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J ANET B ROOKS -G ERLOFF, Emmaus A NNUNCIARE LA B UONA N OTIZIA AGLI ADULTI.

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Presentazione sul tema: "J ANET B ROOKS -G ERLOFF, Emmaus A NNUNCIARE LA B UONA N OTIZIA AGLI ADULTI."— Transcript della presentazione:

1 J ANET B ROOKS -G ERLOFF, Emmaus A NNUNCIARE LA B UONA N OTIZIA AGLI ADULTI

2 B EATO A NGELICO, Il discorso della Montagna

3 Gesù Maestro QUALE PARADIGMA?

4 IL CONTESTO ODIERNO 1) DI FRONTE ALLA PRIMA (o seconda?) GENERAZIONE INCREDULA - Dopo aver preso contatto, nel periodo dell’infanzia, con la parrocchia, solitamente dopo la Cresima, si assiste ad un allontanamento che in certi casi si può definire di massa: «imparano a cavarsela senza Dio e senza Chiesa»; - Alle volte, questo allontanamento dalle realtà parrocchiale, può convivere tuttavia con esperienze extra-parrocchiali di carattere sporadico; - Si nota un’inerzia della vita ordinaria parrocchiale, dove potrebbe maturare e crescere un'autentica coscienza credente; - Apatia e analfabetismo religioso sempre più in aumento; - Un ulteriore ‘‘anello mancante’’ è rintracciabile nella trasmissione della fede in famiglia, ormai molto carente. 2) LA FUGA DELLE QUARANTENNI - È alla donna che è sempre stata affidata la trasmissione della fede nelle famiglie; - L’universo femminile e cambiato; - Disaffezione significativa; - La Chiesa spesso è incapace di tessere alleanze significative con l’universo femminile; - Perdita di fiducia da parte delle giovani donne. 3) FEDE O RELIGIOSITÀ? - La gente gremisce ancora le nostre parrocchie durante la Messa domenicale… - I genitori chiedono il sacramento del Battesimo per il proprio figlio… - I cresimandi chiedono il sacramento della Confermazione… - I fidanzati chiedono il sacramento del Matrimonio… COSA EVIDENZIA QUEST’ULTIMO ELENCO?

5 SACRAMENTI SI! MA SENZA FEDE?! La richiesta dei sacramenti non di rado proviene da persone che si muovono al di fuori di una prospettiva di fede e di impegno cristiano. Una tale richiesta viene a volte avanzata come se si trattasse di una specie di diritto del richiedente; anzi, di un diritto incondizionato, e non della domanda di un dono e dell’assunzione del corrispondente impegno. D’altra parte, il fatto stesso che questa richiesta si presenti, sebbene in forme profondamente sbagliate, è segno del persistere di una tradizione socio-religiosa che “canalizza” la cosiddetta “religiosità naturale” attraverso la richiesta dei sacramenti della fede cristiana, anche in un contesto nel quale la fede stessa si è assai indebolita. ESCLUSIVISMO SACRAMENTALE PER QUANTO RIGUARDA IL CAMMINO DI FEDE Il dinamismo della fede sembra rischiare il rinchiudersi esclusivamente nell’alveo sacramentale in senso stretto. I Sacramenti permangono così più tappe socioculturali che segni della compagnia e dell’azione graziosa di Cristo.

6 ACCENNI DI MAGISTERO IL DOCUMENTO BASE – Il rinnovamento della catechesi (1970) N° 124 – Gli adulti - Per molti, i termini catechismo o catechesi evocano un insegnamento rivolto quasi esclusivamente ai fanciulli, senza sviluppi nelle età successive. Crescerebbe così l’uomo e non crescerebbe in lui il cristiano. Occorre invece comprendere che, in tutte le età, il cristiano ha bisogno di nutrirsi adeguatamente della parola di Dio. Anzi, gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano, perché essi possono conoscere meglio la ricchezza della fede, rimasta implicita o non approfondita nell’insegnamento anteriore. Essi, poi, sono gli educatori e i catechisti delle nuove generazioni cristiane. Nel mondo contemporaneo, pluralista e secolarizzato, la Chiesa può dare ragione della sua speranza, in proporzione alla maturità di fede degli adulti. N° 139 – La catechesi deve raggiungere l’uomo nelle situazioni concrete della vita - La testimonianza cristiana nella famiglia, nella professione, nel mondo sociale e politico, nella comunità ecclesiale, rappresenta l’impegno fondamentale di una fede che deve animare ogni momento della vita. Oggi, questa testimonianza deve essere quanto mai viva, perché i rapidi mutamenti socio-culturali costringono ad una continua revisione di mentalità e al superamento di posizioni costituite, imponendo un attento confronto della propria fede con le nuove situazioni. La catechesi non può ignorare i problemi specifici, che investono e talora travagliano l’adulto del nostro tempo: la preoccupazione per la casa, per il lavoro, per i figli; il disagio di fronte a un mondo e a una cultura vertiginosamente in progresso; l’insicurezza e la tensione per il mancato raggiungimento della pace e della giustizia sociale; l’attuale crisi religiosa e i suoi riflessi sulla fede e sulla posizione del laico nella Chiesa. Evidentemente, tutti questi problemi si presentano e vanno accostati in modo diverso, secondo l’età degli adulti, le loro diverse situazioni di vita e di ambiente, e i vari aspetti della cultura del nostro paese. DIRETTORIO CATECHISTICO GENERALE (1971) N° 92 – Gli adulti - La Catechesi agli adulti è necessaria per illuminare e sostenere l’esistenza, l’impegno sociale e la fede.

7 ACCENNI DI MAGISTERO INCONTRIAMO GESÙ – Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (2014) Presentazione Incontriamo Gesù vuole descrivere l’azione evangelizzatrice dalla comunità cristiana ed il primato della formazione cristiana di adulti e giovani (I cap.), si sofferma sul primo annuncio (II cap.), si concentra sull’Iniziazione cristiana (III cap.), ed infine evidenzia (IV cap.) il servizio e la formazione di evangelizzatori e catechisti, nonché degli Uffici catechistici diocesani. Incontriamo Gesù presenta quattro caratterizzazioni fondamentali. 1. L’assoluta precedenza della catechesi e della formazione cristiana degli adulti, e, all’interno di essa, del coinvolgimento delle famiglie nella catechesi dei piccoli. Si tratta di valorizzare tutta l’azione formativa (che comprende anche liturgia e testimonianza della carità) in chiave «adulta». 2. L’ ispirazione catecumenale della catechesi con una esplicita attenzione all’Iniziazione cristiana degli adulti (Catecumenato) ed insieme una forte attenzione al dono di grazia operato da Dio, alla scelta di fede, agli itinerari, ai riti, alle celebrazioni e ai passaggi che scandiscono il cammino 3. La formazione di evangelizzatori e catechisti e – in forma curriculare e permanente – la formazione dei presbiteri e dei diaconi. 4. La proposta mistagogica ai preadolescenti, agli adolescenti ed ai giovani, caratterizzata da una non scontata continuità con la catechesi per l’Iniziazione cristiana ma anche dalla considerazione della realtà di «nuovi inizi» esistenziali.

8 ACCENNI DI MAGISTERO INCONTRIAMO GESÙ – Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (2014) N° 24 Catechesi per e con gli adulti Fondamentale e non più rimandabile è l’avvio nelle comunità e nei vari contesti ecclesiali di una formazione permanente di approfondimento della Parola di Dio e sui contenuti della fede. Pur integrandosi con iniziative di primo annuncio o di «risveglio della fede», essa si distingue, perché diretta agli adulti che già hanno maturato una scelta di fede e sono in qualche modo implicati nei percorsi ecclesiali. Già il DB aveva sottolineato la priorità della catechesi degli adulti e dei giovani: una sottolineatura ripresa da tutte le Note pastorali del decennio trascorso, per l’urgenza di promuovere la formazione permanente di giovani, adulti e, soprattutto, di famiglie, perché siano testimoni significativi e annunciatori credibili del Vangelo negli areopaghi del nostro tempo, capaci di raccontare la loro esperienza di fede. Questa formazione punta a una quadruplice finalità: 1. Nutrire e guidare la mentalità di fede : «Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo» (CEI, Il rinnovamento della Catechesi, 38). Cristo è lo «specchio» in cui il credente «scopre la propria immagine realizza­ta», per cui il cristiano «comprende se stesso in questo corpo, in relazione originaria a Cristo e ai fratelli nella fede», realizzando così nella comunione ecclesiale lo «sguardo plenario di Cristo sul mondo» (F RANCESCO, Lumen Fidei, 22). 2. Sviluppare uno sguardo e un ascolto continuo verso le istanze, le domande i bisogni del tempo e delle persone, in forza del «pensiero di Cristo», con il conforto di un discernimento comunitario, sotto la guida dei pastori, nel continuo riferimento alla Parola. 3. Sostenere la fedeltà a Dio e all’uomo : «non si tratta di due preoccupazioni diverse, bensì di un unico atteggiamento spirituale, che porta la Chiesa a scegliere le vie più adatte, per esercitare la sua mediazione tra Dio e gli uomini. È l’atteggiamento della carità di Cristo, Verbo di Dio fatto carne» (CEI, Il rinnovamento della Catechesi, 160). 4. Educare a esprimere con la vita e la parola ciò che si è ricevuto ( redditio ). Il cristiano è un testimone che, per rendere ragione della sua fede, impara a narrare ciò che Dio ha fatto nella sua vita, suscitando così negli altri la speranza e il desiderio di Gesù. Questo avviene attraverso una circolarità virtuosa, un richiamo costante tra conoscenza ed esperienza, in cui la fede illumina la vita e le opere di carità illuminano la fede: nel proporla evangelizzano. Queste quattro finalità – e più in generale l’azione catechistica con e per gli adulti – non possono essere pensate in forma di comunicazione unidirezionale; richiedono, piuttosto, il coinvolgimento attivo degli adulti stessi che non sono solo recettori, ma depositari dello Spirito del Vangelo, nelle pieghe della loro vita. Nelle nostre comunità «un’attenzione particolare andrà riservata alla prima fase dell’età adulta, quando si assumono nuove responsabilità nel campo del lavoro, della famiglia e della società» (CEI, Educare alla vita Buona del Vangelo, 55).

9 D UCCIO DI B UONINSEGNA, Emmaus A NNUNCIARE LA B UONA N OTIZIA AGLI ADULTI

10 1. E VANGELIZZARE : UN COMPITO NON FACILE Annunciare il vangelo non è mai stato un compito facile per la comunità ecclesiale, per due ragioni fondamentali. la fede è un'esperienza difficile E questo aspetto è intrinseco alla fede stessa: essa non è mai un’esperienza agevole! Neppure per coloro che professano un’appartenenza esplicita alla Chiesa e partecipano con regolarità: - Il confronto con chi non crede… - Le opacità, le prove della vita che sorprendono e sconcertano… …ci trovano impacciati nel dare ragione e mettono a dura prova la fede! Se poi questa è una relazione, vive di tutti i registri di una relazione: innamoramento, routine, approfondimento, maturazione, crisi, quotidianità, silenzi, incomprensioni… Nei 150 salmi si ritrovano tutti questi registri, con una netta maggioranza di quelli che esprimono dubbio, lotta e difficoltà. oggi la fede cristiana è in scacco culturale Un numero crescente di uomini e donne sentono che è possibile vivere umanamente (coltivare valori, costruire la comunità sociale, battersi per delle cause) anche senza un riferimento alla fede cristiana. Eppure questo dato contrasta con un altro altrettanto evidente: non è diminuita la religiosità della gente, anzi è aumentata. Il bisogno religioso è sempre più diffuso e costituisce uno dei mercati più fiorenti nell'attuale contesto postmoderno. Conosciamo l'ambiguità della domanda e dell'offerta del religioso. È percepiamo anche che la risposta viene cercata sempre meno nella Chiesa cattolica, rivolgendosi a un qualsiasi supermercato del religioso. Eugène Delacroix, La lotta di Giacobbe con l’angelo _____________________________________ P. B ERNARDI, G. G IORDANO, G. L INGUA, La decisione di credere. Per una comprensione della fede come atto pratico, Ed. Esperienze. B ENEDETTO XVI, Catechesi sulla preghiera, 25-05-11.

11 2. D ISGRAZIA O OPPORTUNITÀ Si è usciti da un contesto di cristianità! Non c’è più coincidenza tra il proprio essere cittadini e l’essere cristiani. La fede cristiana non ha più l’esclusiva del senso è alle volte possiamo sentirci depauperati di ciò che ci sembrava dovuto. Due sono le immagini che possono accompagnare questa situazione L’immagine della DERIVA Si ritiene che sia in atto una deriva culturale rispetto al Vangelo con conseguente disumanizzazione. Tutte le proprie energie saranno allora impiegate per denunciare, mettere in guardia e cercare di ricuperare gli spazi perduti, rivendicando una parola forte. Coloro che non ascoltano tale parola sono considerati chiusi, cattivi, animati da cattive intenzioni, ottusi o confusi.

12 D ISGRAZIA O OPPORTUNITÀ L’immagine della TRAVERSATA Se utilizziamo, al posto del termine "deriva" (proprio della prima lettura), quello di "traversata", l'analisi cambia. Traversata dice il passaggio da una sponda conosciuta verso un'altra, non ancora conosciuta. Certo, ogni traversata è carica di rischi. Fuori immagine, gli attuali cambiamenti sono complessi e non vanno letti in maniera ingenua. Sta di fatto che siamo una generazione di naviganti, di pellegrini... ancora lontani dall'approdo. Questa immagine dice che la disgregazione del precedente equilibrio è in funzione di un nuovo equilibrio. Dice che i disequilibri attuali non stanno producendo la fine del mondo, ma la fine di un certo mondo e l'inizio di un mondo nuovo. E' un'altra interpretazione, è un modo diverso di guardare le donne e gli uomini di oggi. Secondo questa lettura, ciò che stiamo vivendo non è la fine della fede, ma di una certa fede. Non è la fine del cristianesimo, ma di un certo cristianesimo. Non è la fine del mondo, ma di un certo mondo. Ma già possiamo vedere i germi del ricominciamento. Se si dice ricominciamento, si dice un processo di morte e risurrezione, di destrutturazione e ristrutturazione, una nuova inculturazione insomma. Ci viene cioè affidato il compito di incarnare nuovamente il Vangelo in una cultura in profonda evoluzione. Il Vangelo non è messo in scacco, è messa in scacco la modalità con la quale la Chiesa lo ha fino ad ora vissuto e comunicato, ma questa è un'altra cosa

13 “…come intraprendere e percorrere cammini di dialogo e di comunicazione con l’altro, capaci di condurre gli interlocutori a un’autentica umanizzazione? Credo che innanzitutto occorra riconoscere l’altro nella sua singolarità specifica, riconoscere la sua dignità di essere umano, il valore unico e irripetibile della sua vita, la sua libertà, la sua differenza. Teoricamente questo riconoscimento è facile, ma in realtà proprio perché la differenza desta paura, occorre mettere in conto l’esistenza di sentimenti ostili da vincere: c’è infatti in noi una tendenza a ripudiare tutto ciò che è lontano da noi per cultura, morale, religione, estetica, costumi. Occorre dunque esercitarsi a desiderare di ricevere dall’altro, considerando che i propri modi di essere e di pensare non sono gli unici ad aver diritto di esistenza. C’è un relativismo culturale che significa imparare la cultura degli altri senza misurarla sulla propria: questo atteggiamento è necessario in una relazione di alterità in cui si deve prendere il rischio di esporre la propria identità a ciò che non si è ancora… A partire da questo atteggiamento preliminare, diventa possibile mettersi in ascolto : atteggiamento arduo ma essenziale quello di ascoltare una presenza che esige da ciascuno di noi una risposta, dunque sollecita la nostra responsabilità. L’ascolto non è un momento passivo della comunicazione, ma è atto creativo che instaura una con-fidenza quale con-fiducia tra i partner del dialogo. L’ascolto è un sì radicale all’esistenza dell’altro come tale: nell’ascolto le rispettive differenze perdono la loro assolutezza e quelli che sono dei limiti all’incontro possono diventare risorse per l’incontro stesso. Nell’ascoltare l’altro occorre rinunciare ai pregiudizi che ci abitano. Si tratta allora di modificare le immagini stereotipate di noi stessi e dell’altro e di riflettere sui condizionamenti culturali, psicologici, religiosi cui siamo soggetti. E quando si sospende il giudizio, ecco che si appresta l’essenziale per guardare all’altro con “sym-pátheia”, ossia con un’osservazione partecipe la quale accetti anche di non capire fino in fondo l’altro e tuttavia tenti di “sentire-con” lui. La simpatia decide poi anche dell’empatia, che non è lo slancio del cuore che ci spinge verso l’altro, bensì la capacità di metterci al posto suo, di comprenderlo dal suo interno; empatia che è manifestazione dell’ humanitas dell’ospite e dell’ospitante, umanità condivisa. Il dialogo diviene così esperienza di comprensione reciproca : ci consente di passare non solo attraverso l’espressione di identità e differenze ma anche attraverso una condivisione dei valori dell’altro, non per farli propri ma per comprenderli. Dialogare non è annullare le differenze e accettare le convergenze, ma è far vivere le differenze allo stesso titolo delle convergenze: il dialogo non ha come fine il consenso ma un reciproco progresso, un avanzare insieme. Così nel dialogo avviene la contaminazione dei confini, avvengono le traversate nei territori sconosciuti, si aprono strade inesplorate. Questo cammino sfocia nell’ assumere su di sé la responsabilità dell’altro : incontrare in verità l’altro significa porsi come responsabile di lui senza attendersi reciprocità. Ciò che l’altro può fare nei miei confronti riguarda lui, ma la responsabilità verso di lui impegna radicalmente la mia persona. Ecco la vera via dell’umanizzazione, quella “responsabilità” per l’altro che, come ci ha insegnato Lévinas, è “la struttura essenziale, primaria e fondamentale della soggettività”. È così che la vicenda dell’incontro con l’altro si fa via di umanizzazione, cammino verso un orizzonte comune, una speranza condivisa, una terra più abitabile. Enzo B IANCHI, Senza differenza che Dialogo è?, La Stampa 23 settembre 2015

14 3. L’ EVANGELIZZAZIONE IN PROSPETTIVA MISSIONARIA Collocandoci nella seconda lettura, il cambiamento nei riguardi dell'accoglienza del vangelo da parte delle donne e degli uomini di oggi è e sarà sempre più connotato da un elemento nuovo: quello della libertà. Se in una cultura di cristianità non essere cristiani è riprovevole e non possibile, se cioè esserlo è scontato e l'adesione alla Chiesa è dovuta, in una società pluriculturale la fede cristiana torna al suo statuto originario di proposta libera e di adesione libera. Proposta libera Paradossalmente, in una società di cristianità non c'era bisogno di proporre niente, di evangelizzare, perché questo avveniva attraverso un bagno sociologico. Si nasceva cristiani. E quindi noi abbiamo sviluppato non l'evangelizzazione, ma la catechesi, come cura di una fede già in atto, come esortazione e animazione della fede. Abbiamo perso da secoli la capacità di proporre. La nuova situazione chiede una inedita capacità propositiva. Chiede che torniamo a dire che Gesù è il nostro salvatore, e che torniamo a proporre il suo vangelo. La situazione attuale dunque stimola la comunità a ricuperare la sua capacità missionaria. Proprio in questo apparente allontanamento dal vangelo risuona, come una forte sfida per noi, l'appello dello Spirito a risvegliare la nostra fede per essere in grado di proporla, non però nella prospettiva della cristianità perduta da riedificare, ma con uno sguardo di simpatia e di amicizia per le donne e gli uomini del nostro tempo, anche se i loro percorsi morali non corrispondono a quelli della Chiesa. Sono proprio le persone "non a posto" il soggetto primo dell'annuncio della Buona Notizia. Gesù non ha mai avuto problemi con queste persone, ma con quelle che si ritenevano a posto, con i "religiosi". Anselm G RÜN, La fede dei cristiani spiegata ai non cristiani, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007

15 3. L’ EVANGELIZZAZIONE IN PROSPETTIVA MISSIONARIA Risposta libera È una proposta fatta nella libertà a una libertà, e come tale assolutamente non scontata. La risposta non è libera se non c'è la possibilità di dire di no alla proposta che faccio. Questo fa sì che chi annuncia lo deve fare senza mai pretendere di mettere le mani sulla risposta e senza mai giudicare la risposta della persona. Rimane l'appello di una libertà nei riguardi di un'altra, la quale si decide come vuole e come può. Dovremmo rileggere la parabola del seminatore in base alla seconda prospettiva… originariamente, questa parabola parla del seminatore e del suo dramma e non dei terreni. Per delle cause naturali tre su quatro terreni non accolgono il seme sparso dal seminatore. Gesù sta vivendo la "crisi galilaica", e cioè l'abbandono, dopo un iniziale entusiasmo, di molte persone con conseguente crisi dei discepoli. Gesù legge questa situazione sfavorevole non affermando che sono tutti dei peccatori, dei terreni aridi e pieni di spine, ma sostenendo al contrario che quando il Regno di Dio incontra la storia, ne incontra anche i condizionamenti. L'evangelizzatore non deve fare calcoli sui risultati, non deve contare quante comunioni si fanno la domenica (come fanno alcuni parroci), ma deve essere sorpreso se qualcuno si aggiunge alla comunità (come succedeva nella chiesa primitiva) e non andare in depressione perché dieci se ne vanno via.

16 A. L A PROSPETTIVA DEL PRIMO ANNUNCIO Non più ‘‘cura della fede’’ ma ‘‘primo annuncio’’ Il primo annuncio è l’annuncio del vangelo in vista di portare una persona all’incontro con Gesù nella comunità ecclesiale e a intraprendere un cammino di conversione. ‘‘Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti. Per questo anche «il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del suo permanente bisogno di essere evangelizzato».’’ (F RANCESCO, Evangelii Gaudium, 164). «Di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali» ( Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n.6).

17 Quattro caratteristiche del primo annuncio 1. N ARRATIVITÀ Il primo annuncio è primariamente racconto e non spiegazione! Il kerigma cristiano è la narrazione dell’evento pasquale. 2. P ROMESSA DELL ’ EFFICACIA DELLA P AROLA ANNUNCIATA IN CHI LA ACCOGLIE L'annuncio è una buona notizia per colui al quale è rivolto, è una storia che lo riguarda. 3. I NVITO IMPLICITO AD ADERIRE Il primo annuncio è un invito a dare fiducia alla Parola, per sperimentarne personalmente l’efficacia. 4. I NVITO AD ENTRARE DENTRO UNA COMUNITÀ Il primo annuncio si presenta come una proposta e un luogo di primo incontro con Cristo nella Chiesa. Catechesi narrativa: Silvano F AUSTO, Ricorda e racconta il Vangelo. La catechesi narrativa di Marco, Ancora, Milano 2011. Giuseppe B IANCARDI, Enzo B IEMMI, La catechesi narrativa, Elledici, Leumman 2012. Giuseppe A LCAMO, Abbiamo incontrato il Signore. Catechesi narrativa sul Natale, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 2012.

18 Esemplificazione di primo annuncio… …all’inizio della lettera vi ho citato il vangelo delle Nozze di Cana… c’è un momento di crisi in questo racconto: il vino viene a mancare. Il vino è simbolo dell’amore, il motore della festa della vita. Se finisce l’amore, si spegne pure la festa della vita, termina l’entusiasmo, lo slancio. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino», più bello e migliore del primo vino. È questo che vi auguro. Nulla è perduto con il Signore! Anzi, dopo un tempo di acqua – addirittura di sete che vi ha portato a dissetarvi con acqua che non solo non vi ha tolto la sete ma ha sporcato il vostro cuore – potrete arrivare a gustare la gioia rigenerante del vino buono del perdono – perdono di Dio e vostro, che dal suo trae forza – ma non solo! Gusterete a quel vino più buono che sarà costruito dal vostro amore ricostruito con la fede nel Signore! Per questo cammino è importante che non siate soli! Chiedete al Signore Gesù, nella preghiera e nei sacramenti (l’Eucaristia e la Confessione), di farvi percepire la sua presenza e di darvi forza!

19 Tre protagonisti del primo annuncio 1. C OLUI DI CUI SI RACCONTA GESÙ DI NAZARETH! ‘‘Figlio di Dio e figlio dell'uomo, immagine visibile e trasparente dell'invisibile volto di Dio, immagine alta e pura del volto dell'uomo così come lo ha sognato il cuore di Dio.’’ 2. C OLUI CHE RACCONTA È il narratore, l’evangelizzatore. La sua missione è molto importante! Il problema non è il contenuto! È semmai quanto il contenuto dell’annuncio ha preso carne nella vita del narratore! 3. L A PERSONA CHE ASCOLTA Essa è "salvata" dalla storia che gli raccontiamo se percepisce che il narratore è già stato salvato da quella storia. L'unico narratore competente è pertanto quello che è già stato salvato dalla storia che racconta.

20 L’obiettivo del primo annuncio L'obiettivo del primo annuncio non è primariamente dell'ordine della fides quae (anche se suppone un contenuto), ma della fides qua : mira all'atteggiamento di affidamento della persona, al suo sì esistenziale inteso come adesione a Cristo. Non esaurisce quindi l'atto della fede, che avrà bisogno di un'iniziazione vera e propria e di un costante approfondimento tramite la catechesi. Va detto però che parlare di "primo annuncio" in Italia vuol dire prima di tutto declinare questa esigenza fondamentale proprio per le persone che sono già credenti o pensano di esserlo. Siamo dunque pastoralmente obbligati a considerare il primo annuncio non solo come un tempo che precede il catecumenato (primo annuncio in senso stretto), ma anche e soprattutto come una prospettiva e una dimensione, divenute fondamentali in ogni compito di evangelizzazione.

21 B. L A PROSPETTIVA DEL CAMBIAMENTO DELLE RAPPRESENTAZIONI RELIGIOSE Molte persone stanno male nella loro pelle di credenti o si allontanano dalla fede e dalla Chiesa per "la rappresentazione religiosa" che ne hanno. Chiunque fa catechesi sa quanto è frequente questo problema, quanto le rappresentazioni religiose siano un ostacolo all'annuncio e come, per la fascia di adulti di mezza età e oltre, sia questo il problema educativo più urgente e difficile nell'educazione della fede degli adulti. Pressoché la totalità degli adulti che possiamo incontrare non sono una " tabula rasa " rispetto all'annuncio del Vangelo, non sono persone che non hanno mai sentito parlare di Gesù. Appaiono al contrario segnati da una doppia religiosità, quella culturale (quella diffusa che viene da più matrici, in prevalenza extracristiane) e quella tradizionale cristiana. La prima è penetrata dentro la seconda. Gli adulti da evangelizzare o rievangelizzare hanno bisogno di un'azione che intervenga su questa mescolanza di religiosità, su questa grande marmellata religiosa culturale. Molti adulti hanno bisogno che la loro religiosità sia evangelizzata. Parecchi altri hanno bisogno di rivedere molte delle loro rappresentazioni religiose sulla Chiesa, sulla fede cristiana, sul vangelo. Questa bonifica delle rappresentazioni, dagli schemi nei quali rischiamo di rinchiudere Dio è il compito più importante e delicato della catechesi degli adulti, il vero luogo della conversione

22 INCONTRIAMO GESÙ – Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (2014) N° 9 Anche l’accresciuta esigenza tra giovani e adulti di spiritualità, di senso e di significato, nella relazione con gli altri e con Dio, costituisce un indubbio segno di speranza. Tali prospettive nascono anche come reazione e, spesso convivono, con una concezione della vita, da cui è escluso ogni riferimento al Trascendente. Le cause di questa chiusura sono molteplici, riconoscibili soprattutto in un soggettivismo, che induce molti cristiani a selezionare in maniera arbitraria i contenuti della fede e della morale, a relativizzare l’appartenenza ecclesiale e a vivere l’esperienza religiosa in forma individualistica, relegandola nella sfera del privato. Ciò è dovuto anche al fatto che la formazione cristiana spesso si conclude nella prima adolescenza. Non stupisce che numerosi adulti conservino un’ immagine infantile e impropria di Dio e della religione cristiana. L’esigenza di un recupero dell’interiorità – quando trova significative proposte educative – non di rado sfocia nell’apprezzamento della preghiera e dell’approfondimento riflessivo.

23 C. E VANGELIZZARE NEL SEGNO DELLA TESTIMONIANZA Nel nostro contesto attuale se non si vuole ricadere dentro il registro della conquista e della riconquista (sfociando nell’intolleranza) ma rimanere invece nel registro della proposta libera occorre tornare ad un annuncio il cui registro fondamentale sia quello della testimonianza. …come autopresentazione E' comunicare agli altri ciò che per grazia siamo diventati. Non è apologetica, difesa del vangelo, non è dimostrare che il vangelo ha ragione, ma mostrare che mi ha reso bello, che mi ha reso più umano. E' insieme la debolezza e la forza della testimonianza, che non costringe ma si offre. …come modalità di dialogo Chi testimonia è capace di stupirsi, di lasciarsi evangelizzare da coloro che evangelizza, di cogliere che in quella persona a cui si rivolge è presente una parola di vangelo che gli è indirizzata. Ogni testimonianza, ogni evangelizzazione è sempre bidirezionale. La Chiesa annuncia Gesù e si lascia sorprendere dal fatto che Egli la precede nelle persone e nelle culture alle quali essa lo annuncia. Così la Chiesa, mentre evangelizza, si lascia evangelizzare, mentre annuncia si pone in stato di profondo ascolto, mentre insegna si lascia istruire.

24 UN PARADIGMA DELL’EVANGELIZZAZIONE Filippo e l’eunuco di Candace (At 8,26-40) Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro". Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?". Egli rispose: "E come potrei capire, se nessuno mi guida?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: «Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla ? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.» Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?". Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: "Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?". Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

25 H A LO STESSO SCHEMA DEL BRANO DEI DISCEPOLI DI E MMAUS - Strada - Incontro - Domanda - Dialogo che parte dalla Scrittura - Gesto sacramentale - ‘‘Sparizione’’ L’annunciatore di Emmaus diventa l’annunciato nel brano degli Atti, ma la maniera è la stessa! FILIPPO E L’EUNUCO (A T 8,26-40)

26 Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". La Chiesa evangelizzante è chiamata a… - assumere così l'invito dell'"angelo del Signore" ad affrontare la solitudine di stare su una strada deserta, che rappresenta bene questo tempo nelle sue trasformazioni culturali; - abbandonare i luoghi rassicuranti della cristianità; - sopportare la fatica e la frustrazione di stare dentro una cultura che non fa più della fede cristiana il suo riferimento condiviso; - abbandonare i linguaggi sacri del tempio e a trovarsi povera e spaesata sulle strade della vita quotidiana aspettando che qualcuno passi. 1. SAPER STARE BENE E VOLENTIERI SULLA ‘‘STRADA’’

27 F ILIPPO E L ’E UNUCO (A T 8,26-40) Filippo si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. - Per la disponibilità di Filippo si realizza un incontro che suscita stupore. - L’eunuco è un uomo menomato fisicamente, al quale è stata tolta con violenza la possibilità di esercitare la sua sessualità. Non può avere discendenza (!). Cosa questa talmente grave da essere escluso dal culto e dalla comunità! - In contrasto con tale situazione di povertà umana c'è quella del suo benessere economico. - C'è una certa analogia tra l'eunuco e l'uomo d'oggi : ricco e sterile, sazio di beni, ma spesso incapace di trovare senso alla vita. - La sorpresa per Filippo è che quest'uomo così insolito è in ricerca religiosa ! La prima finezza dell'azione evangelizzatrice si rivela proprio nel cogliere le ansie e i desideri che le persone esprimono con le modalità più diverse, nel saper leggere i vissuti narrati dove si nasconde la domanda di senso. 2. LASCIARSI SORPRENDERE SAPENDO COGLIERE LA DOMANDA DI SENSO

28 F ILIPPO E L ’E UNUCO (A T 8,26-40) Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro". Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?". Egli rispose: "E come potrei capire, se nessuno mi guida?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: «Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.» Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?". L’accompagnamento di Filippo ha alcune caratteristiche interessanti: - Passività rispettosa che si fa accoglienza; - Ascolto scrutante (pedagogia del dialogo); - Modi e tempi sono dettati dal cammino interiore e dal progressivo dischiudersi di colui che cerca. 3. CAMMINARE INSIEME

29 F ILIPPO E L ’E UNUCO (A T 8,26-40) Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. - Evangelizzare Gesù significa annunciare Gesù come significativo per la stessa vita. - Filippo gli dà Gesù, facendogli capire che il profeta Isaia parlava di se stesso, di un altro e insieme dell'eunuco. È la situazione che sta vivendo la persona che caratterizza come annunciare il Vangelo e che cosa annunciare. Il primo annuncio non è contrassegnato dall'esigenza di una presentazione sistematica della fede, di cui tutti abbiamo bisogno… ma in un momento successivo. Ciò che può portare all'incontro con il Signore Gesù deve essere una parola che è VANGELO sulla situazione reale che la persona sta vivendo in quel momento, sulla domanda fondamentale che si sta ponendo. La buona notizia è che la mia vita rovinata non è rovinata, perché qualcuno la condivide e la porta a riscatto, perché al Signore Gesù è successa la stessa cosa, e il Padre suo l'ha resuscitato. La buona novella di Gesù Cristo diventa davvero per l'eunuco fonte di una inattesa speranza. Q UESTO È IL TANTO FAMOSO KERIGMA !!! 4. ‘‘EVANGELIZZARE GESÙ’’ Annunciare Gesù come bella notizia

30 Ed Gesù disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». (Mt 13,52)

31 F ILIPPO E L ’E UNUCO (A T 8,26-40) Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: "Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?". Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. - La Sacra Scrittura è piena di ‘‘impedimenti’’… religiosi: Giosuè con i due profeti dell’accampamento; i discepoli di Gesù con i bambini, Giovanni con chi scacciava i demoni in nome di Gesù, i farisei, la prima comunità che rimprovera Pietro per aver battezzato Cornelio… - Occorre riconoscere che cercano speranza nel vangelo possono provenire da condizioni e da storie personali le più disparate! … e richiedono alle comunità cristiane di essere evangelicamente attente, aperte ed accoglienti. - " scesero tutti e due nell'acqua ", " Filippo e l'eunuco ": una doppia enfasi. Questa insistenza è piena di significato. Questa insistenza vuol dire che quando accompagno qualcuno alla fede, non posso restare fuori. Vuol dire che non esco indenne da un accompagnamento. Vuol dire fondamentalmente che il primo annuncio deve essere un percorso che la Chiesa fa mentre lo fa compiere agli altri. Chi si avvicina alla fede è una grande opportunità per la Chiesa, perché rifaccia l'esperienza del mistero pasquale. 5. PROSPETTARE UN CAMMINO PROGRESSIVO… … FACENDO ATTENZIONE AGLI IMPEDIMENTI

32 F ILIPPO E L ’E UNUCO (A T 8,26-40) Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa. L'accompagnamento mira a restituire le persone all'azione dello Spirito, il quale è l'unico missionario competente, e di restituirle alla loro autonomia. Non si accompagna per plagiare e per controllare, ma per rendere indipendenti. Questo significa anche che nei riguardi delle persone che noi accompagniamo il compito di annuncio è a termine. 6. SAPER SCOMPARIRE

33 PER CONCLUDERE… 1. R IMANERE DISCEPOLI 2. S COPRIRE LE TRACCE DEL RISORTO GIÀ PRESENTE NELLA STORIA COMUNITARIA E PERSONALE 3. E NTRARE IN UNO SPAZIO DI ACCOGLIENZA RECIPROCA 4. R ICHIEDERSI UNA CONTINUA RIVISITAZIONE DEL LINGUAGGIO CON CUI FORMULIAMO L ’ ANNUNCIO. 5. N ELL ’ ACCOMPAGNAMENTO DEI ‘‘ RICOMINCIANTI ’’ METTERSI NELL ’ OTTICA DEL ‘‘ RICOMINCIAMENTO ’’ ANCHE COME C HIESA 6. S APER VALUTARE LE PROPRIE PRIORITÀ

34 LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE 1. IL CONTESTO 2. L’ORIZZONTE 3. LE CONDIZIONI 4. IL CONTENUTO 5. LO STILE

35 1. IL CONTESTO - Si va verso la fine di un cristianesimo sociologico, anche se questo ha ancora molti riflessi condizionati, non negativi ma sicuramente ambivalenti, che occorre gestire con sapienza e senso pastorale. - Noi siamo nati come lievito; nel tempo siamo diventati pasta; diventando pasta (cristianesimo sociologico) abbiamo perduto la nostra forza lievitante. - Minoranza “lievito”, minoranza “setta” o minoranza “contro”? - Serve allora una «Nuova Evangelizzazione» per non correre il rischio di rimanere fissati su ciò che abbiamo alle spalle e rimanere «di sale» (cfr. Gen 19,26) - Occorre una pastorale della proposta, di una comunità che nel suo insieme, in tutte le sue espressioni e dimensioni, si fa testimone del Vangelo dentro e non contro il proprio contesto culturale. Evangelii Gaudium, 15 È necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria». Evangelii Gaudium, 27 Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale»

36 2. L’ORIZZONTE - L’orizzonte è chiaramente quello della missione - C ONGREGAZIONE PER L ’E VANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, P ONTIFICIO C ONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, Dialogo e Annuncio, 1991. Dialogo e annuncio sono entrambi legittimi e necessari. Sono intimamente legati ma non intercambiabili: da un lato infatti il vero dialogo interreligioso suppone, da parte del cristiano, il desiderio di far conoscere e amare sempre meglio Gesù Cristo; dall'altro lato l'annuncio di Gesù Cristo deve essere realizzato in uno spirito evangelico di dialogo, senza aggressività, senza disprezzo verso l’altro. I due ambiti, certo, restano distinti ma, come dimostra l'esperienza, è la stessa e unica Chiesa locale, è la stessa e unica persona che può essere impegnata diversamente nell’uno e nell'altro. In questa prospettiva non si può certamente scegliere di sopprimere né l’uno né l'altro di questi due modi di vivere l'identità ecclesiale, che riflettono da vicino lo stesso modo di agire che il Signore Gesù ha vissuto nell’incontro con i suoi contemporanei. La scelta di una forma o dell'altra di compiere la missione della Chiesa dipende piuttosto dalle circostanze particolari di ogni Chiesa locale, di ogni cristiano. È una scelta che implica sempre una certa sensibilità alle dimensioni sociali, culturali, religiose e politiche della situazione, e un'attenzione ai "segni dei tempi" tramite i quali lo Spirito di Dio parla, istruisce e guida.

37 2. L’ORIZZONTE - La condizione fondamentale: tutti sono raggiunti dalla «grazia prima» o «fede elementare» Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza. E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale. (Gaudium et Spes, 22 ) La fede… «non necessaria» ma «determinante» «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che s. Paolo chiamava “arrossire del Vangelo” – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?» ( Evangelii Nuntiandi, 80). «L’entusiasmo nell’evangelizzazione si fonda su questa convinzione. Abbiamo a disposizione un tesoro di vita e di amore che non può ingannare, il messaggio che non può manipolare né illudere. È una risposta che scende nel più profondo dell’essere umano e che può sostenerlo ed elevarlo. È la verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare … non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è lo stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso ad ogni cosa. E’ per questo che evangelizziamo» ( Evangelii Gaudium, 264-266).

38 3. LE CONDIZIONI …ossia le soglie di accesso alla fede Condizionamenti Nella lettura cristologica della parabola del seminatore (Mc 4,3-9) abbiamo già visto come, nell’accoglienza della Parola di Dio, la libertà può essere condizionata da tanti aspetti. Soglie di accesso alla fede Sappiamo però con sufficiente certezza (partendo ciascuno dalla nostra esperienza) che il tempo opportuno sono normalmente le “crepe” che si aprono dentro le esperienze umane che come adulti e adulte viviamo nell’arco della nostra vita. Non è di solito nei periodi di stabilità (culturale, affettiva, economica, fisica…) che l’annuncio può farsi sentire in noi, ma quando gli equilibri raggiunti vengono sconvolti. A queste rotture noi diamo il nome di “crisi”, intese come l’intervenire di una discontinuità nella propria vita, una discontinuità per eccesso o per difetto. Per eccesso : l’apparire di un di più gratis che sorprende (come un amore che si affaccia improvviso, un figlio che nasce, una causa che appassiona, una cosa bella che sorprende). Per difetto : l’affacciarsi di una minaccia di morte (una perdita, una situazione di solitudine, una ferita, un fallimento, una malattia, un lutto). «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?» (Rom 10,13-14).

39 4. IL CONTENUTO 1. IL PRIMO ANNUNCIO «Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale… Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”». (Evangelii gaudium, 164). 2. IL SECONDO ANNUNCIO «Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti…. Tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma che va facendosi carne sempre più e sempre meglio, che mai smette di illuminare l’impegno catechistico, e che permette di comprendere adeguatamente il significato di qualunque tema che si sviluppa nella catechesi» (Evangelii gaudium, 164-165). a) Il primo annuncio è tale non solo in senso cronologico ma prima di tutto in senso genetico. Evangelii gaudium parla di primo qualitativo. b) Il secondo annuncio è il primo che “si fa carne sempre più e sempre meglio” nelle differenti traversate e situazioni della vita umana. Come c’è un primo sì ma quello decisivo è speso il secondo, così ci sono primi annunci ma quelli decisivi sono spesso i secondi, che quindi per molti sono i primi effettivi. c) Per questi motivi diventa chiaro che il primo annuncio e il secondo primo annuncio mirano a una totalità intensiva, che è di tipo relazionale: l’affidamento della propria vita al Signore Salvatore. Annunciano la bella notizia della pasqua del Signore Gesù dentro l’esistenza umana!

40 4. IL CONTENUTO 3. IL PRIMATO DELL’ESTETICA SULL’ETICA «La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna» (Evangelii gaudium 165). 4. NON SOLO «SOCCORSO INTERPRETATIVO» MA «SIMBOLICO» Il kerigma non aiuta solo a trovare un senso nei passaggi della vita, annuncia una Presenza che tira fuori e salva. Gesù Cristo non è solo il compagno di viaggio dell’uomo (colui che si fa vicino e spiega), è soprattutto il suo Salvatore (colui che assume e salva).

41 5. LO STILE 1. La speranza Ogni persona è adatta al vangelo a partire dalla situazione nella quale si trova. È amata da Dio a prescindere. 2. La gratuità L’annuncio non chiede condizioni preliminari. È unilaterale. È donato in atteggiamento di assoluta gratuità. 3. La testimonianza La Chiesa evangelizza non solo con le parole, ma con la forma che essa si dà dentro la storia. Attraverso quella corrispondenza tra forma e contenuto, perfetta in Cristo e salvata nella Chiesa.


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