che faceva capo all’ Istituto Luce, consentiva, prima delle proiezioni, la trasmissione di “cinegiornali” che raccontavano in modo apologetico le imprese di M. e del f., anche quando le cose andavano male, come al fronte. I gior-nali erano soggetti a censura, non solo per notizie politiche (indiriz-zate dalle “veline”) ma anche per la cronaca. In particolare veni-vano taciuti gli episodi di criminalità e tutto ciò che poteva configu-rare disordine. Prof. F. Meneghetti

21 La politica religiosa L’iniziale spirito anticlericale venne abbandonato quando M. rea-lizzò che in un Paese come l’Italia l’appoggio del mondo cattolico era necessario per governare con tranquillità. Perciò , dopo una serie di trattative con il Vaticano, l’11 febbraio 1929, M. e Pio XI firmano i Patti Lateranensi. In tal modo si pose fine alla separazione tra Stato e chiesa, iniziata dalla bolla papale “non expedit” e si riconobbe il cattolicesimo come religione di stato, di cui si rendeva obbligatorio l’insegnamen-to nelle scuole. Il papa Pio XI definì M. “l’uomo della Provvidenza”. Prof. F. Meneghetti

22 La fine del fascismo Mentre quello del nazismo fu un crollo militare, avvenuto tra aprile e maggio del ’45, il fascismo cedette ancor prima sul piano po-litico. Nel 1943, dopo i grandi scioperi di marzo, al nord, e tutti gli insuccessi militari, lo sbarco alleato in Sicilia, fu il Gran Consiglio del F., con l’avallo del re, a destituire Mussolini, che fu arrestato. Il governo fu dato al generale Badoglio che promise fedeltà ai tede-schi, lavorando però per un armistizio con gli alleati (8 settembre). Quando il re e il governo, il 9, abbando-narono Roma per Brindisi, l’Italia rimase divisa in due: al sud la monarchia pro-tetta dagli alleati, al centro-nord i tede-schi, diventati occupanti. Prof. F. Meneghetti

23 Il biennio 43’-’45 in Italia
Liberato Mussolini, i tedeschi favorirono la ricostituzione di un nuovo regime fascista che si chiamò Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò. Fu dunque nel nord che la resistenza assunse caratteri di guerra di liberazione dai tedeschi, oltre che di guerra civile, ottenendo, in ri-sposta, terribili azioni di rappresaglia contro i civili (Marzabotto: 2000 morti; Fosse Ardeatine: 335). Per i partigiani, al cui interno operavano formazioni di diverso orientamento, l’obiettivo non era solo il nazifa- scismo, ma anche la monarchia, considerata corresponsabile. Questa pregiudiziale anti-monarchica comprometteva però l’unità del movimento e l’aiuto alleato. Sbloccò l’impasse Togliatti rinviando la questione istituzionale alla fine della guerra. Prof. F. Meneghetti

24 Guerre ideologiche E’ ovvio che tanta violenza alimentasse, con tanti e tali soprusi, sentimenti di odio e di rivalsa. Questo spiega certe manifestazioni di violenza che accaddero verso la fine della guerra nei confronti dei vecchi oppressori: Mussolini stesso, in fuga verso la Svizzera, dopo essere fucilato, fu appeso a testa in giù a piazzale Loreto a Milano (in risposta ai tanti partigiani impiccati e lasciati a marcire appesi ad alberi o lampioni). Un episodio particolarmente grave fu quello delle foibe, in cui i partigiani slavi buttarono molti italiani d’Istria, solo perché sospettati, sulla base della loro etnia, di essere fascisti. Prof. F. Meneghetti

25 Il caso tedesco: il nazismo
La prima radice del nazismo fu costituita dalla grave crisi economica della Germania dopo la prima guer-ra mondiale e dalle umiliazioni politiche subite. Già nel ’23 Hilter, a capo del partito nazional-socialista (di destra) aveva tentato un putsch a Monaco. Arrestato, aveva composto il suo Mein Kampf, che sarebbe diventato la bibbia dei nazisti, con i principi della superiorità della razza ariana e della lotta ad ebrei e comunisti. Il riacutizzarsi della crisi all’inizio degli anni ’30 (dopo un’effimera ripresa), provocò disoccupazione (5 milioni nel ’31, 6 nel ’32), paura, insicurezza. Hitler, con il suo partito, parve un punto di riferimento, e riscosse importanti successi elettorali tra il 30 e il 32. Prof. F. Meneghetti

26 La conquista del potere
Sostenuto dalle SA e dalle SS, oltre che dal voto, Hitler ricevette l’incarico di cancelliere il 30 gennaio 1933, secondo le regole, formalmente. Ma in tempi molto rapidi Hitler trasformò la repubblica in stato totalitario: il cosiddetto Terzo Reich. Anzitutto H. sciolse il Parlamento, poi fece incendia-re il Reichstag per scaricarne la colpa sui comunisti ed avere un pretesto per sospendere la costituzione e mettere fuori legge i partiti. Il potere passò tutto nelle sue mani. Prof. F. Meneghetti

27 Confronto tra fascismo e nazismo
Sale al potere nel ’33 In soli tre mesi inizia la dittatura Imita il modello fascista della presa del potere Ha un’ideologia incentrata sul mito della razza ariana e l’esaltazione del capo (di qui l’antisemitismo. Usa metodi “scientifici” di manipolazione delle masse (ministro della propaganda: Goebbels) Sale al potere nel ’22 Dopo due anni inizia la dittatura Affida la violenza a gruppi armati illegali e promette ordine ai conservatori Ha un’ideologia autoritaria di destra; incorpora il razzismo negli anni ‘30 Importa dal nazismo leggi razziali antisemite e le dottrine di Goebbels Prof. F. Meneghetti

28 La persecuzione degli ebrei
L’antisemitismo, che fin dall’inizio caratteriz-zò il nazismo, si concretizzò nelle leggi raz-ziali del ’38 che introdussero forme di dis-criminazione e incoraggiarono violenze ai danni degli ebrei (v. notte dei cristalli). Con l’inizio della guerra, in Polonia, vennero attuate le prime forme di segregazione coatta (v. ghetto di Varsavia), per poi passare alla de- portazione a allo sterminio di 6 mi- lioni di ebrei, a cui si aggiunsero slavi, zingari, comunisti ed omoses-suali. Prof. F. Meneghetti

29 Il caso russo: lo stalinismo
Il totalitarismo cominciò ad affermarsi negli anni ’30, sotto la leadership di Stalin. In Russia il comunismo aveva assunto forme sempre più burocratiche ed autoritarie, rivelandosi come dittatura del partito e/o dello stato, visto che le due realtà tendevano a sovrapporsi. Culto del capo, propaganda massiccia effettuata tramite i media, criminalizzazione del dissenso, gusto per le parate militari ricalcano molto le forme del totalitarismo nazi-fascista, anche se il contenuto sociale resta diverso. Uno degli aspetti più noti dello stalinismo è rappresentato dai Gulag, ovvero dalla deportazione in Siberia dei dissidenti, condannati ai lavori forzati. Prof. F. Meneghetti

30 La fine dei totalitarismi
La seconda guerra mondiale travolse fascismo e nazismo (Hilter si suicidò nel suo bunker di Berlino il 30 aprile 1945 prima di essere raggiunto dai soldati russi). Stalin invece, capo di un partito vincitore, rimase in carica fino alla morte (1953). Nel 1956 il nuovo segretario del PCUS, Nikita Krusciof, denunciò i crimini dello stalinismo e avviò la destalinizzazione. Il cammino verso la democrazia fu però lungo, segnato dal persistere, in URSS e nei paesi satelliti dell’Est, dal culto della personalità o del “partito”, dalla mancanza di democrazia e da episodi di protesta repressi con violenza (Ungheria, 1956; Cecoslovacchia,1968). Fino al 1989. Intanto in Europa occidentale sorgevano altre dittature, in Spagna, in Portogallo e in Grecia, che ebbero fine solo tra il 1974 (“rivoluzione dei garofani” in Portogallo), e il 1977. Prof. F. Meneghetti


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