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PARETAIO (b) La rapidità della chi usura delle reti dipende dall’allineamento e della tensione dei tiranti. -

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Presentazione sul tema: "PARETAIO (b) La rapidità della chi usura delle reti dipende dall’allineamento e della tensione dei tiranti. -"— Transcript della presentazione:

1 PARETAIO (b) La rapidità della chi usura delle reti dipende dall’allineamento e della tensione dei tiranti. -

2 PARETAIO

3 Il paretaio, dato la sua ampiezza, è un appostamento nel quale sono usate le stesse reti della prodina, più lunghe e più larghe di maglia, 28 o 22 mm. secondo il tipo di cattura che s’intende fare. Il nome gli deriva da parete, e infatti una parete di filo che si alza e si dispone verticalmente.

4 E anche questo un vecchio sistema che è andato modernizzandosi soprattutto per quanto riguarda la chiusura che, anziché essere azionata con la sola forza muscolare (cosa del resto impossibile data la maggior ampiezza del paretaio ed il maggior peso del complesso) è sollecitata da molle, che possono essere di varia specie, ma sempre sostituenti la tradizione muscolare dal basso verso l’alato e la facile apertura dall’alto verso il basso, cioè la rimessa facile e rapida del sistema, affinché l’uccellagione non diventi migliore per un prodigio di tecnica, ma il sistema conservi sempre, se pur adeguato ai tempi, il carattere delle sue origini.

5 Paretaio a boschetto: Se fossi un poeta come Tirabosco ed altri, mi verrebbe la voglia
di cantare in rima le bellezze e le emozioni di questo sistema d’aucupio, forse perché furono tante le emozioni che mi procurarono da adolescente, le prime volte che ebbi la fortuna di usarlo, ma purtroppo, mancandomi la vena poetica, mi limiterà a descriverlo in povera prosa. Innanzi tutto occorre precisare che ci sono degli uccelli come le pispole, gli spioncelli, i fanelli, le allodole, le calandre, le tottaville, le cappellacce, che passano la maggior parte della loro vita posati sul terreno. Questi uccelli ed altri, come vedremo, formano le speci che si possono catturare quasi esclusivamente nei paretai.

6 evidente quindi la necessità che il paretaio sia anzitutto in un terreno pianeggiante, libero da alberi, seminato a prato o in terreno coltivato comunemente, libero non solo dagli alberi, ma anche da normali cereali: dovrebbe essere quindi il tipico impianto di pianura. La costituzione di una paretaio, il capanno, il sistema di uccellare, non hanno nessuna somiglianza con i sistemi già descritti; la confidenza fra uccello ed uccellatore è tanto grande quanto la differenza fra l’uccello di brocca ed il suo catturatore; infatti non è facile far ritornare un fringuello o un tordo dopo che ha visto gli spauracchi, mentre i terricoli sono più curiosi, più creduloni e subiscono in genere l’attrattiva degli zimbelli.

7 Come conseguenza di un recente studio di esperti della S. Q. L
Come conseguenza di un recente studio di esperti della S.Q.L., si vorrebbe proporre la non cacciabilità delle seguenti specie, già incluse fra le specie permesse dall’art. 11 della legge quadro e specificatamente: tottavilla, spioncello, cappellaccia e calandro per constatata rarefazione di detti animali. Riporto integralmente quanto scrissi nel mio libro “Allevare, alimentare, addestrare gli uccelli nostrani” scritto dodici anni fa ed ora introvabile:

8 Iniziammo i quattro scavi; i tiranti in corda furono sostituiti con quattro tiranti di ferro, regolabili per mezzo di una madre vite, ed i picchetti con due getti di cemento armato che avevano incorporati i robusti anelli di ferro ai quali venivano agganciate le quattro aste dei tiranti regolabili, due verso il fondo e due verso il capanno. Un perno in acciaio, fissato anch’esso al suolo per mezzo del solito getto ed ivi trattenuto da quattro ganasce e quattro bulloni, portava le due robuste stagge, ben squadrate, di legno di castagno ben stagionato, lunghe quattro metri. Questo per quanto riguarda la parte di fondo.

9 Le maggiori difficoltà sorsero quando si cominciò a lavorare nella parte anteriore, la quale prevedeva l’applicazione del congegno di scatto e dei due molloni che avrebbero dovuto azionare tutto l’impianto. A circa ventisei metri dalla linea di fondo, scavammo una trincea, profonda un metro e mezzo, larga mezzo e lunga due; il tutto fu rivestito in pietra per evitare franamenti; entro questa fossa vennero posti i molloni, che furono agganciati da una parte a due anelli, fissati alle pareti laterali opposte, e dall’altra alle stagge, simili a quelle collocate posteriormente e anch’esse ruotanti sul perno, fissato al suolo con il solito mezzo.

10 Quando le reti venivano aperte, le potenti molle (ricordo che erano molloni per macchine da pressaforaggio) si mettevano lentamente in trazione e giungevano al massimo della loro apertura quando le quattro stagge toccavano terra. Due semplici gancetti girevoli, robusti, obbligavano le stagge a rimanere aderenti al suolo in posizione orizzontale. Dal capanno, bastava dare un leggero strappo, con un tirante in ferro a forma di Y, che i due ganci, ruotando, liberavano le stagge, e le molle, tendenti a riprendere la loro posizione normale, imprimevano alle stesse e quindi alle reti, uno scatto violento, che le portava ad unirsi verticalmente.

11 Tutto questo avveniva in frazioni di secondo e le reti racchiudevano tutta la vastissima area di oltre duecento metri quadrati. Al centro di questa zona vi era un boschetto naturale con le piante che gli uccelli migratori, in particolare tordi e fringuelli, preferiscono, un boschetto coltivato, senza rametti inutili e sporgenti che avrebbero potuto provocare danni considerevoli alla rete. In mezzo al boschetto spiccava un invitante ruscelletto artificiale, ma molto ben imitato in quanto, sul fondo, avevamo posto quella chiara, minuta ghiaietta dei piccoli corsi d’acqua montani.

12 Questa trovata fu un successo anche perché i veri corsi d’acqua erano un po’ lontani.
Parallelamente alla lunghezza del paretaio si stendeva, per oltre cento metri, un bellissimo pergolato doppio, con ogni qualità d’uva, in particolare quella nera a grani piccoli che piace tanto a tordi e merli. Le piante d’arrivo erano rappresentate da quattro grossi meli, quasi selvatici, talmente carichi di frutti che nessuno raccoglieva, perché troppo piccoli, ma che gli uccelli prediligevano.

13 Di fronte al capanno si ergevano tre grosse querce il cui tronco era avvolto, fino a metà, da rigogliosa edera carica di grappoli. Nel boschetto prevalevano bassi e grossi cespugli di ginepro, mirtilli, biancospini, uva turca e l’invitante “crataegus pyracanthus ‘,qualche girasole, qualche pianta di canapa, un po’ di miglio, panico, cardi ed il radicchio dei fiori violetti che, per la gioia dei granivori, non deve mancare; quando tutti i semi erano finiti, le piante venivano sostituite con altre, da trapianto, in modo che il boschetto non fosse mai sprovvisto di abbondante pastura.

14 I richiami trovavano ombre fresche e deliziose in mezzo a quel verde, e gli zimbelli ampio spazio per le loro corsette; sugli alberi vicini, appese, altre gabbie che fiancheggiavano il paretaio”. Queste sono semplici indicazioni di quello che fu forse uno dei primi impianti del genere, risalente ad oltre mezzo secolo fa. Le moderne tecniche possono fare molto meglio, resta sempre fisso il principio delle reti che si alzano rapidamente con un angolo di 90 ° ed in tale posizione rimangono.

15 Il boschetto non è indispensabile per la cattura di alaudidi, con esso però si catturano tutti i turdidi e tutti i fringuelli, gli uccelli catturati non soffrono danni al piumaggio e si recuperano facilmente facendoli insaccare nella parte del fondo prima di riaprire la rete. Posso assicurare che mai mi accaddero incidenti, tanto che non esito ad affermare che tale sistema è forse migliore dei costosi roccoli e bressane e dovrebbe essere maggiormente diffuso, sostituendo le arcaiche panie che hanno già fatto il loro tempo.


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