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Dott.ssa Elena Cimino Diabetologia – Ospedale San Gerardo, Monza

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Presentazione sul tema: "Dott.ssa Elena Cimino Diabetologia – Ospedale San Gerardo, Monza"— Transcript della presentazione:

1 LE DIFFICOLTA’ PSICOSOCIALI CHE COLPISCONO LA PERSONA CON DIABETE E I SUOI FAMILIARI
Dott.ssa Elena Cimino Diabetologia – Ospedale San Gerardo, Monza Università dell’Insubria – Sede Milano Bicocca San Pellegrino Terme (BG) – 19 Settembre 2014

2 Che cos’è la malattia cronica?
Le malattie croniche si caratterizzano per: sintomi che perdurano nel tempo, talvolta in maniera costante e altre con fasi di remissione parziale e di riacutizzazione le terapie possono portare miglioramenti ma non sono risolutive problema per la necessità di un diverso modello assistenziale dispetto alle malattie 'acute‘  la presa in carico dei pazienti sul territorio e l'assistenza lungo tutto il decorso della malattia.

3 Che cos’è la malattia cronica?
- Ha una malattia “incurabile” ma controllabile debilitante complicanze acute complicanze a lungo termine sarà malato per 365 giorni all’anno malattia interferisce costantemente nella sua vita e in quella della sua famiglia viene richiesto impegno e partecipazione

4 Medicina “Disease Centred”
La medicina si occupa della malattia (intesa come deviazione della norma di variabili biologiche); gli scopi di una visita medica, gli obiettivi del medico e i modi per raggiungerli in ogni incontro clinico sono integralmente guidati da tale modello. Questo paradigma tradizionale segue queste fasi: - individuare i sintomi; - collegarli a una malattia; - formulare un’ipotesi diagnostica prioritaria sulla base della quale il medico chiede gli accertamenti del caso; - rimandare ad un momento successivo il trattamento terapeutico individuale

5 Medicina “Disease Centred”
MALATTIA SEGNI E SINTOMI DIAGNOSI DIFFERENZIALE ACCERTAMENTI EMATOCHIMICI E STRUMENTALI DIAGNOSI CURA

6 Medicina “Disease Centred”
L T I C U MALATTIA SEGNI E SINTOMI DIAGNOSI DIFFERENZIALE ACCERTAMENTI EMATOCHIMICI E STRUMENTALI DIAGNOSI CURA

7 Medicina “Disease Centred”
L’oggetto del principale atto medico è la MALATTIA  il medico è l’ESPERTO DELLA MALATTIA Il medico, sulla base delle competenze acquisite e valutando i segni e i sintomi della malattia, i referti delle indagini diagnostiche decide rimedi adottare. Il paziente è presente solo come figura ausiliaria, come portatore della malattia ricettore passivo delle decisioni prese dal medico. Anche nella fase di ascolto, per l’anamnesi, il medico recepisce solo quelle informazioni che si collegano comunque a un danno biologico, eliminando quelle connesse, con tutto ciò che biologico non è. Il punto di vista del paziente e il suo essere malato sono svuotati di importanza e possono essere considerati un impedimento al processo diagnostico.

8 Medicina “Disease Centred”
Il colloquio clinico tra dottore/paziente è una sequenza INPUT – OUTPUT quasi indipendenti l’uno dall’altro  sequenza di micro dialoghi con ogni volta un “a capo”. Possiamo descrivere un colloquio DISEASE e DOCTOR CENTRED come caratterizzato da: - un alto controllo degli scambi da parte del medico e un basso controllo del paziente (DOCTOR CENTRED) - un contenuto della comunicazione esclusivamente ricondotto alla dimensione biologica della patologia (DISEASE CENTRED).

9 Medicina “Disease Centred”
I punti di forza sono: SEMPLICITA’:aspetti biologici e patologici quantificabili e misurabili. POTERE PREDITTIVO: la costanza causa – effetto di ogni malattia consente al medico non solo di diagnosticare le malattie ma anche di indicarne la prognosi. CHIAREZZA: Il metodo clinico pone con chiarezza gli obiettivi che devono essere raggiunti. VERIFICABILITA’: Si tratta di verificare la correttezza della diagnosi dei singolo medico e della possibilità di verificare la correttezza e l’attendibilità delle affermazioni della comunità scientifica. INSEGNABILITA’. Le competenze possono essere trasmesse da un medico all’altro

10 Medicina “Disease Centred”
Problemi: La disumanizzazione: l’uomo non è altro che un aggregato di parti di cui se ne può aggiustare una o l’altra. La parcellizzazione del corpo umano porta ad una iperspecializzazione dei medici. A ciascuno il suo pezzo di malato. L’ipermedicalizzazione: una lettura in chiave medico biologica dei fenomeni anche quando questi non sono biologici, proprio perché all’interno di questo modello non ci sono alternative possibili. Una malattia è biologica o non è una malattia. Riduzionismo: la semplicità puo’ scivolare nell’errore di considerare un approccio alla malattia la sola e unica sua dimensione.

11 Medicina “Patient Centred”
A partire dagli anni ’50 diverse teorie hanno cominciato ad accusare il medico e il sistema sanitario in generale di non considerare il paziente come “PERSONA”. JASPERS un medico e filosofo, sosteneva che la medicina parcellizza la cura, e la riduce alla rimessa in funzione di organi difettosi e nella pratica dell’intervento biologico l’uomo va perduto e distrutto. Si scaglia contro la disumanizzazione della medicina e sostiene la necessità di una comunicazione più profonda tra medico e paziente. COME FARE?

12 Medicina “Patient Centred”
IL CONTRIBUTO DI BALINT «PERSON CENTRED MEDICINE». Non si tratta solo di una questione linguistica in quanto l’introduzione di una terminologia rinnovata costituisce il segno dei limiti della medicina tradizionale. mette in luce la fragilità della medicina centrata sulla malattia, che crolla di fronte al fatto che nella relazione clinica si incontrano tensioni, difficoltà e resistenze che nulla hanno a che vedere con l’aspetto biologico. OVERALL DIAGNOSTICS: i clinici sono invitati a formulare una diagnosi biomedica, che prenda in considerazione anche gli aspetti del mondo della persona. Il nodo centrale dell’attività del medico è la sua relazione con il paziente, che di per sé è terapeutica: il medico stesso è la prima medicina.

13 Medicina “Patient Centred”
IL CONTRIBUTO DI BALINT Lavorare sul medico: le caratteristiche personali, le esperienze passate, i valori e le attitudini del medico entrano infatti in modo non neutro nel rapporto con il malato. E di questa influenza il medico deve esserne consapevole. Il medico deve svolgere su di sé un lavoro di introspezione e interpretazione per migliorare il proprio vissuto e questo miglioramento si ripercuote sulla relazione con il paziente. Il limite della proposta di BALINT è costituito dal fatto che questo percorso formativo è dispendioso in termini di tempo e di energie.

14 Medicina “Patient Centred”
IL CONTRIBUTO DI ENGEL L’uomo è un sistema complesso che può essere analizzato come insieme di parti (SISTEMI) che lo compongono (ORGANI, TESSUTI, CELLULE, ATOMI) e come parte di sistemi sovrastanti (FAMIGLIA, CLUB, IL GRUPPO DI AMICI). Nel momento in cui interviene la malattia, non si modifica solo la struttura organica dell’individuo, ma anche tutte quelle parti che sono in relazione con essa: il malato non è colpito solo a livello biologico, ma la malattia si manifesta anche a livello psicologico o individuale e a livello sociale, del contesto in cui vive.  ENGEL ha suggerito un metodo clinico bio-psico-sociale, ma non ha individuato con chiarezza gli elementi nuovi dell’agire del medico, non ha dato delle direttive operative per realizzare nella pratica professionale un approccio sistemico al malato.

15 Medicina “Patient Centred”
La medesima malattia pur presentando le stesse caratteristiche ed essere riconoscibile da malato a malato è vista anche in ciò che distingue un paziente dall’altro, nel modo cioè in cui ogni paziente vive la malattia a seconda della propria storia. La medicina centrata sul paziente non rinnega il modello tradizionale ma aggiunge alla necessità di INDIVIDUARE LA MALATTIA e di IMPOSTARE IL TRATTAMENTO TERAPEUTICO la necessità di confrontarsi con il SIGNIFICATO SOGGETTIVO che la malattia acquisisce nel malato che ne soffre. Due dimensioni della malattia: ciò che accomuna i malati (DISEASE) e ciò che li distingue (ILLNESS); la malattia e il sentirsi malati.

16 Medicina “Patient Centred”
All’interno di una visita medica centrata sul paziente, il malato non occupa più una posizione passiva; gli esperti nella visita medica PATIENT CENTRED sono due: il medico esperto del DISEASE, l’altro che sale alla ribalta è il paziente stesso, esperto di ILLNESS Il clinico dovrà disporre di un metodo che tenga conto della interconnessione tra aspetti biologici, psicologici e sociali e porsi come obiettivi: il trattamento della malattia; la cura del malato

17 Medicina “Patient Centred”
Si passa dal TO CURE della medicina centrata sulla malattia al TO CARE. La medicina centrata sul paziente giunge ad occuparsi anche degli aspetti non biologici della malattia La relazione tra medico e paziente non è più un mezzo per formulare una diagnosi parte di un processo che ha come protagonista il malato, esperto della propria salute e che si sviluppa, da un punto di vista temporale, prima, durante e dopo l’incontro clinico.

18 Medicina “Patient Centred”
Il colloquio PATIENTE CENTRED non è più caratterizzato da un flusso comunicativo monodirezionale, un procedere dal medico al paziente. La comunicazione è ora caratterizzata da scambi GOLF e del TENNIS. Nel primo l’attività consiste nel mandare in buca la pallina, ed è solo da questo movimento che dipende la buona riuscita della giocata (disease centred). Nel tennis la risposta è sempre contemporaneamente anche la domanda all’avversario (patient centred)

19 L’Agenda del Paziente Ciò che il paziente porta con sé e con la sua malattia e si riferisce alla dimensione soggettiva, ma coglie tale dimensione nel momento in cui essa non appartiene più al paziente soltanto ma è intenzionale, diretta verso qualcuno. L’agenda del paziente è organizzata in quattro dimensioni principali: la dimensione dei sentimenti; la dimensione delle idee e delle interpretazioni la dimensione delle aspettative e dei desideri il contesto familiare, sociale e lavorativo

20 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DEI SENTIMENTI
I sentimenti sono una costante in ogni risposta soggettiva alla malattia, i suoi contenuti sono del tutto personali  bandire ogni posizione a priori (per esempio: tutti i malati di tumore hanno paura) e rendendosi disponibili a comprendere e dare il nome appropriato ai sentimenti del singolo malato (paura, rabbia, angoscia, incertezza, disperazione, ecc…) I sentimenti possono essere intesi come una chiave per accedere all’agenda, un modo per comprendere l’ILLNESS.

21 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DELLE IDEE
- I malati hanno spesso modalità di interpretazione dei sintomi e ipotesi sulle malattie assai diverse da quelle dei loro medici curanti. il loro effetto si fa sentire in molti modi, nel modulare l’accesso all’ambulatorio, nel comprendere la diagnosi, nell’accettare le terapie. - E’ impossibile che un paziente, accusando i sintomi di una malattia, non tenti di darsene una spiegazione formulando delle ipotesi sulle cause della malattia e provando a trovare dei rimedi.  interpretazioni

22 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DELLE IDEE
Idee e interpretazioni si articolano tra loro fino a generare i FRAMES  pacchetti di interpretazioni di idee, di significati che i pazienti collegano l’un l’altro intorno ad un fatto centrale All’origine di un frame ci possono essere informazioni derivanti dalla propria esperienza, dall’osservazione di altri, dalla televisione e dai giornali, internet Un frame comporta un agire del malatoidee e interpretazioni su sintomi, cause, aree colpite, trattamenti possibili, il malato compie tutta una serie di comportamenti che condizionano l’incontro con il medico. Il paziente costruisce un frame non sulla base di una competenza scientifica, ma a partire dalla propria esperienza comprendere un frame o un’interpretazione, un’idea, significa non tanto poter intervenire su un singolo comportamento, ma modificare il costrutto mentale che lo genera.

23 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DELLE ASPETTATIVE E DEI DESIDERI
Mutano a seconda del contesto culturale e scientifico in cui sono immerse. Fino a tutta la prima metà del secolo i pazienti si consegnavano al medico con una cieca fiducia rispetto alle sue possibilità e ai risultati della scienza medica  l’immagine pubblica della medicina era altamente positiva. Con la seconda metà del secolo invece si assiste a un mutamento di tendenza  il pubblico non sembra più accontentarsi del solo parere medico e avanza pretese del tutto nuove.

24 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DELLE ASPETTATIVE E DEI DESIDERI
Nella pratica clinica i medici non possono non affrontare le aspettative e i desideri impliciti ed espliciti dei pazienti; per conoscere i contenuti di questa dimensione dell’agenda è necessario rivolgersi al singolo malato ed esplorare cosa lui si aspetti dal medico e cosa desideri nel momento in cui si rivolge al medico. Aspettative e desideri del malato non sono la medesima cosa. Le aspettative riflettono la percezione della probabilità con cui un fatto è possibile che accada. Sono in un certo senso un’anticipazione di ciò che si ritiene debba accadere a seguito del colloquio clinico. Un desiderio riguarda ciò che ci si augura che accada, pur non ritenendolo possibile o realistico.

25 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DEL CONTESTO
Le tre dimensioni non possono essere svincolate dal luogo familiare, lavorativo, culturale, sociale e ambientale in cui la persona vive. Il significato di una malattia per il singolo malato è influenzato dal CONTESTO che contribuisce a determinare le interpretazioni del malato, a generarne i sentimenti, a plasmare le aspettative

26 L’Agenda del Paziente LA DIMENSIONE DEL CONTESTO
- Il contesto è una componente causale non tanto del DISEASE quanto dell’ILLNESS del malato, del modo in cui reagisce alla malattia, la interpreta e prende provvedimenti contro questa, determinando tempi e modalità di ricorso al medico. La malattia stessa, calata in diversi contesti, assume significati diversi.

27 L’Agenda del Medico Modalità con la quale egli vive la realtà professionale e il tipo di bisogni di cui è portatore nel momento in cui incontra l’assistito. L’agenda del medico a sua volta può comprendere: responsabilità professionali, istituzionali, familiari problemi personali che possono interferire con il lavoro gratificazione e soddisfazioni lavorative benessere e qualità della vita

28 L’Agenda del Medico L’EMPATIA
Empatia: sapersi calare dentro nel punto di vista di qualcun altro. La medicina centrata sul paziente presuppone che si devono utilizzare le competenze biomediche sapendo però che esse devono servire a una persona che ha un punto di vista diverso da quello del medico, un punto di vista che deve essere compreso per poter essere realmente d’aiuto al malato  l’INTERESSE e il RISPETTO.

29 “Su cinque pazienti cronici, solo uno o due seguono correttamente le prescrizioni del medico. La grande maggioranza adotta una propria versione della terapia e ha idee in proposito che non confesserà mai al medico” Assal

30 La Malattia Cronica Il sopraggiungere di una malattia cronica rappresenta di per se un evento traumatico che costituisce un disequilibrio esistenziale, una rottura che introduce l’incertezza  LUTTO, perdita di ciò che è consueto (Assal) La malattia cronica mette di fronte alla limitatezza dell’essere umano, il senso della vita è messo in discussione nel momento in cui l’individuo vede la malattia come minaccia alla realizzazione dei propri progetti. L’impatto che si ha nell’affacciarsi alla malattia varia certamente a seconda dell’individuo, della personalità, della situazione personale.

31 La Malattia Cronica La priorità dei pazienti con la malattia cronica è di raggiungere un equilibrio intrapsichico e intrerpersonale accettabile  adattamento alla malattia Coping “quel comportamento che protegge le persone dalla pressione psicologica dovuta a situazioni sociali problematiche” (Folkman); “permette alle persone di utilizzare diverse abilità per gestire le difficoltà e le pressioni che si presentano durante l’esistenza” Coping con ruolo di prevenzione: impatto emotivo per la scoperta della malattia negazione o rifiuto vs sostegno e attenzione Coping con ruolo di recupero: a lungo termine raggiungimento di equilibrio intrapsichico e intrapersonale.

32 La Malattia Cronica I pazienti con malattia cronica si ritrovano in una situazione paradossale: Patologia dalla quale non guariranno che non da sintomatologia che dovranno fronteggiare in ogni momento della loro vita richiesta continua di attenzione su alimentazione e attività fisica (ma se io sono pigro?) complicanze invalidanti che forse compariranno dopo anni. Ansia  complicanze acute: per esempio ipoglicemia  complicanze croniche: dialisi? Cecità? Depressione  inadeguatezza sul controllo della malattia

33 Diabete e Depressione Esiste una relazione bilaterale tra diabete tipo 2 e depressione: la presenza di diabete tipo 2 aumenta il rischio di sviluppare depressione e la presenza di depressione maggiore puo’ favorire lo sviluppo di diabete mellito tipo 2  peggiora compenso glicometabolico, peggiora qualità di vita. Vivere con il diabete vuol dire essere preoccupati per il futuro e per la possibile presenza di complicanze, vuol dire sentirsi in colpa per una gestione non corretta della terapia.

34 Diabete e Disturbo d’Ansia
Molte persone con diabete e depressione possono sviluppare un disturbo d’ansia: ansia generalizzata, attacchi di panico. I disturbi dell’ansia possono complicare la qualità della vita attraverso almeno 3 diverse modalità: Un grave disturbo d’ansia preesistente che simula in parte i sintomi di una grave ipoglicemia, rendendo difficile il riconoscimento e la correzione della glicemia Ansia riguardante aghi, iniezioni o sangue Paura dell’ipoglicemia che può portare il paziente a mantenere valori di glicemia ben oltre il range.

35 Diabete e Disturbi dell’Alimentazione
Tra i diabetici tipo 1 specialmente le donne, si è osservato un rischio due volte maggiore di sviluppare disturbi dell’alimentazione rispetto ai non diabetici. In particolare per quanto riguarda la bulemia sia l’anoressia. Una pratica particolare  insulin purging: ridurre o non eseguire somministrazione insulina per favorire la glicosuria. Nei pazienti diabetici tipo 2 invece il disturbo dell’alimentazione più frequentemente riscontrato è il binge eating disorder (disturbo dell’alimentazione incontrollata)

36 Diabete e Famiglia Di fronte al carico di responsabilità che il diabetico è chiamato ad affrontare scatta spesso una qualche reazione di “fuga”  la famiglia si trova a gestire una situazione imprevista. L’iniziale inversione dei ruoli messa in atto dal diabetico a scopo difensivo tende a ritardare la presa di coscienza individuale della malattia e a delegare alla famiglia la responsabilità della gestione e cura del diabete. Il diabetico è invece chiamato dai familiari a responsabilizzarsi e ed assumere il ruolo attivo di co-gestore della propria malattia con proporzioni che variano in base alla tipologia di target e che non sempre corrispondono a quanto il diabetico sia disposto a farsi carico

37 Diabete e Famiglia Nel bambino: preoccupazione per la gestione della quotidianità da parte del caregiver Nell’adulto: il tentativo di coinvolgimento familiare attivato dal paziente attraverso un processo regressivo di delega della gestione («cucina la moglie») viene “rispedito al mittente”  chiamato a responsabilizzarsi e ed assumere il ruolo attivo di co-gestore della propria malattia Paziente anziano: care giver che si occupa della gestione di terapie, alimentazione, visite ma  “diritto” alla trasgressione (soprattutto in termini alimentari) Nel paziente malato da molti anni le dinamiche risultano meno problematiche: la convivenza con il diabete è meno destrutturante, la malattia fa parte a della propria dimensione di vita e del sistema relazionale-familiare

38 Diabete e Famiglia La famiglia tout court si percepisce come sostegno del malato, ma non si può sostituire ad esso nella gestione/cura della malattia (se non nei casi più gravi di persone anziane non autosufficienti) – Supervisione : nei confronti dei diabetici giovani – Supporto: nei confronti dei pazienti adulti – Tutor : nei confronti dei pazienti anziani I familiari cercano sempre di più di essere di supporto: – Informarsi di più sull’evoluzione delle nuove terapie – Controllare di più il diabetico per evitare eventuali “sensi di colpa” – Collaborare di più «cucinando più dolci privi di zucchero»

39 Difficoltà Cambio stile di vita e alimentazione
il tema dell’alimentazione e del rispetto della dieta risulta il più problematico per il familiare e per il diabetico  tale aspetto risulta più evidente nei diabetici meno “gravi”, non insulino-dipendenti soprattutto adulti e/o anziani per i quali risulta estremamente difficile metabolizzare il cambiamento delle proprie abitudini di vita Il concetto di “controllo” e “gestione” del diabete tramite la dieta/pastiglia implica un coinvolgimento attivo e consapevole del paziente che deve essere disposto a sacrificare le proprie preferenze alimentari Appare invece meno difficoltoso per i pazienti più “gravi”, insulino-dipendenti, soprattutto per i giovani che “crescono” con uno stile alimentare ad hoc, ma anche per gli adulti che nel tempo riescono a gestire bene il regime alimentare, apportando interventi farmacologici correttivi qualora necessario

40 Difficoltà Controlli la maggioranza dei diabetici sembra disposta a sottoporsi con regolarità ai continui controlli, affrontando con una certa dose di stoicismo e rassegnazione le innumerevoli punture che questo comporta …MA… Fa male Poche strisce Poco tempo, farli davanti ad altri, al lavoro..

41 Difficoltà Attività fisica
Più semplice da stimolare negli adulti, non sempre viene accettata di buon grado dagli anziani, che a volte faticano anche a fare la cyclette in casa Organizzazione della giornata e orari di assunzione dei farmaci -- compatibilità con le attività lavorative

42 Difficoltà Supporto farmacologico
I diabetici sembrano ben consapevoli della necessità di assumere con regolarità e precisione i farmaci e, salvo rare eccezioni, appaiono in grado di farlo autonomamente trasformando in abitudine anche la somministrazione di insulina Solo in alcuni casi di pazienti più anziani risulta necessario il supporto dei familiari per l’agofobia e/o l’inaffidabilità del familiare o del paziente dovuta a deficit neurologici e di attenzione o ad alterazioni dei processi mnestici che mettono a rischio la corretta somministrazione Terapia insulinica intesa come «fine», «dipendenza» dal farmaco

43 Qual è la risposta a tutto questo?
EDUCAZIONE DEL PAZIENTE, DEI FAMILIARI E DEL PERSONALE SANITARIO!

44 «Aiutare il paziente ad accettare una nuova condizione che determina una rottura biografica, un’aggressione non solo al corpo ma anche al senso di identità dell’individuo richiede da parte del medico quel tatto, attenzione e comprensione che permette di considerare il paziente non una semplice collezione di sintomi e funzioni alterate, ma un essere umano con paure, speranze che cerca sollievo, aiuto e rassicurazione» Bury - Harrison


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