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Il Counseling.

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Presentazione sul tema: "Il Counseling."— Transcript della presentazione:

1 Il Counseling

2 La «vecchia» concezione del counseling: l’orientamento al lavoro (nel senso di trovare la giusta collocazione professionale di un soggetto date certe sue «attitudini») La nuova concezione del counseling: Carl Rogers, Rollo May (primi anni ’40)

3 Il ruolo professionale del counselor viene occupato da tutte quelle persone che “pur non desiderando diventare psicologi o psicoterapeuti svolgono un lavoro che richiede una buona conoscenza della personalità umana” (Rollo May).

4 Il counseling si differenzia da altre forme di aiuto spontaneo o professionale:
dare consigli dare informazioni azione diretta insegnamento

5 Il counseling è una strategia di aiuto in cui l’operatore non ha il compito di fare qualcosa o di dare qualcosa a chi chiede aiuto; piuttosto, egli ha la delicata funzione di aiutare la persona a definire il problema e imparare a gestirlo, assumendosi pienamente la responsabilità delle scelte compiute. La definizione del problema e la possibilità di affrontarlo e superarlo deve nascere dalla persona che chiede aiuto (Simeone, 2002, p. 66).

6 Il counseling può essere definito come l’uso, professionale e regolato da principi, di una relazione, nell’ambito della quale il cliente è aiutato nel processo finalizzato a facilitare una migliore conoscenza di sé e l’accettazione dei propri problemi emotivi e a portare avanti la propria crescita emozionale e lo sviluppo ottimale delle proprie risorse personali. Lo scopo finale è fornire al cliente un’opportunità di vivere in modo soddisfacente e in base alle proprie risorse. La relazione di counseling può variare a seconda dei bisogni, ma riguarda comunque i compiti evolutivi ed è rivolta a risolvere problemi specifici, a prendere decisioni, a fronteggiare momenti di crisi, a sviluppare insight personale ed una migliore conoscenza di sé e a elaborare sentimenti connessi con conflitti personali o a migliorare le relazioni con le altre persone. Il ruolo svolto dal counselor è quello di “aiutare il cliente rispettando i suoi valori, le sue risorse personali e la sua capacità di autodeterminazione” (British Association of Counseling)

7 Il counseling è un modo di agire che richiede di lavorare a fianco e in collaborazione con le persone, attraverso un uso esplicito della relazione stabilita, per raggiungere un determinato cambiamento desiderato dal cliente. Lo scopo è di aiutarlo a sviluppare una comprensione della sua esistenza e a progettare e portare a compimento le proprie azioni. Il counseling richiede lo sforzo di aiutare il cliente ad affrontare gli aspetti dolorosi e difficili della sua vita e di assumere la piena responsabilità della sua esistenza e delle sue azioni. (The British Association of Young People’s Counseling and Advisory Services)

8 …quindi: il counseling, nell’ambito della relazione fra cliente e counselor, mira a: aumentare conoscenza e consapevolezza di sé sviluppare le risorse personali rilevare i compiti evolutivi che il soggetto, la coppia e la famiglia si trovano ad affrontare in quel preciso stadio del proprio ciclo di vita favorire l’autonomia e l’autodeterminazione, sviluppare il senso di autoefficacia e l’attingere alle risorse personali

9 Quindi… La competenza del counselor è essenzialmente di tipo relazionale

10 La finalità del counseling è aiutare la persona ad aiutarsi
 Empowerment: passaggio da interventi centrati sul problema a interventi centrati sulle capacità e sulle competenze

11 → Due assunti fondamentali
CARL ROGERS → Due assunti fondamentali

12 (cfr. cibernetica, teorie della complessità)
La persona «funziona» come un «intero» → «il tutto è più della somma delle parti» (cfr. cibernetica, teorie della complessità) E’ veramente nel cuore del mistero di cosa rende un organismo ‘funzionante’, una importante pietra miliare nel nostro approccio (Rogers, 1979) → l’essere umano è dotato di direzionalità, di «tendenza attualizzante»

13 L’essere umano è capace di esprimere un “processo di valutazione organizzato” che è una caratterizza dell’interezza della persona, dell’intero «organismo» → esiste un «vero sé», «ciò che veramente si è»

14 B. La persona si costruisce nella relazione
La persona non esiste in solitudine, ma in immersione con l’ambiente

15 Il Sé si costruisce facendo proprie le valutazioni degli altri sul proprio conto (“I” o “me”).
quando c’è una convergenza fra l’immagine che si ha di sé (ideal self) che gli altri ci restituiscono e le emozioni e le sensazioni percepite a livello “viscerale” (real self), avviene una loro «simbolizzazione» → congruenza; viceversa, quando la struttura profonda e viscerale del Sé è negata, esso va costruendosi sulla base di immagini di sé non coerenti con l’intimo sentire → incongruenza. C’è incongruenza quando non si riescono a simbolizzare le proprie emozioni profonde, che così non sono percepite a livello cosciente

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17 Quando si è congruenti ci si sente “liberamente e profondamente se stessi” (Rogers, 1970, p. 51) consapevoli del proprio modo di essere, si è in grado di «auto-orientarsi».

18 Inoltre, si è aperti all’esperienza e in continua evoluzione, si è «fluidi», si sperimenta in modo sempre nuovo la realtà, (experiencing) “La ‘vita piena’ è un ‘processo’, non uno stato” «Non vi è alcuna struttura da difendere, ma piuttosto una coscienza ricca e mutevole della esperienza intrapersonale”. La rigidità è segno dell’incapacità del soggetto di lasciarsi modificare dall’esperienza.

19 Quando si è incongruenti si sperimenta ansia.
Nello stato di incongruenza la persona è disconnessa dal proprio sentire profondo e ciò la fa cadere in uno stato di incertezza e empasse. La persona è rigida e ciò le impedisce di cambiare, non riesce a modificarsi quando si presentano nuove situazioni e nuove esperienze.

20 → Il counseling interviene quando le inevitabili «rigidità» della persona le impediscono di evolvere e di cambiare quando si presentano nuove situazioni inaspettate o quando si stanno attraversando delle «crisi evolutive»

21 Il counseling opera per permettere alla persona di «simbolizzare» le proprie reazioni viscerali profonde rispetto a una certa situazione

22 Afferma Rogers che le persone cercano:
Potersi dirigere da soli, Sentire di essere un processo, Sentire di essere complessi: Sentirsi aperti all’esperienza. Sentirsi capaci di accettare gli altri. Sentirsi fiduciosi verso se stessi.

23 Le tre condizioni necessarie e sufficienti per il cambiamento della persona
Comprensione empatica. Il terapeuta è in grado di capire cosa il cliente sta provando e glielo comunica. Il terapeuta è “compenetrato dal mondo interiore dell’altro”. Questo tipo di ascolto sensitivo e attivo è estremamente raro nella nostra vita. Noi pensiamo di ascoltare, ma molto raramente lo facciamo con vera empatia e comprensione; Accettazione, o il prendersi cura o il manifestare una considerazione incondizionatamente positiva. Questo prendersi cura è non possessivo e include tutti i sentimenti che il terapeuta sta vivendo (risentimento, paura, amore...); Genuinità, autenticità, congruenza. Il cliente può veder chiaro cosa il terapeuta è nella relazione.

24 La tecnica dell’intervento a specchio, o rispecchiamento (Rogers, 1942; 1951; 1967) consiste nel «rispecchiare» quanto l’altro sta dicendo, esprimendo un’ipotesi di comprensione (ad es. tu pensi dunque che… mi pare di aver capito che tu sostieni che…) Tale rispecchiamento consiste in una ripetizione delle parole pronunciate, in una riformulazione, o in una sintesi di quanto l’interlocutore ha detto. la ripetizione può riguardare anche aspetti non verbali, ad esempio i sentimenti e il modo in cui sono espressi (postura, mimica, voce ecc.). Si utilizza sempre la forma dubitativa (ad es. mi sembra che tu sia preoccupato…) Il rispecchiamento deve comunicare nei suoi aspetti non verbali accettazione e comprensione

25 TECNICHE PER ASCOLTARE (Mignosi 2001)
ripresa ad eco: Ripresa di una parola-chiave del discorso, o ri-proposizione delle sue ultime parole per incoraggiare a continuare rispecchiamento selettivo: Ripresa di frasi salienti, precedentemente pronunciate, per riprendere un discorso dal quale ci si è allontanati e sul quale si vuole ritornare riflesso del sentimento: L’intervistatore ripropone sentimenti che sono sembrati sottesi alle parole o all’analogico riformulazione: L’intervistatore riprende ciò che ritiene essere saliente, senza aggiungere nulla di suo (diverso da intervento che tende a chiarificare, correggere)

26 Tecniche per ascoltare…
Le seguenti tecniche possono essere utili in una relazione di aiuto: (Mattioti, Crestana, Trevisani, 1991, pp ) Il riaffermare o riformulare: l’operatore ripete quello che a suo parere costituisce il contenuto centrale del discorso del paziente («Dunque lei mi sta dicendo che… Se ho ben capito lei intende dire che…»). Ciò ha un duplice valore: conferma al paziente di essere compreso; aiuta il paziente a comprendere meglio i suoi stati d’animo dandogli “la possibilità di approfondirle un discorso portato da lei stessa” (Artioli, Montanari, Saffioti, p. 124)

27 Paziente: “ultimamente mi sento un insieme di pensieri che non saprei come definire: da una parte c’è il desiderio di star meglio, di guarire, di ricominciare a uscire, a vedere gente, forse anche di riprendere il lavoro; dall’altra parte penso che mi piacerebbe stare ancora per un po’ in disparte per conto mio, a guardare quello che succede, senza preoccuparmi di niente” Operatore: “Mi sembra che stia dicendo che in lei ci sono due modi diversi e opposti di vedere le cose” Paziente: “Sì, ecco, mi sembra che le cose stiano proprio così”

28 [La riformulazione] è una tecnica nella quale occorre esercitarsi e che all’inizio può sembrare buffa, ma che risulta invece efficace e facilita di molto l’esprimersi apertamente del paziente. Il restituire il concetto esprimendolo con parole diverse acquisisce infatti un duplice significato: di comprensione di quanto espresso dal paziente e di condivisione della valenza emotiva che questi conferisce a quanto ci sta raccontando. (Torre, Corsi, Gentili 2006, p. 15)

29 Il rispecchiare o “tecnica di eco” (Artioli, Montanari, Saffioti, p
Il rispecchiare o “tecnica di eco” (Artioli, Montanari, Saffioti, p. 124) consiste nel riformulare al paziente le sue idee, i sentimenti e i problemi che manifesta. Ciò permette all’operatore di confermare il suo ascolto e permette al paziente di “ragionare” sulle proprie idee. (Mattioti, Crestana, Trevisani, 1991) Paziente “oggi mi sono alzata con il pensiero di poter fare qualcosa per quella persona. Sa, averla incontrata tante volte per strada, triste e sola, mi si stringeva il cuore ogni volta che la vedevo; siamo vicine di casa e lei è stata sempre gentile e corretta con me. Vorrei poter fare qualcosa per lei. Lei cosa mi suggerisce di fare? Operatore: “Lei che cosa pensa di fare per questa persona, in questo particolare momento?” Paziente: “Ma non ci ho ancora pensato esattamente, forse potrei invitarla un pomeriggio a casa mia, per parlare un po’ con lei. Forse questo potrebbe aiutarla ad aprirsi un momentino”

30 Il chiarificare e la verifica consensuale consistono in una richiesta di conferma di quanto è stato detto, ai fini del raggiungimento di una maggiore comprensione di quanto è stato detto. (Mattioti, Crestana, Trevisani, 1991) Operatore: “Il medico dice di prendere queste pastiglie due volte al giorno” Paziente: “Devo prenderne una al mattino e una alla sera?” Operatore: “Volevo dire che sarebbe meglio ai pasti, perché sono un po’ pesanti da digerire”

31 Il focalizzare riporta il discorso al tema principale della conversazione, quando il paziente tende a divagare oppure ad eludere un tema che si ritiene importante per lui in quel momento Paziente: “Mi sembra di non essere stato mai così in colpa per non aver saputo reagire in quella occasione e per aver lasciato andare le cose in quel modo; sì, mi sentivo in imbarazzo per quella scortesia, ma poi alla fine, col passare del tempo e non vedendo più quella persona; pensavo che fosse stato tutto dimenticato, e invece, no, eccoci li a rinvangare il passato e a dirci tutto quello che pensavamo l’uno dell’altra. Certo, anche l’anno scorso mi è successa una cosa simile sul lavoro, e mia madre ha insistito molto perché prendessi una posizione o comunque la risolvessi, per non lasciare le cose in sospeso… Operatore: “Mi sembrava che avesse iniziato il discorso con la sua attenzione sulla sua situazione di relazione con quella persona” Paziente: “Ah, sì, è vero, mi scusi, ma spesso perdo il filo del discorso” (Mattioti, Crestana, Trevisani, 1991)

32 Il riassumere si può utilizzare sia durante il colloqui ripetendo in una sola frase i diversi sentimenti e le opinioni del paziente per dare un avvio diverso a una fase successiva, oppure come modalità di conclusione del colloquio, dando così un feedback generale e una sintesi su quanto detto; permette al paziente di distinguere dati significativi da quelli accessibili ed è possibile dare anche una prospettiva temporale rispetto al fatto che si prosegue la relazione: Operatore: “Allora, oggi, signor Rossi mi ha raccontato che lei in questo periodo si sente un po’ appesantito e che vorrebbe cambiare dieta; mi sembra di averle dato alcune indicazioni sui cibi che è preferibile assumere ed anche di associare un’attività di movimento a quella che è la solita routine quotidiana. Bene, cosa ne dice di fare una prova e poi ne riparliamo insieme la prossima settimana? (Mattioti, Crestana, Trevisani, 1991)

33 Il cercare di porre il più possibile domande aperte, rispetto alle quali la persona è più libera di introdurre i temi che desidera, rispetto alle domande chiuse o, anche, alle “domande chiuse multiple” (quali, ad esempio, “era un senso di vertigine o le girava la testa?”; “Diminuiva stando a letto?”; “E alzandosi come andava?”) (Artioli, Montanari, Saffioti, p. 124)

34 Il counseling non è un «fornire consigli», perché si mira a far sì che la persona rintracci in sé le risorse per evolvere (empowerment). Lo scopo del counseling è aiutare l’individuo a crescere perché possa affrontare sia il problema attuale sia quelli successivi in maniera più integrata, ovvero con una maggiore autonomia, responsabilità, consapevolezza (Rogers, 1942) Qualunque approccio usi il counselor lo scopo fondamentale è l’autonomia del cliente: che possa fare le sue scelte, prendere le sue decisioni e porle in essere (British Association of Counselling, BAC, 1990)

35 Scopo del counseling rogersiano è permettere che la persona riprenda il proprio percorso di crescita… Lati negativi: Metafora «botanica»: l’uomo è come una pianta Metodo «senza inconscio» Lati positivi: Fiducia negli aspetti evolutivi dell’essere umano Enfasi sulla relazione Metodo a forte valenza educativa

36 Non-direttività, non-manipolazione, non imposizione dall’esterno di… valori!
I valori universali non debbono essere pensati come “posti da fuori”, perché “l’esperienza psicoterapeutica ci dice che i valori personali e sociali emergono come naturali e vissuti quando il soggetto è capace di ascoltare il proprio processo di valutazione organismica”.

37 infatti, per Rogers: “Ciò che è più personale, è più generale”: quanto vi è di più personale in ciascuno di noi, se partecipato ed espresso, parla agli altri nel modo più profondo. “Nella persona vi è una forza che ha una direzione fondamentale positiva”: «la natura fondamentale dell’essere umano, quando funziona pienamente, è costruttiva e degna di fiducia»; «se riusciamo a liberare ciò che di più originario c’è nell’individuo, questo sarà costruttivo» …e il bene e il male?

38 Rogers e l’educazione Rogers ha sviluppato una teoria dell’educazione basata sulla “filosofia” di fondo che se gli individui (bambini, studenti, lavoratori ecc.) si sentono compresi nel loro “esser-persone” e nella loro autenticità tenderanno a mobilitare energie potenti e costruttive, “co-costruendo” in maniera sempre nuova e creativa il loro futuro.

39 Thomas Gordon è riuscito ad ampliare tale prospettiva a svariati versanti educativi:
rapporto genitori-figli [1970], insegnanti-allievi [1974], azienda [1977; 1997]

40 Differenze fra counseling e psicoterapia
Differenziazione fra: counseling counseling skills (abilità di counseling).

41 Le counseling skills sono utilizzate in quelle professioni – come il medico, l’insegnante, l’educatore, il manager, l’assistente sociale ecc. – che si basano sull’aiuto, ma il cui scopo principale non è l’aiuto (Di Fabio, 2003) → Quando si utilizzano le counseling skills per sostenere lo sviluppo delle risorse della persona, ci si presenta nel ruolo di insegnante, infermiere, assistente sociale ma non in quello di counselor. Tuttavia, non sempre è così semplice distinguere quando si stanno utilizzando le counseling skills e quando ci si trova in un setting di counseling vero e proprio (McLeod, 2003, p. 9).

42 Poiché la «competenza relazionale» è fondamentale in ogni rapporto umano, si può dire che:
quando le ipotesi sul funzionamento psichico dell’individuo possono restare sullo sfondo e non essere tematizzate e piuttosto ci si focalizza sul raggiungimento di obiettivi formativi, allora il counseling assume caratteristiche proprie della relazione educativa; quando le ipotesi sul funzionamento psichico vengono in primo piano e sono espressamente tematizzate, allora il counseling tende ad approssimarsi a un intervento psicoterapico.

43 Thomas Gordon ( ). Esponente della psicologia umanistica, allievo di Carl Rogers, è stato candidato al Premio Nobel per la Pace nel 1997, 1998 e 1999 grazie al valore della sua opera rivolta alla famiglia e alla scuola con l'obiettivo di facilitare un clima relazionale democratico e pacifico per lo sviluppo delle potenzialità della persona. Il suo metodo enfatizza la comunicazione efficace e la risoluzione dei conflitti con la strategia win-win. Altre competenze del suo programma sono ascolto attivo e l'uso di messaggi-io.

44 Cosa cercano le persone dal proprio gruppo
Cosa cercano le persone dal proprio gruppo? Scala gerarchica dei bisogni di Maslow

45 Rogers Gordon Tecniche di Gordon Empatia Attitudine all’ascolto
 Ascolto attivo Congruenza Chiarezza dei messaggi espressi in prima persona  Messaggio-io Accettazione incondizionata Rispetto delle aree di libertà delle persone  Risoluzione dei conflitti con il metodo del problem solving in modo che non ci siano perdenti

46 Comportamenti accettabili/ comportamenti non accettabili

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48 Di chi è il problema? Se rientra nei comportamenti accettabili…
…il problema è del lavoratore (ma non recano danno) Es. Il lavoratore ha il broncio Usare competenze di counseling Nessun problema Se rientra nei comportamenti inaccettabili… …esprimono un problema per Il leader (impediscono un lavoro sereno) Es. Il lavoratore sogna a occhi aperti e si dimentica le cose Usare le competenze dell’assertività (messaggio-io)

49 Quando il problema è dell’altro
Ascolti Sei il consulente Vuoi aiutare l’altro Fai una cassa di risonanza Faciliti nell’altro la ricerca della sua soluzione Sei in grado di accettare la soluzione dell’altro e non hai bisogno di essere tu quello soddisfatto Sei innanzitutto interessato ai bisogni dell’altro Sei più passivo

50 Quando il problema è tuo
Sei tu l’emittente Sei tu a poter influenzare Vuoi aiutarti Vuoi parlae apertamente Hai bisogni di trovare una soluzione per te stesso Devi essere tu quello soddisfatto della soluzione Sei innanzitutto interessato ai tuoi bisogni Sei più assertivo

51 Quando il problema è dell’altro Come aiutare i dipendenti a risolvere i propri problemi?

52 Ascolto passivo (silenzio)
Messaggi d’accoglimento (verbali/non verbali. Es. «ti andrebbe di parlarne?») Ascolto attivo (empatia, rispecchiamento) → quando le persone risolvono i problemi e soddisfano i propri bisogni sono liberi di scalare la piramide di Maslow verso bisogni di livello superiore

53 Ascolto passivo… Già non intervenire (ascolto passivo) quando una persona è impegnata a manifestare un proprio sentimento o una propria iniziativa veicola un messaggio di accettazione… Se un bambino sta costruendo un castello e il genitore lo lascia fare rispetta la sua area di iniziativa. Se invece il genitore inizia ad affermare “Non vedi che al tuo castello manca il fossato?”; “Non imparerai mai niente! Ci hai messo un intero pomeriggio per costruire quel castello…”; “Potresti fare un castello migliore di quello!”… sovrasta la libera iniziativa del bambino.

54 Ascolto attivo L’ascolto attivo si premura di restituire il contenuto o il bisogno espresso dall’altro (cfr. la riformulazione di Rogers) - Ho fame  hai fame - Provo paura  provi paura (non: “non dovresti provare paura”; “perché provi paura?”; “e la gioia?”, ecc.) - Provo un senso di sconfitta, insensatezza, rabbia… (e se tutti questi sentimenti creano disagio anche a me?)

55 Come NON ascoltare Le barriere della comunicazione (Gordon)
Dare ordini, comandare, dirigere Minacciare, avvisare, mettere in guardia Fare la predica, rimproverare. Offrire soluzioni, consigli, avvertimenti. Argomentare, persuadere con la logica. Giudicare, criticare, biasimare. Ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte. Interpretare, analizzare, diagnosticare. Fare apprezzamenti, manifestare compiacimenti. Rassicurare, consolare. Contestare, indagare, mettere in dubbio. Cambiare argomento, minimizzare, ironizzare.

56 Dare ordini, comandare, dirigere.
“ Bisogna che tu ...” “Tu devi …” “Tu farai …” Es. «Smettila di agitarti e porta a termine ciò che ti è stato assegnato» Sollecitano comportamenti di ribellione, ritorsione, rappresaglia.

57 2. Minacciare, avvisare, mettere in guardia.
“E’ meglio per te …, altrimenti …” “Se non farai così …” Es.: «Sarà meglio che ti ci metta d’impegno se vuoi ottenere i risultati che cerchi» Suscitano risentimento, rabbia, ribellione; evocano sentimenti di ostilità.

58 Fare la predica, rimproverare.
“Tu dovresti …” “Non dovresti …” “Sarebbe opportuno …” “Sta al tuo senso di responsabilità di …” Es.: «Sai che è tuo dovere... Dovresti lasciare i tuoi problemi personali a casa”. Creano sottomissione ad un obbligo imposto o dei sensi di colpa. Possono indurre l’individuo a radicarsi nelle sue posizioni, resistendo e difendendo i propri atteggiamenti ancor più strenuamente. Comunicano una mancanza di fiducia.

59 Offrire soluzioni, consigli, avvertimenti.
“Perché tu non …?” “Quello che farei io al posto tuo è …” “Consentimi di darti un suggerimento …” Es.: «La miglior cosa da fare è calcolare meglio i tempi. Dopodiché sarai in grado di finire il tuo lavoro”. Alludono all’incapacità dell’individuo di riflettere lui stesso sul suo problema, di considerare soluzioni alternative e di sperimentarle realmente. Possono provocare dipendenza, o al contrario resistenza.

60 Sollecitano posizioni difensive e contro-argomentazioni.
Argomentare, persuadere con la logica. “Ecco perché tu sbagli …” “In realtà le cose stanno così …” “Sì, però, …” Es.: «Guardiamo in faccia alla realtà. Dovresti renderti conto che sono rimasti soltanto trentaquattro giorni per concludere il tuo lavoro e migliorare la tua situazione personale”. Sollecitano posizioni difensive e contro-argomentazioni. Spesso portano l’individuo a tirarsi indietro e a smettere di ascoltare l’educatore. L’individuo si sente inferiore o inadeguato.

61 6. Giudicare, criticare, biasimare.
“Tu sei un indolente …” “Tu non pensi come una persona matura …” Es.: «O sei un pigro o sei un perditempo”. Insinuano una valutazione di incompetenza, inferiorità, stupidità, povertà di giudizio. Interrompono la comunicazione perché l’individuo teme un giudizio negativo o un rimprovero e lo portano a nascondere i propri sentimenti. Generano: o accettazione del giudizio come veritiero (“Io sono sbagliato”) oppure reazione contro la persona che l’ha proferito (“Tu stesso non sei così maturo come credi”).

62 Ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte.
“Scansafatiche!” “Piagnone!” “Sei proprio un furbacchione …” Es.: «Ti stai comportando come un bambino delle scuole elementari» Possono far sentire la persona svalutata, non amata, possono avere effetti devastanti sull’immagine di sé. Tali aspetti della valutazione negativa e della critica provocano spesso rappresaglie verbali.

63 Interpretare, analizzare, diagnosticare.
“Sai bene perché …” “Tu sei semplicemente stanco …” “Tu in realtà non vuoi dire questo …” “Ciò che non va con te è …” Es.: «Stai proprio cercando di non fare quello che ti è stato assegnato”. Tali messaggi indicano che la relazione è si muove ormai all’interno di ruoli fissi. Questi ruoli possono essere percepiti come minacciosi e frustranti. L’individuo può sentirsi contemporaneamente scoperto e denudato (se l’analisi è corretta) e contemporaneamente non compreso, perché nell’atteggiamento manca la speranza dei suoi lati migliori. Si sente invece accusato ingiustamente e si arrabbia quando l’analisi è sbagliata.

64 Fare apprezzamenti, manifestare compiacimenti.
“Bene, io penso che tu stia facendo un ottimo lavoro …” “Hai proprio ragione…” Es.: «Sei davvero capace. Sono sicuro che in un modo o nell’altro riuscirai a finire il compito che ti è stato assegnato”. Indicano che un’elevata aspettativa. Tali messaggi possono apparire come tentativi manipolatori, orientati a incoraggiare i comportamenti desiderati. Possono causare ansietà o disappunto quando la percezione che la persona ha di sé stessa non coincide con gli apprezzamenti che le vengono rivolti. Coloro che sono abituati a ricevere frequenti apprezzamenti possono diventarne dipendenti o addirittura pretenderli.

65 Rassicurare, consolare.
“Non aver paura …” “Vedrai, ti andrà meglio …” “Su, fatti coraggio …” Es.: «Non sei l’unico che ha provato queste cose. Mi sono sentito nello stesso modo quando ho dovuto affrontare…” Queste affermazioni portano la persona a non sentirsi compresa. Suscitano forti sentimenti di ostilità (“E’ facile per te dire questo …”) perché la rassicurazione implica che la persona in crisi stia esagerando. Il messaggio viene anche interpretato come “Non mi piace che tu stia male”. La rassicurazione viene pronunciata per affrontare i forti sentimenti negativi che le persone provano quando sono turbate.

66 11. Contestare, indagare, mettere in dubbio.
“Perché …?” “Chi …?” “Ma cosa hai fatto?” “Come?” Es.: «Credi che il compito che ti è stato assegnato sia troppo difficile? Quanto tempo ci hai dedicato? Perché hai aspettato così tanto a chiedere aiuto?» La persona si sente impegnata a rispondere alle domande indagatorie dell’interlocutore, e questo finisce spesso per renderlo ansioso e fargli perdere di vista il suo problema. Chi utilizza un tale atteggiamento relazionale indagatorio-contestatorio, più che focalizzarsi sul nostro problema, si concentra sulle proprie ansie e sui propri bisogni di indagare.

67 12. Cambiare argomento, minimizzare, ironizzare.
“Parliamo piuttosto di cose piacevoli…” “Perché non provi invece ad andartene in giro per il mondo?” “Adesso non è il momento…” “Torniamo di nuovo alla nostra occupazione” Es.: «Sembra che qualcuno si sia alzato col piede sbagliato questa mattina…” Chi usa queste frasi suggerisce che conviene evitare le difficoltà della vita piuttosto che affrontarle. Ne può conseguire che i problemi siano considerati di scarsa importanza, o addirittura privi di valore. Minimizzando il problema, si scoraggia l’interlocutore ad aprirsi quando si trova in difficoltà.

68 Es. Membro: Caspita! Adesso basta con le lamentale per quanto succede nel negozio! Leader: Forza, Alfredo, accettala come una critica costruttiva (Moralizzare, far la predica) Leader: Sembra che ti senta attaccato da tutte le parti (Ascolto attivo)

69 I sentimenti sono amici: se riconosciuti possono evolvere, se negati ristagnano
I sentimenti non sono eterni Spesso non si manifestano subito i veri sentimenti, per cui bisogna arrivare al vero problema Le persone sono spesso più piacevoli di quanto pensiamo Gettare acqua sul fuoco (ad es., con l’ascolto passivo) Aiutare il gruppo a crescere, permettere che si sviluppi la «saggezza del gruppo», costruire il team, Il leader come insegnante che, con l’ascolto attivo, permette ai dipendenti di crescere

70 Quando il problema è il mio Come aiutare se stessi a risolvere i propri problemi?

71 Quando il problema è del leader, colui che deve cambiare è l’altro
Quando il problema è del leader, colui che deve cambiare è l’altro. Per cui il leader dipende dai cambiamenti che l’altro assumerà! Si usa il messaggio in prima persona e l’assertività: non si dice all’altro che deve cambiare, utilizzando prediche o minacce, ma si chiede il suo aiuto a risolvere il problema.

72 Mettere in condizione il ricevente di comprendere
Non è sufficiente affermare: Sono offeso con te Sono contrariato Sono scontento di te… Ma piuttosto occorre dare una breve descrizione del COMPORTAMENTO che crea il problema Dire francamente quali sono i propri SENTIMENTI in merito Evidenziare le CONSEGUENZE di quel comportamento che ti sta dando fastidio

73 Il messaggio in prima persona ha più probabilità di riuscire di quello in seconda persona, ma può naturalmente fallire perché non sempre le persone sono disposte al cambiamento. Quando ciò avviene, inutile continuare a martellare con messaggi in prima persona ed è meglio passare all’ascolto attivo.

74 La soluzione presa fu di parlarne a pranzo.
Es. Una dipendente viene spesso nel mio ufficio quando sono impegnato al lavoro. Un giorno lo fece. L: «quando entri nei mio ufficio e ti siedi per parlare, non posso svolgere il mio lavoro e questo mi preoccupa» D: «Va bene, ciò di cui volevo parlarti però riguarda anche te» L (usando l’ascolto attivo): «sembri arrabbiata con me» D: «sì lo sono» L: «Ti senti ferita dal mio non volere ascoltare il problema proprio ora» D: «Sì, sono ferita. So che sei occupato, ma di sicuro hai abbastanza tempo per me» La soluzione presa fu di parlarne a pranzo.

75 Spesso il cambiamento va supportato e seguito, perché ogni comportamento normalmente è radicato e cambiarlo costa fatica. Il leader, quindi, «sta al fianco di chi deve cambiare»

76 La proposta di Gordon non presuppone una conoscenza approfondita delle persone per sapere come comportarsi con ciascuno. L’idea di dover «diagnosticare» le persone presuppone ancora una logica del controllo. E poi le persone sono così complesse che è difficile avere sul loro conto pareri esaustivi. Gordon propone un modello del confronto basato sul conoscere i propri sentimenti e sul comunicarli in modo non offensivo. Confronto e problem solving sono più semplici del capire le persone e del manipolarle verso una soluzione preventivamente individuata dal leader.

77 I conflitti I conflitti esistono e sono inevitabili. Ma possono essere risolti costruttivamente. Tre modi di risolvere i conflitti…

78 Autoritario: decisione unilaterale del leader → presuppone meccanismi di premio/punizione per tenere «legato» il dipendente. Si generano: Risentimento Sottomissione e paura Riduzione della comunicazione verso l’alto Adulazione e altre reazioni simili Competizione e rivalità distruttive Conformismo Ribellione e sfida Alleanze e coalizioni Ritiro e fuga

79 Il leader sopporta un costo in termini di:
Tempo Esecuzione Alienazione Stress Perdita di influenza (l’influenza va sempre mantenuta e ribadita)

80 2. Permissivo: leadeship del «lasciar correre», permissivismo
Degenerazione della leadership… Perdita di senso degli obiettivi Assunti di base (lotta-fuga, dipendenza, accoppiamento) = regressione delle emozioni Senso di alienazione

81 Questi primi due metodi sono definibili win/loss: «se vinco io perdi tu, se vinci tu perdo io». Il terzo è un metodo win/win: «si vince assieme».

82 gioco a somma zero win/loss: se vinco io perdi tu, se vinci tu perdo io gioco a somma sottozero far perdere l’altro: si ha nei casi di conflitto emotivo gioco a somma variabile win/win: negoziando, i partecipanti arrivano ad un accordo nel quale entrambi possono vincere, con percentuali diverse e mai pari al 100%

83 3. metodo senza perdenti: trasformare il conflitto in cooperazione Leader assertivo

84 Es. Due bambini entrano in conflitto sul gioco da fare
Es. Due bambini entrano in conflitto sul gioco da fare. Melania vuole giocare alla «casa», ma Michele vuole giocare con le sue automobiline. Ognuno cerca senza successo di convincere («vincere su») l’altro. Alla fine, Michele offre la sua soluzione: «Io gioco alla ‘casa’ con te, se tu giochi alle ‘macchine’ con me ora che c’è luce fuori. Quando si fa buio, andremo nella mia stanza a giocare alla ‘casa’ fino all’orario di cena. OK? Melania ci pensa un po’ e poi dice: «OK».

85 Es. Marito e moglie vanno in campeggio
Es. Marito e moglie vanno in campeggio. Nasce un conflitto su chi deve preparare i pasti. Ne parlano e arrivano a una soluzione accettabile per entrambi: il marito concorda nel prepararli la sera, la moglie preparerà la colazione, in modo che lui abbia il tempo di preparare l’attrezzatura per la pesca e metterla sulla barca. Rimangono d’accordo che ciascuno pranzerà per proprio conto.

86

87 Il leader punta alla soddisfazione dei bisogni dell’organizzazione e a quelli dei suoi membri.
Il metodo senza perdenti porta alla soddisfazione dei bisogni di tutti

88 Poiché il metodo «vinci/perdi» è così prevalente nella nostra società, la prima reazione che molte persone hanno quando si parla di metodo senza perdenti è che sembra estraneo all’esperienza comune e poco praticabile

89 → Il leader deve aver fiducia nelle risorse del gruppo, nella sua capacità di auto-generare soluzioni ai problemi; → crede nei «intelligenza collettiva» che si sviluppa quando vi è un’organizzazione non è rigidamente gerarchica (logiche top-down) ma funzionante secondo logiche bottom-up.

90 → «gestione partecipante»
→ «gestione partecipante». È diversa da quella democratica, perché questa diventa una gestione politica che mette in ombra le esigenze funzionali dell’organizzazione

91 Il metodo giù-su-giù-su

92 Problem solving Si usa il problem solving. Questa è una competenza fondamentale del leader: Identificare e definire il problema Generare soluzioni alternative Valutare le soluzioni emerse Prendere una decisione Implementare la soluzione Verificare la soluzione

93 N.B. Il conflitto deve essere affrontato in termini non solo cognitivi, ma anche di bisogni, sentimenti, preoccupazioni di entrambe le persone. Tali aspetti devono essere comunicati in prima persona e non con messaggi giudicanti in seconda persona. Si userà l’ascolto attivo: chi è stato ascoltato si disporrà a fare altrettanto. Spesso il problema apparente ne cela uno più basilare

94 Non sempre tutto fila liscio nel metodo senza perdenti
Non sempre tutto fila liscio nel metodo senza perdenti. Allora la tentazione può essere quella di tornare al metodo win/loss

95 assertività L’assertività è spontanea e tutti ce l’hanno
I bambini sono spesso sfacciatamente assertivi…

96 Messaggio-Tu Messaggio-Io
“Che bravo bambino sei quando aiuti la maestra!” “Sono contento che tu mi abbia aiutato. Mi hai fatto proprio un piacere!” “Paolo, sei maleducato!” “Paolo, non mi va che gridi in quel modo durante il telegiornale, non riesco a sentire una parola.” “Avete intenzione di continuare tanto con questo chiasso?” “Vorrei che stasera mi lasciaste tranquillo, ho un lavoro che mi preme finire.” “Se non mi dite che intenzioni avete per il fine settimana, resterete tutti a casa!” “Vorrei sapere che progetti avete per il fine settimana, così posso organizzare i miei impegni…” “Taci!” “Ho paura di non finire il mio lavoro se continuo ad ascoltarti.” “Mi fai sempre arrabbiare!” “Mi sento arrabbiato quando vedo che alle otto di sera non hai ancora finito i compiti, e sei lì dalle tre. Mi piacerebbe che tu avessi qualche ora per giocare o fare altre cose.” “Ma non vedi che è tardi, ti sembra il caso di parlarne adesso?” “Sono già nervoso perché sono in ritardo per l’appuntamento. Adesso non posso ascoltarti con attenzione. Se vuoi ne possiamo parlare stasera.”


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