Storia del diritto romano Il principato
Il principato L’avvento del principato è legato alla figura di Ottaviano Augusto: con la nota battaglia navale di Azio (31 a.C.), combattuta tra Ottaviano e Marco Antonio, si chiude la guerra civile romana Questo evento segna anche la caduta dell’ordinamento repubblicano ed il graduale passaggio verso la forma del principato
Il principato All’esito della guerra civile, Ottaviano si ritrova a capo di ben 50 legioni e gode di un prestigio straordinario: occorreva dare una veste legale a questo potere monarchico, conservando - almeno all’apparenza - gli organi costituzionali repubblicani Il suo agire fu intelligente, graduale e volto al compromesso, contemperando le esigenze dei proletari e dei senatori Con la fine della guerra civile, la prima preoccupazione di Ottaviano fu di ricompattare la comunità romana
Il principato A tal fine impiegò diversi mezzi, non ultimo un ritorno alle origini di Roma, mitizzate nell’opera di Virgilio (l’Eneide) e ai connessi valori dell’etica romana, primo fra tutti il valore della pietas La pietas era il sentimento di affetto ‘doveroso’ che il cittadino romano nutriva per la comunità, la famiglia e gli dei Puntando nuovamente su questo valore, Ottaviano voleva ricompattare il popolo
Il principato Il problema di Ottaviano era calare in una forma repubblicana il suo potere personale assoluto L’accentramento del potere fu graduale e giustificato su vari poteri che gli venivano riconosciuti o conferiti: sul consensus della popolazione, sulla sacrosanctitas e il ius auxilii che gli vennero conferiti dai tribuni della plebe nel 36 a.C., sull’assunzione - anno dopo anno - del consolato, dal 31 a.C. in poi
Il principato Significativa fu la sistemazione dell’Egitto, un territorio che meritava - per la sua importanza e per le sue caratteristiche - un’attenzione particolare Si fondevano nel territorio egiziano la cultura egizia, quella ellenistica ed, infine, quella romana Ottaviano escogitò un sistema di amministrazione di questa provincia che - tenendo conto di tutte queste circostanze - garantisse la stabilità del governo romano
Il principato Aggiunse il territorio d’Egitto all’impero romano e con una legge ne affidò il governo al praefectus Alexandrae et Aegypti scelto scelti tra i funzionari di rango equestre vicini ad Ottaviano: ai senatori vietò, invece, l’accesso sul territorio egizio In questo modo, venivano soddisfatte varie esigenze: si compesavano gli egizi della pardita del loro re-dio con la presenza di un rappresentante diretto dell’imperetore romano e si impediva ad eventuali facoltosi ed ambiziosi senatori di poter far scoppiare una nuova guerra civile
Il principato Ottaviano non si fidava, dunque, del senato, anche se quest’ultimo gli mostrò deferenza, emanando tre senato consulti con i quali si attribuivano poteri particolari ad Ottaviano, quali il potere di giudicare degli appelli nei confronti degli atti dei magistrati e il c.d. calculus Minervae, cioè la facoltà di integrare con un suo atto il voto mancante per l’assoluzione di un reo
Il principato Ottaviano non si fidava del senato in ragione della circostanza che ben 700 membri non avevano esitato a raggiungere e sostenere Antonio nel momento finale della battaglia: gli interessi senatori erano, infatti, rappresentati e difesi da Antonio Ottaviano, pertanto, espunse circa 190 membri dal senato ed ottenne un corpo più omogeneo e meno ostile: da questo senato si fece titolare princeps e assunse come prenome Imperator
Il principato I cittadini erano assimilati a militari e spariva la distinzione tra imperium domi e imperium militiae Si creava, inoltre, il presupposto per la successione, trasmettendosi il prenome al figlio, inserendo uno degli aspetti caratterizzanti la monarchia Due furono gli anni fondamentali per la stabilizzazione del potere di Ottaviano, il 28 ed il 27 a.C.
Il principato Nel 28 a.C. inizia un processo di normalizzazione della situazione: Ottaviano restituisce all’amministrazione del senato la provincia di Asia, abolisce le magistrature straordinarie che in quegli anni erano stato adottate per far fronte alla complessa situazione e ripristina la legislazione ordinaria, propone provvedimenti di amministrazione finanziaria e giurisdizionali Si avanza in questo modo verso due sedute senatorie molto importanti, del 13 e del 16 gennaio del 27 a.C.
Il principato Nella prima seduta Ottaviano dichiara di voler restituire la repubblica, cioè sostanzialmente lasciare i poteri di cui era divenuto titolare, sollevando il timore di tutti coloro i quali temevano il riaprirsi delle guerre civili Venne, pertanto, persuaso a non lasciare la sua posizione ed egli accettò, conservando il consolato ed assumendo un potere speciale di governo con riguardo a quelle provincie che destavano maggiore preoccupazione: i proconsoli avrebbero governato le altre rispondendone al senato
Il principato Il popolo, il senato e le magistrature avrebbero ripreso l’esercizio delle loro funzioni Il 16 gennaio del 27 a.C. il senato si riunì di nuovo per ringraziare Ottaviano: gli venne conferita la corona di alloro, nonché il titolo di Augustus come fosse un nuovo fondatore di Roma (Romolo - prima di fondare la città di Roma - aveva ricevuto un augustum augurium, cioè un permesso dalle divinità)
Il principato Ottaviano fu un politico molto intelligente perché sapeva realizzare i suoi obiettivi adattandoli alle situazioni reali Pur se gli organi costituzionali erano stati ripristinati, attraverso alcuni espedienti riusciva, ad esempio, ad avere il controllo delle elezioni dei magistrati
Il principato Seppur da un punto di vista formale riconosceva il ruolo del senato, cerca in ogni caso di controllarlo, costituendo il c.d. consilium principis, una ristretta commissione i cui componenti erano scelti da Ottaviano e che avevano lo scopo di discutere ed esaminare le questioni che sarebbero state oggetto di riflessione e decisione degli altri organi costituzionali, primo fra tutti del senato
Il principato In tal modo, il senato finiva con il ratificare le decisioni già prese dal consiglio del principe L’anno della svolta definitiva fu il 23 a.C., quando assunse l’imperio proconsolare su tutto l’impero Questo imperium era superiore a quello di tutti gli altri proconsoli che risultarono subordinati ad Augusto
Il principato Nello stesso anno assunse la potestà dei tribuni grazie alla quale faceva votare i plebisciti, poteva convocare il senato, interporre il diritto di veto Uno storico, scrivendo dei poteri di Ottaviano, affermò che essi rappresentavano “gli elementi della rivoluzione: l’esercito e il popolo” sui quali si fondava il potere di Ottaviano (imperium e potestà dei tribuni) Nel 23 a.C. possiamo, dunque, affermare che nasce il principato
Il principato L’attività normativa del princeps era rappresentata dalle costituzioni imperiali Ne esistevano di cinque tipi: decretum, rescriptum, epistula, edictum e mandata Edicta e mandata hanno un carattere generale ed astratto Decreta, rescripta, epistulae risolvono casi concreti e hanno, dunque, carattere particolare: si pone per essi il problema di capire il valore che hanno al di là del caso concreto che risolvono
Il principato I giuristi del II e III sec. d.C. riconosceranno a tutti i tipi di costituzione imperiale la forza di legge, cioè l’idoneità a creare diritto civile Il fondamento della capacità normativa del principe viene ravvisata sia da Gaio che da Ulpiano nella circostanza che il principe assume il potere per legge: vi è in questi due giuristi il richiamo alla lex de imperio Ulpiano afferma che con essa il popolo delega all’imperatore tutto il suo potere
Il principato Gaio e Ulpiano scrivono nel II e III sec. d.C., cioè due o tre secoli dopo l’avvento del principato Ci si deve porre, pertanto, il problema di capire che efficacia avessero le varie costituzioni imperiali dall’inizio del principato al I sec. d.C.: sino a tale epoca è probabile che fondamento ed effetti delle varie costituzioni variassero
Il principato Gli edicta si basavano sul ius edicendi che a sua volta si basava sull’imperium proconsulare Il ius edicendi del principe si distingueva da quello del pretore: quest’ultimo autoregolamentava la sua attività, mentre l’editto del principe regolamenta direttamente l’attività dei soggetti dell’ordinamento
Il principato È stato posto un tema dagli studiosi: poiché anche gli editti del principe si basavano sull’imperium ci si è chiesti come potessero avere quella forza di legge che Gaio gli riconosce nel II sec. d.C. Si è ipotizzato cioè che anche gli editti del principe avessero vigore in un ambito diverso rispetto al diritto civile, che formassero un diritto onorario del principe
Il principato Distinguiamo il diritto civile dal diritto criminale Nell’ambito del diritto civile, il principe, nel corso del I sec. d.C., diede rilevanza a taluni istituti trascurati dal diritto civile e li tutelò con un forma di processo particolare, chiamata cognitio extra ordinem Sotto questo aspetto vi è una somiglianza con il processo formulare basato sull’attività giurisdizionale del pretore, ma i giuristi romani non lo concettualizzarono
Il principato In taluni casi, l’editto del principe trova applicazione nell’editto del pretore e, in altri, determina degli effetti sul piano del diritto civile (es. acquisto della cittadinanza) Anche nel campo del diritto criminale, vi fu uno sviluppo analogo: si andò sviluppando un processo chiamato cognitio extra ordinem in cui sia la norma sostanziale, sia la norma processuale si fondavano sull’imperium del principe
Il principato Sembrerebbe, dunque, che nei primi due secoli dall’instaurazione del principato non vi sia stato un esplicito riconoscimento della forza di legge degli edicta del principe Tali strumenti sono – comunque – alla base del sorgere di un terzo tipo di processo (dopo quello per legis actiones e quello formulare): la cognitio extra ordinem
Il principato Anche i mandata erano provvedimenti di carattere generale, istruzioni date dall’imperatore a tutti i suoi funzionari I mandata nascono come istruzioni date al singolo funzionario, ma ben presto si forma un insieme di istruzioni specifico per ogni singola carica (legati Augusti pro praetore, proconsoli, procuratores)
Il principato Queste istruzioni non dovrebbero essere, secondo taluni, considerate delle vere e proprie costituzioni, perché – lungi dal creare la norma – darebbero solo istruzioni su come applicare la normativa esistente La tesi è stata respinta poiché i prudentes ricondurrebbero ai mandata anche un’attività normativa, non di mera applicazione della normativa già esistente Anche il fondamento dei mandata è stato ravvisato nell’imperium proconsulare
Il principato Con riguardo alla vincolatività dei mandata prima del II sec. d.C., si hanno notizie diverse In un caso, tramandatoci da Plinio, sembra che i mandata trovassero applicazione grazie al fatto che venissero incluse negli editti dei magistrati che le ricevevano: la vincolatività dei mandata era garantita in via indiretta attraverso l’imperium del magistrato
Il principato In un altro caso tramandatoci dal giurista Marciano, sembrerebbe dedursi che invece l’editto del magistrato aveva una funzione di pubblicità rispetto ai mandata: attraverso l’editto venivano a conoscenza dei destinatari che erano direttamente obbligati al rispetto delle disposizioni imperiali L’efficacia direttamente vincolante per i soggetti dell’ordinamento è assicurata dal II sec. d.C. in poi, quando tutte le costituzioni imperiali acquisiscono forza di legge
Il principato Rescripta, decreta e epistolae sono, invece, costituzioni rivolte a singoli casi concreti: si pone il problema della portata generale di queste costituzioni e della loro vincolatività Il decretum è la sentenza emanata dall’imperatore in appello o, più raramente, in primo grado, sia in materia civile che criminale: la sentenza dell’imperatore è vincolante nel caso concreto e sottratta a qualsiasi impugnazione
Il principe I rescripta e le epistolae incidono sul caso concreto, inserendosi in un processo in corso I rescripta possono anche essere richiesti prima dell’instaurazione di un processo La loro finalità è di risolvere una questione di diritto vincolante per il giudice ai fini della decisione di un processo
Il principe L’epistula era una comunicazione scritta dell’imperatore ad un’altra epistula inviatagli da un funzionario imperiale o da un magistrato e con la quale si chiedeva di risolvere una questione di diritto controversa L’imperatore risolveva la questione ed il funzionario od il magistrato l’applicavano a meno che l’emersione di ulteriori elementi di fatto non cambiasse i termini della lite
Il principe Il rescriptum è, invece, la risposta dell’imperatore ad un quesito postogli da un privato, relativo sempre ad una questione di diritto controversa da applicare in un processo già in corso o da proporsi La richiesta del privato era presentata in un documento scritto (libellus) che veniva presentato all’imperatore in un giorno in cui teneva udienza
Il principato La decisione sul quesito veniva stesa in calce al libellus e preparata da un’apposita cancelleria: in calce l’imperatore apponeva la sua subscriptio ed entrambi, libellus e rescriptum, venivano affissi pubblicamente L’applicazione di rescripta ed epistulae erano obbligatori, anche se l’imperatore risolveva la sola questione di diritto: se i fatti – nel corso del giudizio – fossero risultati diversi da quelli descritti all’imperatore, il giudice poteva decidere diversamente
Il principato Non a caso l’imperatore premetteva alle sue indicazioni la frase “se sono veri i fatti esposti” (si vera sunt exposita) Il fondamento di rescripta ed epistulae è stato trovato nell’auctoritas dell’imperatore sino al II sec. d.C. quando – come abbiamo detto – tutte le costituzioni imperiali acquisiscono forza di legge Tuttavia, per epistulae e rescripta il riconoscimento della forza di legge riveste un minore significato, proprio perché decisioni che riguardano il caso concreto
Il principato Il punto fondamentale è, dunque, capire con riguardo ad epistulae, rescripta, decreta è il valore che loro assumono al di là del caso concreto per tutti i futuri casi identici o analoghi che si possono presentare Ulpiano – in proposito – in un frammento contenuto nel Digesto (D. 1.4.1.2) afferma che queste costituzioni sono un esempio per il futuro
Il principato Le costituzioni che risolvono casi concreti si fondano, dunque, sull’auctoritas del principe e, proprio in quanto diretta promanazione dell’imperatore, le sue decisioni si affermano sulle altre nell’ambito di quello che abbiamo chiamato ius controversum Tuttavia, proprio per il fatto che queste decisioni imperiali si inserivano nel sistema del diritto aperto (diritto controverso), era fatta salva la possibilità teorica di adottare una diversa soluzione (quando i fatti fossero risultati diversi, quando il principe non avesse tenuto conto di alcuni aspetti etc.)
Il principato L’incisività di rescripta, epistulae e decreta era determinata anche dagli ambiti nei quali si inserivano: nel processo sorto con l’imperatore (cognitio extra ordinem) queste costituzioni potevano innovare in maniera radicale attraverso la decisione di un solo caso concreto Anche nel campo del diritto onorario le decisioni dell’imperatore innovavano profondamente il diritto: i principi da lui fissati con le singole decisioni venivano attuati grazie al pretore mediante concessione di azioni o eccezioni
Il principato Con l’avvento del principato, l’attività normativa iniziò a spostarsi sul princeps: vi è, dunque, un mutamento delle fonti del diritto sino ad allora conosciute ed operanti Nei primi tre secoli d.C. conservano – comunque – efficacia norme che trovano origine in fonti del diritto ormai non più attive Vediamo quale evoluzione coinvolge le fonti del diritto
Il principato Nel II e III sec. d.C. i giuristi davano una descrizione delle fonti del diritto statica, nel senso che elencavano tutte le fonti che avevano prodotto il diritto a Roma, anche se non erano più attive Basti ricordare Gaio (Gai. 1.2-7): leggi, plebisciti, senato consulti, costituzioni imperiali, editti dei magistrati, i responsi degli esperti del diritto
Il principato Con l’avvento del principato accade, però, che si tende a far transitare sul principe l’idoneità a produrre la norma, lasciando ferma la validità delle precedenti norme Le leges (votate dai comizi su proposta dei magistrati) non vengono più utilizzate dal I sec. d.C.: in realtà, con l’avvento di Ottaviano, è il principe che tenta di orientare le leggi votate dall’assemblea: siccome ciò non sempre era facile, si preferì successivamente utilizzare i senato consulti
Il principato La modificazione che investì l’editto del pretore si ebbe sotto l’imperatore Adriano che volle la codificazione dell’editto ad opera del giurista Salvio Giuliano Già prima di questa codificazione, i pretori avevano perso il loro straordinario ruolo di innovatori del diritto, poiché le linee guida del loro operato erano tracciate dal principe attraverso i senato consulti che il pretore applicava nello svolgimento della sua funzione giurisdizionale
Il principato Con la codificazione dell’editto del pretore, i pretori che accedevano alla carica era tenuti a recepire l’editto così come era stato codificato: la codificazione era stata ratificata con senato consulto e, pertanto, poteva essere modificata solo con un altro senato consulto o con costituzione imperiale Il pretore rimaneva libero di concedere azioni decretali o di denegare le azioni, ma anche queste attività erano svolte generalmente su indicazione dell’imperatore (epistula, rescriptum)
Il principato Un’autonoma fonte del diritto rimane l’interpretazione dei giuristi, fondata sostanzialmente sui responsi Non è un caso se il giurista Pomponio ritiene che il diritto civile consista nell’interpretazione degli esperti del diritto Durante il principato, è solo grazie all’interpretazione dei giuristi che il diritto civile fondato sulle XII Tavole poteva svilupparsi
Il principato Analoga funzione l’interpretazione la svolgeva rispetto a quegli istituti del diritto civile che si erano sviluppati al di fuori di qualunque statuizione normativa L’opera dei giuristi investe tutto il diritto: anche quello fondato sulle norme, nonché il diritto del pretore ed il diritto sorto grazie all’attività normativa del principe: il ius extraordinarium Grazie all’interpretazione dei giuristi si aveva una visione unitaria di tutto l’ordinamento
Il principato L’effettivo ruolo svolto dai giuristi e la loro importanza è determinata dall’assenza – nel mondo romano – di una giurisprudenza come la conosciamo noi oggi: cioè l’insieme delle dottrine a cui si ispirano le decisioni delle corti in contrapposizione al diritto elaborato dagli esperti Questa particolarità era dovuta alla circostanza che i giudici dei processi per legis actiones e formulare erano dei laici e non si sarebbero mai sentiti autorizzati a disapplicare il parere ricevuto dal giurista
Il principato In origine, d’altra parte, nessuno aveva posto in dubbio la vincolatività dell’interpretazione dei pontefici Questa auctoritas venne riconosciuta anche ai giuristi laici, le cui opinioni venivano sentite come vincolanti, con l’unico limite della concorrenza con diverse opinioni di altri giuristi: in quel caso il giudice era libero di scegliere all’interno dei pareri che avesse ricevuto
Il principato I giuristi, pertanto, continuano a svolgere un’importante funzione anche durante il principato, contribuendo con la loro interpretazione allo sviluppo del diritto Il sistema giuridico romano è aperto, cioè un sistema all’interno del quale i giuristi possono apportare delle modiche o integrazioni
Il principato Nel mondo romano questo avveniva tenendo conto del metodo casistico, cioè lavorando sui singoli casi concreti Il giurista poteva valutare aspetti prima considerati irrilevanti o, dinanzi a casi che sarebbero rientrati di una normazione precedente, presentando gli stessi degli aspetti particolari, la normazione veniva modificata Il sistema aperto è tipico degli ordinamenti in cui lo sviluppo del diritto è lasciato alla decisione dei giudici (common law) o all’elaborazione della dottrina (diritto romano)
Il principato In merito ai rapporti tra giuristi e attività normativa del principe, occorre dire che l’attività di quest’ultimo si attua – nei primi secoli del principato – seguendo le forme legislative dell’epoca repubblicana, leges e senato consulti, per quanto concerne soprattutto il diritto privato Campi di applicazione originari delle costituzioni imperiali di carattere generale riguardano l’amministrazione delle province e la disciplina della cognitio extra ordinem
Il principato I giuristi continuano, pertanto, nella loro opera di interpretazione ed innovazione del diritto sino all’epoca di Adriano quando inizieranno a diventare molto numerosi i rescritti I giuristi rimangono attivi, ma con questa azione di governo l’imperatore inizia ad esercitare non solo un controllo indiretto sull’operato dei giuristi, ma ad entrare direttamente nel loro campo di elezione (pareri giuridici per la soluzione dei casi)
Il principato Non si trattò di una vera e propria concorrenza quella tra imperatore e giuristi: a partire da Adriano, infatti, i più importanti giuristi facevano parte del consiglio del principe, del quale condividevano la linea politica e rispetto al quale potevano dissentire su singoli aspetti di carattere squisitamente tecnico-giuridico
Il principato Grazie all’attività normativa del principe, si venne strutturando una nuova forma di processo: la cognitio extra ordinem con la quale si tutelavano delle situazioni giuridiche protette esclusivamente con questa forma Peculiarità di questo processo fu innanzitutto la scomparsa della divisione del processo in due fasi, in iure e apud iudicem: il magistrato è competente dall’inizio alla fine
Il principato Questo tipo di processo è, dunque, pubblicistico, basato cioè sull’autorità pubblica Se, ad esempio, il convenuto non si presentava in giudizio, si poteva giungere ad una condanna in contumacia: la citazione, infatti, non era più affidata all’attore, ma all’autorità pubblica a cui l’attore si rivolgeva Nel processo formulare, invece, il proseguimento della lite era basato sull’adesione del convenuto alla litis contestatio (nel caso non aderisse, al convenuto venivano applicate sanzioni)
Il principato Il compito di decidere delle questioni controverse appartiene ora allo stato: la cognitio extra ordinem si affermerà come il processo di riferimento nell’età del principato La cognitio extra ordinem, quindi, serviva da una parte a tutelare quelle situazioni giuridiche che non erano tutelate né dal diritto civile né dal diritto del pretore e venivano disciplinate dal principe
Il principato La cognitio si estese anche alla tutela dei diritti sino ad allora tutelati con altre forme processuali Si ripete un fenomeno che avevamo già visto con l’avvento del pretore: sorgono nuove norme volte a disciplinare situazioni non ancora regolate e nuove strutture processuali che assicurano la loro tutela, strutture processuali che vengono poi impiegate per tutelare situazioni già tutelate con i vecchi schemi
Il principato Lo ius extraordinarium così creato ha, però, meno rilevanza di quello civile e pretorio: le situazioni in cui interviene l’opera del principe sono poche, limitate a pochi ristretti ambiti
Il principato Approfondiamo il rapporto tra imperatore e giuristi. Nel I sec. a.C. i giuristi si dedicano alla loro attività, prendendo le distanze dal mondo politico ed appoggiando o meno il nuovo ordine costituzionale che sia andava formando I primi anni dell’impero sono segnati dalla contrapposizione tra due giuristi: Antistio Labeone e Ateio Capitone, una contrapposizione che è – fondamentalmente - politica
Il principato Labeone è ostile al principato, è un antiaugusteo; egli crede nella nobilitas e nei valori aristocratici, mentre Capitone è un fervido sostenitore di Augusto Queste divergenze politiche non li indurranno, in ogni caso, ad assumere indirizzi giurisprudenziali diversi Labeone sceglie il disimpegno politico, ritenendo che il giurista non accresca la propria fama o bravura attraverso le cariche ricoperte
Il principato Labeone si dedica allo studio del diritto, ricopre la carica di pretore, ma rifiuta il consolato che Augusto gli offre nel 5 d.C., carica che invece Capitone accetta di buon grado La scelta di Labeone è quella di mettere al primo posto lo studio del diritto, la giurisprudenza intesa come interpretazione del diritto e strumento di innovamento dello stesso
Il principato Labeone scrive opere di commento all’editto del pretore urbano e peregrino nonché degli edili curuli, libri di responsi e i Posteriores, libri raccolti dopo la sua morte e sempre di impianto casistico Labeone si interessò anche dello studio della grammatica e del linguaggio, proponendo l’introduzione di termini greci da impiegare nel mondo del diritto Anche Labeone cercherà di costruire opere seguendo una tecnica classificatoria e definitoria, distinguendo concetti tra loro
Il principato Ateio Capitone scrive, invece, dieci libri De iure pontificio, dopo che Augusto ricopre la carica di pontefice massimo nel 12 d.C. Dal punto di vista del diritto privato, sembra che Capitone fosse più conservatore di Labeone, ma non possiamo sincerarci di ciò, poiché di Capitone ci sono giunti solo tre frammenti Si dedicò molto di più al diritto pubblico, probabilmente con lo scopo di sostenere l’avvento del nuovo ordine costituzionale
Il principato Augusto cercò di ingraziarsi i principali giuristi del suo tempo, offrendogli il consolato Ma il principale strumento di affiliazione fu il c.d. ius respondendi ex auctoritate principis, ovvero attribuisce ad alcuni giuristi il diritto di dare responsi muniti di un potere speciale, che li eleva al di sopra di quelli degli altri e che si fonda direttamente sull’autorità del principe
Il principato Questo riconoscimento avrà delle implicazioni: i responsi dei giuristi muniti di questo riconoscimento saranno quelli concretamente applicati in tribunale Adriano, infine, attribuirà a quei responsi forza di legge Adriano farà anche di più: nel tentativo di stabilire una alleanza con i giuristi, più che dedicarsi a promuoverne alcuni, potenzierà un organo: il consiglio del principe
Il principato Il consiglio del principe svolge importanti funzioni: collabora alla stesura delle costituzioni imperiali, assiste il principe in giudizio I giuristi che fanno parte del consiglio non sono più semplici giuristi, ma funzionari dell’impero Se i giuristi vogliono portare avanti la tradizione cui appartengono, di studiosi ed interpreti del diritto con funzione di sviluppo del diritto stesso, devono necessariamente prendere parte al consiglio
Il principato Nel primo secolo del principato l’insegnamento del diritto avviene attraverso un’organizzazione autonoma di scuole (secta), ispirata forse al modello delle scuole filosofiche greche Pomponio afferma che la prima divisione in scuole giuridiche sarebbe nata dal contrasto tra Labeone e Capitone Pomponio afferma anche che Labeone sarebbe stato un innovatore nel diritto privato, al contrario di Capitone
Il principato L’insegnamento di Labeone sarebbe stato ripreso da Cocceio Nerva e Proculo: quest’ultimo avrebbe dato il nome alla scuola che si sarebbe chiamata dei proculiani Seguaci di Capitone sarebbero stati Sabino e Cassio, da cui il nome della scuola: dei sabiniani o cassiani L’origine delle due scuole è ricollegata prevalentemente al contrasto politico tra i due caposcuola
Il principato La divisione delle due scuole si perde e non a caso con Adriano, cioè quando i giuristi si identificano con il consiglio del principe Le scuole sopravvivono come luoghi ove si insegna il diritto, ma sono staccate ormai dall’esercizio della giurisprudenza
Il principato Masurio Sabino è allievo di Capitone e sarà il primo giurista non appartenente al rango senatorio cui verrà attribuito da Tiberio il ius respondendi Scrivi i Libri tres iuris civilis in cui ripercorre lo schema dell’opera di Quinto Mucio Scevola che non comprende la trattazione del diritto onorario L’opera è molto conosciuta e commentata dalla giurisprudenza posteriore
Il principato Compone cinque libri di commento all’editto del pretore urbano, Memorabilia concernenti il diritto pubblico trattato secondo la linea restauratrice di Augusto Cassio Longino è allievo di Sabino e ricopre importanti cariche pubbliche (proconsole in Asia, legato dell’imperatore in Siria) Anch’egli scrive libri di commento al diritto civile, ma più ampi di quelli di Sabino, soffermandosi di più sulla materia contrattuale
Il principato Cocceio Nerva è allievo di Labeone e ne segue la linea politica: nel 33 d.C. si uccide per via della fine dell’antica repubblica Successore di Nerva e della scuola di Labeone è Proculo, da cui deriverà anche il nome della scuola (Proculiani) Proculo scrive raccolta di responsi e si tiene lontano dalle cariche politiche
Il principato Verso la fine del I sec. d.C. i giuristi iniziano a diventare consulenti e funzionari dell’imperatore Tra i primi Pegaso, famoso per la sua conoscenza (è stato definito un libro più che un uomo), che ricopre la carica di console e contemporaneamente scrive raccolte di responsi e dirige la scuola proculiana
Il principato Anche Giavoleno Prisco ricopre importanti cariche pubbliche, divenendo proconsole in Africa, ma dirige la scuola sabiniana e riesce anche a dedicarsi all’insegnamento: tra i suoi allievi quel Salvio Giuliano a cui l’imperatore Adriano affiderà la redazione dell’editto perpetuo Giavoleno si dedica all’attività di respondente e scrive dieci libri di commento ai libri Posteriores di Labeone, quindici libri di commento all’opera di Cassio, nonché quattordici libri contenenti responsi
Il principato Nerazio Prisco si dedica anch’egli all’attività politica e giuridica: è governatore della Pannonia nel 98 d.C. ed è – ideologicamente – un conservatore Egli ritiene necessario un compromesso tra principe e aristocrazia senatoria Nerazio fa parte sia del consiglio di Traiano che di Adriano, nonché caposcuola dei proculiani: muore nel 133 d.C.
Il principato Nerazio scrive prevalentemente opere contenenti regole giuridiche o responsi Publio Giuvenzio Celso ricopre la carica di pretore e console e fa parte del consiglio dell’imperatore Adriano, anche se morirà prima di lui Celso è giurista molto indipendente, che non lesinerà critiche ad autori antichi e a lui contemporanei: sarà l’ultimo caposcuola dei proculiani
Il principato Celso scrive 39 libri di digesta in cui sono contenute soluzioni a casi controversi immaginati e veri e propri responsi Salvio Giuliano è allievo – come anticipato – di Giavoleno Prisco, nonché governatore di alcune province; è membro del consiglio di Adriano, imperatore che – come noto – gli affida la redazione dell’editto perpetuo Giuliano scrive 90 libri di digesta in cui affronta il tema dell’editto del pretore e delle leggi e senatoconsulti, con un occhio di riguardo per la dottrina precedente di cui tenta di comporre i dissidi
Il principato Questa opera venne più volte ripubblicata anche dopo la morte dell’autore, con note a margine di altri giuristi Scrisse anche opere minori dedicate al diritto successorio e ai contratti Discepolo di Salvio Giuliano sarà Cecilio Africano, molto influenzato dal pensiero del maestro, si dedica alle dispute legate alla prassi
Il principato Altro grande giurista più volte citato nel corso del nostro studio è Sesto Pomponio che si dedica, per lo più, all’insegnamento Tra le opere da lui scritte, una molto particolare e che già conosciamo: il Liber singularis enchiridii, nonché libri che trattano del diritto onorario, di commento all’opera di Quinto Mucio e altri all’opera di Sabino in cui domina la materia civilistica
Il principato Un libro di straordinaria importanza sia per gli antichi che per noi è indubbiamente le Institutiones di Gaio Questo è un manuale destinato agli studenti di diritto, elementare e che doveva fornire agli studenti una conoscenza sommaria ma certa della tradizione giuridica e delle principali dottrine Il motivo per il quale quest’opera è così importante è che si tratta dell’unica opera della giurisprudenza classica che ci sia pervenuta all’infuori del Corpus iuris civilis di Giustiniano
Il principato Le Istituzioni di Gaio sono state pubblicate successivamente alla scoperta avvenuta nel 1816 presso la Biblioteca Capitolare di Verona ad opera dello storico Niebuhr Mentre stava sfogliando, presso questa biblioteca, un codice contenente tutt’altro materiale, si accorse che sulla pergamena riaffioravano i segni di una scrittura precedente
Il principato Seguì un grande lavoro di ricostruzione del testo ‘nascosto’ contenuto nel codice e che risultò essere una trascrizione delle Istituzioni di Gaio del V secolo Purtroppo, proprio a causa dell’uso di reagenti chimici che dovevano servire a far riaffiorare il testo nascosto, parte del codice si rovinò Fortunatamente, la scoperta di un papiro di Ossirinco e di un altro codice contenenti le Istituzioni, consentì di integrare le parti lacunose
Il principato La scoperta di quest’opera è stata di capitale importanza: grazie ad essa sappiamo come funzionava il processo formulare nonché quello basato sulle legis actiones Di Gaio sappiamo ben poco, a parte che visse nel II sec. d.C. e svolse l’attività di insegnante Oltre alle Istituzioni, scrisse un commento in sei libri alle XII Tavole
Il principato Le istituzioni sono un libro che nasce dall’insegnamento del diritto ed in esso sono illustrati i principi fondamentali del diritto privato romano Si compone di quattro libri Nel primo libro è trattato il diritto relativo alle persone: la summa divisio tra liberi e schiavi, le manomissioni, la distinzione tra alieni iuris e sui iuris
Il principato Nel secondo e terzo libro è contenuto il diritto delle cose, i modi di acquisto della proprietà, le successioni e le obbligazioni Successioni e obbligazioni rientrano nel diritto delle cose perché Gaio adotta una visione ampia di cosa che comprende sia le res corporali che quelle incorporali come l’eredità e le obbligazioni Nel quarto libro sono trattate le azioni e, dunque, il processo
Il principato Vi è dapprima un’ampia digressione sulle forme processuali più antiche, legis actiones, cui segue la trattazione del processo formulare Le Istituzioni di Gaio avranno una grandissima fortuna soprattutto qualche secolo dopo, quando Giustiniano li userà come base per la redazione delle sue Istituzioni Il successo di Gaio è la sua grande chiarezza espositiva: questo gli assicurerà una fortuna straordinaria: non è un caso che sia l’unica opera classica che ci sia giunta quasi nella sua interezza
Il principato Gaio è anche l’autore di un’altra opera, conosciuta sotto il nome di Res cottidianae nelle quali presenta delle innovazioni rispetto alle Istituzioni Gaio compie per la prima volta nelle Istituzioni una classificazione delle obbligazioni che lui rintraccia nei contratti e nei delitti
Il principato Poiché vi erano delle figure giuridiche che non erano classificabili né nei contratti né nei delitti, nelle Res cottidianae aggiorna questa classificazione, aggiungendo le c.d. variae casusarum figurae Giustiniano porterà a termine questo lavoro, individuando quattro tipologie di fonti delle obbligazioni: contratti, quasi contratti, delitti e quasi delitti
Il principato Negli stessi anni in cui scrive Gaio, opera un altro giurista che compone un’opera simile: si chiama Fiorentino Fiorentino non segue l’ordine gaiano, ma tratta prima i contratti, poi le persone ed infine la materia delle successioni ereditarie Ricordiamo anche Cervidio Scevola, componente del consiglio dell’imperatore Marco Aurelio, scrive Libri digestorum e di Responsa
Il principato Emilio Papiniano è, invece, di origine provinciale e ricopre la carica di prefetto del pretorio (comandante militare, ma anche esercente la funzione giurisdizionale) La sua fortuna è legata ai Severi: con la morte dell’imperatore Settimio, si vedrà togliere l’incarico di prefetto e sarà ucciso da Caracalla, probabilmente perché si rifiutò di legittimare l’assassinio di Geta (fratello di Caracalla)
Il principato Papiniano scrive 37 libri di questioni, in cui i primi 28 libri seguono l’ordine dell’editto, per poi affrontare il tema delle XII Tavole e delle costituzioni imperiali, ormai equiparate alle leggi di età repubblicana Nell’opera di Papiniano, dunque, l’interpretazione delle leggi più antiche è affiancata da riferimenti alla normazione imperiale Scriverà anche 9 libri di responsi
Il principato Allievo di Cervidio Scevola è Giulio Paolo, prefetto del pretorio tra il 222 e il 235 d.C. e scrive prevalentemente opere di commento ai giuristi precedenti (Sabino, Nerazio, Alfeno, Labeone, Giuliano, Scevola e Papiniano) Scrive libri di commento all’editto, nonché manuali per l’insegnamento, libri di responsi e numerose operette minori dedicate alla normazione imperiale e ai processi di appello nell’ambito della cognitio extra ordinem
Il principato Anche Domizio Ulpiano vive nell’epoca dei Severi, di origine siriana, entra a far parte del consiglio dell’imperatore Alessandro Severo, divenendo anche prefetto del pretorio Viene assassinato nel 223 nell’ambito di una crisi che porterà alla fine dello stesso Alessandro Severo Ulpiano scrive libri di commento all’editto, libri di commento a Sabino e numerose opere relative ai doveri gravanti sulle varie figure di funzionari e burocrati dell’impero
Il principato Queste ultime opere servivano da una parte a tutelare i cittadini contro le sopraffazioni dei funzionari e dall’altra fissavano delle regole di comportamento Marciano scrive 16 libri di istituzioni, nelle quali sembra voler seguire lo schema delle istituzioni di Gaio Infine, Modestino è l’ultimo giurista dell’epoca dei Severi ed è anche lui autore prolifico, nonché maestro di diritto del figlio dell’imperatore Massimino
Il principato La cognitio extra ordinem si caratterizza per la scomparsa della bipartizione del processo in due fasi: il procedimento si svolge interamente dinanzi al magistrato La cognitio era normalmente applicata nelle province, come in Egitto L’amministrazione della giustizia era affidata ai governatori delle province, i quali potevano delegare questa funzione ad altri magistrati inferiori, incaricati di singoli processi
Il principato Grazie al ritrovamento di alcuni papiri, siamo in grado di descrivere in modo generico alcuni aspetti dello svolgimento di questa procedura in Egitto Il procedimento era aperto dalla richiesta dell’interessato al governatore: se il governatore intendeva decidere lui, intimava al convenuto di comparire, in caso contrario delegava il processo ad un magistrato minore
Il principato Le parti comparivano in giudizio, esponevano i fatti Il magistrato esaminava documenti, ascoltava i testimoni e decideva della controversia con sentenza non più vincolata al rispetto delle rigide indicazioni del processo formulare: il contenuto era vario e potevano essere anche emanate sentenze interlocutorie finalizzate all’integrazione delle prove e – in tal caso – le decisione era rinviata
Il principato La lingua usata in Egitto era il greco Contro la sentenza poteva essere proposto appello dinanzi al magistrato superiore entro 15 giorni dalla sentenza stessa Dalle fonti papiracee risulta che i magistrati applicassero – nelle controversie tra privati provinciali – il diritto loro proprio e non il diritto romano, eventualmente modificato dalle norme emanate per la provincia in questione
Il principato La cognitio extra ordinem si applicava anche a Roma e in Italia Punto di riferimento di questa procedura è l’imperatore, da cui dipendono i singoli magistrati giudicanti, ma egli stesso può rendere giustizia in prima persona Capo della giustizia in Roma è il praefectus urbi, a cui seguono magistrati minori; capo della giustizia in provincia è il praeses e in Egitto il iuridicus Aegypti
Il principato La giustizia è amministrata in aule chiuse in cui possono entrare solo i litiganti e gli avvocati tutti i giorni tranne i festivi La chiamata in giudizio avveniva tramite litis denuntiatio, atto scritto in cui erano esposte le pretese dell’attore Inizialmente, era l’attore a invitare il convenuto a presentarsi in giudizio: successivamente divenne un atto pubblico: Costantino nel 322 d.C. ordinò che la litis denuntiatio che venisse annotata in registri
Il principato In epoca giustinianea, la citazione avviene mediante un libellus conventionis che l’attore consegna al magistrato e nel quale sono contenute le sue pretese Il magistrato lo consegna ad un funzionario, il quale a sua volta ne consegna copia al convenuto, intimandogli di presentarsi in giudizio La citazione del convenuto ha l’effetto di interrompere la prescrizione dell’azione
Il principato Il convenuto replica con un libellus contradictionis nel quale confuta le pretese avversarie e sostiene le proprie ragioni e viene comunicato all’attore Convenute le parti in giudizio, il convenuto può riconoscere eventualmente la pretesa attorea (confessio in iure) In caso contrario, si procede con l’esposizione dei fatti da parte dell’attore e la difesa del convenuto
Il principato Si procede con la litis contestatio che, però, non ha più l’effetto di estinguere l’obbligazione dedotta in giudizio: solo la sentenza produrrà il giudicato ed impedirà la riproposizione dell’azione in un altro giudizio Il giudice non è più libero di valutare le prove come meglio crede: la prova documentale e testimoniale hanno una maggiore importanza
Il principato Tra le prove documentali è stabilita una graduatoria: Prova piena è riconosciuta a documenti redatti dai funzionari pubblici nell’esercizio delle loro funzioni Per gli atti redatti da notai, fanno prova se confermati da giuramento del notaio I documenti redatti dai privati hanno la stessa forza di quelli redatti dai notai se sono sottoscritti da tre testimoni, altrimenti hanno il valore di prova semplice ed è ammessa la prova contraria
Il principato Per le prove testimoniali, Giustiniano stabilisce che un solo testimone non fa prova Elemento di prova è anche la confessio, cioè qualsiasi ammissione di una delle parti alle affermazioni dell’altra La confessione totale o parziale ha valore di giudicato: la confessione per essere valida deve essere compiuta personalmente e alla presenza dell’altra parte
Il principato Il giudice decide la causa con sentenza scritta letta alle parti in pubblica udienza La sentenza può essere impugnata dinanzi ad un magistrato superiore che pronuncia una nuova sentenza che si sostituisce alla prima L’origine dell’impugnazione deriva probabilmente dalla circostanza che i magistrati giudicavano in nome dell’imperatore
Il principato Essendo, dunque, considerato l’imperatore come colui che monitorava l’attività giurisdizionale, i privati non soddisfatti dalla sentenza si rivolgevano a lui: il principe non riusciva a far fronte alle richieste ed invalse l’abitudine che le lamentele venissero portate alla cognizione dei magistrati gerarchicamente superiori a quelli che avevano deciso Il giudice d’appello poteva pronunciare una nuova sentenza che si sostituiva alla prima; poteva respingere l’appello e diveniva definitiva la sentenza di primo grado
Il principato Il giudice dell’appello poteva anche condannare a sanzioni più gravi delle precedenti il già condannato Nel caso in cui il convenuto non si presentasse in giudizio perché resosi irrintracciabile o assente ingiustificato non gli era stata consegnata la citazione (per tre volte) o, citato, non si presentava in giudizio, veniva dichiarato contumace ed il processo proseguiva in sua assenza