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Il progetto: “IL SENSO DELLA VITA” coordinato dalla Prof

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Presentazione sul tema: "Il progetto: “IL SENSO DELLA VITA” coordinato dalla Prof"— Transcript della presentazione:

1 Il progetto: “IL SENSO DELLA VITA” coordinato dalla Prof
Il progetto: “IL SENSO DELLA VITA” coordinato dalla Prof. Petrosillo è stato realizzato dalle seguenti alunne Fimiani Marica Pastore Stefania Ricci Erika Di Martino Valeria Ferrante Federica

2 Cesare Pavese. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa
Cesare Pavese. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo? VI edizione de I Colloqui fiorentini Firenze, Febbraio 2007

3 Cesare Pavese Coordinatrice Prof. Papulino
Lavoro presentato dalle ragazze della classe “V E” dell’Istituto Coordinatrice Prof. Papulino

4 DIARIO DI UNA VITTORIA INASPETTATA.

5 Era dicembre quando ci parlarono per la prima volta di questo progetto, era febbraio quando cariche di adrenalina, di voglia di divertirci, ma soprattutto di vincere arrivammo a Firenze. Per giorni ci interrogammo su come svolgere al meglio la tematica assegnataci: “Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? Allora perché attendiamo?”. Tema troppo vasto per noi ragazze appena diciottenni e cariche di sogni. Inquadrammo il progetto suddividendolo tra la parte narrativa e quella inerente al Pavese uomo, al Pavese scrittore. Ci impegnammo con tutte noi stesse e dopo numerosi intoppi eravamo pronte. Eccoci… alla stazione con gli occhi già carichi di orgoglio per il lavoro svolto, eccoci con quei sorrisi di chi è convinto di vincere qualcosa… Di rappresentare la propria scuola, a livello nazionale, nel modo migliore.

6 FIRENZE: le valige, le risate, le foto… i chilometri per arrivare al nostro Hotel Panorama… 6Posate le valige eravamo già pronte, dimenticata la stanchezza, a correre per le vie della città: la Firenze dell’arte, della Cupola di Brunelleschi, del Campanile di Giotto, del David di Michelangelo. Sfinite, ormai sera, ci abbandonammo nelle braccia di Morfeo, ci facemmo regalare un sogno ignare che di li a qualche giorno sarebbe stato il nostro sogno, la nostra aspirazione a realizzarsi. GIORNO DELLA PREMIAZIONE: tutte vicine ci tenevamo strette le mani, i sorrisi nervosi, il cuore in gola, ogni secondo scandito da un doppio battito, i nomi scorrevano e in quell’aula enorme si sentivano qua e la urla di soddisfazione, grosse risate e noi, invece, ancora li ferme con l’ansia che saliva fino a quando un commento non accese in noi un sorriso sincero, quando qualche lacrima rigò il viso di qualcuna… Eravamo noi… TERZO POSTO PER LA PARTE NARRATIVA. Un terzo posto che per noi valeva di più perché, grazie al progetto di scrittura creativa, ci siamo conosciute meglio, ci siamo amate ed odiate, abbiamo bagnato i nostri occhi delle stesse emozioni…NOI… LA RIBELLE V E CHE VA A VINCERE… La V E del liceo Giuseppe Mazzini l’unica classe del Sud ad essere premiata FEDERICA CAPPARELLI V E

7 “Non è certo chi attende nella piazza deserta che incontra qualcuno,ma chi girando le strade si sofferma ogni tanto” Quanto piove, pensò. Guardò l’orologio: erano le nove. In fondo alla strada c’era l’uomo che era solito portare il cane fuori a quell’ora, era vestito di nero con una sciarpa grigia, accanto a lui una donna anch’ella vestita di nero, forse la moglie, pensò. Si girò dall’altro lato e vide un gruppo di ragazzini, camminavano felici, ridevano, scherzavano e di tanto in tanto si davano qualche spintarella.

8 All’angolo della strada una donna che dopo aver accompagnato i suoi due bambini a scuola era solita andare nella bottega affianco, dove c’era l’uomo dal camice verde!! Così capì che un'altra giornata stava iniziando. Prese una tazza di caffè e accese una sigaretta, ora era pronto a continuare il suo romanzo. Era uno scrittore. Presto si accorse di non avere più idee. Guardò in strada e di fronte c’era una donna, non l’aveva mai vista prima d’ora. Quest’ultima aveva un non so cosa che attirò la sua attenzione, stette a fissarla per un’ora circa…La donna sorseggiava un caffè e nell’altra mano stringeva un cornetto, non sembrava avere fretta! Cercò di chiamarla ma nessuno sembrava accorgersi di lui, neanche la donna. Nei giorni successivi la rivide; la donna lavorava in un ufficio nella strada principale della città, ma non poteva fare a meno di prendere quel caffè in quel bar. Accanto a lei però stavolta c’era un uomo, molto elegante, ricco sembrava… Si sentiva tradito, tradito dall’unica donna che avesse mai attirato la sua attenzione. All’improvviso però si accorse che lui era solo. In fondo non conosceva nessuna di quelle persone, tanto meno lei, la donna dei suoi sogni. In realtà lui non faceva altro che osservarle dalla finestra della sua vuota e minuscola casa. Ora non si sentiva più tradito dalla donna, ma da lui stesso, dalla sua inutile immaginazione. Pensò che tutta la sua vita era stata inutile, in quanto non aveva mai vissuto per qualcuno o per qualcosa…! Si mise un giaccone marrone scuro, prese le chiavi da un chiodino attaccato al muro e uscì ADRIANA MATTEI V E

9 “La lentezza dell’ ora è spietata,per chi non aspetta più nulla
“La lentezza dell’ ora è spietata,per chi non aspetta più nulla. Vale la pena che il sole si levi dal mare L' amore che provo per Lui è un inno alla vita e la lunga giornata cominci?”, capace di farmi sorridere ogni volta in cui alzo gli occhi al cielo. In tutti i momenti in cui mi sorprendo a fissare le stelle, il sole, le nubi non tento disperatamente di alienarmi dalla realtà. Semplicemente,lo cerco e aspetto che per me qualcosa di bello piova dal cielo. Ci vogliono dosi di coraggio per andare avanti senza Lui. Serve un cuore impavido per continuare a camminare su di un mondo che ai miei occhi è andato distrutto. A volte mi domando come sarebbe la mia vita adesso se solo lui fosse ancora qui e la risposta mi fa male perchè so che riuscirebbe a rendere meravigliosa anche la giornata più buia. L'Autunno ormai è arrivato, a poco a poco le pagine del calendario cambiano e la sua mancanza si intensifica. In questi giorni freddi e grigi, sento ancor più il bisogno della sua luce. Chissà dov'è il mio angelo adesso.. Chissà se gli hanno concesso di continuare ad amarmi o se la morte fa dimenticare ogni cosa. Non lo so, ed è inutile tormentare la mente con queste elucubrazioni. L'unica cosa che è bene sapere è che IO ricordo ancora tutto. è passato tanto tempo ma mi sento ancora completamente sua. Con tutto il mio corpo io sibilo, urlo,sussurro che lo amo. Ogni lettera che scrivo, ogni canzone che gli dedico, ogni sguardo, ogni pensiero è un grido d'amore che Lui oramai non può più sentire APOLLONIA MARTIRANI V E

10 “Qualche volta la vedo e mi viene dinnanzi definita,immutabile,come un ricordo. Io non ho mai potuto afferrarla:la sua realtà ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.” E’ da poco più di una settimana che riecheggia nell’aria quel famoso 18 giugno 2005…non mi sono mai soffermata cosi tanto a ripensarci, ma cause di forza maggiori m’ hanno riportata a quel ricordo. Finalmente è passata la nottata e stasera tornerò a dormire di nuovo…non è facile andare a dormire con quel groppo in gola cosi pesante, più pesante del solito. Ritornare a quella notte e accorgersi solo ora che tutti quelli che ti sono stati accanto adesso non ci sono più nella tua vita, o meglio esistono,ma non ci sono…a volte vorresti tanto condividere quel ricordo, ma non puoi, ti limiti solo a raccontarlo a qualcun altro. E peggio ancora ti accorgi che la persona che era tutto per te, quella che ti sorreggeva con la poca forza rimastagli dentro, quella che era li che piangeva per te, per un tuo cenno, per un tuo suono, quella che ti stringeva la mano per tutto il tragitto per farti capire che era lì con te, lì ad aspettare un tuo ritorno, quella che parlava al posto tuo, quella persona…per te è solo un ricordo…memoria. Potrebbe rientrare a far parte della tua vita, ma stenti a farlo, perché hai paura che possa non essere più nulla come prima, paura di rimanere delusa…discorso che non può reggersi in piedi, perché la vita vale la pena di essere vissuta! Fiduciosa nel destino che si presenterà davanti, per ora faccio un millimetrico passo avanti…scrivere sulla mia debolezza e soprattutto mostrarla a chi sa di cosa parlo… VERDICCHIO FABRIZIA V E

11 “Non è certo chi attendendo nella piazza deserta incontra qualcuno,ma chi girando le strade si sofferma ogni tanto.” Il mio nome è Monica, ho 15 anni e sogno una vita serena. Mi trovo qui a scrivere con una voglia matta di parlare di me e chissà per quale motivo. Sin da quando ero bambina sognavo di avere delle amiche… vere amiche: coloro che ti capiscono guardandoti per un sol secondo, quelle che quando sei triste mandano i loro problemi altrove per ascoltarti, darti una mano. Sin da quando ero bambina, però, tutto ciò mi è sempre mancato… Mi sono mancate delle carezze sincere ed incondizionate, delle parole senza malizia, degli sguardi ricchi d’amore. Ho sempre dato tanto a chi mi dimostrasse un po’ di affetto e mi è capitato di svegliarmi e non trovare più quella persona al mio fianco: mi dovevo rendere conto che quell’amicizia faceva già parte del passato. Mai una volta, però, mi sono fermata… Ho sempre vagato per la mia città con la voglia e la speranza di incontrare le persone che avrebbero capito il mio carattere, il mio essere semplice e particolare. Il destino mi volle premiare: sul mio cammino fece capitare due angioletti. Loro mi capiscono, mi vogliono bene ma soprattutto mi fanno sentire speciale. Se mi fossi fermata non avrei mai avuto questa fortuna. Corri, vai fuori, cammina e ricorda: la vita è il più bel brivido che ti possa percorrere!

12 “Qualche volta la vedo e mi viene dinnanzi,definita, immutabile come un ricordo. Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.” Tu piccolo uomo mi vieni in mente: fermo , statico ma non più immutabile. Parole scorrono nella mia mente… Il pensiero va, vola… Arriva ai momenti più belli, quando della mia vita eri il re… Un re su di un trono tutto d’oro. MA poi improvvisamente tante cose sono cambiate, forse troppe: sembravi sfuggirmi ad ogni passo, fuggivi dal quel grande amore per poi ritornare… Paradossalmente, dopo, sono stata io ad allontanarmi, a fuggire… Ero io a non volerci riprovare… Tutto scivolato via dalla mia vita: un sogno durato troppo poco rispetto alla vita che avrei voluto dividere con te. Ora siamo lontani: due cuori che ormai non si appartengono più… chissà un po’ per paura, per orgoglio, per capricci…! Quanto ti ho amato solo io posso saperlo: ho amato i tuoi sorrisi e le tue lacrime, i TI AMO sussurrati e le corse in riva al mare, il fare pace con un semplice abbraccio… Ho amato semplicemente l’angelo che mi donava vita solo guardandomi. Ora è tardi… Non me la sento di correre, rifermarti, afferrarti… Non ho il coraggio di ripercorrere le vie del ritorno: è troppa la paura di sbagliare, di farti male… di lasciarti soffrire. Ciao GRANDE AMORE!Per sempre dentro di me… FEDERICA CAPPARELLI VE

13 “Qualche volta la vedo e mi viene dinnanzi definita, immutabile come un ricordo. Io non ho mai potuto afferrarla la sua realtà ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.” E insieme attraversiamo spiagge infinite, le nostre anime si fondono in un unico corpo, che splende al riflesso del sole che si specchia nel mare e danza armonioso all’eco delle grida gioiose di giochi di bimbi, del richiamo stridulo delle rondini, del mormorio gentile delle onde che si infrangono sulla riva. Poi d’improvviso pesanti nubi scendono e una nebbia fitta nasconde l’orizzonte , il mare ribolle, spumeggia minaccioso e, come rapito dal vento, ti travolge e ti porta via Sara Savino

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15 “Qualche volta la vedo e mi viene dinnanzi,definita, immutabile come un ricordo. Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.” Ogni qualvolta che giro lo sguardo, incombe dappertutto irreale, perfida, e piena di misteri: è la mia vita, la vita di ogni uomo, passato, presente,e futuro. E' la vita e il suo tempo che passa, corre, vola, sul destino di ogni persona, come un treno veloce ed instancabile, se si riesce a prendere quel treno si è inconsapevoli della fermata successiva, e non si sa se questo treno abbia davvero una meta, ma l'importante è prenderlo. Ogni qualvolta che cammino il mio orecchio sente: urla,pianti e a volte anche sorrisi, e piano piano, non posso fare a meno di fare parte di tutto ciò e quindi di urlare, piangere e sorridere ancora. Non posso fare a meno di correre se vedo che tutto il mondo corre, non posso negare la mano a chi durante il cammino cade, non posso stare li a guardare chi se ne sta indifferente e passa, ma sono consapevole che non posso fermarmi, perchè fermarsi sarebbe come morire, e morire non è la scelta giusta, poichè sarebbe come farsi sfuggire, sogni, emozioni, esperienze..... io corro perchè vivo e ho voglia di vivere...corro perchè la vita è viva!

16 "Non è certo attendendo nella piazza deserta che si incontra qualcuno ma chi gira le strade e si sofferma ogni tanto" Non è attendendo inerte che si incontra qualcuno, ma bisogna girare e soffermarsi. Lei una volta lo fece, girò si soffermò e lo incontrò. Era proprio lui che diede senso alla sua vita, lui che viveva di ogni minuto, istante e secondo che trascorreva assieme a lei. Fu proprio lui ad insegnarle ad amare e vivere ogni giorno,fu lui a farle vedere le cose belle e brutte della vita. Gli anni passavano veloci ed indimenticabili fra i passi silenziosi del cuore, lacrime di felicità e lacrime di tristezza, nascondendo la brutta realtà di ciò che stava accadendo.....che tutto stava cambiando e che loro stessi stavano cambiando. Lei non riusciva più ad apprezzare gli insegnamenti di lui dimenticando i suoi baci ed i suoi abbracci. Lui non viveva più di lei come prima, e fu per semplici differenze che si lasciarono, senza sapere quanto si sarebbero pentiti. Ora lei vaga per le strade in cerca di lui e lui gira per le strade in cerca di lei inconsapevoli che il destino non li farà mai più incontrare RITA D’ARIO

17 “La lentezza dell’ ora e’ spietata per chi non aspetta più nulla
“La lentezza dell’ ora e’ spietata per chi non aspetta più nulla. Vale la pena che il sole si levi dal mare e la lunga giornata cominci?” Sola in quel porto aspettava il ritorno del suo amore,il ritorno dell’unica cosa che dava un senso ai suoi giorni, dell’unica persona per la quale viveva. Aveva poco più di vent’anni quando si accese quella fiamma,una fiamma che non si è mai più spenta,appena i loro sguardi s incrociarono senti il suo cuore battere per la prima volta ..senti il sangue scorrerle nelle vene..senti i suoi occhi illuminarsi di quella luce che pochi conoscono , quella luce che ti fa credere che non esiste amore più forte di quello che vivi . Ormai da anni viveva solo di ricordi, lui parti per la guerra pochi mesi dopo averla sposata per renderla completamente sua, lui giurò che sarebbe tornato lei giurò che l’avrebbe aspettato. Ora viveva solo di illusioni.. Mille lune passarono , I suoi capelli cominciavano a diventare bianchi e la sua pelle cominciava ad invecchiare ..ma i suoi occhi non si spensero mai.. Rimase sola, non rassegnandosi finchè un giorno vide quella foto che le distrusse ogni illusione , lui era li; tra le facce di quelli che avevano dato la vita in guerra e tutto le fu chiaro.

18 Un giorno andò al porto come di consueto ,si recò sul punto più alto del porto questa volta non per aspettare qualcuno ma per raggiungerlo ..non valeva più la pena di vedere il sole nascere al mattino. Indossava il suo vestito da sposa ,si gettò nell’ acqua nera del porto,fredda di dicembre,l’acqua le arrivò fin sopra la testa,scendeva sempre più…l’abito pesante la trascinava. Il mare la stava strappando dalla vita terrena , lo stesso mare che quella gelida mattina le portò via tutto ciò in cui credeva, in cui sperava ,tutto ciò che amava e che avrebbe seguito dovunque.. Iniziava a soffocare,l’ acqua l’ avvolgeva in ogni parte ,le mancava l’ aria,ma questa sensazione la faceva sentire appagata,non vedeva l’ ora di raggiungerlo li in quel luogo che a nessuno è concesso conoscere. Quella porta verso l’ amore eterno stava per essere aperta ,mancava un attimo…Tutto si spense… Il suo corpo non fu mai ritrovato…aveva attraversato la soglia… SARA SAVINO________

19 Non è certo attendendo nella piazza deserta che si incontra qualcuno, ma chi gira le strade e si sofferma ogni tanto. La prima volta che ho toccato questi cerchi avevo otto anni. Li vedevo come un oggetto nuovo, senza alcun senso, non sapevo di chi erano, a cosa servissero, di chi fossero, mi ponevo mille domande, ma non sapevo darmi nessun tipo di risposta. Ero con la mia nonna in una piazza deserta, l'orologio della chiesa segnava le otto e le campane incominciarono a farsi sentire. All'improvviso arrivò un ragazzo con una barba lunghissima e vestito in modo buffo, prese quei cerchi curiosi e se ne andò Il giorno dopo allo stesso orario mi ritrovai lì, era domenica la piazza era affollata e tra le tante persone rividi il ragazzo del giorno prima con i suoi cerchi. "Ecco", dissi alla nonna. "i cerchi girano in aria, passano da una mano all'altra, è un giocoliere proprio come quello della mia festa di compleanno con le sue palline colorate. Ormai ho ventisei anni, mi ritrovo vestito con mille colori diversi con un grande naso rosso, in un luogo senza chiesa, ma che somiglia ad una grande piazza circondata da milioni di persone che applaudono e ridono per me.Beh! grazie a quella grande curiosità per un oggetto apparentemente inutile e curioso, sono riuscito a mettere nei valori della vita, al secondo posto dopo la famiglia, ciò che non avrei mai pensato di farne parte, "il circo" CLAUDIA PISCOPO

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21 Concorrenti tra i finalisti per l’assegnazione della borsa di studio “Il racconto più bello”

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23 Sono Latifa e ho 20 anni sono venuta in Italia due anni fa per motivi religiosi, l’ India è un paese stupendo, li ho lasciato tutto la mia famiglia, i miei ricordi, ma anche tante delusioni e dispiaceri. La mia famiglia è composta da cinque persone, io, mia madre, mio padre, e due mie sorelle. La mia famiglia è molto legata alle tradizioni e soprattutto alla religione. In India le donne sono trattate come schiave e bisogna sposarsi in ordine, dalla sorella maggiore a quella minore. Io per mia sfortuna ero la sorella minore e dovevo aspettare che si sposassero prima le mie due sorelle. Mia sorella maggiore Nura si sposò presto perché il suo matrimonio già era stato programmato da quando aveva soli sei anni. Suo marito è sempre stato sulle sue, non ha mai parlato con nessuno, e ha sottomesso mia sorella e io non ho potuto farci niente. Ho sempre amato la cultura anche se mi proibivano di leggere altri saggi oltre il Corano. La mia città si trova al centro dell’ India è una delle città più ricche, quindi molto spesso praticata da turisti che vengono da tutto il mondo: America, Giappone, Germania, Italia…. Sono stata molto legata alla mia religione fino a quando incontrai Fabiano, un ragazzo dagli occhi neri e profondi il cui sguardo mi fulminò, lo vidi solo una volta e già mi ero innamorata di lui. Ci incontrammo un paio di volte nel parco dietro casa mia. Avevo pensato di parlare con la mia famiglia, ma già sapevo che ciò avrebbe destato scalpore, in quanto già ero promessa al figlio di Hamed ,un commerciante di stoffe abbastanza benestante che vedeva in me una ragazza adatta ad accudire il figlio e la sua casa Sentivo dentro di me un forte desiderio di libertà, volevo scappare da quell’ oppressione, volevo amare e farmi amare pubblicamente, io amavo quel ragazzo più della mia vita e non avevo intenzione di sposare Mohamed. Un giorno mentre stavamo esprimendo la nostra passione sentii un forte dolore non sapevo cosa mi stava succedendo, ma non volevo scappare perché sapevo che forse era l’ ultima volta che ci saremmo visti, perché il mio unico grande amore doveva partire. Finì tutto, ma ancora dovevo capire cosa mi era accaduto, Fabiano mi propose di partire con lui, ma io non accettai in quanto questo disonorava la mia famiglia.

24 Pian piano che passavano i giorni avevo strani sintomi vomito, nausea e vedevo la mia pancia crescere e capii che ero incinta. Non sapevo come fare volevo scappare. Ma come facevo? Non avevo l’ appoggio di nessuno; andai da una mia amica e le confessai tutto. Non ci accorgemmo che dietro alla porta c’era la mamma che non perse tempo a raccontare l’ accaduto a mia madre. Mi sentivo morire non per paura, ma per quello che potevano pensare di me. Mi sentivo come una goccia nel deserto sola e inutile e l’ unica speranza che mi sosteneva era quella di portare avanti il frutto del mio amore. I giorni passavano e nessuno mi guardava, nessuno si interessava di me , nessuno mi chiedeva qualcosa, né come stavo. Non avevo nessuno e non potevo vedere gente nuova in quanto mi avevano segregato in casa, senza capire che non mi sarei fermata e non avrei rifiutato il bambino, loro facevano finta come se la cosa non fosse mai accaduta, ma io non ero disposta a cedere al primo ostacolo, pertanto accettavo la situazione anche perché per fortuna potevo permettermi di mantenermi da sola anche se questa scelta non era gradita alla mia famiglia. Un giorno mia sorella maggiore venne nella mia stanza e disse che se io avessi rifiutato il bambino, i miei genitori avrebbero fatto finta di niente, come se la cosa non fosse mai accaduta e potevo sposare felicemente Mohamed. Io rifiutai senza pensare due volte e lei continuava a ripetermi che ero un’ipocrita, che non mi meritavo il suo appoggio, che era meglio se non fossi mai nata. A queste parole rimasi molto male in quanto contavo su mia sorella, ma non fu così. Passarono altri giorni e io sempre in quelle quattro mura chiuse, senza mangiare, l’ unica cosa che potevo fare era sopportare per amore di quel bambino che era dentro di me Non riuscivo bene a portare i conti,ma penso che era il terzo mese, quando mi sentii chiamare, uscii dalla mia stanza pensando che forse tutto era passato, ma la cosa più tragica doveva ancora iniziare… Il marito di mia sorella dietro incarico dei miei genitori mi portò sul terrazzo e proprio qui mi legò su una sedia, non capivo cosa mi stesse facendo, ma nel voltarmi vidi un ferro infuocato dirigersi su di me fino a toccarmi la pancia,le mie grida si sentivano per tutto il vicinato, ma nessuno osava intervenire un po’ per omertà,un po’ chissà perché!

25 Pensavo che la cosa fosse finita lì, invece continuò a ricattarmi io non accettai e con quel ferro infuocato incise prima il mio viso e dopo tutto il mio corpo fino ad ustionarmi. Persi conoscenza e al mio risveglio mi ritrovai in un ospedale, non sapevo per quale motivo mi trovavo là in quanto non ricordavo nulla. Vedevo lo sguardo sprezzante delle dottoresse, mi sentivo diversa da loro e mi trattavano peggio di una bestia. Chiedevo dove fosse il mio bambino, che fine avesse fatto , ma non ebbi ascolto. Passavano i giorni e sentivo che dentro di me qualcosa era cambiato, mancava qualcosa e come un fulmine in un mattino di agosto mi venne in mente quello che era successo. Avevo già capito che il mio bambino non c’ era più, però non mi rassegnavo, finchè non domandai ad una suora dove si trovava il mio bambino,ella senza esitare un attimo, mi disse che si trovava in un posto incantevole, coccolato dagli angeli e questo posto era il paradiso. Mi sentii persa non sapevo più per cosa vivere non riuscivo più ad affrontare la vita e la mia situazione peggiorava giorno dopo giorno. Una suora mi stava molto vicina, aveva un aspetto rassicurante, era piccola di statura, ma quel fisico di pochi centimetri era dotato di tanto amore e mi diede la forza per continuare a vivere, le raccontai tutta la mia storia ed ella ebbe compassione e mi diede i suoi risparmi per partire, per ricominciare e per ritrovare forse l’ amore che non avevo più. La mattina seguente arrivai di buon’ora, al porto non mi sentivo a mio agio in quanto era la prima volta che mi trovavo in un posto del genere, non conoscevo nessuno ed ero molto confusa, al molo incontrai due napoletani i quali mi chiesero quale fosse la mia destinazione, io non conoscevo la loro lingua, ma da quello che potetti intuire capii che la loro destinazione era Napoli, cominciammo a fare amicizia e raccontai la mia storia e che avevo bisogno di lavorare e loro mi garantirono un lavoro presso un grande nobile……..Sbarcai in Puglia, presi il treno e arrivai a Napoli. I ragazzi che conobbi sulla barca mi portarono in una specie di casa e mi dissero che se fossi scappata da lì, mi avrebbero trovata e uccisa. Non capivo per quale motivo mi avevano detto quelle cose, ma accettai perché mi avevano promesso questa grande opportunità di lavoro.

26 Dopo un paio di ore ritornarono e cominciarono a spogliarmi, io non volevo, ma più facevo forza tanto più abusavano di me con la violenza. La sera venni lasciata su una strada dicendo di fare più soldi possibili, qui c’ erano decine di donne grandi e piccole, africane, polacche, russe, cinesi; chiesi loro il motivo per cui ci trovavamo tutte lì e capii che ero diventata da poche ore una prostituta. Arrivò il mio primo cliente non volevo, non riuscivo a dare il mio corpo in prestito e soprattutto in cambio di denaro non lo feci e stesso quella sera fui malmenata dal mio capo e cacciata da quel tipo di abitazione, dicendo che oltre ad avere la pelle incisa da quelle cicatrici non ero nemmeno idonea a prostituirmi. Per tutta la giornata andai in cerca di lavoro, ma nessuno mi accettò perché non possedevo il permesso di soggiorno, tutti mi guardavano in modo diverso forse per il colore della mia pelle un po’ più giallina rispetto alla loro e per le cicatrici che segnavano la mia pelle e che ormai facevano parte di me. La sera pioveva all’ impazzata,non avevo un posto dove dormire e vidi di lontano un bar tutto illuminato, entrai senza far rumore, ma la mia presenza suscitò sguardi da parte della gente, avevo la faccia pallida, sciupata, stanca, e il padrone del locale ebbe compassione di me e mi chiese da dove venivo, e per quale motivo ero ridotta in quelle condizioni. A dir la verità non parlavo tanto bene l’ italiano, ma l’ unica cosa che riuscii a dire era se mi poteva alloggiare. Mi portò in una villa nelle vicinanze dove c’ era un gentile signore, ben vestito, dai capelli brizzolati, di aspetto accogliente e cordiale che dimostrava appena sessant’anni,questi era suo padre, sembrava una persona rassicurante e mi rifugiai nella sua villa. Il mattino seguente gli chiesi se potevo lavorare per lui ed accettò e da quella mattina diventai la collaboratrice domestica. Sembrava che si fosse istaurato un bellissimo rapporto,quasi gli volevo bene come a un padre ,sembrava quasi darmi il sostegno e l’ affetto che non mi aveva mai dato il mio vero padre.

27 Il suo nome era Don Gennaro, ma con l’inizio della primavera e dell’estate le sue richieste iniziarono ad aumentare non più solo collaboratrice domestica ,ma raccoglitrice di pomodori, di pesche ,ciliegie nella sua tenuta a Villa Literno insieme a tanti altri malcapitati come me ,la sera con la schiena rotta dovevo anche preparare la cena e se mi lamentavo erano guai , mi trattava insomma , come una vera e propria schiava fino ad arrivare ad alzare le mani se tutto non era eseguito come ordinato. Ormai ero stanca di subire oppressioni non ne potevo più , la notte sognavo ancora di portare cassette di frutta ,la mia vita era diventata un incubo, volevo vivere normalmente senza differenze e un giorno, mentre Don Gennaro ancora una volta gridava e mi dava con malagrazia ordini,come aveva fatto il giorno precedente dissi“IO NON SONO A SUD DI NESSUNO; ANCHE SE HO LA PELLE DIVERSA DALLA Sua SONO UNA PERSONA E COME TALE MI DEVE RISPETTARE”. Don Gennaro mi diede un ceffone e senza perdere altro tempo me ne andai, avevo racimolato da quei lavori alcuni soldi, che mi bastavano fino a quando non avrei trovato un altro lavoro. Trovai un posto come collaboratrice domestica presso un signore ricco che era sempre fuori per lavoro e io dovevo badare alla casa e soprattutto accudire i figli e la moglie che era malata. Dopo qualche tempo la mia padrona morì e quindi suo marito rientrò,aveva un viso non nuovo, lo conoscevo già, l’ avevo visto da qualche altra parte era Fabiano, non credevo ai miei occhi, lui mi riconobbe, subito, ma non era certo che fossi io in quanto avevo delle cicatrici sul viso che lui non aveva mai visto. Gli raccontai tutto quello che mi era successo e lui mi dichiarò di non avermi mai dimenticata e che mi era venuto a cercare fino in India, ma non aveva avuto più mie notizie. Ora ho 20 anni sono felicemente sposata con Fabiano, ho quattro figli, due sono i figli che Fabiano ha avuto dal suo primo matrimonio e due gemelle le abbiamo avuto da pochi mesi. Attualmente non lavoro ed ho fondato un’ associazione per le ragazze con i miei stessi problemi. Finalmente ho trovato l’ amore, la ragione per cui vivere e soprattutto ho trovato la speranza che deve essere sempre l’ ultima a morire. Alvino Diana Classe IV E Liceo Psicopedagogico Istituto Mazzini di Napoli

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