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COME FARE A SCEGLIERE LE VALIGIE ADATTE PER IL VIAGGIO

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Presentazione sul tema: "COME FARE A SCEGLIERE LE VALIGIE ADATTE PER IL VIAGGIO"— Transcript della presentazione:

1 COME FARE A SCEGLIERE LE VALIGIE ADATTE PER IL VIAGGIO
COMPAGNI DI VIAGGIO Percorsi di crescita nella relazione fraterna in presenza di disabilità DAL PESO ALLA RISORSA: COME FARE A SCEGLIERE LE VALIGIE ADATTE PER IL VIAGGIO Francesco Reposati

2 Ambulatorio popolare di psicoterapia.
Residenze protette Comunità Alloggio Centro Diurno Psicoriabilitativo Roma Sportello legale per supporto ai familiari nella difesa dei diritti delle persone disabili. Centro di ascolto per famiglie e coppie con difficoltà relazionali Ambulatorio popolare di psicoterapia.

3 Aspetti critici del vissuto dei fratelli di persone disabili
L’adozione di una “nuova prospettiva… realistica” Le possibilità da sfruttare per non rimanere Soli

4 Aspetti critici del vissuto dei fratelli di persone disabili
RELAZIONI FAMILIARI TIPO SIMMETRICO/ORIZZONTALE Fratello-Fratello TIPO ASIMMETRICO/VERTICALE Genitore-figlio TIPO ASIMMETRICO/ORIZZONTALE Fratello-Fratello disabile I fratelli sono importanti per il bambino in fase di sviluppo, ma la loro influenza può estendersi all’età adulta e alla vecchiaia, quando le relazioni tra fratelli sembrano vivere un vero e proprio “ritorno”, in termini di frequenza ed intensità, soprattutto in caso di solitudine, malattia o bisogno. La realtà è che i fratelli svolgono funzioni diverse nelle diverse fasi della vita: possono servire da antagonisti, essere i più forti sostenitori, fungere da modelli ai quali ispirarsi, essere fonte di preoccupazione, simboleggiare la protezione, essere i “supplenti dei genitori” o ancora compagni di vita.

5 Chiunque conviva con una persona con disabilità fisica o psichica si trova quasi necessariamente a dover fronteggiare, durante l’arco della propria vita, oltre ai propri compiti evolutivi e di affermazione dell’identità, sentimenti peculiari per la complicata gestione delle relazioni con i vari membri della propria famiglia, fratelli e genitori.

6 Partendo dalle testimonianze di questa particolare popolazione si può notare come emerga spesso un vissuto contraddistinto da esperienze di negazione e invisibilità in virtù di un’attenzione rivolta in maniera predominante nei confronti del fratello svantaggiato.

7 Quando i riflettori convergono in un punto le altre zone rimangono in ombra

8 La famiglia: un sistema in equilibrio

9 Il problema di uno coinvolge tutti

10 Gli esiti di tale esperienza costante di scarsa attenzione spesso si risolvono in due possibili percorsi: Fratelli disinteressati, distanti, oppositivi Fratelli adeguati, collaborativi, affettuosi, sempre disponibili SVILUPPO DI UN’IMMAGINE SOCIALMENTE APPREZZATA, BASATA SU IPER- ADATTAMENTO SVILUPPO DI UN’IMMAGINE SOCIALMENTE INACCETTABILE, BASATA SU CRITICA E AUTOCRITICA In entrambi i casi si vengono a determinare delle modalità di funzionamento interno che possono essere disfunzionali al raggiungimento dei propri obiettivi di maturazione e cambiamento

11 VISSUTI EMOTIVI CRITICI
Senso di colpa Non sentirsi visti Non sentirsi compresi Vissuti di rabbia/ ostilità Apprendimenti disfunzionali di richiamo patologico Vergogna sociale Se poi a tutto questo si aggiunge la possibilità che tali persone nella loro crescita sono gli unici infallibili affidatari delle ambizioni di riuscita e successo dei propri genitori, si può immaginare la complessità, se non la complicatezza, di trovarsi in questo ruolo esistenziale

12 fratelli peso Senso di isolamento:
La presenza di mio fratello non mi permette di avere degli amici (Irene, 13 anni) Vergogna: Quando vado a scuola sento che i miei compagni mi guardano come se fossi mia sorella malata (Eugenio, 14 anni)

13 Trasparenza: L’unico modo che avevo per farmi vedere dai miei genitori era di stare male (Roberta, 40 anni) Incomprensione: Non era mai chiaro quello che stava succedendo, a volte i miei genitori sembravano molto preoccupati ma dicevano che andava tutto bene (Alvaro,35 anni)

14 Colpa: Quando ero triste o insoddisfatta pensavo che mio fratello stava molto peggio di me e in quei momenti l’odiavo e poi mi sentivo in colpa (Sara 28)

15 Seguendo tale prospettiva si potrebbe affermare che predittivamente tali fratelli tenderanno a strutturare un modello di funzionamento interno che probabilmente si muoverà tra la competenza a relazionarsi con l’altro in modo rispettoso e tollerante delle differenze individuali e il limite ad orientarsi nella vita partendo dalle esigenze e dal benessere dell’altro in modo poi da poter soddisfare i propri bisogni e desideri. Oltre a questo si aggiunga la stigmatizzazione o la rinuncia costante a manifestare le emozioni negative, perché non in linea con l’immagine che gli viene sempre richiesta e rinforzata

16 In entrambi i casi la difficoltà a ricevere attenzione, il presupposto implicito, ma a volte anche esplicito, che il “fratello sano” può imparare a mettersi da parte, può sviluppare la difficoltà a darsi il giusto spazio di attenzione, inteso come quella quota di narcisismo fisiologico di base indispensabile per un corretto auto-apprezzamento. In tal senso si potrebbe ipotizzare che in ambedue i percorsi di sviluppo si verrebbe ad organizzare un circolo vizioso di tipo cognitivo- emotivo- comportamentale che potrebbe essere descritto in questo modo:

17 (per aver provato rabbia)
A) Sensazione di non sentirsi compresi B) Rabbia/ Ostilità C) Senso di Colpa (per aver provato rabbia) D) Sentimenti di Autosvalutazione E) Tendenza all’ Isolamento/Ritiro

18 Rispetto a tale circolo si può immaginare come queste persone siano esposte ad un rischio a cui potranno far fronte solo se si accorgono, i primi, che la propria capacità, ormai consolidata, di reggere responsabilità e stress può essere anche il proprio limite a non ascoltare le proprie esigenze e inevitabilmente a rinunciare agli obiettivi prefissati; oltre all’impossibilità di esprimere i propri vissuti negativi, con l’ulteriore problema di sviluppare la convinzione disfunzionale che “…sono altre le cose importanti e giuste!”, il che se da un lato è utile ed eticamente apprezzabile, dall’altro espone a numerose ed ingiuste esperienze di rinuncia a se stessi; per i secondi se si rendono conto, dopo aver provato l’imprescindibile esperienza di sentirsi ascoltati ed accettati, che il ruolo di ragazzi cattivi è in realtà modificabile apprendendo il concetto che la cattiveria di per sé non esiste.

19 COSA PROMUOVERE Favorire la possibilità, assolutamente necessaria, per queste persone di potersi affermare autenticamente, riappropriandosi della capacità di sentirsi tristi, arrabbiati, disperati e di poterlo esprimere Appare evidente che un’esperienza emozionale correttiva di sentirsi accolto, ascoltato ed accettato potrebbe permettere a questi fratelli la possibilità di attuare un cambiamento, abbandonando così il vissuto doloroso di stigmatizzazione e di critica, potendosi finalmente dare il permesso di sentirsi giustamente importante, alternando l’attenzione da dare a se stessi e agli altri

20 L’adozione di una “nuova prospettiva… realistica”
Solo tramite una conoscenza dei propri vissuti ambivalenti e contrastanti, si può iniziare un percorso di cambiamento che permetta un avvicinamento alla propria realtà di fratello di una persona con disabilità. In tal senso la manovra di approccio a se stessi non può esimersi, oltre che dal considerare le proprie modalità di funzionamento cognitivo-emotivo-comportamentale, anche dall’assumere una prospettiva epistemologica di tipo fenomenologico-esistenziale L’adozione di una “nuova prospettiva… realistica” Non basta mirare al benessere e alla qualità della vita, occorre puntare a sviluppare quelle competenze che permettono di raggiungere un vero e proprio “Benessere esistenziale”

21 Questo per evitare i rischi di incompletezza del cambiamento personale, che se da un lato riguarda il cogliere i meccanismi psicologici che orientano e strutturano la propria modalità di stare al mondo, con se stessi e con gli altri, dall’altro deve considerare la capacità di Autotrascendere (non chiudersi in se stessi) per non sperimentare un senso di vuoto esistenziale

22 FATTORI CHE FAVORISCONO IL SENSO DI VUOTO INTERIORE:
atteggiamento provvisorio dinanzi alla vita con l’impossibilità per alcuni a elaborare progetti di vita (vivere “alla giornata”) atteggiamento fatalista che fa innescare un processo di fuga dalle responsabilità (il destino ha il sopravvento) atteggiamento collettivistico a motivo del ruolo massificante dei mass-media atteggiamento fanatico nei confronti di capi politici, culturali e religiosi

23 Attivarsi per scoprire il compito della propria vita attraverso un’attenzione ai seguenti aspetti:
1. autotrascendenza (non chiudersi in sé) 2. spirito critico (non conformismo) 3. libertà (non frutto di condizionamenti) 4. ascolto della coscienza (non dipendere) 5. ambiti del quotidiano (non irrealtà) 6. socialità (non individualismo o pregiudizi) 7. solidarietà (non essere indifferenti o ostili)

24 Il ben-essere nasce da una coscienza consapevole della propria natura, dei bisogni personali, dei desideri misurati sulle risorse, sulle soggettive potenzialità, sui propri limiti e fragilità Il benessere esistenziale consiste in una continua Ricerca di Significati applicata alla tensione che nasce tra realtà esistenziale in cui la persona si trova a vivere e il mondo dei propri valori personali. La vita quindi è un compito (V. E. Frankl)

25 Un fratello può essere vissuto come
una risorsa un peso O

26 fratelli risorsa Insight: Anche se mia sorella non può parlare so che è capace di pensare, ce lo mostra con i suoi occhi. La gente può parlare e pensare in molti modi, non ha sempre bisogno di usare la bocca. (Maria, 20 anni)

27 Maturità: Da quando è nata mia sorella la mia famiglia ha lavorato insieme come una équipe. Mi piace sentirmi parte di una équipe. (Aldo, 19 anni) Autostima e competenza: sociale: Quando vado con mia madre dal dottore di mio fratello gli chiedo sempre informazioni sulla sua malattia (Rino, 14 anni)

28 Lealtà: Sono diventata matta quando I ragazzini si sono presi gioco di mia sorella. Io lo posso fare ma loro no. L’hanno offesa e gli ho detto di lasciarla stare (Luca, 8 anni) Tolleranza: Le persone disabili dovrebbero essere trattate come ogni altra persona, anche loro sono persone! (Molly, 9 anni)

29 Orgoglio: Oggi mio fratello ci ha detto il suo colore favorito
Orgoglio: Oggi mio fratello ci ha detto il suo colore favorito. E’ una delle sue prime parole!! Adesso sappiamo! - (Caterina, 10 anni)

30 Le possibilità da sfruttare per non rimanere Soli
Informarsi sui Servizi presenti nel territorio, sia pubblici che privati Andare a conoscere tali Servizi Condividere l’esperienza Collaborare al processo educativo-riabilitativo del fratello disabile Apprendere modalità relazionali utili ed evitare di assumere prospettive interpersonali disfunzionali e frustranti Riorganizzare l’esperienza

31 La relazione con una persona disabile “COMPORTAMENTISMO SEMPLICISTICO”
UN VISSUTO COMPLESSO Attenzione rivolta allo Stress Gestione di aspetti problematici del disabile che rischia così di diventare solo portatore di bisogni Poco spazio al Benessere e alla Felicità “COMPORTAMENTISMO SEMPLICISTICO” 31

32  “COMPORTAMENTISMO SEMPLICISTICO”
Valutare i disabili esclusivamente sulla base delle loro azioni e del loro comportamento senza mettere in campo la capacità di identificarsi Comprensione, Altruismo e Protezione CAPACITA’ EMPATICA 32

33 ASPETTI CRITICI / FRUSTRANTI NELLA RELAZIONE CON LA DISABILITA’
Non potere (cambiare una situazione, “guarire” l’altro….) Difficile esperienza di subire “attacchi diretti” (operatore / persona) Non capire (Non comprendere uno stato d’animo, un bisogno) Essere oggetto di investimenti affettivi ambivalenti (idealizzazione / svalutazione) Difficoltà nel gestire le richieste d’attenzione 33

34 “POTERE e CONTROLLO” NELLA RELAZIONE COL DISABILE
“Messa alla prova” (“Fin dove mi posso permettere di arrivare con te?”) Difficoltà del caregiver nel gestire il suo potere “Empatia” Nela Vicente 34

35 Necessità di COMPETENZA SPECIFICA, supervisione e formazione costanti
L’attenzione rivolta al “POTERE” nella relazione ci invita a riflettere sull’importanza che tale dinamica interpersonale riveste anche per l’impatto emotivo che ne deriva Aspetto Peculiare Necessità di COMPETENZA SPECIFICA, supervisione e formazione costanti Compito del caregiver: equilibrio tra atteggiamento educativo-normativo e atteggiamento educativo-affettivo all’interno di uno “STILE ” condiviso con l’EQUIPE (--> RISORSA)

36 LE FUNZIONI DELL’EQUIPE
ESTERNE INTERNE Confronto Previene Solitudine Sostegno affettivo reciproco Multidisciplinarietà Modello Operativo Interno “Collettivo” Controllo e Autocontrollo Ironia Facilitano un ambiente relazionale proteso alla continua ricerca dell’Altro

37 Provare a cogliere il modello operativo interno della persona
Empatia non significa “leggere nella mente dell’altro” con i propri parametri ma Provare a cogliere il modello operativo interno della persona Utilizzando i SUOI sistemi di funzionamento per capire come vede e vive la realtà Keith Haring, 1982 37

38 Le strade non sono mai del tutto segnate, ognuno di noi ha la leva di un piccolo scambio


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