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QUANTO E’ ATTENDIBILE IL PIL?

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Presentazione sul tema: "QUANTO E’ ATTENDIBILE IL PIL?"— Transcript della presentazione:

1 QUANTO E’ ATTENDIBILE IL PIL?

2 1. COS’E’ IL PIL?

3 1.1. Un po’ di storia Il concetto di sviluppo non ha avuto e non ha tutt’ora un significato univoco. Nell’antichità classica si parlava di sviluppo in termini di progresso, inteso come progresso spirituale, senza far riferimento al miglioramento delle condizioni materiali della società.

4 1.1. Un po’ di storia Con l’avvento del Mercantilismo matura la convinzione che la crescita (intesa come progresso materiale) determini lo sviluppo dell’uomo come fine per l’affermazione della potenza militare di uno stato e della sua egemonia territoriale. La scienza diviene il mezzo per favorire lo sviluppo e quindi il “motore” della crescita.

5 1.1. Un po’ di storia Con Calvino vi è intima correlazione tra fede, produzione e ricchezza: crescita economica segue il volere divino. Nel XVII sec. Con la cultura illuminista si rafforza l’antropocentrismo: nasce così uno stretto legame tra sviluppo economico e progresso (inteso come dominio della natura).

6 1.1. Un po’ di storia Solo negli ultimi anni si è fatta strada una nuova concezione dello sviluppo, non più centrata sulle sole condizioni materiali, ma anche sugli aspetti qualitativi della vita relazionale. Ecco perché in questi ultimi anni nasce l’esigenza di nuovi indicatori economici che possano formalizzare e confermare empiricamente i nuovi pensieri.

7 1.1. Un po’ di storia Le misure economiche hanno infatti rispecchiato nel tempo l’idea che si aveva dello sviluppo e soprattutto il legame che si pensava avesse con la ricchezza di un paese.

8 1.1. Un po’ di storia Ecco perché si considera che la prima misura della ricchezza di un paese fosse legata alla ricchezza del suo Re, arricchita poi per economie prevalentemente agricole dalla terra e dalla sua produzione, mentre nei paesi più industrializzati si aggiunge alla precedente anche l’apporto della manifattura.

9 1.1. Un po’ di storia Nel tempo le misure dello sviluppo sono divenute le misure della produzione non più in quanto tale ma in quanto scambiabile sul mercato e “dotata” di un prezzo. Dal dopoguerra ad oggi la misura con cui si considera lo sviluppo di un paese è il PIL, ma noi, visto la nuova idea di sviluppo che si sta diffondendo, ci dobbiamo chiedere quanto esso sia affidabile.

10 Come si calcola il PIL? Il PIL è il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno dei confini del Paese in un certo periodo di tempo. Non si considerano quindi le transazioni intermedie. Al PIL si perviene considerando i valori aggiunti nei vari stadi della produzione.

11 Come si calcola il PIL? Nel calcolo dei PIL rientra sia il valore dei beni materiali (case, pane) sia il valore dei servizi. Il valore di ogni bene o servizio è dato dal suo prezzo di mercato, e la somma di tutti i valori genera il PIL.

12 Come si calcola il PIL? Il valore di ogni bene o servizio è dato dal suo prezzo di mercato, e la somma di tutti i valori genera il PIL. Ci sono tuttavia dei servizi non destinabili alla vendita che non hanno un prezzo di mercato. Si tratta dei servizi collettivi forniti dalle istituzioni sociali (istruzione, difesa, giustizia) che vengono erogati a prezzi “politici” che sono inferiori ai prezzi di produzione. In questo caso si suppone che il valore della produzione sia uguale alla somma dei costi sostenuti.

13 PNL e PIN Il PNL si ottiene sommando al PIL i redditi percepiti all’estero dai fattori produttivi nostrani, ad esempio: - profitti di filiali di imprese italiane all’estero - rimesse degli emigrati - rendite da attività finanziarie acquistate all’estero Il PIN si calcola sottraendo al PIL il valore degli ammortamenti, ovvero gli accantonamenti per la sostituzione del capitale consumato.

14 PNN e Reddito Nazionale Netto
Nel PNN invece si tiene conto del valore dell’accrescimento dello stock di capitale. Il Reddito Nazionale Y è dato dalla somma della remunerazione dei fattori produttivi e dei profitti. Y = (w x N) + (i x K) +  La somma di tali remunerazioni coincide col valore del Prodotto Nazionale Netto: Y = PNN

15 2. COSA NON VA NEL PIL?

16 COSTI SOCIALI E AMBIENTALI
Il PIL ignora ogni cosa che accade al di fuori del regno degli scambi monetari e quindi non tiene conto dei costi sociali e ambientali. I costi del declino sociale (ad es. crimine) e dei disastri naturali vengono considerati come guadagni economici in quanto sono transazioni monetarie positive che vanno ad aumentare il PIL.

17 COSTI SOCIALI E AMBIENTALI
Ad esempio, il crimine accresce negli USA il PIL di diversi miliardi di $, utilizzati per le misure di sicurezza, la protezione del territorio, la detenzione, il risarcimento danni, le spese mediche e i funerali. E’ evidente che esulando dal contesto economico queste cose non sono indice di benessere di un Paese.

18 COSTI SOCIALI E AMBIENTALI
Al contrario del capitale fisso, la cui svalutazione nel tempo viene considerata nel PNL, l’esaurimento delle risorse naturali (petrolio, legname…) non viene contabilizzato. Esternalità negative come l’inquinamento danno luogo ad un duplice effetto: da un lato non vengono contabilizzati né come mali in sé né come perdite di benessere, dall’altro il costo del disinquinamento va ad aumentare il PIL.

19 COSTI SOCIALI E AMBIENTALI
Vengono invece ignorate l’economie non di mercato ovvero tutti quegli scambi che non danno luogo a flussi finanziari come ciò che riguarda la cura dei bambini e degli anziani tra le mura di casa oppure il volontariato.

20 ECONOMIA SOMMERSA Una notevole parte dell’attività economica non è computata nel PIL. Alcune stime indicano che il 30% del PIL Italiano e il 10% di quello Statunitense non è misurato dalla contabilità ufficiale.

21 ECONOMIA SOMMERSA Le transazioni che non rientrano nel PIL possono essere di diverso genere: un primo tipo è rappresentato da transazioni che, pur non essendo strettamente illegali, violano la legislazione legale, ad esempio: lavori retribuiti in contanti, mance, lavoro svolto da immigrati irregolari, riparazioni domestiche, etc.; un secondo genere è rappresentato da transazioni illegali quali spaccio di droga, prostituzione, estorsioni, etc.

22 ECONOMIA SOMMERSA Le transazioni illegali sono escluse in linea di principio dal calcolo del PIL; tuttavia alcuni economisti sostengono che potrebbero comunque essere computate se fosse possibile stabilirne il valore preciso. Altre attività sommerse sono correlate all’elusione ed evasione delle imposte.

23 ECONOMIA SOMMERSA Secondo alcuni economisti una stima dell’economia sommersa può essere data dal rapporto fra circolante e depositi, dal momento che le transazioni irregolari vengono di norma pagate in contanti. Il problema principale nel calcolo del valore dell’economia sommersa è che questa non rimane costante nel tempo: se ad esempio fosse una % costante del PIL, non ci sarebbero grossi problemi nel determinarne l’entità.

24 ECONOMIA SOMMERSA Secondo alcuni studiosi, ad esempio, la lenta crescita dell’economia “ufficiale” italiana negli anni ’70 è stata in qualche modo controbilanciata dall’esplosione dell’economia sommersa. Un altro problema è che il PIL è spesso calcolato partendo da dati provvisori.

25 ECONOMIA SOMMERSA “Di punto in bianco [nel 1980] la dimensione dell’economia, il PIL, aumentò del 20%… L’economia italiana restava esattamente tale e quale al giorno prima. L’unica cosa che era cambiata era la contabilità nazionale” (cit. da I limiti della scienza economica, di Paul Ormerod, Edizioni di Comunità, Milano 1998).

26 CONFRONTO INTERTEMPORALE
Poiché per definizione il PIL è la somma dei valori di n prodotti e/o servizi (PIL =  pi qi), è possibile che esso vari nel tempo: possono infatti variare le quantità prodotte di ogni bene, oppure il loro prezzo, oppure ancora alcuni degli n beni escono di produzione, rimpiazzati da altri.

27 CONFRONTO INTERTEMPORALE
Per sapere quanta parte della variazione del PIL è dovuta alle quantità (PIL in termini reali) e quanta ai prezzi (PIL nominale) bisogna fare riferimento al numero indice dei prezzi oppure al numero indice delle quantità prodotte. Nella realtà tuttavia non è possibile determinare in modo preciso questi numeri indice. Si utilizzano invece dei numeri indice che danno una soluzione approssimata del problema.

28 CONFRONTO INTERTEMPORALE
La valutazione del PIL viene fatta a prezzi correnti (quelli dell’anno in corso) o a prezzi costanti (quelli di un anno-base preso a riferimento). Moltiplicando il rapporto fra il PIL dell’anno in corso e quello dell’anno-base, valutati entrambi a prezzi costanti, si ottiene il numero indice % delle quantità.

29 CONFRONTO INTERTEMPORALE
Il numero indice dei prezzi è invece dato dal rapporto % tra la valutazione del PIL a prezzi correnti e quella a prezzi costanti, e viene chiamato deflatore implicito del PIL. Deflatore implicito = PIL(pcorrenti)/PIL(pcostanti).

30 CONFRONTO INTERTEMPORALE
Bisogna inoltre tener conto che il PIL fornisce misure qualitative di fenomeni essenzialmente qualitativi, come l’innovazione tecnologica: un PIL costante non significa necessariamente che l’economia sia ferma, ma può anzi indicare che sia progredita.

31 CONFRONTO INTERTEMPORALE
Un esempio può essere dato dai TV color: quando questi sono stati introdotti, la produzione delle TV in bianco e nero è terminata, e non è detto che raggiunto un buon livello di produzione la TV a colori costi di più (al netto dell’inflazione) di quanto costasse quella in bianco e nero.

32 CONFRONTO INTERNAZIONALE
Anche per quanto concerne i confronti internazionali fra PIL sorgono alcuni problemi. Anzitutto ogni singolo Paese adotta particolari criteri per la valutazione di Prodotto.

33 CONFRONTO INTERNAZIONALE
Inoltre non è possibile confrontare direttamente il Prodotto fra più Paesi, ma per isolare l’influenza della popolazione sul confronto, bisogna calcolare il PIL pro capite. Un ulteriore problema è dato dal tasso di cambio da adottare per rendere omogenei i dati: convertire tutti i dati in un'unica valuta (solitamente US $) secondo il tasso di cambio nominale può essere fuorviante, per via delle speculazioni.

34 CONFRONTO INTERNAZIONALE
Un tasso di cambio come la Parità dei Poteri d’Acquisto (PPP) potrebbe essere più adeguata, tuttavia il calcolo della stessa PPP è assai problematico. Inoltre in Italia, ad esempio, ci sono prodotti che non esistono in Cina e viceversa.

35 SPEREQUAZIONE Benché l’introduzione del PIL pro capite elimini l’influenza della numerosità della popolazione sul PIL e dia in un certo modo una misura più accurata della ricchezza degli abitanti di una nazione, nulla ci dice su come realmente il Prodotto Nazionale sia effettivamente suddiviso fra di essi.

36 SPEREQUAZIONE Infatti il reddito mediano (che bipartisce la popolazione in 2 parti uguali) non coincide col reddito medio. Ad esempio nei Paesi dell’UE la quota di reddito nazionale appartenente al 10% più povero della popolazione si aggira attorno al 3%, mentre quella del 10% più ricco supera il 20%. Nei PVS queste differenze sono notevolmente più marcate.

37 3. MISURE ALTERNATIVE

38 IMPATTO SU ALTRI INDICI
Pressione fiscale: come si è visto nel 1980 il PIL italiano è improvvisamente aumentato del 20% per meri motivi formali. La pressione fiscale, intesa come rapporto fra gli introiti da imposte e PIL, è quindi diminuita, benché non vi sia stata alcuna riduzione reale delle aliquote o delle imposte indirette.

39 IMPATTO SU ALTRI INDICI
Rapporto Debito/PIL: è uno dei parametri fissati dal trattato di Maastricht per l’adesione alla moneta comune. Appare evidente che tanto maggiore è la % di economia sommersa, tanto più sarà artificiosamente alto questo indice.

40 ALTRI INDICI Se lo sviluppo economico è rappresentato da una crescita elevata e prolungata del prodotto pro-capite innescata dal progresso economico, accompagnata da importanti trasformazioni culturali, sociali, strutturali allora abbiamo bisogno di un complesso di indicatori per misurare il grado di sviluppo economico

41 ALTRI INDICI · PIL calcolato con rif. all’intera economia
·        PIL pro-capite ·        Tasso di crescita della popolazione ·        Tasso di disoccupazione lavorativa ·        Tasso di utilizzazione degli impianti ·        Variazione percentuale degli investimenti ·        Tasso della concentrazione degli investimenti ·        E altri ancora

42 ALTRI INDICI Esempi di indicatori compositi sorti dell’esigenza di migliorare i dati legati all’analisi del PIL sono: Il Genuine Progress Indicator (GPI). Indice di sviluppo umano (ISU) Indice della libertà economica (Index of Economic Freedom)

43 GPI E’ una nuova misura del benessere della nazione utilizzato negli USA dal Questo indicatore tiene conto di più di venti aspetti della vita economica che il PIL ignora, ad es. della stima dei contributi economici di numerosi fattori sociali ed ambientali

44 GPI Se negli USA il PIL è quasi duplicato dagli anni 50 ad oggi, il GPI è cresciuto del 45% tra gli anni 50-60, mentre il tasso di declino pro-capite è poi stato dell’1% negli anni 70, del 2% negli anni 80 e del 6% negli anni 90.

45 ISU E’ un indicatore composito che fa riferimento a una situazione dello sviluppo umano sotto un profilo non nettamente economico, ma umano, cioè in rapporto al benessere dell’uomo. E’ elaborato dall’organizzazione delle Nazioni Unite a partire del 1990

46 ISU tiene conto di tre soli fattori, che a loro volta si basano su ulteriori indicatori: livello di sanità livello di istruzione il reddito, rappresentato dal PIL pro-capite dopo una doppia trasformazione che tiene conto del reale potere di acquisto del paese.

47 ISU Il grado di sviluppo dei vari paesi secondo l’ISU appare notevolmente diverso da quello secondo l’indicatore tradizionale, il PIL. Casi più eclatanti sono Sri Lanka e Cina che risalgono la classifica di ben 44 e 44 posti, mentre paesi come l’Arabia Saudita e il Gabon scendono di 53 e 65 posti (dati del 1990).

48 Indice della libertà economica
Basata su 50 variabili, raggruppate in 10 categorie A tali variabili viene assegnato (arbitrariamente) un punteggio da 1 a 5 che misura il grado di vincolismo La loro media aritmetica (ponderata a seconda dell’importanza della variabile) dà l’indice della libertà economica di un paese.

49 4. UN PO’ DI NUMERI

50 PIL e Altri Indicatori

51 PIL e PIL pro capite

52 PIL pro capite e aspettativa di vita

53 Pil pro capite e tasso di mortalità

54 PIL pro capite e analfabetismo

55 Evidenza empirica Ai fini della nostra ricerca abbiamo selezionato 14 Paesi, analizzandone alcuni indicatori economici e sociali rilevanti. Abbiamo poi analizziamo gruppi di paesi omogenei dal punto di vista della distribuzione delle risorse economiche e sociali

56 Evidenza empirica Stati Uniti, Giappone, Germania, Italia.
Cina, India. Russia. Brasile, Sud Africa. Svezia. Malesia, Indonesia. Nigeria, Mozambico.

57 Conclusioni Vista la moderna concezione di sviluppo, inteso non solo come aumento di ricchezza materiale, ma anche come miglioramento delle condizioni di vita, il solo PIL non risulta più una misura significativa.

58 Conclusioni Abbiamo infatti visto che ci sono Paesi con un elevato reddito (sia assoluto che pro capite) ma in cui le condizioni generali di vita sono decisamente basse (ad es. Brasile, Indonesia, Sud Africa), mentre in altri accade l’esatto opposto (tipicamente i Paesi ex-comunisti).

59 Conclusioni Pertanto sono stati introdotti altri indicatori che partono dai presupposti del PIL per migliorarlo o che sono complementari ad esso (dai più complessi Indice di Sviluppo Umano, Indice Di Libertà Economica, GPI, ecc. ai più basilari come Aspettativa di Vita, Disoccupazione, Concentrazione della Ricchezza, ecc.).

60 Conclusioni Anche nei Paesi sviluppati gli operatori utilizzano altri indici complementari al PIL per misurare le performances economiche. La determinazione stessa del PIL è ambigua per svariati motivi (esclusione delle economie non monetarie, sommerse, illegali etc.; problemi statistici; adozione di tassi di cambio poco indicativi; difficoltà di deflazione).

61 Conclusioni Ad ogni modo, nonostante tutti i suoi difetti, il PIL rimane indubbiamente il miglior benchmark della ricchezza materiale di un Paese.

62 Bibliografia COZZI T., ZAMAGNI S. (2000), Manuale di economia politica, il Mulino, Bologna. DORNBUSCH R., FISCHER S. (1992), Macroeconomia, il Mulino, Bologna. ACOCELLA N. (2001), Fondamenti di politica economica 3° edizione, Carocci, Roma. RICOSSA S. (2001), Il PIL, prodotto interno lordo, dalla rivista Economia-Finanza. RAMPA L. (1984), Contabilità sociale, in Dizionario di economia politica, Boringhieri, Torino COBB C.W., COBB J.W. (1994), A proposed index of sustainable economic Welfare, University Press of America.

63 Bibliografia Per i dati e le tabelle si è fatto riferimento ai siti internet delle seguenti organizzazioni: ONU ( OCSE (


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